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Ultrabericus 1-2-3 di Fabiano Picco

Riporto qui le esperienze di questa gara, troppo corribile, ma troppo insostituibile visto che in questo periodo dell'anno gli ultra scarseggiano...

Le metto tutte assieme così ci si rende conto che con gli anni che passano divento anche più ciacarone...

 

Ultrabericus 2019

65km D+2500

Una gara che consideravo facile, forte dei miei "successi" sul Prealba, a San Pietro al Natisone e a Tarvisio recenti.

Mi sono fatto una scaletta di tempi per arrivare in 10 ore e parto.

Parto "come uno di 20 anni", là davanti (tipo 300-400° su 1000) pompando troppo per 20 km per averne 65 in tutto, se tengo questo ritmo arriverei in 8 ore e mezza...

Dopo 20 km comincio ad accusare il colpo, rallento, sono stato sopra la soglia anaerobica per 2 ore, cattivello...

La testa dice "stai male, decidi tu cos hai, ma trova un motivo per cui stai male".

Comincio a farmi sorpassare, cammino, corro, cammino. In queste gare è probabile che si vada in crisi... Non pensavo di arrivarci così presto... colpa mia, me la sono cercata.

La primavera si sta imponendo sull inverno, alberi fioriti, primula, viole. Nel bosco a un certo punto alberi con fiori bianchi profumatissimi, inebrianti, tanto che pensi se c è anche ossigeno o solo profumo in quell'aria che sto respirando. Poco verde, ovviamente, per la stagione.

Dalla 3° alla 9° ora non riesco a mangiare praticamente niente. Ogni cosa che metto in bocca mi dà sforzi di vomito. Bevo, perlomeno. Il pessimismo scende su di me ritmicamente, faccio alcuni chilometri entusiasta per poi risprofondare nel pessimismo. Voglio ritirarmi a 25, 33 e 46 km. A 46km sono proprio in un punto di ritiro... La voglia è tanta... tremo come una foglia, non riesco a mangiare, mi danno una tazzina di caffè e ne rovescio un pò perché tremo molto...

Chiamo mia moglie per rincuorarmi.

Incontro 2 miei amici, che mi danno supporto morale, uno con crampi, l' altro con ernia inguinale. Ma vanno avanti. Se vanno avanti loro... io sono bianco come la cera, a digiuno da 5 ore. Mi affianco a uno dei due per un paio di km, ho deciso di andare avanti, con i denti ma la finisco.

Dopo 2 km a Stefano ripartono i crampi. Io decido di procedere con il mio ritmo. Accellero. A 50 km mi sento bene, corro, ritmo 6 e mezzo a km, fisso, non cammino più. Comincio a superare, a 56 km ristoro dove riesco a buttar giù qualcosa annaffiando con Menabrea  , e riparto, positivo, mancano solo 10 km.

Continuo a superare, gente che corre o zombie che annaspano in cerca di un motivo per procedere. Penultimo km, scalinata lunghissima in discesa, stile Castelmonte, 5-6 scalini e pianerottolo, quante volte l ho fatta in bomba con i miei cugini da bambino, la tecnica l ho imparata lì, per arrivare per primo alla bancarella dei dolci, supero ancora, alla fine della scalinata la bancarella dei dolci non c è. Ma manca 1 km. "Accellero".

Supero altri 2 che camminano. Sento le cosce che mi chiedono se sono pazzo, ma sono a 300 metri.

La gente

La gente che mi urla che sono bravo

Ma chi vi conosce?

Urlo grazie

Ma chi vi conosce...

Praticamente vi nominerò nel mio testamento da tanto che vi voglio bene

Mi applaudono

Batti 5

Mi dicono bravo

SONO BRAVO

grazieee!!

E volo gli ultimi 300 metri

Arrivo

Mi registrano il Chip. Mi danno la maglietta da finisher. Guardo la signora: " dov è la mia birra?". Risate. Mi sciolgo.

Prendo la mia birra, non riesco a mangiare niente ma la birra me la sono meritata.

10 ore e 12. Se gestivo bene i primi km dosandomi probabilmente chiudevo in 9.30. Sono comunque contento.

Organizzazione super, protezione civile, volontari, tutti.

