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Trail dei Monti Pisani di Gabriele Ianett

Trail dai Monti Pisani...46 fantastici km di fatica!

46 MERAVIGLIOSI KM DI SOFFERENZA!

…era da quando avevo tagliato il traguardo della Ronda Ghibellina che ero in astinenza da quelle sensazioni fatte di un bastardissimo mix di estrema sofferenza, e di altrettanta gioia e soddisfazione, che soltanto un trail lungo riesce a darti. Quella sana o insana, non lo so, voglia di spremersi come un vecchio tubetto di dentifricio. Andare oltre se stessi, ridisegnare i propri limiti…e dopo aver tagliato quel traguardo finale con il “beep” liberatorio del chip che passa sopra l’ultima pedana, riscoprirsi una persona migliore. Forse il trail è anche questo, un cammino di crescita interiore posto tra due beep. Porcatroia n.1 (Enrico, ora mi devi mettere un mi piace)
E da quel giorno era cominciato il conto alla rovescia verso il TMP. La mia seconda gara di trail lungo. Nel mezzo c’erano state Terre di Siena, Vertical Faeta, Vega 10…bellissime esperienze ok, ma nessuna era riuscita a darmi la complessità di emozioni che mi aveva regalato la Ronda. Avevo bisogno della mia dose! Le ultime settimane di attesa sono state emozionanti, mi sentivo come un bimbo che aspettava con ansia la calza della befana, per rovinarsi di dolciumi troiaiosi. 
Intanto riflettevo su cosa è che mi affascina così tanto di queste corse…beh, sto apprendendo come per correre bene un trail medio-lungo una persona debba conoscere alla perfezione se stesso, il suo livello di preparazione fisica e mentale, e saperlo poi gestire in gara, per interpretare ed adattarsi al meglio alle caratteristiche del percorso…ecco, sì, questo è quello che più mi attrae e mi affascina di queste gare. Mai e poi mai una gara trail potrà essere uguale ad un’altra. Il Trail è per un corridore, come il mare per un marinaio…và sempre temuto perché il pericolo è sempre in agguato!
Le ultime settimane mi ero allenato abbastanza bene, mi era solo mancato di piazzare un lungo due settimane prima della gara, ma per il resto credo di aver fatto tutto quello che mi ero prefissato. Carico abbestia. L’allenamento che ricordo con più gioia è sicuramente quello con mister Leoncini la domenica prima della gara (che mi tocca continuare a ringraziare, ma deh! Ora basta, poi lui ci prende il vizio, e magari voi pensate che…). Mi ha cariato abbestia, e mi è piaciuto, perché è stato un gesto di affetto veramente bello. Le sensazioni erano molto buone, stavo bene. Mi ha fatto capire che potevo seriamente fare una bella gara. Mi sono sentito coccolato, via diciamolo…
Siamo al sabato prima della gara, preparo con cura lo zaino e vado al ritiro del pettorale. Il clima è leggero, familiare. Ormai siamo in pre-gara. C’è una bellissima eccitazione generale. Si scherza, si ride, andiamo ad aumentare il fatturato della pasticceria. Si fanno quasi le 6 di sera, devo andare a casa ad accendere il forno a legna perché stasera tocca pizza, birra e frittelle di riso.
Domenica mattina, ore 5.30 sveglia. Mi par d’esse un bimbo che sta per andare in gita con la scuola, boia deh! Colazione, vestizione e defecatio…nel frattempo non mancano un po’ di messaggi mattutini con Filippo. Ci diamo appuntamento davanti al comune di Calci per fare insieme il riscaldamento. Ore 7.00 sono lì, ma come vuole la regola (se scopro chi è il bastardo che l’ha scritta…), appena faccio i primi 50m a corsa…borda! E mi riscappa, mariannagane…gli spogliatoi sono lontani, poi c’è casino. Potrei farla dietro la Cooppe, penso…prima però faccio un tentativo. Vado in comune e chiedo a Mister Leoncini se lì c’è un bagno. Diamine. Vado…tutte le porte chiuse, e nessun rumore. Pietroooooo e sono chiusi, me la faccio addossoooo. “Ma caa dici”, +o- mi risponde. Con la sua indiscutibile finezza entra nell’antibagno e sullo stile lupo dei tre porcellini bussa delicatamente alla porta del bagno degli invalidi (solo per miracolo non la butta giù). Si sente un rantolo…Pietro si gira e con aria soddisfatta mi dice…lo vedi che è occupato, aspetta. Aspetto. La faccio. Oh, ora sono un uomo libero…vado a scaldarmi.
