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Ultratrail Tour du Mont Blanc di Riccardo Ageno

UTMB

Ultratrail Tour du Mont Blanc.
Una gara che ricorda le gesta di Marco Olmo, le vittorie di Kilian Jornet, il record di Jim Walmsley.
La gara. Quella che bene o male, tutti i corridori che fanno lunghe distanze, almeno una volta hanno avuto nei loro pensieri.

Non si entra con faciltà a Moria…no scusate a Chamonix. Per poter partecipare alle gare dellUTMB bisogna prima fare delle gare qualificanti e poi sperare nel sorteggio. Ci vorrebbe un altro articolo intero su come funziona tutto il sistema, ma andiamo avanti e diciamo che dopo 2 anni di tentativi, al terzo, a gennaio, mi è arrivata la fatidica mail con scritto YES.

YES significa che a fine agosto ti tocca. Significa che avrai da correre 176km e 9990m di dislivello.
Veloce veloce: otto mesi di preparazione. Chianti Ultra Trail, Mugello Trail, Lavaredo Ultra Trail come ultimo lungo e tanti tanti km di giorno, di notte, ed entrambi. Rifinitura in val Gardena durante le ferie con la famiglia et voilà…mercoledì 28 agosto si parte per Chamonix!

Con me in Francia ci viene Giulia, donna martire che decide di spendere i giorni del suo compleanno a fare assistenza a me in giro per le Alpi ed una volta arrivati a LesHouches, dove abbiamo trovato un carinissimo appartamento a metà dei prezzi normali che si trovano in valle, facciamo lultima rifinitura di corsetta su un anello intorno a un laghetto ed in un bosco sotto casa, dove scopriamo che ci sono tre o quattro aree attrezzate per fare il barbecue. Attenzione: questo particolare è molto importante per il post gara. Finito UTMB faremo la brace per festeggiare!

Il giovedì è giorno di ritiro pettorali e inizio dello studio dei vari luoghi dove devo andare io, dove dovrà andare Giulia e di come funzionano i trasporti per levento. Giustamente, lorganizzazione, per evitare carovane e macchinate di assistenti che creerebbero casini assurdi per la strada, ha chiuso laccesso alle auto ai vari punti di ristoro della gara, e chi vuole raggiungerli può farlo solo usando i bus messi a disposizione dallorganizzazione. Questa parte di studio ci ha portato via qualche ora al tavolino, perché Giulia ha dovuto incastrare ogni trasporto coi miei probabili orari di arrivo, e dopo un po’ di decisioni avevamo fatto il piano per lei (che non sto a scrivere perché sennò ci vuole unaltra storia di trail).

Veniamo al giovedì: Chamonix è già in festa da giorni. Casino, corridori e accompagnatori da tutto il mondo.
Il ritiro pettorale va prenotato online con lorario per evitare le code, ed infatti ci metto tipo 5 minuti per prendere il pettorale, organizzazione micidiale che non sbaglia un colpo.
Inizia il giro dellUTMB village: una roba megagalattica, con tantissimi stand di materiale tecnico, delle gare che collaborano con UTMB, di produttori di cibo e alcolici locali. Bellissimo, ma potenzialmente pericoloso: tra una roba e laltra, finiamo di fare i nostri giri abbondantemente dopo le 14, siamo stati 5-6 ore a camminare, e domani c’è da fare la gara quindi è meglio riposarsi, andare a casa e iniziare a preparare tutto il materiale per la gara.

Piccolo riposino e, mentre Giulia è in stato di morte apparente nel letto fino allora di cena, inizio a preparare tutto.
Visto il caldo del giorno, lorganizzazione ha attivato il kit per il caldo che va ad aggiungersi al kit normale del materiale obbligatorio: dovremo portare il mitico cappellino sahariano (inutilissimo visto che odio correre coi cappelli che tappano la testa) e due litri dacqua. Quindi lo zaino viene riempito come da programma, con il posizionamento della roba nel modo testato più volte durante questi otto mesi di allenamento, aggiungendo alle due borracce da 600ml una borracciona comprata online da 750ml che da ora in poi verrà chiamata per comodità “Il Mostro”.
Dopodichè, vengono preparate 4 borse, corrispondenti ai ristori dove Giulia potrà venire a farmi assistenza più il cibo con cui parto e che non carico nello zaino. È tutto programmato: Giulia sa a che ore dovrà venire nei vari ristori, cosa deve portarmi, cosa mi potrebbe servire. Insomma ha uno zaino da 30 litri che esplode di roba. Non resta che cenare e andare a dormire per affrontare il venerdì.

IL GIORNO DELLA GARA

Venerdì mattina scorre veloce. Giulia va a Chamonix a portare lauto che le servirà di notte per tornare a LesHouches, io continuo coi preparativi e con le smanie. Controllo tutto, ricontrollo tutto, vado a camminare un pochino perché in casa sono una bestia in gabbia.
Pranzo veloce, unoretta di sonno e si va a Chamonix perché c’è da prendere posto.
Place Triangle de l'Amitié si riempie velocemente, già alle 16 iniziano ad arrivare i primi corridori e con Beppe e Farida, anche loro partecipanti, abbiamo deciso di piazzarsi a sedere poco dietro alla transenna che divide i top player da noi esseri umani verso le 16.30.
Fa caldo, pian piano la piazza diventa sempre più affollata.
Le gambe tremano, per la prima volta. Sarà la posizione scomoda o sarà che non ho mai fatto 176km in vita mia e non so cosa succederà?
Sono passate da poco le 17.30 e tocca mettersi in piedi perché…boh si alzano tutti.
Iniziano ad arringare la folla, in francese ed in inglese, ed ogni tanto in italiano.
Nonostante il tempo piano piano scorra verso le fatidiche 18, non so, ora non ho tensione addosso, non sono nervoso, ho solo tanta voglia di partire, tanta determinazione e sono quasi in una sorta di tranche agonistica, dove mi godo il momento, dove cerco di ripassare mentalmente i vari punti e passaggi, dove mi sento piccolo piccolo in mezzo a 2700 corridori e nel delirio di una folla di credo 70mila spettatori che sta iniziando letteralmente a ruggire ad ogni sferzata dello speaker.
Stiamo per raggiungere lapice del casino. Partiremo con 2 minuti di ritardo.
Iniziano le note di Conquer of Paradise” di Vangelis, e chai voglia, ne hai tanta.
Sembra di essere quando, ne Il Gladiatore”, Proximodescrive il boato crescente del Colosseo.
Sale.
Sale.
Sale.
18:02. VIA! Si parte. Eun tripudio. Urla. Campanacci. Trombe da stadio. Sembra di essere alle Olimpiadi.

Inizia UTMB 2024.

LA PRIMA NOTTE

I primi 8km sono praticamente in mezzo alla folla. Prima su asfalto, poi su sentiero ondulato, quasi un riscaldamento: scorrono in circa 50min perché limperativo è andare piano, arriviamo al primo ristoro di LesHouches dove c’è solo acqua e bibite. Ricarico al volo una borraccia giusto per rimanere con le due borracce davanti piene. Per ora il Mostro” resta vuoto, tanto non fa caldo e stiamo andando verso la notte.
Da LesHouches si comincia la prima salita, e non è neanche poco ripida: si va verso larrivo della telecabina Prarion” sopra al Col de Voza (1800) ed in circa 5km ci spariamo i primi 800m di dislivello. Il passo che tengo in salita è e sarà tranquillo, perché la camminata in salita non è un mio punto forte e perché non ha senso spingere ora quando c’è da fare 100miglia.
La discesa verso Saint Gervais, primo vero ristoro della gara, è facile, quasi tutta su prato-sentierino, e io invece qui vado, supero circa 200-300 persone che invece sembrano correre sugli spilli perché non sanno andare in discesa, e con la pausa per mettermi la frontale in testa in 3h11 sono al 21km, con ben 49min di vantaggio sul cancello. Primo dei tantissimi giri inutili in paese, una specie di passerella di 2-3km su asfalto prima e dopo lentrata nel ristoro, dove Giulia mi aspetta dietro ad una transenna per incitarmi.
Anche a Saint Gervais la sosta è giusto il tempo per riempire le borracce e si riparte.

Non saliamo molto, circa 4-500m in 10km fino a LesContamines. È un pezzo che sa di poco: un po’ tra i campi, un po’ nel bosco, tutto al buio perché ormai è notte inoltrata. Poco da raccontare qua, in 4h50 arrivo a LesContamines (30km), rosicchiando altri 20min di vantaggio sul cancello e qua Giulia può fare assistenza.
Abbiamo calcolato di fare i primi 30km con una riserva di cibo e poi aggiungere altro cibo dopo questo ristoro, cibo che dovrà arrivare all82km dove mi aspetta la base vita di Courmayeur. Esempre qui che tolgo dallo zaino la maglia termica di lana a maniche corte e la piazzo a pelle, sotto alla maglia Survival: saliremo fino a quasi 2600, e non voglio sorprese.

La prima parte della salita verso il ristoro del 40km è ancora tranquilla fino allarrivo nel caratteristico tunnel di luci di Notre Dame de la Gorge, poi inizia a fare sul serio diventando più ripida. Una volta usciti dagli alberi arriva la prima delle immagini spettacolari: la sagoma nera del Col du Bonhomme con sul suo costone un enorme serpente di luci, la maestosa colonna di lampade frontali dei 2700 corridori che affrontano la prima salita lunga della gara; ti guardi avanti e c’è il serpente, ti guardi indietro e c’è ancora il serpente. Tu ne fai parte, tu sei lì dentro.

Tuttavia, non hai nemmeno il tempo di gongolarti di tutto questo splendore, che arriva lora di fare i conti col buio della notte. Fa freddo, e più si sale verso i 2500m della croce del Col du Bonhomme e più si alza un vento infame che farà fuori tanti concorrenti. Al ristoro di la Balme (40km) arriva lora di coprirsi bene bene. Maglia termica a maniche lunghe e antivento. Meglio, ma forse un pochino in ritardo. Non so se ho fatto troppo tardi, o se davvero non sopporto le zuppe Naak, fatto sta che mi porto dietro fino al giorno inoltrato una sensazione di leggera nausea che rompe le scatole; non così forte da fermarmi, ma abbastanza noiosa da rallentarmi quando provo a spingere. Vabbè, si va avanti e si inizia a scendere verso lesChapieux(51km), dove recupero un bel po’ di tempo e mi riscaldo correndo una discesa lunghina ma abbastanza facile e passo il cancello con più di 1h30 di vantaggio. Va tutto come previsto, per diminuire la nausea dato che da mettere nel brodo hanno solo il riso, ci metto un bel paio di fette di pane e mi riempio lo stomaco con roba calda e sostanziosa.

Cinquanta chilometri, altra salitona di 1000m di dislivello. Andiamo verso Col de la Seigne (2515m) e poi verso il punto più alto di tutta la gara, dopo una piccola discesa, fino ai 2570 del Col PyramidesCalcaires. Sorge il sole, laria piano piano si scalda, io nel frattempo mi sono messo pure lantipioggia per contrastare il freddo, ed il passaggio del confine tra Italia e Francia (su sassaiole noiose dove si cammina e si corre malissimo) è linizio di una piccola rinascita.

Il ristoro di LacCombal (70km) è più che una formalità dove inizio a rispogliarmi perché la temperatura sale; la risalita allArete de Mont Favre (2450) è una bella spaccagambe che però va superata nonostante le piccole nausee ad ogni tentativo di spinta, perché dopo inizia il discesone verso l82km, Courmayeur, la base vita, il primo vero step da superare in questa gara durissima. Ad un certo punto della salita verso il montFavre ho staccato Farida, non lho più vista e sono andato giù a Courmayeur.

COURMAYEUR

Larrivo al celebre palazzetto di Courmayeur avviene dopo lennesimo giro inutile nelle strade del paese, ma è sinonimo di metà gara (anche se metà non è), di base vita, ed è loccasione per rivedere dei volti amicidopo una notte all’addiaccio (Giulia e Beppe, ritiratosi a LesContamines).
La tattica di gara deve aspettare qualche istante perché il caldo è diventato intenso, lultima salita e lultima discesa lunga e tecnica mi hanno un po’ frullato, e mi siedo un po’ frastornato mentre Giulia mi tira fuori il cous-cous a brodo sapientemente preparato per evitare di perdere tempo in fila al ristoro.

Mangio, resoconto al Bussino che mi dice di non farsi prendere dal panico per la sensazione di stanchezza perché è un semplice calo dovuto ad una notte insonne. Mi cambio con vestiti asciutti, levo il sudicio e mi metto di nuovo la crema sui piedi.
Prima decisione: da ora in po’ basta con le zuppe della Naak. Han dato noia al mio stomaco alla LUT, han dato noia stanotte. Anche se in allenamento le ho sempre tollerate bene, lascio tutto a Giulia e carico più carboidrati semplici da sciogliere nelle borracce invece di quei papponi: lacqua di una delle due borracce sarà sempre dolce e limonosa, ma per lo meno è un gusto che non mi dispiace e soprattutto non mi da noia.


Dovrei stare mezzora da programma, ma purtroppo perdo un po’ di tempo perché devo ricaricare lacqua (e stavolta pure il Mostro perché fa caldo) e perché, da buon coglione, mi scordo di riprendere la borsa della base vita da riportare al deposito. 42 minuti, si riparte.

ITALIA - SVIZZERA

Riparto. Vorrei essere bello pimpante, ma fa caldo.
La salita fino al rifugio Bertone è forse la più impegnativa come ripidità di tutta la gara, è lunga, è luna, ci sono quasi 30 gradi, non ti molla mai ed è ritta da far schifo.
Vorrei spingere, ma come provo ad alzare un po’ il ritmo della camminata, mi tocca fermarmi perché mi da noia la pancia. Mi supera Farida che era dietro di circa mezzora ed io le vado dietro.

A questo punto della gara arriva la prima svolta psicologica, proprio grazie a Farida. La osservo: Farida non sta spingendo a cattiva, sembra quasi che non si impegni nemmeno. Sale tranquilla ad un passo costante che non la affatica troppo, sembra quasi stia facendo trekking, eppure non si ferma mai e poi mai. Allorché mi chiedo: ma perché non provi a salire tranquillo come lei?
Mi metto al suo passo. Tic-tac-tic-tac, si chiacchiera io e Farida. Zero nausee, non mi fermo, prendo un passo quasi trekking che però si rivela efficace. E allora chissenefrega! Arriviamo al rifugio Bertone provati ma non distrutti. Almeno, io. Farida si mette un po’ giù a sedere allombra mentre io ricarico le borracce e bevo la coca-cola finta dei ristori. Ripartiamo insieme direzione Arnouvaz (101km).