Colli berici non meritano un altro giro per il panorama. Ma la rifarei anche solo per il numero di persone che ti supportavano durante la gara. Complimenti

 

 

 

Ultrabericus 2021

65km D+2500

Riprovo questa gara, dopo averla sudata nel 2019 perché ho bisogno di caricare chilometri e perché mi faranno compagnia i miei 2 amici Danieli.

Terza uscita in montagna in 2 settimane con lunghezze sopra la maratona. Devo abituarmi alla fatica e al logorio di gare lunghe di più giorni.

Devo per forza di cose dosare le mie forze per vari motivi:

  • mi sono vaccinato per il Covid 2 giorni prima;

  • è una gara decisamente corribile, mi ricordo 2 anni prima come mi sono cotto nei primi 20 km, in questa gara vale la regola della tartaruga e la lepre;

  • il lettore più attento si ricorderà che 4 righe fa ho scritto che è la terza uscita di Ultra in 2 settimane, non vale la pena spingere per spaccare tutto, ginocchia comprese.

Prima della partenza bevo un caffè al bar con i miei due amici Danieli, uno parla continuamente senza fermarsi a respirare, l’altro nervosissimo che muove le gambe da seduto come se stesse già correndo… il Garmin gli segna 3 km che deve ancora finire il caffè… Normale: sentono l’agitazione pregara. Io, invece, rilassato… sono lì a girare il mio cucchiaino nella tazzina, rendendomi conto che la sto prendendo decisamente tranquilla.

Ci fanno partire in batterie da 200 persone, 800 o 1000 in tutto, ci hanno diviso in base alle nostre prestazioni passate, io sono nella seconda batteria, i due Danieli e il mio amico Marco sono nella terza. Oggi sarebbe giusto che mi mettessero nella 4^, ma non si può decidere… parto con i semitoprunner…

Partenza molto ben organizzata: ognuno si mette al suo posto già 10 minuti prima, il numero di pettorale è indicato su un tappeto fissato a terra, sembriamo la batteria di cavalli schierati alla partenza all’ippodromo, ognuno stipato nel suo box metallico, in attesa che la portella si apra per liberare le zampe che fremono. E l’adrenalina sale… lo speaker incalza, la musica pompa, vedi gli altri cavalli in parte che fremono, per forza di cose inizi a fremere anche tu, il cuore batte più forte e finalmente il via!

Ma io sono diligente, dopo 100 metri mi sfilo dalla bolgia, mi lascio superare, dopo 500 metri sono già quintultimo, assieme a quelli che corrono con le pedrillas e quelli che hanno deciso di correre con le mani a terra e la testa in giù. Siamo ancora sull’asfalto che parte la prima salita decisa, io tengo il passo ma non esagero, vedo che gli altri mi lasciano indietro. Metto da parte l’orgoglio e vado piano. La gara è di 65 km.

Discesa vivace, supero 4-5 persone (quelli con il deambulatore e quelli che si erano iscritti per sbaglio che dovevano solo comprare il giornale e avevano sbagliato l’entrata dell’edicola) e poi il sentiero spiana, corrucchio piano, a metà rettilineo di 500 metri guardo avanti e dietro, non c’è nessuno… a 2 km dalla partenza sono già solo… sarà una lunga giornata.

E vado con il mio passo, strada troppo corribile e tengo il freno, controllando i battiti.

A 37 minuti di orologio arriva il primo della 3^ batteria, mi ha già dato 10 minuti. Lascio passare, in 5 minuti mi superano 15-20 persone, applaudo, dico bravo e mi tegno. I primi non rispondono, i primi devono respirare, dopo il 15-20° cominciano a dirti ciao o salutare, ma i primi non hanno ossigeno da sprecare. Io saluto tutti, i miei polmoni devono adeguarsi.

In salita becco una di 70 e passa anni, nome di fantasia Pasqualina, una rompicollioni incredibile, si accodano varie persone e lei: “i francesi sono stronzi ma chiedono permesso, gli italiani sono solo stronzi”. Mi fermo in parte e mi faccio superare da 4-5 persone per non averla vicina, l’impulso di buttarla nel fosso è alta… Appena il sentiero spiana la supero per non vederla più.