Ci siamo, sono guasi le 8.00. Andiamo in zona partenza. Foto di rito. Attesa fremente. Mi sento bene. Eccitazione pura. Me la godo tutta. Intanto ci informano che faremo una partenza ad “andatura controllata”, guidati da Francesco fino all’inizio del primo sentiero. Perfetto. Si parte. Non siamo ancora alla Certosa che mi sembra d’esse Willy il coyote che rincorre Bepp Beep…il GPS dice 3’50’’/Km…e meno male che l’andatura era controllata, chissà se non la controllava a quanto s’andava! Francesco si ferma, meno male! Scarica di offese e finalmente inizia la gara…ora si pole rallentà! 
Inizia la prima salita verso la Verruca, anche se poi in realtà è più o meno un tutt’uno con la salita della Lombardona. Siamo un bel gruppetto che saliamo assieme, un misto delle varie distanze in gara. Io mi metto dietro a Mirco e mi fisso l’obbiettivo di stargli alle calcagna il più possibile, o comunque cercare di averlo sempre a vista. Le prime salite vanno bene, non forzo mai e anzi appena posso cammino a passo svelto…così scarico un po’. Arriviamo a Prato di Giovo, primo ristoro. Si riconosce Marcellone da 2km di distanza, chissà come mai…riempio l’unica borraccia intaccata e via giù per il 141 a rotta di collo. Mirco mi lascia passare…scendo come un matto…altri 4,5,6, boh mi lasciano passare. Minchia come sto venendo giù, forse troppo. Trovo la Vale che mi guarda un po’ stupita…concordo con lei che sto andando un po’ troppo forte, e allora rallento un pochino. Intanto Mirco rientra e allunga. Potrei stare con lui, ma va forte e non voglio forzare. Il Mister mi ha detto di cambiare passo a Campo di Croce. In men che non si dica arrivo in zona cancello rosso e chi ti trovo? Un barbone…a no, il Mister. Mi dice che Mirco è avanti circa 3 minuti e che io sono sesto/settimo. Penso…lo fa per incoraggiarmi, sarò decimo se non quindicesimo. Ci avviciniamo al bastardissimo 135. Riempio tutte le borracce alla fontanella sulla strada, almeno evito la sosta al ristoro…fa più trail così! Ecco Chiara…segna il mio passaggio, e via si sale. Siamo in due. Arriviamo alla parte più insidiosa della salita, e lì capisco per la prima volta che oggi non è una gran giornata. Le gambe sono dure, faccio fatica, tanta…parecchia più del solito. Allora calma, respiro, bevo e salgo del mio passo…l’altro del suo. Risultato? Lui se ne vai con tanti saluti…a metà della salita sento un rumore venire da dietro…ma non vedo nessuno…dopo pochi minuti non importa più che mi giri per cercarlo, ormai è davanti a me, e se ne va. Finalmente lo strazio finisce…mentre salgo l’ultimo pezzo verso Santallago sento una voce che mi sembra di conoscere…a sì, è il mi fratello che fa le foto. Mi pettino, mi ricompongo e sono pronto per il book. Intanto lui mi fa notare che sono decimo. Allora quel bastardo del Leoncini non scherzava, diceva sul serio…questo mi rincuora, mi da nuove energie, mi sento quasi importante, addirittura mi viene quasi paura. Arrivo allo sperone passando in mezzo ad un paio di nuvoli di turisti…ma ce ne sono due, proprio quando inizia la parte peggiore che sono fermi nel mezzo e mi chiudono la strada. “Permesso” (1) con tono delicato…niente…”PermeSSSOOO” (2) con tono più sostenuto…nulla…”PERMESSOOOOOO” (3) con tono parecchio incazzato…zero! PORCATROIA N.2 (Enrico, altro mi piace! Grazie). Con una mezza spallata passo ed esprimo in maniera assai diretta il mio pensiero. E via si prosegue. Scendo giù nel bosco verso Campo di Croce, e qui avviene una cosa buffa, veramente buffa…avete presente quando si sente di qualche pazzo in autostrada che va contromano? Ecco, qui trovo un concorrente con regolare pettorale che invece di scendere, salicchia…mah…gli chiedo se è tutto a posto…si si mmi dice, sto aspettando delle persone perché abbiamo sbagliato percorso, abbiamo preso il breve (…ma il bivio era parecchio prima, penso, alla grazia!)