Tek Treh Vrhov - Corsa delle Tre Cime - 58 Km 2900 D+ di Fabiano Picco
Tek Treh Vrhov - Corsa delle Tre Cime
58 Km
2900 D+
03 novembre 2019
Ultimo trail dell’anno. Sono contento perché prevedono brutto tempo, a me fare le cose facili non piace: mi piace tornare a casa infangato, con qualche graffio, sentire la terra e la natura intorno a me che si mischia alla mia, di natura.
Mi alzo la mattina con un bel mix di raffreddore e mal di gola, me li sto portando avanti da 2 giorni ma alle 4 e mezza di mattina possono risultare più importanti di quello che sono. Ci metto 5 minuti prima di decidere di non tornare sotto le coperte, prendermi un Oki Task e prepararmi alla partenza. Ovviamente 9-10 ore di pioggia e freddo risulteranno un toccasana e l’indomani starò sicuramente meglio.
Arrivo alle 6.20 a Nova Goriça, è buio, la partenza è in un centro kajak, di lato al fiume Isonzo, a 1 km dal confine. Pioviggina, non il “sbisìe”, più un “al nise” in friulano: quell’umidità densa che ti bagna senza che si senta un effetto pioggia. L’Isonzo romba, fa freddo, il cielo è buio e a me viene una tristezza pensando alle mie coperte seducenti che ho lasciato a casa… Entro a ritirare il pettorale, mi danno maglietta e una birra come pacco gara, agguanto la birra e ci rimango male… è calda… bhe, in effetti non avevano calcolato che a qualcuno gli venisse voglia di bersela prima del trail… dissimulo naturalezza e esco senza protestare. In 3 minuti il cielo è già un po’ più chiaro, vado verso la macchina, mi cambio e con la luce che ormai sta sovrastando la notte riprendo il buonumore.
Preparo il cappello, sapendo che dopo prevedono pioggia, non so dove infilarlo nelle tasche frontali dello zaino, alla fine me lo metto, anche se mi da fastidio tenerlo addosso se non piove.
Almeno un terzo dei concorrenti è italiano.
10 minuti alle 7, incontro due amici di corse, li saluto e mi perdo le spiegazioni tecniche sul percorso e le modifiche dell’ultimo minuto… capisco che ci sarà qualcosa che cambia sul monte Sabotino, ma sarà segnalato, ok.
Partenza, ho un concorrente davanti a me che tiene i bastoncini legati alla spalla in modo assurdo, con le punte che spuntano da sopra la sua testa di almeno 30 cm… dopo 50 metri prende con i bastoncini un ramo, carica il ramo in avanti e poi libera una frustata ad una potenza di 3000 Joule. Ovviamente mi arriva in faccia… per fortuna ho il cappello! La visiera smorza la botta, mi arriva una frustata all’occhio parzialmente attutita, mi porto la mano all’occhio, mi massaggio continuando a correre per 30 metri prima di capire che posso farcela… ritirarsi a 80 metri sarebbe stato un record…
La gara prevede un’andata sul versante est dell’Isonzo per 30 km, attraversamento del ponte e il ritorno sul versante ovest dell’Isonzo, nella parte finale saremo in Italia. Ovviamente con tutti i sali-scendi del caso. Dopo la partenza è subito sentiero, i primi 10 km quasi sempre dentro la trincea slovena. Trincea scavata nella terra, con tratti tra le rocce, buchi nel fianco delle montagne che fungevano da “cuccette” durante la guerra, sono passati anni ma a me fa sempre effetto pensare a ‘ste povere creature al freddo rintanate in questi buchi con i fucili in mano.
"Al sbisìe", quindi pioviggina un po’ di più, io sono con la mia maglietta, una pettorina leggera, i manicotti e i calzoncini corti, non che abbia freddo, ma quasi. Saranno 8 gradi in pianura, ma si sale.
A 10 km arrivo assieme ad altri corridori sloveni davanti a dei volontari, ci fermano, ci parlano in sloveno, non capisco cosa dicano… si entra in una galleria: ah ok, devo mettermi la luce frontale! 262 metri di galleria, si entra in un buco nella roccia largo 2 metri e alto meno di uno… devo accucciarmi… cammino a gattoni… gratto con lo zaino sul soffitto della galleria… FANCULO IO TORNO INDIETRO…ma siamo pazzi? 2-3 metri così e poi per fortuna la galleria si alza. Non da riuscire sempre a stare in piedi, ma ho meno sensazione di chiuso. In alcuni tratti si sale bene, su roccia scivolosa, c’è una corda in acciaio per aiutarsi. Io sono concentrato e procedo lento, per allontanarmi dalla sensazione di claustrofobia creatasi all’ingresso. Gli sloveni davanti a me si allontanano, urlando un "Uh-Uuuu" che rimbomba tra le pareti. Io cammino. Dietro a me ho una ragazza. Ora, sarà l’emozione, il freddo o la paura ma mi capita quello che di peggio si può fare in una galleria: spareggio… la ragazza dietro di me se ne esce con un “excuse me” e mi sorpassa a gambe levate. Probabilmente tutti quelli che passeranno dopo moriranno per le mie secrezioni gassose… la galleria non è ventilata, ovviamente…
Dopo 262 metri esco all’aria aperta, con un passaggio simile a quello di ingresso, devo riaccucciarmi per passare, ma adesso ho la luce davanti a me e passo veloce e coraggioso senza problemi, grattando comunque lo zaino sul soffitto.