Inizia una balconata sul massiccio del monte Bianco, tanto bella come paesaggio quanto superpallosa come sentiero: 12km di mangia e bevi ondulato praticamente infinito, che sarebbe un buon modo per far girare le gambe e prendere un ritmo.
Allinizio ci provo, e stacco Farida che andava bene, non so per quale motivo abbia rallentato.
Peccato che sui pezzi dove il sentiero è stretto puntualmente si formino degli ingorghi a causa di quelli che camminano piano dove si potrebbe correre. Questa cosa mi ingolfa le gambe e allarrivo ad Arnouvaz ho due pezzi di legno come mezzi di locomozione. Passata definitivamente la piccola nausea, ora cho le gambe incatagnate.

Scatta la telefonata al coach Bussino, perché sta per arrivare lultima salita della gara sopra ai 2500, dove saliremo sul Gran Col Ferret (2535m), dal quale sconfineremo in Svizzera. Ho le gambe cotte, ho bisogno di istruzioni.
La salita è lunga ma è molto costante: mettiti su un passo e mantienilo. Se vuoi fermarti a riposare fallo poco, e riparti al solito passo. Dai che questa sembra brutta ma non lo è!”.
Eseguo.
Non mi fermo quasi mai, non vado su forte, ma costante. Il Gran Col Ferret viene superato in circa due ore e siamo arrivati in Svizzera. Mi fa male la gola: il vento della notte scorsa e bere dalle borracce morbide, nonostante i propoli, ha irritato la laringe e decido di prendere unibuprofene. La scelta si rivela vincente, perché nella successiva discesa mi sblocca le gambe ed io recupero tanto tempo durante la discesa verso la Fouly (115km) durante la quale, a circa 1km dal paesino, arriva lora di rimettersi la frontale.

SECONDA NOTTE

Inizia la seconda notte però per ora siamo bassi e non fa freddo. Alla Fouly mangio qualcosa e riparto per andare verso il prossimo ristoro dove finalmente potrò ricevere assistenza.
C’è un tratto un po’ noioso con una discesa lunga, uno strappo in salita nel bosco dopo aver deviato dalla strada in discesa, e poi di nuovo in discesa fino al paese di Orsiere, dal quale parte la salita che va a ChampieuxLac, un caratteristico piccolo paese in riva ad un lago dove, al 130km, c’è il capannone del ristoro dove Giulia e Beppe mi aspettano.
È passata da poco la mezzanotte quando arrivo a ChampieuxLac, sono nei miei orari ma sto iniziando a sentire che sul calcagno qualcosa non va.
Nonostante la crema, il caldo e la tantissima polvere sui sentieri mi hanno seccato i talloni ed io coi talloni secchi ho il problema che mi si aprono delle ragadi fastidiose, come dei micro taglietti, che danno noia quando appoggi il tallone.
Menomale che Giulia ha la crema. Chiudo gli occhi 2 minuti per levarmi la sensazione di sonno di dosso. Mi cambio unaltra volta, mi metto la termica e lantivento e mentre mangio ancora couscous al brodo facciamo due valutazioni.
Sono con 2 ore e mezzo di vantaggio sul cancello di questo ristoro, ed al prossimo ristoro mancano 18km con 900m di salite. Secondo gli organizzatori il tempo limite tra questi due ristori è 5 ore, quindi ne ho quasi 8 per arrivare a Trient. Son tante, la cosa mi tranquillizza e riparto bello arzillo, quasi convinto che il peggio sia passato. Mancano solo” tre vertical Faeta uno dietro allaltro da qui a Chamonix.

Mai idea fu più sbagliata. Dopo un tratto corribile di circa 5km, si attacca una salita che non solo è ripida, ma è molto molto tecnica: sassaiole, tratti dove la ghiaia ti scorre sotto alle scarpe, radici, pezzi brutti dove tocca camminare pure male per poter andare su, una salita che doveva essere una formalità ed invece è lentissima.
Dallaltra parte, una discesa peggiore che mi aumenta sensibilmente il fastidio sulla ragade del tallone, rallento. Il tratto tra i due ristori mi costa quasi 4h e 50 minuti.
Inizio in questi pezzi (ma già anche prima di ChampieuxLac) ad avere qualche segno di sonnolenza, che fermo subito con bombe di caffeina, cibo solido e soprattutto le sfleshate della mia lampada frontale, tenuta bassa per poter usufruire, alzando lintensità, delleffetto luce negli occhi per svegliarti”. Funziona.
Larrivo a Trient è forse quello dove sono più spappolato: sono quasi 5 ore che lotto con sassaiole, buio e sonnolenza ed il solito giro panoramico del paese mi fa entrare il giramento di palle. Giulia è fuori dal ristoro che mi aspetta tutta bardata per il freddo, io sono con la maglietta e lantivento. Esigo una birra per la ripresa psicologica.
Me la compra mentre rimetto la crema sul piede, una cosa che non chiude la ferita ma per lo meno ammorbidisce la pelle e rallenta la sua apertura definitiva.
Riparto, direzione Francia, seconda delle tre brutte salite.

SECONDO GIORNO

La salita verso LesTseppes, dove si fanno altri 900m di salita in circa 4km, non è assolutamente come quella precedente. È ripida, sale su a tornanti, ma è tutta nel bosco con il sentiero bello pulito. Rispetto a quella prima, è un giochino da ragazzi, e nonostante sia stanco me la faccio su costante, non mollo niente e non mi fermo praticamente mai se non per levarmi la frontale e lantivento perché ho caldo. Spunta un nuovo giorno, è la seconda alba, siamo di nuovo in Francia.

È qui che succede una cosa che va raccontata. Inizia una discesa tutta corribile e bellina, nella quale io inizio ad avere dei colpi di sonno. Mi sto letteralmente addormentando mentre corro. Rischioso, se per caso dormi mentre scendi ti ritrovano in un burrone. Meglio riposarsi.
Mi metto a sedere su un masso, sveglia sul cell di 5 minuti, gomiti sulle ginocchia, testa tra le mani e chiudo gli occhi. Mi addormento così velocemente che dopo pochi attimi il rilassamento muscolare mi fa perdere la presa delle mani sulla testa, e la sensazione di caduta mi sveglia. Andrò avanti fino alle 18 sveglio. E, dopo lennesimi 2-3km inutili per arrivare ad un ristoro che si poteva raggiungere con 300m direttamente, entro al penultimo ristoro di Vallorcine(158km).

Mancano 18km con 1000m di salita, è ormai giorno e andremo verso molto, molto caldo. Dopo aver lasciato cose superflue a Giulia, dopo aver rimesso per lultima volta la crema sul piede che per ora sembra si stia salvando, decido di riempire totalmente ogni riserva dacqua, quindi riparto con due litri ed il Mostro” pieno, temendo che lultima salita possa essere un inferno di fuoco.
E la mia intuizione è giusta. Non è una salita ma sono in realtà due salite distinte da 400m di dislivello luna, e lunica fonte è praticamente allinizio della prima salita. Nel mezzo, una discesa balordissima coi pietroni dove ogni tanto si appoggia le mani, che insieme al caldo ed alla polvere da il colpo di grazia alla ragade sul tallone che mi si apre definitivamente.
Io sto bene, le gambe ancora vanno per essere ormai oltre le 100 miglia, riesco a spingere in salita perché il tallone non appoggia e quindi non mi fa male, ma questa salita non finisce mai, è tutta sotto al sole, e piano piano lacqua sta finendo. Mi fermo e rabbocco lacqua dal mostro nelle borracce davanti, menomale che c’è il Mostro, perché altre persone salite con solo un litro non troveranno neanche un ruscellino misero da qui fino alla seggiovia della Flegere (169km), ultimo ristoro al quale, come se non bastassero km sotto al sole, si arriva spuntando in campo aperto su una infuocatissima pista da sci.

Al ristoro c’è la liberazione: le salite son finite. Sono uscito da un forno con solo tre dita dacqua rimaste nelle borracce, loro hanno degli idranti con cui ti raffreddano, ma ormai mancano solo 7km per arrivare. Sette fottuti chilometri di discesa dove il mio tallone sicuramente non apprezzerà, ma ho più di 3h e mezzo per arrivare a Chamonix, e almeno che non spunti qualcuno che mi prende a fucilate, taglierò quel traguardo dovessi arrivare senza i piedi.
La discesa la correrei anche, se non avessi il piede dolorante che mi rallenta, le gambe ancora ne hanno, e dopo unora e mezzo arrivo al fatidico ponte di Chamonix che attraversa la ferrovia.

CHAMONIX

Sono appena spuntato al villaggio, sto arrivando” è il vocale che viene mandato sul gruppo UTMB dove comunico tutto a chi mi segue da vicino.

Appena arrivato al villaggio, inizia la festa vera. C’è una folla enorme già qui, e iniziano già a urlare e a tifare per il mio arrivo.
Non sono nessuno, ma vengo accolto come una specie di eroe.
La folla diventa sempre più numerosa man mano che mi avvicino al centro del paese, il grido di incitazione diventa sempre più alto, ti spinge come se tu avessi il diavolo che ti rincorre, perché manca solo un chilometro e vedi Giulia, sullangolo che entra nel centro del paese, pronta a correre con te.
Lei parte un po’ troppo forte oh un andà troppo forte eh, un ti sto dietro” e litiga col suo cellulare, nellimpeto della corsa riesco a darle il mio per fare il video dellarrivo.
Non riusciamo a sentire quel che diciamo dalla bolgia che accoglie il mio arrivo allultima curva. Qualcuno grida Forza Italia”, qualcuno Allez Riccardo” alzo le mani al cielo.
È finita! 44h e 40min, taglio il traguardo con la folla che esplode ad ogni passaggio di qualsiasi concorrente da sotto a quellarco. Ho i brividi a raccontarlo.

Andiamo al ristoro. Giulia mi prende una birra e va a vedere gli arrivi.
Mentre bevo, prendo il cellulare, e leggo un messaggio dove Alberto si congratula per tutto quello che abbiamo passato in questi mesi.
Io ripenso ai sacrifici, ripenso ai giorni ed alle notti dove ho rinunciato ai miei figli, e penso ai miei due bambini che esultano perché nonostante tutto sono riuscito a realizzare il sogno di finire una delle gare più famose del mondo, forse non la più bella, ma sicuramente quella che ti fa vivere più emozioni.

E così scoppio a piangere come un bimbo. Lacrimoni infiniti, singhiozzi, ripensando a tutto quello che ho fatto per riuscire a finire questa gara. Non me ne frega più nulla di averci messo due ore di più, il tallone non fa più male (perchè sono seduto eh) e sfogo tutto ciò che si è accumulato in due notti dove non ho mai mollato, sempre con la testa fissa sullobiettivo, razionale e lucido. Ora non c’è più spazio per la lucidità, c’è spazio solo per la gioia, e vengono giù lacrime, ancora ancora e ancora. Giulia mi abbraccia, piano piano mi calmo con altre tre birre, e dopo larrivo di Farida ce ne torniamo col treno a LesHouches.

Avevamo comprato delle salsicce per farle nei bellissimi bracieri del laghetto per cena.
Siamo morti entrambi in un sonno profondo dalla stanchezza. Corridore e Assistente, distrutti ma felici.

Ne è sinceramente valsa la pena.
Non sarà la gara più bella del mondo (anche se vorrei vedere i cinesi dove vedono ste montagne belle dalle loro parti), ma è sicuramente la più emozionante.
La porterò sempre nel mio cuore perché quello che ti fa provare UTMB non lo provi in nessunaltra gara.

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Sulle orme orientali dell’ALVI TRAIL di Alessandro tonelli

Seconda esperienza di un nuovo format che ho battezzato “ AvventurTrail”.

Questa disciplina prevede un andatura alternata fra il trekking ed il Trail, lungo sentieri e cammini tra i più prestigiosi del panorama italiano

Scarichiamo attraverso i dispositivi le tracce da percorrere e iniziamo la parte avventurosa, visto che non le abbiamo mai percorse prima.

Le distanze sono sempre importanti, quindi cerchiamo di frazionarle in base all’ospitalità che troviamo lungo il percorso .

Il totale del tracciato prevede 110 km con circa 4.000 metri di dislivello, quindi si decide di farlo in due tappe.

Si parte da Rezzoaglio, un piccolo comune situato nella provincia di Genova, porta d’ingresso del Parco Regionale d’Aveto.

Raggiungerlo non è semplice, visto che il percorso totale non prevede un anello. Dobbiamo affidarci ai mezzi pubblici.

Prima il treno Intercity che prendiamo autonomamente da due stazioni differenti, visto che il mio compagno di viaggio sale a Massa ed io a La Spezia.

Incontro alla carrozza sei, battiamo un cinque con le mani, ed inizia ufficialmente la trasferta.

 

In treno ripercorriamo velocemente gli aspetti organizzativi con la giusta dose di andrenalina che ci accompagna in questa nuova avventura.

Intanto è arrivata l’ora di pranzo quando scendiamo alla stazione di Chiavari.

Ancor prima di comprare i biglietti della corriera, sosta ad una tavola calda, dove ad attenderci c’è una generosa porzione di penne all’arrabbiata e un riso Venere condito con pomodorini e calamari. Ottimo inizio.

Raggiungiamo quindi la stazione degli autobus dove prendiamo la corriera per raggiungere Rezzoaglio. 1h e 30 minuti di tragitto.

Ci accomodiamo su due sedili posizionati contrariamente al senso di marcia e qui avviene la prima gag del nostro viaggio 😂.

Una brusca frenata dell’autista, fa planare il mio compagno addosso ad un panzer posto di fronte a noi ; vista la stazza, l’atterraggio è morbido … fortunatamente 😅.

Dopo oltre un’ora di tornanti arriviamo a Rezzoaglio. Qui il gestore dell’hotel dove alloggiamo, ci suggerisce di comunicare all’autista se ci può fermare al bivio del Lago delle Lame, visto che la struttura si raggiunge a piedi attraverso un sentiero CAI all’interno del Parco.

Abbandonati sul ciglio della strada proseguiamo alla ricerca del sentiero che ci porterà alla Locanda delle Lame ( Hotel di charme dice un cartello 🤣 ). Struttura dignitosa ma dicitura un po’ sopra le righe 😂.