…vabbè, proseguo. Campo di Croce, trovo Massimo. Mi conferma la decima posizione e il vantaggio di Mirco intorno ai 5 minuti. Pieno borracce, cambio pneumatici, regolazione alettone anteriore e si riparte. Dice che ora io debba cambiare passo…dice…provo con il liscio, poi con il tango, ma nulla…seconda conferma che oggi più di tanto le gambe non vanno. Sulla sterrata che porta sotto il Faeta c’è un po’ di confusione, gente che va, gente che viene…boh, mah…Siamo un gruppetto di 5 o 6 che saliamo più o meno assieme. Guardo il tempo di gara, i km percorsi e faccio due proiezioni: minchia se continuo così sono un pelo sotto le 6 ore! Avrei messo la firma per le 6ore e 30min…ma è ancora lunghissima, non ci pensiamo. In vetta mi ritrovo in coppia con quello che andava contromano nel bosco. Scendiamo insieme, lui parla, io ascolto…a che numero di mah ero rimasto? Altra conferma di posizione, decimo e undicesimo…ormai andiamo in coppia. Abbiamo lo stesso passo. Passo di Dante. Passiamo Passo di Dante. A passo facciamo la pietraia. Scendiamo e arriviamo al 117. Penultimo ristoro, gestito dai ragazzi della Rossini. Simpaticissimi, grazie. Pieno borracce, si mangiucchia, si fanno due battute e si riparte. Ultima salita, minchia che fatica! Dopo poco ci raggiunge un ex compagno di viaggio che pensavo fosse avanti, invece era dietro perché all’inizio del Faeta aveva tirato dritto per errore. Ma lui ha un altro passo, l’avevo visto prima, lo conferma ora. Piano piano, ma inesorabilmente se ne va. Rimaniamo ancora i soliti due. Su un pezzo di salita lui fa fatica e rimane leggermente attardato…rallento un minimo e lo aspetto, in due si va meglio, ci facciamo forza a vicenda. C’è quasi un patto tacito. Mirteto, ultimo ristoro. Undicesimo e dodicesimo. Pieno di borracce e si riparte! Ultimo pezzo di salita, il più duro. Faccio fatica, tanta, ma tanta. Avrei voglia di fermarmi, di piangere. Penso e dico, ma chi c…o ce lo fa fare, che c’era anche il Gran Premio da vedere…ma sono frasi che si dicono così, per rompere il silenzio. In realtà è proprio questa fatica estrema che ci piace. Nel silenzio sento un respiro che si avvicina da dietro. Mi giro…una donna! E’ stanca, ma ne ha ancora più di noi. Mi recupera, mi affianca, mi chiede se so quanto manca alla fine della salita…duecento metri circa…e allunga un pelo. Io rimango dietro rispetto ai due di circa 50 metri. Scollino a Foce di Pennecchio. Mangio, bevo e tiro un sospiro di sollievo. Le salite sono finite PORCATROIA N.3! Penso…Inizio la discesa, ma le gambe sono due legni. Un coro di voci nella testa mi dicono…FERMATIIIIIIII…la sensazione che più ricordo di quegli ultimi km, è la voglia di piangere. Ma no, non mi arrendo. Te dici che mi devo fermare? E siccome io sono dispettoso, rilancio e continuo a correre…già “barcollo ma non mollo”, PORCATROIA N.4. Mi fanno male i piedi, ho anche paura di inciampare e cadere…vado giù ad una velocità contenuta…potrei andare di più ma rischierei il volo. Ne vale la pena? Nooooo. Guardo il GPS, ormai il sogno delle 6 ore è svanito, pace…comunque sono ancora sotto le 6h30min, daiiiii
Sono sul 131…c’è un bivio…noi dobbiamo andare a destra…andando dritto accorcerei eccome, lo so. Satana ci prova. Mentre giro a destra ni dò una carcagnata e proseguo sul tracciato vero. Sono nella zona più bella del 131, mi giro a destra e vedo la piana di Pisa. Ho un sussulto di gioia al cuore, verso la mia città, verso i nostri monti, verso me stesso. Il GPS dice quasi 45Km, ci siamo…Ecco l’asfalto, l’ultimo. Incontro dei civili che mi guardano straniti…vorrei fargli capire cosa ho fatto oggi e cosa ho dentro, ma tanto a loro cosa gli frega? Passo la chiesa, e lì vicino eccolo, è lui…il TRAGUARDO! Cerco con lo sguardo Flavia e Andrea. Eccoli. Prima di tagliare la fatitica linea del “beep” faccio un cambio con la moglie. Do a lei le racchette e prendo da lei Andrea. Insieme, per mano tagliamo il traguardo. 6 ore e 22 minuti. La classifica ufficiale dice 13esimo. Bacio Andrea sulla testa, e poi mi trovo all’improvviso una medaglia al collo e Nadia che mi toglie il chip dalla scarpa. Servito e riverito. Grazie Nadia. Grazie Francesca. Crollo sulla prima sedia che trovo. Sono orgoglioso di me. Le sensazioni che si provano in quel momento non hanno parole per essere descritte, e c’è un solo modo per conoscerle. Mettersi le scarpe ai piedi e correre! 
Il GPS dice che ho consumato poco meno di 5000 Kcal. Ok, perfetto, inizio subito il reintegro con orario continuato 15-21. 
Ora mi riposo, me la godo, poi vado a fare una corsetta a Roma e poi ci vediamo al Giglio…vi aspetto dopo il traguardo però!
Bonaaaaa