Primo ristoro a 12 km, sto bene e sono nei tempi che mi ero prefissato.
Finalmente comincia a piovere. E si comincia a scivolare. Riesco a stare abbastanza bene in equilibrio, discese gustose con pietre, foglie e pioggia, ce ne vuole per stare in piedi ma ne esco indenne per vari chilometri.
Familiarizzo con un corridore friulano con il mio passo.
A 21 km finisce la salita, adesso avrò 8 km di discesa. Mi fermo, lego le scarpe più strette perché sento che mi si muovono le solette all’interno. Ciò nonostante un po’ continuano a muoversi, si accartocciano all’inizio delle dita quando c’è tanta discesa e freno, quando invece non freno si ridistendono. Dopo un po’ mi ci abituo e non le sento più.
Arrivo a metà gara che sono scivolato 2 volte sul pantano, appoggiando il sedere a terra e infangandomi un po’. Il detto “di rive ju ducju i sants a judin” (in discesa tutti i santi sono disposti ad aiutare chi è in difficoltà) funziona quasi sempre. Il 1° novembre era la festa dei santi, ovvio che il 2 novembre i santi sono ancora con i postumi dalle bevute del giorno prima e nessuno riesce a vedere di me…
Ristoro di 30 km, mi superano in 5, più veloci di me a mangiare. Io al ristoro non ho mai fretta, mi sembra che questi 3 o 10 minuti che sto fermo poi vengono ripagati, mi metto l’impermeabile e i guanti, fa freddo. E finalmente vedo il sole: al ristoro hanno la birra! (il mio di sole, mica quello metereologico...)
Parto di buona lena, 9 km di salita, mi supera uno all’inizio, dopo 5km lo riprenderò e ne riprenderò altri 3 che mi avevano lasciato al ristoro.
Mentre sono nel bosco sento un gonfiore sotto al piede sinistro, mi par strano. 2 giorni prima mi ero accorto di avere un doloretto sotto la pianta sx, il 2° e 3° dito erano gonfi… valuto se sto facendo danni irreparabili, non sento molto male ma è come una palla, inarco le dita e sento qualcosa sotto al piede: possibile che sia così gonfio? Che sia entrato qualcosa nella scarpa? Bho…
Avanzo 2 km e sento questo gonfiore dietro il tallone… ma cos’è? Guardo il tallone e vedo qualcosa di giallo che esce dalla scarpa… mi si sta sfilando la soletta per colpa della fanghiglia! Corro malamente senza appoggiare troppo la punta sx fino al ristoro dei 40 km, lì mi risistemo la scarpa e sono di nuovo un “pipin” (=sto friulano che continua ad uscirmi... traduciamolo come un leone, letteralmente sarebbe un bambolotto).
Un pipin anche perché mi bevo un’altra mezza birra. Cercherò di non ripetermi, ma c’è un ristoro anche a 46 km. E uno a 53…
Dai 46 km sto salendo sul monte Sabotino, la traccia GPS è sbagliata rispetto alle balise e quelle 2 parole che avevo sentito prima dell’inizio della gara mi fanno capire che sono sul percorso giusto, hanno modificato il percorso per motivi di sicurezza.
A 50 km entro nella trincea italiana, i muri sono in pietra ed è decisamente meglio conservata, mi parte un brivido che corre su tutta la schiena per la sensazione di ansia e di tristezza, per fortuna le sensazioni vengono smorzate dalla musica in lontananza che arriva dall’ultimo ristoro, arrivo a 53 km, cevapcici, birra, ubriachi che cantano e urlano… assaggio tutto e parto lasciando un pezzo di cuore. Discesone parzialmente impantanato, si scivola anche se non piove più da un paio d’ore. Ad un certo punto scivolo bene… il piede che stavo alzando scivola di 20 cm in avanti, lo alzo troppo tardi, inciampo su un sasso sporgente e spicco letteralmente il volo… in aria il tempo non scorre: guardo il sentiero stretto sotto di me, sui lati c'è erba. Ma al centro del sentiero c’è un pietrone, in una frazione di secondo mi assetto per appoggiare contemporaneamente ginocchia e gomito destro, atterro su 3 punti, poi spancio e abbraccio con entrambe le braccia il pietrone, a 2 cm dal mio naso, che blocca la mia discesa. 1 secondo, sembra tutto a posto, 2 secondi, sento un doloretto al gomito, 3 secondi, il doloretto non sembra gran cosa, rotolo a dx sull’erba e mi alzo. Camminucchio per 2 minuti riconsiderando cos’è appena successo prima di ripartire in velocità. Tutto "bene". Ormai sono arrivato. Volo verso il traguardo. 34° su 62 (le malelingue diranno che ho perso 33 posizioni rispetto al trail precedente. Adesso, non è che posso vincerle tutte, eh…).
Divertito, infangato e mi sono anche dimenticato il bagnoschiuma… doccia di sola acqua e scalpello.
60 km e 2900D+ effettivi, 9 ore e 34 minuti di felicità.
S1 ULTRA - La Corsa della Bora: preparati, che arrivo.
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