Il bosco ci accoglie bene, con il sole che filtra attraverso le frasche, su un terreno morbido e piacevole da calpestare.

Mentre ci avviciniamo all’hotel dal terreno sbuca una splendida scultura di legno a forma di serpente. Foto di rito…mi sembra il minimo.

 

Dopo circa mezz’ora ci presentiamo alla Locanda. Nemmeno il tempo di fare il check in e parte il primo boccale di birra.

Breve passeggiata intorno al lago delle Lame e via in camera a farci un riposino aspettando la cena.

Al momento della doccia ecco la prima sorpresa. Non c’è acqua calda !!

Scendo in reception e mi comunicano che la caldaia è in blocco. Il disagio non è tanto la doccia ma in cucina, dove non hanno il gas per cucinare. Pazienza… bisognerà accontentarsi di un po’ d’affettato e formaggio. Siamo in un hotel lontani dal centro abitato e non c’è soluzione alternativa.

In camera inizia ad abbassarsi la temperatura… fortunatamente c’è un bel piumone 😅.

Alle 20 però cambia tutto. La caldaia torna a funzionare… i termosifoni iniziano a scaldare…ma soprattutto la cucina è pronta a sfornare una cena coi fiocchi.

Si parte con una zuppa di cipolle. A ruota una vagonata di polenta con formaggio della Valle ( autentica prelibatezza ), hamburger e patata al cartoccio.

Ci mettiamo accanto alla stufa a pallet chiacchierando con il gestore. La struttura si trova a circa 1000 metri di altitudine, affacciata sul lago e circondata da boschi.

Stiamo per raggiungere le nostre camere quando veniamo richiamati di sotto perché il cielo ha assunto un colore violaceo.

Pazzesco… assistiamo ad un evento straordinario che ha coinvolto mezza Italia.

L’AURORA BOREALE 🤩.

La figata e’ che siamo in un posto con zero inquinamento luminoso e lo spettacolo è veramente unico.

 

Giorno 1. Lago delle Lame - Castiglione Chiavarese 52 km con 1900 metri di dislivello.

Sveglia alle 6. Abbondante colazione e sotto la protezione della statua di Cupido parte il nostro Tour.

La temperatura è fresca e gradevole. Un largo sentiero in salita ci introduce nel Parco. Dopo qualche km la nostra traccia si ingarbuglia perché il sentiero entra in una parte vietata . Nel parco d’Aveto ci sono tre laghi che accolgono la riproduzione del tritone. Si entra solo in un determinato periodo dell’anno accompagnati da guardie forestali. Quindi non se ne parla… guardiamo la mappa e facciamo una breve deviazione che ci riporta sul sentiero di gara.

Il bosco è meraviglioso… lunghe salite ci portano su un altopiano dove domina un panorama fantastico. Non incontriamo nessuno ad eccezione di alcuni magnifici cavalli allo stato brado.

Intanto si sale verso il Passo dei Porciletti che rappresenta il punto più alto del percorso (1459 mt ).

 

 

Il sentiero dei popoli Celti e Liguri prosegue attraverso faggete e prati. Verso le 11 svalichiamo nella provincia di Parma e ci viene qualche dubbio subito dissipato da una bella birra fresca nel nostro classico BeerTime ( sosta ormai consolidata nei nostri viaggi )… siamo al km 22. Ne mancano ancora 30 😅.

Una lunghissima salita ci porta al monte Zappa spartiacque appenninico tra la Valle Sturla, Valle del Taro, Val Graveglia e la Val di Vara.

 

Ma non è ancora finita… c’è un ultimo strappo di quelli tosti. Su un sentiero appena accennato, bisogna raggiungere il Monte Coppello e successivamente il Passo della Biscia.

Il tempo è favoloso e i panorami lasciano senza fiato… intanto l’acqua scarseggia e purtroppo i paesini che vediamo ai lati del Passo sono troppo distanti per raggiungerli.

Sulla carta, vediamo che sono segnati dei punti acqua, ma sono praticamente delle pozze dove non è consigliabile approvvigionarsi. Durante una breve sosta però notiamo un tubo dell’acqua che termina in una vasca dove probabilmente si abbeverano gli animali. Riempiamo le borracce..non si sa mai.

Scelta non fu più azzeccata perché mancano ancora diversi km e il primo paese abitato e’ il nostro punto di arrivo.

Lo raggiungiamo dopo circa tre ore.

La prima cosa che cerchiamo è un bar ; finalmente la birra scorre fresca nella nostra gola impolverata e sofferente. Mentre siamo seduti guardiamo su GoogleMap l’ubicazione dell’ agriturismo dove alloggiamo. Si trova ancora a 2 km 😩.

Si cammina lentamente e facciamo due chiacchiere sulla cena che ci aspetta.

Linguine al pomodoro con olive taggiasche e un dolce aromatizzato alle rose. Andiamo a letto soddisfatti.

Drinnnn ⏰ ore 6 🔔.

Giorno 2. Castiglione Chiavarese - Portovenere 58 km 2200 D+

Scendiamo in strada e pronti via si trova un portafoglio. Mmmmm .. curiosiamo dentro e vediamo che è quello di una bimba. Al suo interno tessera dell’autobus e 5 €.

Ritenta e sarai più fortunato 😂.

Lo lasciamo al bar del paese e cerchiamo il sentiero che ci riporta sul percorso originale dell’Alvi Trail.

I primi 10 km sono abbastanza deprimenti. Sentieri sporchi, zecche in agguato e tanto asfalto. La gara originale partirà tra un mese, quindi ci sarà bisogno di una bella pulizia !

Raggiungiamo il santuario di Velva e a seguire il Monte Arpecella. I segni bianco rossi del sentiero sono appena accennati e così usciamo dalla traccia immergendoci tra rovi, arbusti e foglie scivolose. Tombola ! Ci siamo persi 😩.

Vediamo sotto di noi la statale che dobbiamo attraversare e proviamo un dritto per dritto sperando di raggiungerla. Niente da fare !

I graffi su gambe e braccia iniziano ad innervosirci così optiamo per la cosa migliore da fare in questi casi. Torniamo indietro.

Perdiamo all’incirca mezz’ora, ma ne è valsa la pena. Direzione Framura.

 

 

Altro pezzo di asfalto sino a Bonassola. Il sole picchia di brutto ma già pregustiamo la sosta che ci attende al Santuario di Soviore sopra Monterosso al Mare.

Entriamo in territori a noi conosciuti. Non c’è più bisogno di seguire la traccia gps. L’Alta Via dei Monti liguri sarà strepitosa fino a destinazione.

Intorno alle 14 BeerTime 🍺, panino con bresaola e una banana. Si riparte.

Dopo circa 5 ore spunta il promontorio di Portovenere e l’isola Palmaria.

 

 

Scendiamo velocemente le scale che dal Castello ci portano in piazzetta. Li ad attenderci Cristina e Patrizia. Foto di rito e abbraccio finale.

 

Un altra bellissima esperienza dopo la Via degli Dei. Ci abbiamo preso gusto ormai.

A tavola si parla già del prossimo progetto: La Via Vandelli da Modena a Massa lungo gli Appennini. Le signore ci dicono di piantarla e quindi a quel punto ci avventiamo sullo strepitoso menu’ a base di pesce che ci propone l’amico Massimo della Trattoria Il Centro a Cadimare.

 

 

Un ultimo brindisi, un nuovo sogno … e la vita continua.

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INFERNO DEL GRAN SASSO di Alessandro Tonelli

INFERNO 🔥 del GRAN SASSO. 63k 4000D+

IMG 5736

A distanza di 45 giorni dalla traversata dei Carpazi mi ripresento in un altra zona tra le più selvagge d’Italia : il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

L’iscrizione è stata fatta perché nel caso avessi fallito al Transilvania ( 108 km … se avete voglia di leggere la storia è stata pubblicata in un post del 5 giugno 2023) qui c’era l’opportunità di passare dalla 63k che ho fatto,  alla 103k,  per superare la fatidica quota 100.

La Transilvania poi è stata superata e quindi ho optato per la distanza più corta ( si fa per dire 😅🥵 ).

Un piccolo inciso su uno stereotipo comune quando vai a correre in paesi che secondo il tuo grado di giudizio sono meno organizzati di quello che facciamo noi in Italia .

Ho criticato aspramente l’organizzazione del Transilvania 100, per il grado di sicurezza che era veramente superficiale, per le indicazioni del percorso che in alcuni tratti avevano le sembianze di una caccia al tesoro, per dei ristori non altezza di una gara del genere…. Ebbene tutto questo è stato pareggiato se non superato in questa terza edizione dell’Ultra Trail del Gran Sasso.

L’unica giustificazione che posso dare è data dalla giovane età di questa manifestazione che è solo alla terza edizione.

Mentre scrivo questo articolo, mi è arrivata una mail direttamente dall’organizzazione abruzzese che si scusava delle tante (troppe) cose che non hanno girato per il verso giusto.

Troppe pecche hanno minato la pazienza dei partecipanti…. Dalla tracciatura del percorso che non combaciava con le segnalazioni visive, ai ristori che erano inadeguati per affrontare certe distanze, soprattutto a livello idrico visto le temperature del periodo ..al pochissimo personale presente sul percorso.

Un pacco gara deludente malgrado uno sponsor prestigioso come La Sportiva.

Insomma tutte cose sperimentate abbondantemente in Romania… ma sai sei in Romania e quindi lo giustifichi… È no !

Tutto il mondo è paese e quindi mettiamo nel cassetto certi pregiudizi e critichiamo sempre in maniera obbiettiva.

Le parole scritte dall’organizzatore rendono chiara la situazione :

“Senza entrare nello specifico di alcune scelte sbagliate ed errori di valutazione vi porgo le mie più sincere scuse. A due giorni dalla fine dell'edizione 2023 ancora non posso credere di avervi messo in difficoltà: ho reso una gara difficilissima, impossibile”

È un buon inizio aver riconosciuto i propri errori, e sono certo che porranno rimedio, perché avere dei posti così meravigliosi è una fortuna per pochi.

Un trail durissimo che ti riempie comunque di soddisfazione.

Molti mi domandano su quali parametri scelgo di partecipare a questa o quella gara.

La risposta è unica : i paesaggi che vado ad attraversare. 

Il trail è uno sport di sofferenza, che ti porta se hai la testa giusta, a superare dei limiti che mai ti saresti immaginato e quindi per bilanciare tutto il disagio hai bisogno di circondarti con la  massima espressione che ti da madre natura.

È il Gran Sasso ne ha da vendere di tale bellezza. Illuminato dai primi raggi del sole è davvero maestoso. 

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Un posto magico quasi surreale quando attraversi i suoi fitti boschi, i suoi altopiani verde smeraldo,  circondati da montagne grigie e dure come l’acciaio.

Creste infinite, lunghissime salite che ti fanno tremare le gambe,  compensate da alcuni nevai ancora presenti malgrado le alte temperature.

Ai blocchi di partenza non potevano mancare i Survival Trail Runners.

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Cena dello sportivo alle 18.30 del venerdì con riso integrale, barbabietola e pollo.

Il mio pensiero positivo va però alla cena del sabato,  dove vige la regola  “Liberi Tutti”.

Cibo e alcool in abbondanza 😋😂

Sono le 2.15 quando ci incontriamo nell’area adiacente alla partenza.

La temperatura è già gradevole, cosa preoccupante 🥹.

Partiamo in 110. 

Mi aspettavo più partecipazione visto che si corre in centro Italia. Una buona parte dei corridori è locale.

La fatica è ai massimi livelli perché dopo 34 km gestiti allegramente arriva un conto salatissimo da pagare.

Ci arrivo in circa 5 ore seguendo i consigli nel briefing pre gara,  che consiglia di bere oltre che ai ristori previsti nel percorso, anche alle numerose fontanelle posizionate sulla prima parte del tracciato.

Qui inizia completamente un altra storia, che mi porta a coprire la distanza rimanente nel doppio del tempo impiegato sino a quel momento.

Sono le 8.15 del mattino e visto che siamo partiti alle 3.00 decido di chiamare Cristina per avvisarla che sta andando tutto bene.

Le sue parole mi danno ulteriore carica sotto un sole che inizia a fare capolino ; prima in maniera gentile quando attraverso ancora dei sentieri boschivi ma poi diventa ignorantissimo quando la vegetazione scompare.

L’acqua inizia a scarseggiare in maniera preoccupante.

Il prossimo ristoro è lontanissimo e questo non va assolutamente bene. La maggior parte degli atleti percorre quel tratto tra le 11 e mezzogiorno quando il sole è allo zenit 🥵

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Non riesco a idratarmi come vorrei… al 40 km vengo colpito da un crampo improvviso e doloroso. Ho una bustina di integratori che rimediano per un po’ di tempo.

Al km 42 l’acqua finisce e devo fare ancora 4 km con una pendenza molto importante.

Sopraggiunge una forte nausea. 

Non  posso nemmeno mangiare perché il cibo mi cresce in bocca , faccio fatica a deglutirlo senza un goccio d’acqua.

Mi adeguo e cerco di mantenermi calmo; non guardo più l’orologio, ma osservo il rifugio come un miraggio in lontananza.

Finalmente sotto un sole cocente arrivo al rifugio Campo Imperatore.

C’è una fiumana di turisti che ti guardano come un marziano.

Corro a prendere l’acqua… è calda 😩. Nemmeno temperatura ambiente… ti chiedono il numero di pettorale alla consegna della bottiglietta… quasi come se fosse contata. Li guardo allibito e gli dico di darmene subito almeno 3.

Con due riempio le borracce e una la consumo di botto.

Mi danno un piatto con del pane e olio e dei pezzettini di parmigiano, ma il mio stomaco è ancora sofferente anzi compromesso visto che non riuscirò più a toccare cibo sino all’arrivo.

Decido di ripartire perché di lì a poco ci sarà un altra salita di quelle veramente toste.

L’orario è proibitivo ma bisogna proseguire per entrare nei cancelli orari previsti. Ho circa 1ora e trenta minuti di vantaggio, ma tra il percorso segnato male, l’approssimazione dei ristori e le mie attuali condizioni non c’è da stare allegri… la salita al Passo del Cannone, appena sotto al Corno Grande diventa come la passione di Gesù sul Golgota.

Sole…Sole…Sole…Sali…Sali…Sali.