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UltraWild Marathon di Gabriele Ianett

Ultra Wild Marathon 2016…buona la prima! (…non ho il dono della sintesi, sappiatelo!) E’ iniziata da qui la preparazione mia e del prode Pietro Leoncini alla Trans d’Havet che correremo, se Dio lo vorrà, il 23 luglio.  Prima edizione della Ultra Wild Marathon, 64Km (anche se il gps dirà 59Km) e 3100 D+. Quei matti della Banda dei Malandrini ce l’hanno messa tutta e alla fine hanno organizzato un piccolo capolavoro. Percorso duro, quasi interamente boschivo, con passaggi da urlo.

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Cima Tauffi Trail 2015 60 km 4.000 D+ di Pietro Leoncini

Cima Tauffi Trail 2015 60 km 4.000 D+

Insieme al Ultra Trail del Mugello corsa a maggio, il CTT e’ la gara obbiettivo dell’anno. Nel 2014 feci la 35km.
Approfitto della gara per abbinare un uscita in moto con gli amici.
Partiamo venerdì mattina con moto e valigie cariche, direzione Passo dell’Abetone, passiamo Sestola, dove pranziamo e arriviamo a Fanano nel pomeriggio. Alle 16:30 sono in palestra per il controllo materiale obbligatorio e ritiro il mio pettorale. Dopo di che proseguiamo fino a Porretta Terme, sulle strade panoramiche dell’appenino, posto ideale per i bikers.Sabato mattina mi sveglio alle 5, prendo la moto direzione Fanano. La moglie e l’altra coppia di amici staranno alle terme tutto il giorno.
Sulla linea di partenza, trovo Francesco, Federico e Cristina, faranno la Light 35 km 2000 metri di dislivello, ma che di light non ha niente. Federico arriverà terzo, Francesco ottavo e Cristina purtroppo si ritirerà. Facciamo due parole veloci, ma tra tutti non siamo dei grandi chiacchieroni, almeno io di sicuro.
Alle 7 daranno lo start, e mi posiziono appena dopo le prime linee, non voglio rimanere bloccato da alcune strozzature che ci sono subito all’inizio del percorso. Puntuali si parte.
Al contrario del Mugello non ho i bastoncini, che nell’occasione mi hanno distratto dall’alimentarmi con costanza. Voglio partire molto piano e tenere un ritmo che mi permetta di stare con le pulsazioni cardiache molto basse. Forse a causa del ritmo “rilassato”, che dopo pochi km prendo una storta al piede destro. E poco dopo ruzzolo sul sentiero e mi sbuccio ginocchia e gomito. Non sono ancora sul Cimone che sono nervoso e penso gia’ ad un eventuale ritiro.
Arrivo sul Monte Cimone(2165 m slm) abbastanza fresco e riposato, tocco la statua in cima, e riparto velocemente. Ora inizia il tratto di cresta, fino al Libro Aperto(1937 m slm), spettacolare è dir poco. La giornata non è delle più limpide, ma il paesaggio mozza il fiato per la sua bellezza. Al ritiro non ci penso più, anzi ho voglia a tutti i costi di arrivare in fondo.
Proprio in cresta raggiungo Cristina. E’ in piena crisi. Mi dice che gli viene da svenire, gli offro acqua e caramelle zuccherate, mi risponde che ha tutto e mi rassicura che posso lasciarla sola e proseguire al mio ritmo. So che ha molta più esperienza di me e che sarà prudente.
Raggiungo il Rifugio Tamburri (1230 m slm), mangio un po’ di pizza e coca, un po’ di frutta varia. Ricarico le borracce, una di acqua e una con i sali. E riparto. Da qui in poi il percorso lungo si divide dal corto e per me iniziano sentieri nuovi mai percorsi.
In basso si corre in mezzo al bosco e il vento non arriva, in alto e in cresta su sentieri in pieno sole. Bevo spesso piccoli sorsi, anche quando non ho sete.
Sto ancora bene e le gambe rispondono alle miei sollecitazioni. Salgo Il Monte Lancino (1700 m slm), ridiscendo alla La Pilaccia a 1400 mt e risalgo sulla Cima Tauffi a 1798, meraviglioso paesaggio. Bevo e mangio regolarmente. Muscolarmente mi sento ok, la caviglia non da molto fastidio e le escoriazioni hanno smesso di bruciare. Ma sotto il piede sinistro sento che si sta formando una vescica. Non ho grosse alternative, tiro dritto e non me ne preoccupo.
Arrivo al Rifugio Capanne Tassoni (1317 m slm). Ristoro. Da qui in poi farò un po’ di km con un altro concorrente, non parliamo molto, ma ci scambiamo qualche battuta durante i sorpassi e contro sorpassi che avvengono frequentemente. Da quello che mi dice l’anno passato ha fatto la lunga chiudendo in 11h30’. Proprio il tempo che voglio io. Mi aggancio e mi faccio trascinare fino allo Spigolino(1827 m slm), dove nell’ultimo tratto di salita lo stacco. Mi lancio in discesa, le gambe reggono, ma anche il piede destro ha problemi di vesciche. Inizio a soffrire terribilmente. Ma averlo distaccato mi gasa. Ogni tanto mi giro per vedere a che punto è. Ho preso un discreto vantaggio. Spingo forte, forse troppo, fino al Rifugio Duca degli Abruzzi (1794 m slm). E in fatti arriva la crisi. Mi maledico per aver voluto strafare. Non riesco a mangiare cibo solido, solo frutta e liquidi.
Riparto cercando di correre nei tratti in piano. E per quel che mi riesce, anche in discesa, ma il dolore sotto i piedi e forte. Cammino tutte le poche salite che incontro.
Arrivo sofferente e completamente bollito all’ultimo ristoro, Lago Pratignano (1307 m slm). Qui trovo tutti sorridenti , mi offrono birra e salsiccia. Solo la parola “salsiccia” mi da la nausea, ma accetto molto volentieri un bicchiere di birra gelata. Mangio a forza cioccolata e frutta insieme. Mi siedo su una sedia e perdo un po’ di tempo a scazzare con i volontari, si lamentano un po’ che tutti passano alla svelta, quasi senza salutare. Ma vuoi vedere che sono messo bene in classifica?!? So’ già che chiuderò la gara sotto le 11h e sono felicissimo cosi, ma chiedo come sono in classifica, mi dicono 22° o 23°, non ricordo . Al cervello arriva la notizia con qualche secondo di ritardo, mi faccio coraggio e riparto, cercando di mantenere la posizione. Mancano 10 km, ho sofferto tanto fino a qui e mi dispiacerebbe fare lo stesso errore del Mugello, dove mi hanno sorpassato un tantissimi negli ultimi chilometri finali, perché avevo mollato di testa. Stringo i denti e cerco di correre sempre, ma non riesco.
Vengo raggiunto da un gruppo di tre o quattro corridori che vanno al doppio della mia velocita’. Provo a cogliere l’occasione e mi accodo, facendomi tirare. Funziona. Mi riprendo e riesco di nuovo a correre, sia in pianura che in discesa.
Arriviamo al campeggio, qui mi ricordo perfettamente l’ultimo tratto.
Cerco di centellinare le ultime forse. Uno del gruppo ci scappa via, lo lasciamo andare. Rimaniamo in due o tre.
Mancano poche centinaia di metri, e provo lo sprint finale. Riesco a raggiungere due atleti prima del traguardo. Le tante persone presenti in paese applaudono, mi incitano. Tocco con i piedi il tappeto rosso dell’arrivo, alzo gli occhi al cronometro 10h16’. Non ci volevo credere. Sento il doppio bip del tappeto dei cronometristi. E’ finita. Fuori sorrido e ringrazio. Dentro di me in pochi attimi rivedo ore e ore di allenamenti e sacrifici per arrivare fino a qui. L’asticella 2015 è stata raggiunta, con grande soddisfazione.
Come è bella la corsa in montagna.