1 ora circa, primo ristoro, prendo un pezzo di banana e mi incammino. Uscendo dal ristoro vedo la zucca di Daniele1, lo chiamo, facciamo un pezzetto insieme, mi ha preso a 1:07 mie, 0:57 sue. “sto correndo troppo?”, bha, vedi tu, prendila con calma che questa gara è traditrice. E riparte.

1:13 mi prende Daniele2 “se ti ho già preso vuol dire che sto correndo troppo”, lo guardo confermando con lo sguardo cambiando discorso. Ne hanno sicuramente più di me, ma si sono fatti fregare dal tracciato troppo corribile. Lo lascio andare.

E continuo ad essere diligente.

Km 14, riprendo Daniele1: “oh, sono morto, ho pompato troppo?”… bhe, che dire… Gli suggerisco di stare un attimo in parte a me, per recuperare prima di ripartire. Fa il bravo e sta lì con me un km, poi riparte in quarta ma lo riprendo subito. Vai piano, e finalmente va piano.

Mi prende il mio amico Marco, saluto e lascio andare. Cacchio, come sono bravo a lasciar andare oggi. E accadrà la stessa cosa con Costatino, che avevo conosciuto alla Due Rocche.

20 km, arriva Daniele1 da dietro ma comincia la discesa al ristoro di 3 km e io libero le gambe superando un po’ di persone che mi avevano lasciato indietro. Bello sfogarsi un po’ e mollare il freno, con il vento che finalmente mi spettina la criniera. Vabbè, mi devo convincere che non sono un cavallo… anche voi… che musi lunghi…

23 km, ristoro, ci sono 3 tavoli in fila, vado sul primo e prendo due bicchierini con dentro cubetti di formaggio fresco. Vado nel secondo e prendo 5 bicchierini di cubetti di formaggio. Vado nel terzo… e vuoi non provare anche questo, prendo 3 bicchierini di cubetti di formaggio sudatissimo. Troppo? Bhe, nell’ultimo tavolo non andava nessuno, c’erano i volontari tutti avviliti, l’ho fatto per risollevargli il morale. Bevo abbondante cocacola per sturare il blocco caseario che mi sono creato nell’esofago.

Una ragazza con il pettorale è che piange nel furgoncino della protezione civile, dice a un volontario “non so dove sono”, non capisco se parla di se stessa o di qualche suo amico, perso per i monti berici, mi sposto dalla scena per evitare di farmi prendere dall’ansia… poverina…

E via che si sale, assieme a Daniele per un pezzo, mentre cerco di mandare un po’ di sangue a digerire la forma di formaggio che ho mangiato…

Dopo un po’ Daniele1 prende coraggio e va.

Io sto ancora attento e mi tengo.

Comicia a fare decisamente caldo, a ogni fontana che si trova (una ogni ora…) ci si ferma per mettere la testa sotto. A 28 km vedo uno che si è tolto scarpe e calzini e sta facendo un pediluvio in un ruscello. Ogni volta che si esce dall’ombra del bosco si corre più veloci, sotto il sole battente, per rituffarsi all’ombra il prima possibile.

30 km mi affianca uno con il fisico da non corridore, un po’ avvilito perché ha paura di non farcela nei tempi. Lo rassicuro, ha fatto 30 km in 4 ore e mezza, ha ancora 8 ore e mezza per farne 35. Gli infondo un po’ di coraggio (così mi sembra) e poi lo saluto lasciandolo indietro (alla fine ho controllato, ce l’ha fatta. Mi fa decisamente piacere quando qualcun altro di non alteticissimo riesce a sfidare se stesso e le proprie paure).

33 km, uno di 70 anni che va avanti e indietro, parlando con uno dietro di me, che è suo nipote. Protesto vivamente: “nonno, avrai già fatto tutto il percorso due volte”, lui ride ma continua ad andare avanti e indietro. Il nipote non ce la fa a proseguire. Km 35, ristoro, il nipote si ritira e il nonno parte in quarta da solo.

Al ristoro becco Marco, becco Costantino, tutti e due che accusano il colpo di aver corso troppo, ma poi ripartono prima di me. Io me la prendo con calma, alternando cubetti di formaggio alla frutta. Poi riparto. E comincio tranquillamente a superare anche in salita, adesso anche gente con le scarpe di ginnastica regolari. Si vede che sono stato diligente fino ad ora.