Ci sono ancora piccoli nevai che diventano preziosi per inginocchiarsi e rinfrescarsi le gambe. 

Batto la neve con i bastoncini per renderla morbida; una parte la metto sotto il cappello.. una goduria.

La bellezza del paesaggio circostante è da mozzare il fiato.

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Si arriva nel punto più alto a 2700 metri dove una voce femminile rassicurante ti dice che le salite sono finite… ma non specifica che la sofferenza è ancora lunga.

Mancano circa ancora 8 km.

La discesa inizia con un lungo tratto su cavi in acciaio dove sono presenti anche delle guide alpine gentilissime, pronte ad aiutarti nel caso di bisogno.

Logicamente perdi parecchio tempo perché sei costretto a scendere in maniera contraria rispetto al senso di marcia ( culo rivolto a valle 😅 ).

La discesa è super impegnativa. Come nei km precedenti il fondo delle discese è roccioso ( tipo i nostri sentieri Apuanici ).

Molti sassi si frantumano al passaggio ; bisogna prestare la massima attenzione. 

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È lungo questa discesa che faccio due incontri che mi hanno reso questa competizione più gradevole.

La prima persona è Valentina una ragazza di Pescara ; la riconosco dalla sua bandana gialla che mi ha accompagnato per buona parte del percorso.

In salita è un mulo. La vedo allontanarsi diverse volte in maniera importante. Diventa spesso un puntino nero ma il copricapo giallo la mette sempre in risalto.

Riesco a recuperarla quando ci sono le discese.

Anche lei tira giù una bella serie di moccoli ( maledizioni ) per il percorso tracciato alla belle meglio e così si affida al mio intuito.

Poco più giù c’è Lorenzo un ragazzone di Cattolica. Le sue gambe sono alte quanto la mia altezza totale 😂.

È immerso nella nebbiolina che verso le 16.30/17 ha iniziato a coprire gli impianti di risalita da Prati di Tivo.

Sta seguendo una bandella impiantata nel terreno ; cerca un sentiero percorribile ma è difficile orientarsi.

C’è un enorme pratone che può portare ovunque. Purtroppo gran parte delle persone hanno sbagliato strada.

A questo punto provo a riaffidarmi alla traccia scaricata sul telefono, ma invece che seguirla come indicata ( visto che non era per niente affidabile ) traccio un sentiero che ci porta al traguardo.

Loro hanno già superato di gran lunga i 60 km io sono leggermente sotto, ma ci proponiamo di fare almeno la lunghezza prevista senza barare.

In un minuto traccio il nuovo percorso…. E via verso il traguardo attraverso un bosco millenario. 

Ogni tanto mi chiedono se sono certo di quello che faccio : “ Alessandro Survival sei sicuro veroooo ?!”

Ed io : “ Ehi ragazzi sono un Caposquadra nonché Vicepresidente dei Survival Trail Runners, avanti marsh !!! 😂😂

È così dopo 15 ore passate all’Inferno 🔥 tagliamo il traguardo, ci prendiamo la nostra medaglia serigrafata in legno e ci scambiamo i rispettivi numeri telefonici.

Il lato meraviglioso del Trail è proprio questo. È bastato poco più di un’ora in mezzo al bosco per fare amicizia perché 

quando  sei in difficoltà c’è sempre qualcuno pronto ad aiutarti ma anche a condividere gioie e fatiche.

Piccola nota a margine :

Nella distanza dei 100 km : Nono della classifica assoluta, in 23 ore, 31 minuti e 22 secondi, l’emiliano Gaetano Laberenti, 67 anni. Chi pensa che il trail sia uno sport riservato ai giovani è servito 😉

Sudato come non mai scendo a piedi verso l’appartamento che ho affittato con un solo pensiero : stasera porzione gigante di lasagne con funghi, scamorza e salsiccia !

La nausea è passata 😂😂

Capitan Tonno

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Transilvania 100.. Odissea tra i Carpazi 🏔️di Alessandro Tonelli

I racconti solitamente partono dall’inizio del viaggio ; la preparazione dell’ equipaggiamento, l’incontro con il tuo compagno di squadra, il viaggio che ci porta all’aeroporto di Bergamo destinazione Bucarest, il battesimo di volo per Teo, il noleggio dell’auto che ci porta a Bran e la mini vacanza di 3 giorni che ci concediamo in Transilvania ; terra gentile ed ospitale malgrado il suo retaggio dovuto a quel genio di Bram Stocker.

Il paesaggio è simile al Chianti… strade che disegnano S su dolci colline, costellate da covoni di fieno, casette indipendenti e recinti che custodiscono animali.

Tutto molto bello…. quindi tranciamo subito questa trama da libro Cuore e andiamo al km 95.

Sveliamo il finale in modo da essere più affaticati quando accenderemo lo start per la partenza di questo Trail di autentica sopravvivenza.

Sono circa le 6 del mattino di domenica , abbiamo appena scollinato un sentiero in mezzo alle brughiere. L’aria è impregnata con l’odore della terra bagnata e l’umidità inizia a farsi sentire. La noto sulla superficie della giacca anti vento che indosso.

Ci attende una specie di check point non previsto ( di cose non previste ce n’è un elenco della spesa 😖 ).

Le mie gambe non riescono più a correre da circa 20 km; andiamo a passo trekking quindi i 5 km mancanti saranno percorsi in poco più di 1 ora.

I miei calcoli iniziali di chiuderla in 24 ore saranno posticipati di circa 2 ore, ma con quello che ho subito a livello atletico e mentale è per me un grande risultato.

Basta pensare che al km 75 eravamo ( per colpa mia logicamente 😂😂) al 110/111 ^ posto su 208 partecipanti.

Le nostre (sante) moglie seguivano in diretta l’evento tramite un applicazione e ci aggiornavano.

Teo il mio compagno di viaggio l’avrebbe chiusa diverse ora prima di me, ma aveva deciso di accompagnarmi qualunque cosa fosse accaduta.

È l’evento drammatico è arrivato proprio ad un passo dal traguardo come nei migliori thriller.

I due tipi al check point ci informano che il percorso è stato allungato di 7 km con altri 600 metri di dislivello. Sorridono e alzano le spalle quando chiediamo il motivo.

Non ci voglio credere ma il cervello ( ebbene si lo possiedo 😅) miracolosamente accetta la sfida. Quelle che invece non l’accettano sono le mie gambe che non si alzano più. Posso camminare ma alzare la gamba mi procura dolori molto forti.

Altri 12 km in quelle condizioni sono uno strazio. Mi attendeva una dolce discesa e mi ritrovo oltre che un muro di salita anche a scavalcare diversi tronchi caduti sul sentiero. Teo mi sprona come un gladiatore nell’arena. Ma ci vogliono un paio d’ore a salire su. La discesa finale logicamente ha una pendenza da brivido e le gambe sono quelle di un automa. Sono talmente svuotato che non sudo nemmeno. Da circa 25 km non riesco a deglutire nulla a causa di una gola infiammata dovuta alla frequentissima respirazione fatta attraverso la bocca.

Un brutto raffreddore prima della partenza non mi permetteva bene di respirare dal naso.

Uno sparuto gruppo di persone ci supera, a coppie o gruppi. Persone che viaggiano da sole ne abbiamo viste pochissime e c’è da crederci visto l’altissimo numero di ritirati.

Sono le 11 della domenica mattina quando vediamo Bran e l’ultimo pezzo di asfalto che ci condurrà al Castello.

Teo riesce a mantenere sorridente il mio morale sino alle fine. Il viale che porta al Castello, dice che me lo hanno dedicato visto che si tratta di una bella scalinata a salire. Ecco la tua Liguria ! Dai che ci siamo !

A quel punto l’adrenalina mi fa prendere Teo per mano negli ultimi 700 metri.. provo a correre per dargli almeno la soddisfazione di tagliare il traguardo sorridenti.

Tonelli 1

L’abbraccio dopo il traguardo è lungo e intenso, le lacrime calde e salate solcano il mio viso. Non finirò mai di ringraziarlo… senza il suo supporto non l’avrei mai finita questa competizione.

A volte non è necessario avere lo stesso sangue per essere fratelli.

La sintesi del racconto è questa ma c’è molto di più per descrivere questa odissea.

La speranza è quella di avervi messo sulle spalle un po’ di stanchezza almeno pari al mio zaino che mi sono dovuto sorbire per tutto il viaggio.

La raccomandazione era assoluta sul materiale obbligatorio, ma come spesso succede vedo gente che parte con abbigliamento minimal infischiandosene del regolamento che prevedeva :

circa 1 litro di acqua

800k/cal corrispondenti a qualche gel e barretta energetica

Pantalone antipioggia

Giacca antivento

Bicchiere

Cappello o scalda collo

Guanti

Occhiali

Bastoncini

Ramponcini ( solo loro 1/2 kg )

Piccolo set di pronto soccorso

Torcia frontale con ricambio

Cellulare

Telo sopravvivenza in alluminio

Insomma qualche kg sulle spalle c’è…

Partenza suggestiva sotto il Castello di Bran. Siamo in 200 sulla 100 km e 115 sulla 80 km. Musica suggestiva come nelle migliori tradizioni… 10.9.8.7….3..2..1 Viaaaa.

Dopo 1 km Teo sbraita perché l’orologio gli si è impallato e deve resettare il tutto 😂.

Si parte a buon ritmo per attaccare dopo un paio di km un autentico muro . 1300 metri in meno di 8 km.

Siamo freschi e lo affrontiamo bene…quasi arrivati in cima c’è la roccia soprannominata la Sfinge dei Carpazi, quasi un monito a quello che dovremmo affrontare successivamente. Arriviamo sul primo Omu ( uomo in rumeno… ma inteso come cima ) in poco più di 2 ore. La neve è già presente ma ci accoglie gentilmente perché ile montagne sono sgombre da nuvole.

Tonelli 2Diversamente sarà per la seconda salita che ti accoglie in un ambiente drammatico e ostile. Le nuvole di fanno basse, bisogna coprirsi e affrontare a testa bassa un sentiero appena accennato. Si entra in una gola profonda che inghiottisce uno ad uno i concorrenti.

Tonelli 3

Il rischio di scivolare e fare strike con le persone che ti seguono è molto alto. Si susseguono le cadute, fortunatamente in avanti, è questo impedisce problemi più seri.

Inizia a venire giù un misto di pioggerella mista neve finché non si raggiunge la seconda cima.

Il fotografo della competizione scatta a raffica. Il mio viso è tutto un programma.

Siamo solo al km 16 km con oltre 2000 metri di dislivello.

Finalmente si scende. Entriamo in un vallone innevato. Cielo e rocce sono del colore del piombo. I gruppi di persone iniziano a staccarsi. Anche Teo si fa ammaliare da questo paesaggio e inizia a scattare foto.

Siamo in mezzo al nulla ; sembra di rivivere la metafora del film la Storia infinita dove il nulla è il vuoto che ci circonda, pronto ad assorbirti e a far sparire qualsiasi traccia del tuo passaggio.

Aumentiamo il ritmo ed ecco che al km 23 improvvisamente mi prende un accenno di crampo all’adduttore destro. Non è possibile ! Caxxo… stiamo scherzando ? Manca ancora una vita ! Senza pensarci due volte mi fermo e prendo un prodotto specifico che quasi miracolosamente mi fa sparire il tutto. Prego ma sono preoccupato che possa ripetersi magari dopo qualche km.

Fortunatamente lo fa sopire per tutto il viaggio. Ne do una bustina anche al mio compagno che sente un leggero fastidio muscolare. Il prodotto si chiama Leg Cramps ed consigliato dai miei coach . Efficacissimo.

La terza salita consecutiva viene affrontata con migliore determinazione sia dal punto di vista fisico che mentale.

Il tratto che ci porta al primo serio ristoro è il più pericoloso in assoluto. Lo affrontiamo percorrendo ripidi pendii innevati. Spesso e volentieri Teo scolpisce con i talloni il sentiero per creare un minimo di sicurezza dove appoggiare i piedi.

In quel contesto i ramponcini sono solo un pagliativo rispetto alle pericolosità del sentiero. Molte persone si bloccano non riescono ad andare ne avanti né indietro. Due persone scivolano per un centinaio di metri più a valle davanti ai nostri occhi.

Una viene recuperata da Teo, che fortunatamente avendo prestato servizio nei reparti alpini dell’esercito ha esperienza da vendere. È andata bene perché il vallone è privo di rocce e spunzoni.

Tonelli 4

Una ragazza scivola in una buca sino al collo. Paralizzata dalla paura è stata aiutata da alcuni concorrenti. Le passiamo accanto e dice che gli si è fermato il cuore dalla paura.

Nessuna corda di sicurezza sul tracciato, saracchi di neve che ti ritrovi sulla testa sperando che rimangano lì ..mi sembra tutto molto approssimativo per questo tipo di trail. Mi domando ancora se le scope ( persone che chiudono la fila durante il percorso) siano presenti. Dubito !!

Sull’intero percorso non c’è personale al quale chiedere aiuto o informazioni . Sono presenti solo nei check point predisposti ( 10 in tutto il tracciato ).

Si avanza molto molto lentamente ma prima di tutto viene la sicurezza, ci mancherebbe.

Finire di sotto è un attimo. Sarò scivolato una decina di volta sbilanciandomi sempre sul lato monte. Lo stress inizia a farsi sentire quando affronti un tipo di gara alla quale non sei assolutamente abituato.

La discesa che ci porta alla base vita è priva di indicazioni. Teo decide di tagliare dritto per dritto giù dal monte. Questo ci consente di tagliare qualcosa ma le gambe devono sopportare uno sforzo decisamente pesante..

E così dopo circa 11 ore faticosissime dove ci siamo sciroppati circa 3500 metri di dislivello in 45 km arriviamo alla base vita.

Questo dovrebbe essere il punto di ristoro più importante. Un luogo asciutto, dove consumare un pasto caldo, cambiarsi gli indumenti ; nei trail seri la possibilità di farsi un massaggio per riprendere la seconda parte del percorso in condizioni almeno accettabili.

Quando arriviamo rimango basito. C’è un semplice gazebo all’aperto ( non voglio pensare lontanamente se arrivavamo con pioggia e freddo cosa sarebbe successo ) con un tavolino e tre sedie di plastica. Siamo circa 20 persone che si guardano pensando ad uno scherzo.

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Recupero il mio zaino di ricambio e mi cambio sull’asfalto appoggiato ad una rete metallica. Il morale non è dei migliori ma il fisico è ancora in buone condizioni.