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Trail Val di Bisenzio 2017 di Pietro Leoncini

E’ da fine luglio 2016, con la Trans D’Havet, che non metto un pettorale. Prima della Abbots Way del 30 aprile ho bisogno di riprovare questa sensazione.

Mi iscrivo al Trail del Monte Penna, ma influenza e la giornata piovosa m’impediscono di partecipare alla competizione.

Tra i mille impegni spunta fuori il Trail Val di Bisenzio, e m’iscrivo.

Nel 2014 questa gara è stata il mio primo trail, e lo chiusi in 2 ore e 27 minuti. Dopo 3 anni di allenamenti sono curioso di vedere i progressi fatti.

Mi presento il 26 marzo bello pimpante al ritiro pettorale presso Centro Scienze Naturali di Prato, base logistica della gara. Respiro clima di competizione, è questo l’obbiettivo di oggi. La vestizione, la gestione dell’emozioni, la preparazione dello zaino e quei piccoli particolari che in allenamento sono secondari.

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La Banda dei Malandrini è uno dei migliori team in Toscana in fatto d’organizzazione gare. Il clima durate tutta la manifestazione è disteso e tranquillo, ma dallo schieramento di mezzi di soccorso si capisce anche che la sicurezza non è affatto sottovalutata.

Il percorso si snoda all’interno del territorio ANPIL del Monteferrato e del Monte Javello per 18 km e 950 metri D+.

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Alle nove precise il via. Provo a stare con i primi, ma il ritmo è indiavolato e mi sorpassano in una ventina di atleti.

La prima salita è tosta e subito all’inizio. Ho una brutta sensazione di addormentamento e intorpidimento delle braccia; ho pensieri negativi, ma dopo un paio di km la situazione di normalizza, e prendo il mio ritmo gara. Vorrei rimanere sotto i 7 minuti per km di media.

Nel frattempo la salita finisce e mi butto in un tratto in discesa molto tecnico, pieno di pietre appuntite, sembra di stare sullo 0-0 vicino al passo del castagno sui miei Monti Pisani. Questo mi esalta e inizio subito a sorpassare 3-4 atleti. Uno di questi, appena passato, prova e riconquistare la posizione ma dopo pochi metri cade rovinosamente a terra. Il mio ritmo è buono, riesco a correre quasi sempre.

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Davanti a me intravedo un atleta che considero più forte di me, cosi deciso di impostare il mio ritmo gara su di lui e vedere se reggo il suo ritmo. In salita guadagno qualche metro, in discesa e in piano gli rimango in scia.

Arriviamo al km 9 al primo e unico ristoro solido/liquido. Dovrei deviare di qualche decina di metri dal percorso per usufruirne, ma vedo la mia “lepre” che non accenna a fermarsi, e anche per non perdere terreno nemmeno io lo faccio. Mi soffermo un attimo a prendere un bicchiere d’acqua che un volontario gentilmente offre sul bordo della forestale.

Qui inizia un tratto molto corribile ma altrettanto tecnico, una pista di down hill pieno di sassi. Riesco a contenere il distacco ad una decina di metri.

Al km 13 inizia l’ultima salita. Mi faccio un po' tirare e riprendo fiato. A un 500-600 metri dalla vetta provo ad allungare, e ci riesco. Arrivato in cima, inizia subito l’ultima discesa, che faccio a tutta e dove riesco a   passare altri due concorrenti.

Arrivo 12 esimo assoluto in un ora e 57 minuti. Strafelice.

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Pasta party con pasta, fagioli e spinaci, affettati, pane e olio, e l’immancabile Birra Menabrea.

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The Abbots Way 2016 di Pietro Leoncini

"Vale una cento con clima normale". Ecco la frase che mi ha spinto a provare una 100 km. Un complimento, forse immeritato, fattomi dal "Guru"(quello vero, Francesco Bellinvia) dopo il Tauffi Trail a luglio 2015. Ci provo a ottobre con la Ultra Trail Le Vie di San Francesco, e lì mi ritiro al 66° km per vesciche sotto ai piedi. Sicuramente poco allenato e ancor meno preparato nei dettagli per affrontare una ultra.

Voglio la rivincita, e appena possibile, a ottobre 2015, mi iscrivo alla Abbots Way. Mi piace la storia della gara, di come è nata.


Dal sito ufficiale: "Nel 1999 un primo convegno di storici medievali sancisce di fatto l’inizio della ufficialità storica del percorso denominato Via degli Abati, con un seguente contributo scritto che tratta del cammino appenninico verso Roma con l’attraversamento di paesi di montagna.

Il tratto fungeva da scorciatoia per chi, con mezzi leggeri, voleva attraversare i monti senza percorrere strade pericolose a rischio di agguati o con eventuali gabelle dei signorotti locali.

Il monastero di Bobbio, viene fondato da un monaco irlandese, San Colombano, che attraversando l’europa, passando per la Francia, fonda importanti monasteri come Annegray e Luxeuil."

Una variante della via Francigena che da Pavia taglia verso Pontremoli evitando Parma.

Qui potete trovare tutti i dettagli https://theabbotsway.wordpress.com.

Elio “Helyos” Piccoli, Armando Rigolli e i Lupi d'Appennino valorizzano il territorio così, con questa gara, come fanno le "Aquile" con il TMP.

Inizio a macinare km e dislivello mese dopo mese. I sacrifici sono molti, e il tempo e' sempre poco, con impegni di lavoro e famigliari.

Negli allenamenti generalmente sono solo, ma spesso mi accompagnano amici atleti del gruppo Pisa Road Runners e non. In special modo lego e faccio amicizia con un losco individuo: Gabriele Ianett. Sembriamo Arnold Schwarzenegger e Danny DeVito nel film "I Gemelli"; completamente differenti, ma con gli stessi gusti in fatto di corsa.

Finalmente arriva il week-end della gara.

Mia nonna e mio padre vivono a Filattiera, a 15 km da Pontremoli, e giovedì pomeriggio ne approfitto per fagli visita; mangio e dormo da loro.

Parto con il bus da Pontremoli alle ore 13 di venerdì 22 aprile. Dopo due ore e mezzo di viaggio sono a Bobbio. Ritiro pettorale, sistemazione in ostello e sono libero di visitare il paese di Bobbio fino al briefing.

Dopo il pasta party mi fermo con Marco e altri runners a bere due birrette. Marco e' uno degli organizzatori del Ultrasupramonte, persona fantastica e molto mistica. Tra una chiacchiera e l'altra si fa l'ora di andare a letto.

Sveglia alle 4, vestizione veloce, e sono già sotto il gonfiabile. Alle 6 in punto lo "Start".

Divido mentalmente la gara in 4 pezzi da 30 km. L'obbiettivo e' arrivare a Pontremoli senza troppe pretese sul tempo impiegato, ma sarei felice di finirla in 22/24 ore. Per questo scelgo di seguire alcuni consigli che ho ricevuto: lascio il compito di dare il ritmo gara al cardiofrequenzimetro. Mi piazzo a 145/150 battiti al minuto di media, la velocità' comunque e' buona, e mi permette di spingere bene in salita e correre nei tratti in piano e discesa. Mi alimento e bevo regolarmente. Concludo la prima tappa fino a Farini in circa 4 ore. A Bardi arrivo in 8 ore e 40, ma un leggero dolore al ginocchio mi mette in allarme. Mi fermo una mezz'oretta. Mangio pasta in brodo, ritiro la sacca con il cambio e sostituisco le New Balance con le Hoka, con relativo cambio di calzini, sperando che il dolore al ginocchio passi, faccio anche qualche minuto di stretching.

Appena esco, un diluvio, e mi ritrovo di nuovo tutto zuppo. Comunque riesco a correre, il riposo e gli allungamenti hanno fatto qualcosa. Decido comunque di rallentare il ritmo. Trovo un signore di Venezia che va più' o meno al mio stesso passo e facciamo qualche km assieme. In salita spingo forte e in discesa cerco di stargli dietro, ma il dolore aumenta.

Quasi a Borgo Val di Taro sento sotto i piedi che si stanno formando delle vesciche, l'incubo riappare. Mi fermo in un casolare a cambiare i calzini e mettere abbondante crema antisfregamento. Perdo la compagnia del signore di Venezia e di un altro ragazzo che si era unito a noi. Sto pensando di nuovo al ritiro, il ginocchio non mi permette di correre in discesa, e in piano faccio poco più di un centinaio di metri poi il dolore diventa insopportabile.

E' qualche ora che non aggiorno a casa, e mentre formulo questo pensiero mi squilla il telefono. E' Alvaro, mio padre, mi avvisa che è in zona insieme a mio cugino Pietro. Mi vengono in contro in macchina e fanno il tifo per me. Questo mi dà nuove energie nascoste che credevo introvabili. Mi spingono moralmente fino a Borgo in tutti i tratti asfaltati. Un tifo da stadio.