Consumiamo una porzione di pasta al sugo dentro il nostro bicchiere !!! Non c’erano ne piatti di plastica né tantomeno posate di plastica. Nessun avvertimento nel regolamento di portarti una gamella o ciotola con relativa posata.

Mangio la pasta sorseggiandola come un drink… non ho parole.

Sciacquo il bicchiere che comunque rimane bello unto e mi faccio dare un caffè. Il risultato è disgustoso. Si riparte !!

Ci aspetta a seguire una bella salita di circa 700 metri che passa attraverso un bosco. Sono circa le 16.30.

Le posizioni in classifica rimangono immutate.

E veniamo ad un altra critica dal punto di vista organizzativo.

Se mi obblighi a scaricare una traccia GPS pena squalifica, e questa traccia risulta sbagliata; beh a questo punto vuol dire che la gravità dell’episodio non può passare inosservata. Ti obbligano a portarti dietro una mappa cartacea e un pettorale dove è tracciato l’altimetria che alla fine non risulta esatta. Quello che mi fa incazzare è che non si tratta di una gara breve ma di un trail lungo, complicato e pericoloso.

Non si può accettare la superficialità di certe scelte.

Diverse persone le abbiamo corrette sul tracciato del percorso. Una in special modo ha sbagliato nel giro di 10 minuti per 3 volte.

Lo stress inizia a impadronirsi di te quando le cose sono organizzate all’acqua di rose ed è facile perdere la lucidità.

Non voglio nemmeno immaginare perdere l’orientamento su quelle montagne o foreste. Oltretutto con una traccia errata sul tuo dispositivo.

Comunque si affronta questa ennesima salita e il sole inizia a fare capolino.

Tonelli 6

In alcuni tratti il verde della foresta è quasi abbagliante. Tiro fuori la GoPro ( davvero pochi i filmati fatti, quasi tutti nella prima parte visto che le mani dovevano essere impegnate in tutt’altre cose ! ) e inizio a riprendere.

Mi accorgerò più avanti che l’obiettivo è rimasto girato verso la mia mano… primi sintomi di stanchezza ? 😅

Attraversiamo pratoni interminabili tagliati di netto da un sentiero che purtroppo è

pieno d’acqua e quindi impraticabile. Ci tocca correre su un terreno dissestato. Pazienza.

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Intanto Cristina e Maria ci informano che siamo rispettivamente al 108/109 in classifica. Teniamo duro.

Raggiungiamo un gruppo di tre spagnoli e successivamente un gruppo di polacchi.

Le persone che viaggiano singole di contano sulla punta di una mano.

Meglio stare uniti… la foresta ci attende.

Tonelli 8

Ed ecco tirare fuori dallo zaino uno strumento obbligatorio nel regolamento : il Fischietto.

In questo parco nazionale sono stati censiti circa 8.000 orsi.

Questi animali vogliono evitare il contatto umano, quindi la raccomandazione nelle aree boschive è di fare rumore , gridare, battere le mani, fischiare ect ect. Così Teo si è trasformato in un arbitro del bosco ed io in un tenore. 😂.

Tonelli 9b.png

Km 60 attraversiamo una parte di asfalto che delimita una grossa diga. Si trotterella.

Allento un po’ il ritmo. Ci aspetta un altra salita bella impegnativa che ci porterà al penultimo ristoro solido e liquido.

Inizia ad alzarsi il vento. Una figura spunta tra la bruna, vestita completamente di nero… non è Dracula. Mi saluta in una lingua sconosciuta .. la sua lucina si affievolisce e piano piano sparisce nella notte. È solo. Lui contro il Transylvania 100. Complimenti.

Ed eccoci al km 80 dove ci attende un altro carico di carboidrati con la classica pasta al pomodoro confezionata dentro una busta di plastica. Aver respirato quasi esclusivamente con la bocca durante il tragitto mi ha infiammato notevolmente la gola. Purtroppo arrivavo da una settimana di raffreddore e solo prima della partenza ho potuto darmi un decongestionante per liberare il naso. L’effetto è durato solo qualche ora.

Risultato : non riesco a deglutire nulla; anche i gel fanno fatica a scendere.

Essermi alimentato con barrette, gel, frutta secca per così tante ore mi provoca anche nausea. Ho delle capsule dietro lo zaino ma provo a resistere visto che mancano appena 20 km. Già da qualche km comunico a Teo che non riesco a correre ma posso mantenere un andatura sostenuta. Entriamo in un altro bosco dove fatichiamo a trovare le bandelle che dovrebbero indicare la direzione ( i famosi punti luminosi e fosforescenti che avrebbero dovuto aiutarci…nemmeno l’ombra) e ricomincia il nostro concerto di fischi e versi più o meno umani. Incontriamo una discreta impronta di orso lungo un sentiero. È fresca…. La banda Brancaleone con le sue performance lo devono aver allontanato 😅.

Superiamo diversi recinti fino ad arrivare in un paesino sperduto. Entriamo dentro un circolo fatiscente dove eroicamente dei volontari ci assistono con caffè e della banana che riesco con qualche sforzo ad inghiottire. Teo mi dice se voglio riposare ma preferisco riprendere velocemente.

Se mi fermo ho paura di non ripartire più.

Affrontiamo delle nuove salite non previste dal percorso tra imprecazioni e maledizioni.

Teo avverte il mio nervosismo e non dice nulla, mi lascia sfogare.

“ Manca poco Teo…. Non mollo siamo quasi arrivati ! “.

Poi arriva il km 95 e si materializza l’incubo narrato ad inizio racconto.

Il resto è storia… una storia di amicizia, di fatica, di sacrifici.

L’obbiettivo è stato raggiunto. È difficile paragonare certi tipi di situazione ai classici Trail che ho corso in Italia ma anche in Francia e Svizzera.

Il contesto è stato magnifico, quasi surreale ma per il resto vedo tante, troppe lacune.

Alla fine si torna a casa mettendo nel cassetto dei ricordi un altra piccola grande impresa.

La medaglia finisher è imponente e pesante.

Tonelli 10b

Appena l’attacco al resto delle mie medaglie viene giù tutto. Mi chino a raccoglierla e penso “ Alla fine la fatica non è mai sprecata. Soffri, ma sogni.

Tonno Ultra Runner

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Tuscany Crossing - 160 km - 2023 di Fabiano Picco

Tuscany Crossing 2023

161 km e 5850 di dislivello positivo

 

Prima gara strong dell’anno, tutti quanti la metterebbero come gara obbiettivo. Io che sono un mona, la programmo come gara di preparazione per poi fare qualcosa di peggio.

Perché la faccio a livello sportivo: per portare a casa una 100 miglia, per stare sulle gambe almeno 1 notte e almeno 30 ore, per riabituarmi a mangiare regolarmente mentre corro.

Perché la faccio in realtà: per andare in ferie con mia moglie e le bambine, per vedere dei posti fantastici e perché mi piace soffrire.

Arrivo sulla linea di partenza ben determinato, con i miei obbiettivi della gara:

1) Non morire (obbiettivo desiderabile)

2) Finirla

3) Finirla entro 32 ore

4) Finirla sotto le 30 ore (come i top-runners)

5) Riuscire a non avere problemi di stomaco

Sono molto perplesso, l’organizzazione prevede un tempo massimo di 32 ore per concludere la gara. Mi sono fatto 2 conti e sarà veramente dura finire nei tempi imposti dall’organizzazione. Per non rischiare, mi faccio una tabellina per affrontare il percorso in 29 ore, in questo modo avrò margine se dovesse succedere qualche imprevisto. La tabellina e l’altimetria me le stampo e le sigillo in una busta forata trasparente per raccoglitori ad anelli. La porterò sotto il pettorale, sempre pronta per un rapido consulto.

 

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Ore 17:00, a 15 minuti dal via sono sulla zona partenze a Castiglione d’Orcia, affiancato dalla mia famiglia che mi supporta, mi metto proprio ultimo nel gruppo, baci, abbracci, sto lì, bello bello assieme agli amori della mia vita, lo speaker dà il via, io non vorrei partire ma vado comunque… seguo il gruppo per questa matta avventura di 160 km.

Si sale leggermente in paese e poi ci si tuffa in una discesa blanda di 6 km. Ovvio che non voglio strafare da subito, ma questa strada è semplice e chiama le gambe a dare qualcosa in più. Così comincio a sorpassare, per la gioia della mia mente che capisce che oggi sono forte.

Arriviamo al primo guado in tempo 0, mi ero programmato di togliere le scarpe, vedo gente che si tuffa dentro a piena corsa, altri che usano sacchi delle immondizie come stivali. Dopo 2 secondi di incertezza decido di seguire il programma: mi siedo e tolgo le scarpe. Guado con le scarpe in mano, esco su un fango scivoloso che rimuove la crema anti-vesciche messa solo un’ora prima. Mi risiedo, rimuovo il pantano alla meno peggio e mi rimetto le scarpe, con gente che mi supera guadando con le scarpe ai piedi…

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Riparto, mi sento molto competitivo e tengo un bel passo anche in salita, a 12 km sono al primo ristoro. Mangio, bevo la mia prima birra (quasi l’unica che mi concedo durante tutto il percorso, ma mi fa capire che ho il morale alto) e riparto. Sento come un sassolino nella scarpa dx, ma non ho voglia di fermarmi a toglierlo, non sia mai che qualcuno mi sorpassi… smuovo la scarpa perché si sposti in un posto dove non dà fastidio.

Luoghi meravigliosi, colline verdi, campi di fiori gialli, casolari marrone terra-di-siena, alcuni senza serramenti (non ho biglietti da visita sennò ne lascerei per proporgli un preventivo…), cipressi che chiudono con una cresta le varie colline. Mi sento veramente in pace. In pace e competitivo, corro bene. Mangio uno snack ogni tanto, sono diligente.

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Scendiamo in strada, almeno 5 km prima del 2° ristoro in cui incrocio varie macchine. Magari qui sono abituati ai pedoni sulla strada, visto che facciamo vari pezzi della via Francigena, ma magari queste macchine non sono di persone del luogo, o magari sono di persone che hanno fatto il giro delle cantine bevendo vino… non mi piace molto questa situazione. Secondo ristoro, sono nei tempi, il sole sta scendendo e recupero la frontale, i manicotti e la fascia scaldacollo dallo zaino. Mi prendo un pezzo di pane con la mortadella e uno con l’olio, li unisco a mò di panino e mangio un boccone… purtroppo l’olio era in realtà miele… l’abbinamento non è dei migliori, ma lo mangio tutto ingollandolo aiutandomi con la coca-cola. Riparto va… Smessaggio a casa e affronto quest’inizio di notte. Per ora c’è ancora un po’ di chiarore all’orizzonte, ma avrò più di 9 ore di buio completo e questo pensiero non mi piace molto, cerco di non pensarci. La strada è sempre facile, sempre corribile. Mi rendo conto che sto correndo troppo, i battiti spesso sono andati sopra soglia, ma mi sento così bene, così atletico… speriamo di non fare danni nel lungo periodo.

Quasi a Montalcino, ad un incrocio vedo due macchine che sfrecciano in discesa, mi sento fortunato di non dover passare per quella strada. Invece il percorso gira su quella strada… sono bravo a scacciare il pensiero di eventuali altre macchine che scendono alla stessa velocità delle prime due. Affronto una salita su strada di cemento bella impegnativa, senza pensarci comincio a salirla tagliando a zig-zag per ridurre la pendenza e in un attimo sono in cima ed entro a Montalcino. Sono le 21:00 e c’è un po’ di movimento, saluto 3 ragazze ma il mio fascino non le rapisce… strano. Entro nel portone in cui hanno allestito il ristoro, in un androne interno, cortile in ciottolato, un pozzo nel mezzo, le arcate al primo piano, il cielo stellato sopra e uno che mi dice “vuoi pasta?”: che figata di posto! Prendo un piatto di pasta e mi siedo per la prima volta, mangio masticando bene. Uno seduto in parte a me guardandomi dice: “aspetto ancora un attimo”, lo guardo, annuisco, non so chi sia, non so perché lo dica a me. Prendo un bicchiere di coca, mi risiedo e mi dice di nuovo “è un po’ che sono qui ma aspetto ancora un attimo”. Bravo, che ti devo dire…WhatsApp Image 2023 04 21 at 21.59.49

Riparto e mi ritrovo il tipo ciarliero a fianco, mi chiede le mie esperienze nel mondo del trail, mi dice che ha dovuto aspettare 30 minuti per riprendersi, dopo 2 minuti di chiacchiere mi dice che mi seguirà a ruota per tutto il resto della gara. Allarme Dolce-Candy: questo sta cercando una crocerossina che lo accompagni fino all’arrivo. Metto in atto il piano “piazza la bomba e scappa” in versione soft, lo tranquillizzo e gli dico che la gara è alla sua portata, deve solo stare attento a gestirsi bene, poi, dopo 3-4 km, quando il tipo si sente più sicuro di sé, gli dico che corrucchio un po’ di più, che mi fanno male le ginocchia in discesa se vado piano e ci rivediamo dopo: parto a 3:20/km per seminarlo!

Attraverso Castelnuovo dell’Abate, al ristoro bevo e mangio continuando a correre per non farmi prendere dal tipo e vado, mi rituffo nella notte senza accorgermi che ho già fatto la prima maratona. E’ mezzanotte e gli uccelli negli alberi cinguettano imbrogliati dalla luce della mia frontale, urlo al buio: “dormite, che è notte!”, mi diverto insomma. Probabilmente ne ho svegliati più urlando che con la frontale, ma mi diverto.

Mi sento che sto facendo bene, sento le gambe un po’ dure, lateralmente sulle cosce e nei polpacci, sento di avere ancora il sassolino che rompe, sento che ho le scarpe da stringere un po’, ma rimando i problemi al prossimo guado, non dovrebbe mancare molto. Arrivo a 52 km ma il guado non c’è, ci hanno deviato su un ponte perché il ruscello si è ingrossato per una montana. Vuoi fermarti per sassolino e stringere le scarpe? Ma dai, ormai arrivo alla base vita di 59… Salgo con passo veloce, addirittura ogni tanto corrucchio in salita (sono mona…) ma mi sento di poter fare bene, perché non spingere…

Arrivo a Castiglione d’Orcia, zona partenza e luogo della prima base vita. Sono ancora nei tempi del programma di 29 ore… sono un grande!