A Borgo Val di Taro al 92°km arrivo in 15 ore e 18 minuti. Ho una fame bestia, ma al ristoro non trovo niente di sostanzioso, dicono che il prossimo "pesante" è a Valdena tra 5/6 km dopo una bella salita. Saluto e ringrazio Pietro e Alvaro per la compagnia e il supporto e riparto, dolorante, demoralizzato e affamato.

Faccio un paio di km, sono quasi deciso al ritiro, mi spiace aver deluso me stesso e gli amici ma proprio non ce la faccio più'. Inizia un tratto di asfalto, c'e' una macchina parcheggiata con i fari accesi, sento urlare, sono stordito dalla fatica e dal dolore al ginocchio, stento a riconoscere la voce, ma è Pietro con Alvaro al seguito. Ma non erano andati a casa? Sono le 23 passate e sono ancora qui?Arrivo alla macchina e aprono il cofano, ma che combinano? Non credo ai miei occhi, trovo una pizza calda calda, credo la più' buona al mondo. Sono confuso da mille emozioni contrastanti, dolore, orgoglio di avere un padre e un cugino così. Divoro meta' pizza mentre cammino. Le energia ritornano ad un livello semidecente. A Valdena mangio un minestrone e saluto di nuovo i miei "Angeli custodi".

Inizio la salita al passo del Borgallo, lunga 5 km. Mi accodo ad una coppia, credo marito e moglie. A mezzanotte sono in cresta, mi dirigo verso lago Verde. Di nuovo una macchina sul percorso, ma questa volta in pieno bosco. Non e' possibile sono di nuovo Alvaro e Pietro, ma con loro c'e' una terza persona. Forse hanno soccorso un corridore, ha lo zaino, mi viene in contro…..ma che ca**o fa questo qui? Mi saluta….."ma chi ti caa?!?! Ti levi di vi", sei sulla strada più' corta per raggiungere Pontremoli, e anche pochi centimetri voglian di'…….NO non e' possibile…..e' Gabriele, mi abbraccia, lo abbraccio e gli dò subito del bischero, ma suona come "è bello vederti". Mi dice che correrà con me fino all'arrivo.

Mancano 15 km, Pontremoli non mi scappa più', ora che ho un altro "angelo custode". Ormai cammino e basta. A volte rispondo alle domande di Gabriele a volte no, pero' continuo a camminare, il sonno si fa sentire. Mi fanno male i piedi e questo dannato ginocchio. Inizia a piovigginare, poi un bel diluvio. Siamo quasi arrivati manca pochissimo e si materializza ancora Alvaro su un tratto asfaltato, sono le 3 di notte ed e' ancora sveglio per me. Non mi fermo, pero' saluto, lui parlotta con Gabriele, scoprirò dopo che gli stava dicendo che non ce la faceva più' e che sarebbe andato a letto. Grazie babbo. Grazie Pietro. Senza di voi mi sarei sicuramente fermato a Borgo.

Siamo a Casa Corvi, a pochi km dall'arrivo, manca 10 minuti alle 4, provo a correre ma proprio ho finito tutte le energie, scoccano le 4. Arrivo a Pontremoli in 22 ore 6 minuti e 6 secondi, 50° assoluto, ma questo ha poca importanza.

Gabriele si offre di aspettarmi per riportarmi a casa, ne approfitto. Mangio un piatto di pasta, una birretta e andiamo in palestra a ritirare le borse. In macchina leggo tutti i messaggi degli amici che mi hanno seguito in questo "viaggio"; vi assicuro che la vostra energia e' arrivata, non so come, ma e' arrivata.

Grazie a tutti.

Arrivo a casa alle 5:20 e Lara è già sveglia per andare a correre alle 3 Province, facciamo colazione assieme, faccio finalmente la doccia e crollo sul letto.

Un grazie speciale va ad Alvaro e Pietro.

Per Gabriele, invece, purtroppo non ho parole per esprimere la mia gratitudine. Spero solo di dimostrare nei fatti, quello che tu invece hai già' dimostrato. Ti voglio bene "Fratello Gemello".

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Cima Tauffi Ligth Trail 2014 di Pietro Leoncini

E’ luglio, e a Fanano si corre il Cima Tauffi Trail. La zona mi piace, siamo nel bel mezzo dell’appennino tosco-emiliano. La gara più lunga è la 60Km con 4000m d+. Io scelgo di iscrivermi al percorso più breve, il Cima Tauffi Light Trail 35Km con 2200m d+.

Assieme a Lara, Alessandro (mio figlio) e Pandora (il nostro cane) decidiamo di andare in roulotte. Chiamo immediatamente il campeggio suggerito dal sito della gara ma mi dicono che i cani non sono ammessi. Cerco subito un’alternativa e la trovo a Montecreto: Campeggio Parco dei Castagni, piccolo ma molto accogliente (http://parcodeicastagni.it/ ). Chiamo e mi confermano la disponibilità di una piazzola e il libero accesso al cane. Perfetto! Si parte di venerdì mattina sul presto. Con molta calma arriviamo al campeggio, sganciamo la roulotte e allestiamo la piazzola. Pranziamo in veranda, al fresco. Nel pomeriggio andiamo a Fanano al ritiro pettorale, ci rilassiamo e aspettiamo il pasta party della sera. Abbondate cena a base di pastasciutta al pomodoro e vino rosso, dopo di che rientriamo al campeggio e ce ne andiamo a letto presto.