Tolgo le scarpe e i calzini… ho una grande vescica sotto all’alluce dx, dove si era parcheggiato il sassolino. Le unghie di entrambi gli alluci sono sollecitate. Decido di intervenire solo sulla vescica, mi fascio con il tensoplast, cambio scarpe e calzini, mangio. Decido di massaggiarmi le cosce e i polpacci, 3 minuti che forse mi salveranno la gara, da lì in poi non avrò più mal di gambe anche senza creme. Arriva il tipo dell’allarme Dolce-Candy, alla luce del ristoro non mi riconosce. Ha uno che lo supporta, lo aiuta a cambiarsi e a mangiare, esce in 10 minuti netti. Aspetto 2 minuti e riparto: mancano solo 103 km!

Dopo 4 km arriva il fatidico guado su pietroni, tolgo le scarpe, attraverso il fiume rischiando di scivolare, vedo poco anche con la luce dei riflettori della protezione civile, mi siedo per rimettere le scarpe e sento un po’ di trambusto dietro di me. Riparto, dopo 30 minuti mi raggiunge uno che mi dice di essere caduto nell’acqua, mi dice che sta gelando. Io sono ancora in maniche corte, i manicotti li ho arrotolati ai polsi, si sta bene. Povero lui, tutto bagnato.

Trotto bene, attraverso Bagno Vignoni con le sue terme a cielo aperto che fumano nella notte. A 69 km sono a San Quirico, dove ho la famiglia a dormire, sono tentato di fare una deviazione di 200 metri, andare a svegliarle (sono le 4 di mattina) per dire che sono un cog.ne felice ma mi trattengo e continuo il percorso. Ho un tempo ancora in linea con le 29 ore senza strafare (Sarà vero?).

WhatsApp Image 2023 04 22 at 05.50.14Arrivo a Pienza, che sta per albeggiare, ho una botta di sonno e ho freddo, ristoro: non hanno niente di caldo. Non c’è un posto dove sedersi. Prendo una fetta di pane con nutella, avvilito. Il volontario dopo 2 minuti mi dice: “ma sì, ti faccio una foto, va…” bhe, troppa grazia… Arriva il tipo che si era tuffato nel guado, va in un angolo e vomita, mi fa pena ma cerco di fare pensieri felici che la strada è ancora lunga. Mangio un’altra fetta e parto, a cercare il sole, prossimo ad uscire (manca ancora mezz’ora, ma ormai ci siamo, dai). La botta di sonno non sono riuscito a mandarla via e continuo a ciondolare corrucchiando. Cerco di distrarmi accendendo l’applicazione del GPS: che figata, si vede tutto: eccomi lì, dietro ho altri 2, uno si chiama Szimons o qualcosa del genere, davanti nessuno. Metto in tasca il telefono e mi supera uno, sto quasi per dirgli “ciao Sxiümons”, come lo conoscessi da una vita intera, poi mi trattengo: mi stava simpatico solo fino a quando era solo un puntino viola sullo schermo dell’applicazione, adesso che mi sorpassa mi sta pure un po’ sul c…

Dai, diamoci una mossa, ormai il sole mi sbatte in faccia. Devo arrivare al prossimo ristoro per mettere la crema solare. E non farebbe male un po’ di crema anti-abrasioni “dove so solo io”, e un po’ di crema all’arnica nelle ginocchia.

I panorami sono di nuovo stupendi, presumo fossero fantastici anche durante la notte ma nel buio mi sono accontentato di spegnere la frontale un paio di volte per farmi baciare dalle stelle.

Al ristoro di Monticchiello sono le 7.15, cominciano ad arrivare i messaggi dei miei amici che si svegliano e vedono a che punto sono. Mi cremo con 3 tipi diversi di crema in vari posti del corpo e mi ritrovo con le mani impastricciate impossibili da pulire, me le sgrasso alla meno peggio sui pantaloni più volte nell’ora successiva, senza tanto risultato. Da qui in poi comincerò a rallentare, un po’ previsto e un po’ non ce la faccio ad andare come vorrei, ho passato gli 88 km e la stanca si fa sentire. Mi riprogrammo di farmi una borraccia di sali al prossimo ristoro, stupidamente ogni volta che trovo un’idea per ovviare ad un problema non la metto in pratica subito ma rimando di un paio d’ore. Un po’ è per non perdere tempo, in realtà è perché non mi fido molto delle mie sensazioni e preferisco essere sicuro della realtà di un problema prima di prendere delle iniziative, il mio corpo sa mentirmi per riposare.

I paesaggi sono stupendi e devo farmi violenza per non fotografare ogni skyline che mi si presenta davanti. Nel mezzo del sentiero un concorrente che mi ha preceduto ha approfittato del buio della notte per scaricare direttamente in strada, effettivamente non c’è un posto al riparo per km… però…

La gara della 103 km e della 53 km è iniziata da qualche ora e ci sono vari concorrenti che mi superano con prepotenza già da un po’.

Arrivo ad un paese che si chiama Gallina, sto patendo moltissimo il caldo, sono le 10 di mattina ma sudo tantissimo. Mangio bene pasta e mi danno uova sode (uova di gallina di Gallina, presumo). Mi faccio finalmente una borraccia di sali, mentre riparto la bevo a piccoli sorsi e mi rinsavisco. Ho avuto proprio una bella idea, visto che adesso mi aspetta una bella salita. Prima di affrontarla mi mangio anche un mezzo paninetto che mi ero portato da casa, sono furbo.

Le cose cominciano a diventare più difficili, sento la stanca, sento le gambe un po’ pesanti, anche a Gallina mi sono massaggiato cosce e polpacci per sicurezza ma sono 18 ore che sono in piedi, non ho dormito e tutto richiede un po’ di impegno. Comincio a capire che le 29 ore totali saranno impossibili, mi do un po’ di tregua e mi adeguo ad un passo più umano e permissivo.

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Mezzogiorno e sono alla seconda base vita, mi cambio solo i calzini e la maglietta sopra, l’intimo lo tengo. Le unghie degli alluci ormai sono andate nei primi 60 km, dopo le scarpe erano perfette e non hanno generato altri problemi, l’unghia di quello sx è proprio andata, il pollicione fa malissimo. Mangio 2 piatti di minestra di verdure, non sembra molto sostanziosa ma non hanno pasta. Gente che ha vesciche e vari problemi, i volontari hanno finito garze, compeed, cerotti, tutto. Io ho il mio kit medico nella borsa del cambio, sto per proporre a uno di prestargli un po’ di cerotti ma alla fine combina da solo non so come, gli ho visto i piedi: è pieno di piaghe e vesciche per colpa dei guadi. Riparto e dico a lui e a suo fratello (penso, sono identici) che ci vediamo ai guadi, ci accordiamo per fare un po’ di festa là, io devo portare le birre. Ridere per non avvilirsi. Scopriremo che di guadi in tutto ce ne saranno 8 in cui ci si tuffa fino al polpaccio, più altri in cui si riesce a rimanere in bilico sulle pietre.

Da qui in poi mi si affiancano più persone, anche chi fa la 103 km ha quasi il mio stesso passo e faccio 2-3 km in compagnia di varie persone. In questo modo diventa tutto più facile, si sente meno la fatica.

Mi avvicino alle terme di Bagni di San Filippo, me ne accorgo perché c’è odore di uovo marcio tipico già 1 km prima. Un casino di gente dentro e fuori dall’acqua, l’umore è alto e il clima è piacevole. Arrivo al ristoro, c’è un bambino volontario, con i guanti che palpa tutti i cubetti di prosciutto, li impila, li usa come costruzioni e si diverte. I cubetti palpati hanno un gusto stupendo. Arriva il mio amico che era caduto in acqua nella notte, beve un goccio di coca e subito lo vomita nel cestino, a 20 cm da me, mi giro velocemente dall’altra parte per non vomitare a mia volta. Riparto per non farmi prendere dall’angoscia: mancano solo 40 km!!!

Comincio ad essere stufo di mangiare quello che trovo nei ristori, di barrette cioccolatose che ho nello zaino ne ho già mangiate 7-8… lo stomaco comincia a darmi noia ma resisto. Arrivo al ristoro di Vivo d’Orcia dove stanno cuocendo salsicce solo per i volontari e a noi danno solo crostata e acqua naturale. Mangio le ennesime fette di crostata (avrò mangiato più di 2 crostate intere dall’inizio…) e vado, conscio che avrei bisogno di qualcosa di sostanzioso da mettere in corpo.

La salita più impegnativa l’ho appena passata, ma me l’aspettavo e non mi ha dato problemi. La prossima invece proprio non vorrei farla, anche se solo di 400 D+. Tiro fuori dallo zaino 4 striscette di salame, larghe come matite, per mangiare qualcosa di diverso e sostanzioso. Ma le mastico a lungo, le sento dividersi in bocca a pallini piccoli, ma sono impossibili da ingoiare, non riesco a scioglierle un po’, le butto giù aiutandomi con l’acqua. Ne mangio 2, poi le altre 2 le butto nel bosco che mi sta partendo la nausea… Ho la bocca unta, mi viene un senso di vomito impellente. Respiro a bocca aperta, e salgo in questa salita che sembrava facile sulla carta ma che è bella pendente. Respiro, salgo, nausea, salgo.

Arrivo finalmente in cima ma sono uno straccio, mi partono conati di vomito. Ho sforzato troppo. Non scarico niente ma sono in difficoltà. La discesa la prendo con calma, cercando di riprendermi dallo stress.

Dai, manca 1km al ristoro. Ci arrivo un po’ provato, mi propongono un po’ di pasta, ne prendo mezzo piatto ma non riesco a mangiare più di 2 forchettate. Sono molto preoccupato. Bevo almeno due bicchieri di the caldo. Scrivo a chi mi segue che mi sento finito, che ho 5 ore per fare 17 km e me la prendo con calma, non sto bene. Non sto niente bene, ma non voglio prendere nulla perché ho la sensazione che prendere aspirine o altro sia come imbrogliare. Arrivano i fratelli delle vesciche che avevo visto alla base vita, 25km prima. Anche loro sono allo stremo, li vedo che arrancano, poveretti. Dai, sono meglio io, credo… riparto trascinando i piedi.

Faccio 100 metri e poi mi convinco che prendere un Oki non è imbrogliare: perché devo farmi ulteriore male se non sto bene. 3-4 km in discesa, l’Oki entra in circolo e io rinasco, trotto, diventa buio, mi affianco ad un altro concorrente, chiacchieriamo un po’ e scopro che sta facendo anche lui la 100 miglia. Mal comune mezzo gaudio, cominciamo ad aumentare il passo, forti del fatto che non siamo più soli. Un po’ chiacchieriamo, molto stiamo in silenzio, concentrati sul percorso e sul passo dell’uno e dell’altro. Sento ormai che è finita, anche se mancano 10-15 km. Mi sento bene, i dolori allo stomaco sono passati. Il mio nuovo amico Danilo mi racconta di gente finita che lui supera e che dopo magicamente si ritrova fresca al ristoro successivo. Mi dice che gli è capitato in varie gare di trovare questi furbi, che fanno pezzi in macchina per non si sa quale motivo, per dire in giro che ha fatto una gara di 50, 100 o 150 km e poi invece non è vero… cosa ne guadagnano non si sa. Arriviamo assieme all’ultimo ristoro, mancano 9 km sulla carta, Danilo intavola lo stesso argomento con i volontari, anche loro infervorati con gente che arriva in orari strani (non scendo nei particolari per evitare polemiche). Io sparo cazzate a raffica… dico che in realtà siamo nascosti dietro la siepe a fianco al ristoro da ore, per sbucare solo ora che non davamo fastidio ai volontari…

Ripartiamo con il sorriso, cerchiamo nel buio in alto la Rocca di Castiglione, che a detta degli organizzatori si vedeva bene negli ultimi km. Siamo un po’ disorientati, ma spingiamo come pazzi sulle cosce per riuscire a stare sotto le 30 ore, il nostro nuovo obiettivo. Superiamo 1 o 2 dispersi nel buio, della 100 km. Finalmente si vede la rocca, mancheranno 4 km? Siamo a 29 ore e 10, dobbiamo per forza accelerare il passo visto che abbiamo anche 400 D+ da fare.

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Pompiamo.

Sembriamo una via di mezzo tra due scappati di casa e due ultra-runner al primo km.

Spingiamo.

Cerchiamo di capire, questa strada dovremmo averla fatta già durante la gara… sì, è quella della discesa a 60 km! Farla adesso in salita non è facile allo stesso modo. Usciamo sull’asfalto, troviamo una concorrente, la superiamo in velocità… stiamo correndo in salita… che deficienti…

Un altro concorrente (della 100km?), lo prendiamo? Lo prendiamo e lo superiamo.

Quanto manca? Se manca 1 km ci stiamo dentro facilmente. Ma se mancano 2 km? I muscoli bruciano ma continuiamo a spingere.

Finalmente capiamo precisamente dove siamo, mancano solo 500 metri, un ultimo strappetto. Ci stiamo dentro. Ma vuoi rallentare adesso? Entriamo nella zona storica e adesso mancano 200 metri di discesa, trotterelliamo e chi troviamo davanti?

Davanti a noi, a metà strada dall’arco ci sono i due che avevamo lasciato al ristoro dei 15 km, che camminano lenti.

Come hanno fatto ad essere davanti a noi se non ci hanno superato?

Dai, lì a pensar male. Hanno usato il teletrasporto, in dotazione assieme al GPS! (poi ho controllato nelle tracce del GPS, sembra che siano ripartiti dal ristoro prima di noi, ma in quel momento il dubbio della truffa c'era).

Danilo, li superiamo? “Proviamoci”

I due si accorgono di noi e iniziano a corrucchiare.

Danilo, li prendiamo? “se tu ne hai, sei in dovere di prenderli”

Vado silenzioso con passo spedito, senza farmi sentire, corro corro corro e a 3 metri dall’arco rosso li supero con uno scatto e passo sotto l’arco prima di loro. Mi vedono, io rallento ma c’è qualcosa che non va… c’è una doppia curva e poi un altro arco giallo davanti… non siamo arrivati! Riaccellero, uno dei due accellera con me e mi dà una spallata per bloccarmi la strada… evito di impattare contro le transenne per miracolo ma corro, lui corre e mi dice “ma tu hai corso 160 km???” un po’ sorridendo e un po’ accusando. La strada fa la seconda curva, c’è un marciapiede, lui stringe la curva, io mi accorgo di avere paura che provi nuovamente a buttarmi a terra e decido che il gioco non vale la candela, gli cedo il passo e arrivo comunque ad una velocità di 3.16/km al traguardo (!!?!!).