 La mattina Alessandro e Pandora se la dormono tutta, mentre Lara mi accompagna in partenza.

 

 

Alle 7 il via. Parto in fondo al gruppo, oggi fa molto caldo, e l’obbiettivo è arrivare indenne in fondo alla gara, cercando di divertirmi il più possibile.

All’inizio del tracciato troviamo una strozzatura che costringe tutti, tranne i primi, a rallentare e camminare. Poco male. Prendo il mio passo e proseguo la lunga salita che porterà fino alla cima del monte Cimone a oltre 2000 metri di altezza. Cerco di bere e mangiare. Socializzo un po' con alcuni concorrenti della 60 km.

Lo strappo finale è veramente duro, ma altrettanto bello e affascinante. Arrivo in vetta, tocco la statua, faccio qualche foto e riparto corricchiando sulla cresta. Spettacolo. Alla mia destra la Toscana e a sinistra l’Emilia.

 

Saranno i panorami, l’adrenalina, o il fatto che in discesa sorpasso diversi concorrenti, fatto sta che mi scordo di bere e mangiare regolarmente e quando al Km22 arrivo al primo ristoro solido/liquido presso Rifugio Taburri, sono in piena crisi di stomaco. L’organizzazione ha allestito un vero e proprio banchetto nuziale, si può trovare veramente di tutto. Dal dolce al salato, dalla birra alla coca, ma purtroppo io non riesco a buttar giù niente, né di liquido né di solido. Inizio ad avere forti crampi allo stomaco. Mi devo sedere in posizione fetale per alleviare il dolore. Concentrandomi, cerco di rilassarmi. Dopo 5/10 minuti il dolore si attenua e riesco a mangiare un po' di crostata. Bevo coca cola, riempio la sacca idrica e riparto.

Di correre per il momento non se ne parla, cammino veloce e faccio fatica a respirare. La crisi non è passata del tutto. Passano i chilometri e avverto anche un leggero fastidio sotto al piede destro. Mi fermo a sostituire i calzini. Ma non cambia nulla. Si sta formando una bella vescica sotto al piede.

Stringo i denti e vado avanti. La discesa è lunga e i piedi mi fanno male. Il percorso mi porta dentro il campeggio vicino a Fanano, quello dove non accettano i cani, da qui mancano poche centinaia di metri.

Vengo passato a tutta velocità da un altro concorrente. Penso che voglia fare lo sprint finale e per scherzo (ma non troppo) m’ingarello con lui nell’ultimo strappetto prima dell’arrivo. Io sto per morire e questo in salita vola al triplo della mia velocità. Ci rimango malissimo. Mi sento veramente una schiappa. La strada spiana. Ultimi 100 metri. Provo a riprenderlo, ma deh, va troppo forte. Proprio mentre inizio a domandarmi cosa ci facesse uno così forte nelle retrovie, lo vedo alzare le braccia al cielo come se avesse vinto una gara. Penso che si stia esaltando per avermi battuto allo sprint. Mi sento importante. Intanto vedo che l’organizzazione gli sta preparando il nastro sulla linea del traguardo, proprio come si fa per i veri vincitori. “Che Ganzi questi della Tauffi Trail!, penso, festeggiano ogni corridore come se fosse il primo”. Allora mi preparo anche io al mio piccolo momento di gloria. Non ho mai buttato a terra quella sottile striscia di nastro. E’ la mia prima volta. Sono emozionato. Mi do una risistemata. Sorrido. Eccomi, bello come il sole, arrivooooo…o quella??? il nastro non c’è!!! Ma come?!?  Non capisco, perché a lui sì e a me no??? Razzisti.

Mi fermo, e prima di andare a portare le mie remore all’organizzazione, faccio arrivare un po' d’ossigeno al cervello. Ragiono. Osservo. Il mio predecessore è circondato da tante persone che lo festeggiano. Mentre continuo a chiedermi del perché “lui sì e io no”, mi arriva all’orecchio la voce dello speaker: ”Complimenti a Matteo Lucchese vincitore della Cima Tauffi Trail”. Boia cane, questo ha fatto 60 km e 4000 d+ nello stesso tempo con cui io ne ho fatti 35 con 2200D+? un mostro!

La classifica ufficiale dirà che Io ho chiuso in 6 ore e 52 minuti, in 61 esima posizione.

Al ristoro finale mangio e bevo l’impossibile, compreso una bella birra offerta dall’organizzazione. E’ l’ora della doccia! Lara e Alessandro sono in piazza che mi aspettano. Vediamo assieme le premiazioni e facciamo ritorno al campeggio. Passiamo una bella serata, in tutta tranquillità, nella nostra roulottina.

La mattina seguente, con molta calma, smontiamo tutto e ripartiamo per casa.

Alla prossima.

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