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29 ore e 52! Sono pieno di adrenalina, c’è mia moglie e le bambine ad accogliermi. Baci e abbracci, selfie e mi copro che c’è aria. Mia moglie mi dice che ho uno sguardo freschissimo! Ritiro la medaglia, facciamo 100 metri e andiamo al ristoro, mi siedo e tutta la stanchezza di 30 ore mi arriva addosso prepotente. Mia moglie mi dice che adesso ho la faccia di uno che ha fatto 160 km. Rivedo e saluto alcuni compagni di viaggio che ho conosciuto sul percorso, Nicola, Ivo, Danilo e poi vado orgoglioso a nanna, è quasi mezzanotte.

Che figata!

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Istria 100 - 2022 di Fabiano Picco

Istria 100 BLUE 2022

128km D+5600

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Avrei dovuto fare la 168 km, ma 3 settimane prima ho avuto un lampo di genio e ho chiesto di cambiare per fare la più corta… corta poi… sempre 128 km sono…

Ho paura per le ginocchia, ancora in difficoltà da 6 mesi a questa parte. 3 settimane fa ho fatto una gara da 65 km e 2500D+ come test.  Prima della gara mi sono fatto mettere il taping da San Nicolas Pressacco dei Fisioterapisti: visto che il trattamento mi è tornato molto utile opto per un bendaggio-tape preventivo. Nicolas mi ha spiegato come fare per scotcharmi alla meno peggio, ho comprato tutto il neccessario e prima di presentarmi alla partenza le bambine di 8 e 10 anni mi hanno messo il tape alle ginocchia mentre Michela mi metteva il bendaggio protettivo al metatarso dei due piedi (la parte sotto dei piedi, vicino alle dita…).

WhatsApp Image 2022 04 09 at 23.51.02Bello come il sole, tutto nastrato e infiocchettato mi presento a Umago alla zona partenza autobus con la mia famiglia. Salgo sull’autobus in attesa di essere portato alla partenza… mi ritrovo seduto dal lato in cui fuori ci sono le mie figlie, che salutano dal vetro con la manina… straziante… 5 minuti in cui mi verrebbe voglia di scendere e mandare a fanzùlo tutto per stare con loro… Finalmente l’autobus parte, direzione Lovran, dall’altra parte dell’Istria. Io sono rimasto seduto sull’autobus.

Quasi due ore di corriera, dormicchio un po’, per adesso non ho nemmeno mal di gambe, faccio 100-120 km seduto, senza fare fatica…

Arriviamo verso le 20.00, la gara parte tra un’ora. Mangio qualcosa, vado a prendere un gelato (l’unico posto vicino in cui non avrei speso tutte le 100 Kune che mi ero portato dietro, dannato il cambio che non capivo… mi ero portato dietro solo 12 euri…) e mi siedo in attesa dello start.WhatsApp Image 2022 04 14 at 11.59.582

30 minuti allo start, una banda di percussionisti inscena uno show fichissimo, tutto un Tun-TUM-Tun-glin-glin (c’erano anche dei campanacci), il sangue pompa nelle vene e ci si gasa moltissimo.

15 minuti prima dello start comincia a piovere, i tamburatori tamburano, io opto per mettere già l’impermeabile per non prendere freddo per niente.

Partiti! Ci sono 1400 metri di dislivello da fare in 8 km da subito!

Cerco di stare quasi ultimo per non lasciarmi prendere troppo dall’agonismo.

10 minuti e tolgo l’impermeabile, mi scaldo troppo e rischio di sudare e disidratarmi, piove ma è meglio bagnarsi di pioggia che sudare troppo.

Sto dietro a uno, lasciandomi guidare al suo ritmo, per non sforzare troppo le gambe. Dopo 5 minuti però questo si sente tallonare troppo e mi lascia passare… io vado… raggiungo quello dopo per farmi guidare il passo, ma mi lascia passare e io vado… ne supero un 5-6 che non volevo superare, non riesco ad andare all’andatura “piano-piano” che avevo in testa.

La salita è lunga, dopo un’ora mi trovo completamente da solo.

Folate di vento sopra il bosco, cadono gocce grosse dalle fronde e mi cadono in testa, hei! Non sta piovendo! Chissà da quanto tempo non sta piovendo… Per fortuna avevo tolto l’impermeabile quasi subito…

Ogni tanto vedo qualcuno, in questa notte ognuno è solo gambe nel buio, con una frontale che fa luce nei suoi 3 metri davanti, mentre sorpasso non so se uno è maschio, femmina, grasso, magro, bello, brutto o che… Saluto con un “Doberdan!”, che dovrebbe voler dire buongiorno in croato, detto alle 10 di sera deve suonare veramente bene…

Il vento fischia sopra gli alberi, ogni tanto il sentiero è un pelo più esposto e lo sentiamo addosso, ma normalmente siamo al coperto e si sta bene.

Raggiungo un gruppetto di 3 persone, uno tira un peto improponibile, probabilmente si è ca..to addosso… passano 30 secondi e ne tira un altro, passano altri 30 secondi e uno dei tre va avanti dritto su un tornante, lo richiamano indietro, poretto, sarà svenuto per le esalazioni… Supero tutti e tre mentre armamentano con gli zaini… chissà perché stanno mettendo gli impermeabili.

E 20 metri dopo usciamo dal bosco perché siamo vicini alla cima… raffiche di vento fortissime che mi strappano il pettorale dalla cintura, lo giro attorno per trovare una posizione a favore di vento… niente… le bandierine che segnano il percorso a terra girano vorticosamente da tutte le parti… nebbia, folate di vento… come ci si diverte! Arrivo a una bandierina a testa bassa, alzo la testa e cerco la successiva, la trovo, abbasso la testa e procedo inerpicandomi sulle rocce scivolose, cccheccoglione… sono con canotta termica, maglietta e manicotti, paracollo e aria dappertutto. Procedo veloce, sperando che la situazione dell’ambiente cambi, non potrei comunque provare ad aprire lo zaino per prendere l’impermeabile con questo vento. Mi godo il momento, manca solo che chiamino il Kraken e poi la scena apocalittica è completa. Ma per fortuna la cima non è lontana, scollino e entro quasi subito nel bosco, c’è un sentiero in mattoncini lavorati (???) con tanto di bordino in cemento che scende… vai a vedere che questa è la stradina dorata del mago di Oz… Bhe, se la strada porta a U-mago siamo giusti… che trip mi sto facendo… certo che questa stradina è strana… c’è una nebbia… e usciamo sull’asfalto, in parte c’è una costruzione, probabilmente un ripetitore o qualcosa del genere… se fossimo alla seconda notte mi godrei l’allucinazione, ma dopo 2 ore di corsa è ancora tutto troppo reale.

La strada asfaltata me la tengo stretta, siamo dentro le nuvole e, anche se le bandierine sono ogni 10-15 metri, spesso non si riescono a scorgere nonostante abbiano un nastro catarifrangente. La strada asfaltata mi dà sicurezza. Ma dura poco, rientriamo nel sentiero, la pioggia di mezz’ora a inizio gara ha bagnato le pietre, in discesa si rischia di scivolare, lascio passare uno e da fermo mi scivola il piede destro in avanti… non si ferma più fino a quando sbatto le mani a terra con le gambe in posizione di spaccata… quello che mi ha appena superato si spatascia a terra a 5 metri da me. OK! Andiamo piano.

Procedo nel buio e si arriva a Poklon in un attimo. Hanno messo (o hanno lasciato???) le luci di natale sugli alberi per indicare il ristoro, entro nel tendone, mangio pancetta, pane, formaggio, coca e mi rituffo nel buio. Lo stomaco mal sopporta ma mi sforzo di mangiare bene.

La batteria del cellulare si sta scaricando troppo velocemente, probabilmente per colpa del freddo. Vediamo come va, ma a breve mi toccherà spegnerlo. Smessaggio a Michela che mi segue anche di notte.

Tratto semplice senza salite di rilievo, forse anche noiosetto. Corro dove si può. Cammino sempre in salita, anche se è blanda, non voglio cuocermi subito. Rumori nel bosco, in parte a me, non sempre mi giro a vedere se ci sono belve che stanno per attaccare…

Il vento va e viene.

A 4 ore e 40 mi sorpassa uno della gara rossa, che idealmente ha fatto 60 km in 8 ore e 40 mentre io ne ho fatti 22 in più di metà del tempo… Non so se sono passati altri prima che stanno facendo la 100 miglia, ma da quel momento ce ne saranno di continuo, in tutta la gara…

Sento rumori strani sul lato del bosco, tipo di qualcosa che si strappa, mi volto e inquadro uno/una chino/a con un pacchetto di fazzoletti a fare le sue cose… mi volto imbarazzato e decido che non mi volterò più a guardare nel bosco.WhatsApp Image 2022 04 09 at 06.50.471

Corro bene l’ultimo km prima del ristoro, assieme ad altri 4 che si sono affiancati. Non so se siano in gara con me, ma ci spingiamo a vicenda e arriviamo al ristoro col fiatone… non riuscirei a mangiare niente, se non me lo imponessi. Mangio lento, stando seduto e cercando di masticare bene. La nausea è dietro l’angolo, ma la gestisco bene.

Riparto, questo tratto avrà 3 scollinamenti di 300-400 metri e l’abbiocco comincia a farsi sentire… Tra le 3 e le 4 mi ritrovo più volte con la percezione di aver chiuso gli occhi per un attimo.

Le donne che sono alla seconda gravidanza sentono i calci del bambino già a 3-4 mesi, mentre quelle che sono alla prima li sentono a 5-6. Che caxxo centra? Bhe… ho una percezione lontana di allucinazioni, che mai avrei detto che sarebbero state allucinazioni, ma avendole già avute in gare passate le identifico…

Sono incinta!

Ah, no… sono allucinato!!

Ecco…

Per fortuna sono blande, e appena il sentiero diventa un po’ più interessante se ne vanno. Procedo con gusto.

Alle 4 ho decisamente freddo, ho l’impermeabile addosso già dall’una e sotto sono tutto bagnato di sudore. Tiro fuori la maglia a maniche lunghe dallo zaino… ma se la metto a contatto con la maglietta la inzuppo… la infilo sopra l’impermeabile! Che colpo di genio! Risolto il problema.

Arrivo in cima ad una collina, nebbia improponibile, ci ritroviamo in 5-6 sulla cima a cercare il sentiero e le bandierine. Uno ha una pila in mano che tiene bassa a mo’ di faro-fendinebbia!!! Bell’idea, ma le bandierine non si trovano. Provo ad avanzare e trovo una specie di sentiero, lo seguo e finalmente ecco una bandierina, chiamo tutti e parto in bomba. Uno mi viene subito dietro e facciamo un bel pezzo assieme, in quello che è un non-sentiero al buio e nella nebbia, alla ricerca della prossima bandierina, probabilmente io davanti a lui faccio il doppio della strada, con tutti gli avanti&indietro, ma come mi diverto!

La batteria della frontale si scarica, la frontale va in modalità riserva, fa meno luce ma mancano 2-3 km al ristoro e non ho balle di fermarmi, procedo, mi sorpassa uno e finalmente arriviamo al ristoro alle 5.50, con un cielo che sta già schiarendo.

Minestrina con pastina e verdurine tipo busta liofilizzata, poi pancetta, formaggio e cerco di trovare un po’ di serenità… quando si avanza al buio comunque un po’ di pensieri negativi ci sono sempre. Vedo due seduti sotto al fungo riscaldante, con una coperta di lana sulle gambe e sguardo triste. Mal comune, mezzo gaudio, faccio una battuta in inglese e sorrido, non so se mi capiscono.

Mi siedo mentre mangio la minestra, di fronte a me un inglese fa ad un altro: “What a pleasure night we had!” con un sorriso sornione, l’altro lo guarda spiazzato e gli risponde: “Maybe a little windy… pointly…” (che nottata piacevole abbiamo avuto! – forse un po’ ventosa, a momenti…). Sti inglesi e il loro umorismo inglese… sorrido dentro di me… pian piano mi piscio addosso dal ridere e mi alzo molto determinato: in fondo ho avuto una notte stupenda, con qualche difficoltà che l’ha resa ancora più piacevole e bella da raccontare! Riparto correndo, il cielo sta schiarendo e alla prossima tappa ho il cambio vestiti! Ma che bello il mondo!

Salita infinita fino all’ultima cima vicino ai 1000 mslm, non infinitissima, 500 metri D+, ma è di quelle salite che sembra di essere arrivati e invece quando arrivi in cima c’è un altro pezzo di montagna, per 3 volte, le gambe rimangono imbrogliate… voglio arrivare in cima per l’alba e effettivamente ce la faccio, riesco a scorgere addirittura un raggio di luce tra i nuvoloni. Il resto del sole rimane imprigionato nel cielo grigio. Saluto i volontari che stanno baciando il vento da ore e parto in discesa.

WhatsApp Image 2022 04 09 at 07.09.04Discesa infinita.

Fino ad ora, a parte i due ristori e il ripetitore, ho visto solo bosco. Ho passato i 50km. Questa Istria è veramente poco popolata…

Passo per un paese di 5 case deserto, al centro del “paese” c’è un albero del diametro di almeno 150 cm, nel mezzo è aperto, c’è un passaggio di almeno 70 cm, probabilmente bruciato o andato marcio… dentro lo hanno rattoppato con mattoni e cemento… macchecazz??? Vorrei fermarmi a fargli una foto, mi dispiace che ho poca batteria…

WhatsApp Image 2022 04 09 at 09.14.02Arrivo al ristoro dei 60 km, Buzet, prendo la borsa del cambio, vado al centro palestra dove ci sono i tavoli per mangiare, mollo la borsa e vado a chiedere a due ragazze a 5 metri da me dove posso cambiarmi. “Anche lì”, non c’è uno spogliatoio. Bene: “non sbirciate, eh!”, sorridono, non so se le ho divertite o se le ho spaventate… mi cambio, va. Asciugamano attorno alla vita, calo le mutande, alzo lo sguardo e c’è una signora sui 60-65 anni che mi fissa… si volta imbarazzata… oh, ma non è che posso attirare una 20enne patonza ogni tanto? Mi accontento. Mangio pasta scotta, patate, sugo, pollo, metto sopra un’aggiunta di sale che aiuta adesso. Sono le 8.30 di mattina e questa colazione è ottima. Non vedo l’ora che venga ora di pranzo! Riparto, tutto cambiato e asciutto, scarpe comprese. La puzza resta però.

Esco e una ragazza ben sotto i 50 mi incita e mi fa i complimenti dal 4° piano di un palazzo. Bene, gli anni calano finalmente. Facendo i conti, tra un’oretta dovrei finalmente beccare quella di 20 anni.

Alle 10.00 inspiegabilmente comincia ad esserci molto sole. Avevano messo nuvolo tutto il giorno… il caldo aumenta. Saliamo, scendiamo.

Verso le 11 passo in una vallata, si attraversa un fiumiciattolo 1, 2, 3 … 8 o 9 volte, ho perso il conto! Incredibilmente riesco a non bagnarmi le scarpe, sarebbe un bel danno dover fare 60 km con le scarpe stonfe.

Faccio amicizia con un austriaco, ci superiamo più volte, lui supera in salita, io in discesa. Scambiamo 2 parole ogni volta, tipo ogni 40-50 minuti.

12.15, ultima salita prima del ristoro. Sono con un gruppetto di 5-6 persone, arriviamo in una piazzetta e tutti si accaniscono su una fontana d’acqua. Capisco che se gli altri sono in difficoltà potrei esserlo anche io. Solo che io acqua ne ho ancora. Finisco le mie due borracce, apro lo zaino e tiro fuori la bottiglia di Sali di riserva, do una bella ciucciata e riparto determinato.

12.50 ristoro a Butoniga, il caldo è tanto. Non hanno sali… da mangiare praticamente solo frutta fresca e frutta secca. Prendo una minestra liofilizzata per mangiare qualcosa di semisostanzioso. Sono a 75 km, Michela mi scrive che sono 59° (!!!?!??!) è il momento di aumentare!WhatsApp Image 2022 04 12 at 10.09.45

Parto corrucciando con ritmo molto buono (a 7min/km sul piano…) dopo 1 km di rettilineo mi giro a vedere se ho qualcuno dietro e mi ritrovo travolto dai primi 5 corridori della gara GREEN di 68 km, dei mostri che al momento hanno fatto solo 16-17 km. Dopo 20 minuti di salita arrivano il 6° e il 7° e dopo altri 30 minuti arriva l’8° e poi tutti gli altri, cacchio se i primi 5 erano veloci…

Fa veramente caldo e mi accorgo che mi sto spegnendo. Nelle borracce ho solo acqua e questo non aiuta. Mi fermo, mi siedo, tiro fuori una busta di sali minerali e trasformo l’acqua in vino (!!!). Bevo una bella sorsata di sali e riparto più sereno. Il sole batte in testa.

Prima di partire per questa gara, guardando l’altimetria sul sito, mi immaginavo un percorso con saliscendi inutili, fatti tanto per aumentare il dislivello. Invece ogni salita mi da qualcosa, alcune più bruttine e altre più meritevoli ma comunque un percorso piacevole. La salita a Montona è molto bella, il paese in cima merita una seconda visita da fare con la famiglia, così come il panorama che si vede dai vari colli. A Montona vedo per l’ultima volta il mio amico austriaco, fermo al bar con compagnia, non so se poi ha continuato. In più di qualche colle, in cima, c’è un villone nuovo di qualcuno che si è scelto un posto fighissimo per fare la casa di villeggiatura. Peccato che entri nel bosco e a 200 metri ti trovi i rifiuti di cantiere buttati giù dalla riva… che orrore… ma come si fa…

Il sole continua a battere fino alle 2 circa, poi si annuvola pian piano, magari arriverà la tanto promessa pioggia. Scendo veloce da una discesa infinita, sto assieme a 4 Green-runners per 1 km ma dopo mi rendo conto che non è il caso e li lascio andare rallentando un po’.

Mi guardo l’orologio, sono a 83 km, mi gongolo un po’ e guardo l’orologio ogni 30 secondi, fino a quando segna 84,43. Sono a 2 maratone! Me ne manca solo una! Sono passate 18 ore. Salgo la pendenza blanda di adesso trotterellando, ho lo stato d’animo di un puffo che sta andando a raccogliere le puff-bacche. Scambio due battute con sconosciuti in lingue che non conosco.

WhatsApp Image 2022 04 09 at 10.36.31Procedo bellamente, salita e poi discesa, facendomi i conti di quanto manca, oramai sono arrivato. Cosa vuoi che siano altre 9 ore. So di avere qualche energia nascosta e ho intenzione di usarle tutte. Mi sento veramente bene, o meglio… ho un doloretto addominale/anca destra che mi da delle sfilettate, ho le ginocchia che sento che sono sotto stress, ho le scarpe che grattano sui talloni in salita e probabilmente mi hanno fatto la vescica e la stanno per rompere. Ma mi sento gasato e positivo.

Ultimi 2 km prima del ristoro, si alza un vento abbastanza forte. Corro sull’asfalto, il vento aumenta e cammino, cala e corro, e aumenta… Si sta trasformando in bora. Arrivo al ristoro, ristoro senza cose salate. Sono le 16.30, è dalle 9.00 che non mangio salato (a parte il brodo). Mangio un po' di frutta secca e mi prendo un thè caldo, l’aria ha cambiato decisamente la temperatura e fa freddo. Raffiche di vento che smuovono il tendone, dei volontari trattengono i teloni che fungono da porta in posizione aperta. E’ arrivato il momento: farò la cacca! Vado verso il bagno chimico, spero che il vento non rovesci il cassone chimico con me dentro… sai il divertimento… per fortuna esco indenne, mi incappuccio il cappello nell’impermeabile, alzo il buff sul viso e parto verso i prossimi 37 km.

Comincia una bella salita, le raffiche sono veramente forti e a momenti alzano mucchi di foglie e me le buttano addosso. Sorrido, penso “La xe una bavisela!” (=c’è una bava di vento), tipica descrizione delle giornate ventose che si usa a Trieste per definire un vento forte ma che non riesce ad alzarti di peso…

Salgo a testa bassa, incapucciato, qualche goccia grossa scende ma non si azzarda a piovere. Vento, salgo.

Sento battere colpetti sul cappuccio e sulle spalle, a terra però non ci sono gocce, sono palline bianche… sta grandinando. Roba piccola, 5 mm, un quantitativo e una dimensione che rende ancora questa situazione relativamente piacevole. La misura è l’ideale per un Mojito, lo comunico ad una concorrente che mi sta superando, ma lei non ne capisce la magia. Probabilmente non si è portata una bottiglia di rum nello zaino e quindi è disperata. Io mi godo il mio mojito virtualmente mentre salgo sorridendo.

Si capisce che sto scollinando perché le raffiche di vento aumentano, ho un vento contro che mi blocca l’avanzata, mi piego quasi a 90° per superare la cimetta e scendo 5 metri fino ad una strada asfaltata. La strada corre sulla cresta per 500 metri, dobbiamo correre lì, in balia dei venti. Sul lato c’è una fila di cipressi, alcuni vecchi e grandi, altri giovani e appena piantati, probabilmente qui il vento forte c’è spesso e capita che spezzi gli alberi. Testa bassa e procedo, cercando di corrucciare con il vento che spinge da davanti/destra, dove ci sono i cipressi. Una folata più forte piega velocemente un cipresso giovane che mi dà una frustata in testa mentre passo: sono stato cipressato! Sorrido e corruccio, sorpasso qualche corridore spaventato dalla situazione.

Rientriamo praticamente subito nel bosco, riparati dall’aria. A momenti grandina nuovamente, frammisto a qualche fiocco di neve che svolazza dove lo porta il vento.

Procedo e faccio due battute con uno che sta facendo la RED, scopro che è italiano e intavoliamo due parole, facciamo 2-3 km assieme e arriviamo al ristoro di Groznian assieme. Il vento è veramente forte, fa freddo. Chiediamo qualcosa di caldo ma non hanno niente. Mi metto la maglia sotto all’impermeabile, stiamo fermi 4 minuti netti ma così siamo gelati, lui non riesce a chiudere due laccetti sul cappuccio perché gli tremano troppo le mani, lo aiuto. Vado a farmi mettere acqua nella borraccia, ma non riesco a tenerla ferma, lascio tutto alla volontaria e me la riempie e chiude lei. Metto i guanti e decidiamo di partire a razzo, l’unico modo per scaldarci. Il percorso adesso è facile e si può correre, facciamo 2 km correndo e 300 metri camminando, poi riprendiamo a correre (velocità disumane sotto i 7 min a km…). Si affianca un altro italiano che fa la GREEN e facciamo un tratto assieme, poi se ne va. Si rientra nel sentiero, continuiamo a tenere un’andatura veloce per evitare di raffreddarci, il vento entra da tutte le parti. Io a momenti addirittura sudo.

Arriviamo in tempo 0 a Buje, ultimo ristoro: non hanno niente di caldo… Prendo solo una fetta d’arancia. Smessaggio a Michela, stiamo trottando benone, mancano 13 km, potrei essere lì in 1 ora e mezza! Rimango solo mentre smessaggio e provo a riprendere l’italiano RED… vado a 5.30 (!!!) in discesa su asfalto. Riesco a riprenderlo, partiamo assieme ma adesso il percorso è fango, fango a destra, a sinistra, nel centro. Pantano appiccicoso, dopo 10 passi ho 5 cm di terra sotto ogni suola. Non si può correre. Cerchiamo di appoggiare il passo su ogni ciuffo d’erba o sasso che vediamo, ma così siamo lentissimi. Ogni tot sul lato c’è un po’ d’erba e ci saliamo per aumentare il passo. Poi di nuovo fango appiccicoso. Ad un certo punto hanno buttato ghiaino per 5-6 metri, giustamente prima si mette l’uovo sulla bistecca e poi lo si passa nel pangrattato. Ho le scarpe panate…

Dove si può, puliamo le scarpe, per poi riimpasticciarle.

Si fanno alcuni attraversamenti di strade asfaltate, in quei 3 metri tutti hanno lasciato chili e chili di terra. Corrucciamo nel bosco, ma poi la strada è tutta pantano e erba.

Il vento comincia a calare, per fortuna.

Comincio a sentire l’affanno, il mio amico RED vorrebbe stare sotto le 30 ore, quindi deve andare ad un’andatura media sotto i 9 min a km. Ma io non riesco più a tenere un ritmo decente… lo lascio andare. Mancano 7 km. Ho sforzi di vomito, non so se per il freddo o perché ho sforzato troppo negli ultimi 20 km.

Fango, erba, dolori allo stomaco. Accenno 2-300 metri di corsetta e poi cammino, respirando a bocca spalancata per evitare di vomitare.

A 5 km finalmente il percorso è di strada battuta. Mi rilasso. Decido di fare pipì, mi accosto, predispongo il tutto e spengo la frontale per non farmi vedere, mi addormento 2 secondi in piedi... sveglio! Riparto veloce, una mi urla in croato, la mando a cagare frustrato per essermi addormentato e perché non capisco cosa dica. Faccio 200 metri di strada sbagliata prima di accorgermi che mi diceva che avrei dovuto girare...

Ritorno sui miei passi, dovevamo girare per tornare sul sentiero fangoso… che gusto…

Provo a bere dalla borraccia per rilassare lo stomaco ma mi parte una fitta al ventre. Trattengo… trattengo… ok… procedo.

Smessaggio a Michela che ritardo, mi dice di prendermela comoda che ormai sono arrivato, lei aspetta.

Sono assieme ad altri 3, non so di che gara, siamo lenti, io e un’altra proviamo a corrucciare qua e la e rimaniamo davanti da soli.

Provo a ribere, sta volta trattengo il liquido in bocca un attimo prima di mandarlo giù per scaldarlo e così non mi dà noia.

Un tempo infinito, guardo l’orologio, mancano 2 km, vorrei correre sempre ma il mio fisico non ce la fa. Le luci di Umago ormai sono in vista da un po’.

WhatsApp Image 2022 04 10 at 15.26.07E finalmente si arriva alla strada asfaltata, ormai mancheranno 500 metri! Ci puliamo le scarpe, tolgo gli ennesimi 5 centimetri di terra da ogni scarpa, procedo per 100 metri slittando sull’asfalto per raschiare il residuo e schivando i grumi di terra lasciati da altri corridori prima di me. E poi corro! Attraverso la strada e entro nello stadio, mezzo giro di pista, provo a tirare gli occhi nel buio per trovare le bambine che dovevano fare gli ultimi 50 metri con me ma non le trovo, faccio la curva, ci sono una quindicina di spettatori che mi applaudono nel freddo e nel buio, si meritano che le ringrazi e aumento… aumento… aumento (arriverò a 4 min/km… ho controllato sul garmin…), boato dalla “folla” per il mio impegno, arrivo stremato, mi fanno una foto bruttissima, sembro veramente disintegrato, il fotografo mi prende bonariamente in giro. Vado da Michela che mi fa i complimenti, io sorrido (forse) e trattengo il vomito. Mi faccio fare una foto da lei sull’arrivo e poi vado a ritirare la medaglia. C’è un mini ristoro ma non riesco a mangiare niente, mi faccio dare un bicchiere di cocacola, sorseggio, esco e la rovescio nell’erba. Non ce la faccio a bere.

Dove si può andare a mangiare con il buono pasto? “Fai 300 metri, poi giri a sx, altri 100 metri e c’è una Konoba dove…” A posto così, grazie. Altri 400 metri? Ma siamo pazzi???

 

WhatsApp Image 2022 04 09 at 23.55.09Le bambine sono rimaste in camera, è tardi.

Andiamo a ritirare la borsa del cambio. soddisfazione, felicità a 1000. Ma sono stremato. Provo a parlare alla volontaria ma non riesco, mi chiede il numero di pettorale in inglese, non so dirlo, non so che numero sono… le faccio vedere il pettorale mentre Michela lo dice correttamente. Sono proprio fritto. Ho spento tutto.

Andiamo verso la macchina, sarebbe meglio che vomitassi adesso prima di salire ma alla fine trattengo, cambio le scarpe e mi siedo in macchina. Da seduto mi passa ogni male. Adesso qualcun altro vedrà di me!

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In camera le bambine stavano dormendo, è mezzanotte ma trovano la forza per aprire gli occhi e farmi i complimenti.

WhatsApp Image 2022 04 10 at 00.00.07Adesso sì, adesso sono contento.

 

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