42 km, passo lo scoglio mentale della maratona.

43 km becco Costantino seduto, avvilito. Lo sprono a ripartire, facciamo 500 metri assieme e poi lo lascio indietro. Sono sicuro che si riprende. Alla Due Rocche ha fatto 30 km sanguinante dopo essere caduto. Non è uno che molla.

Ristoro dei 45 km, qui due anni fa volevo ritirarmi, quest’anno praticamente mi sento che devo ancora partire, prendo un piatto di minestra, faccio comunella con chiunque, tanto che dopo 5 minuti devo ancora cominciare a mangiare perché sto parlando troppo… mi concentro, mangio, bevo cocacola e parto. Cocacola e brodo… abbinamento Gourmet…

Salita interessante e poi discesona, fanculo i freni: adesso corro tutto quello che non ho corso fino ad ora. Via, supero a palla, dopo 2-3 km supero Marco che mi urla dietro, poi il sentiero spiana e ho Marco dietro che mi fa il pistolotto perché sto correndo troppo (lui sa cosa sto preparando e che dovrei andare piano)… vabbè cammino… che noia… ghghgh.

Facciamo un pezzo assieme, parlando del più e del meno: lui nella minestra sbriciola i crackers, così l’abbinamento con la cocacola è ideale… cacchio… Marco dovrebbe scrivere un libro di ricette per Trailers…

Km 50, siamo vicino ad un lago, non ricordo il nome ma era di acqua, nel mezzo del bosco. Si sente uno che canta a squarciagola vicino al lago, da tenore, un po’ stonato, decisamente stonato. Probabilmente lui non ha bevuto cocacola.

Ci sorpassa un cane, di taglia media, correndo: rimane davanti a noi per un po’, si gira felice e continua a correre, si rigira verso di noi e comincia a preoccuparsi, lo vedi che si agita, aumenta il passo, si ferma, si gira e vedendoci parte a razzo per scappare, questa tiritera dura almeno 5 minuti. Sono in angoscia per il poveretto, riuscirà a infilarsi tra gli alberi per “salvarsi”? Finalmente non lo vediamo più e mi rilasso, non vorrei avere un cane sulla coscienza.

30 minuti dopo lo ribecchiamo, riparte scappando… poverino…

Altri 30 minuti e lo vediiamo ad un incrocio, bloccato da un volontario che ha già chiamato la padrona… anche Fufi stava facendo l’Ultrabericus: se non fosse stato per il volontario, Fufi avrebbe vinto la gara. Dannati cospiratori, c’è sicuramente l’intervento dei poteri forti che non vogliono che i cani vincano le gare!

E con Marco continuo, cercando di tenermi, camminiamo molto, corrucciamo in discesa.

Arriviamo al ristoro dei 55 km, chiediamo birra, non ce l’hanno… sponsor Menabrea e quest’anno non hanno birra… ma io non so…

Andiamo tranquilli, conosciamo un giudice di gara che la sta correndo, parlando scopriamo che ha fatto il Tor des Geants 2 volte. E lui e Marco mi cullano nella mia ignoranza, raccontandomi le storie di un mondo lontano in cui le persone corrono giorno e notte sui monti lontani abitati dai lupi per giorni e giorni senza stancarsi…

Che robe che deve essere questo Tor des Geants…

E arriviamo a Vicenza, correndo con qualcuno il tempo vola, i problemi non esistono, la strada è breve.

Ormai manca poco. Adesso posso "liberare la belva": discesa a gradoni, volo, alla base della gradinata vedo quelli da battere nella volata finale. Il resto della gara non conta. Non so quando sono partiti, non mi interessa. Adesso la gara è tra me e questi 4-5 che incontrerò, tutte le gare devono chiudersi con la volata finale.

Affianchiamo questo gruppetto, frase di circostanza di incoraggiamento che in realtà vuol dire “visto, che ti sto sorpassando? Adesso arrivo prima di te”. E via, al rettilineo finale accelero, sento passi dietro di me, qualcuno sta cercando di sorpassare e io accelero ancora, poi butto l’occhio e vedo Marco che cerca di tenere il mio passo, mi dice “tu vai” e io gli rispondo di non mollare, continuiamo la nostra folle corsa degli ultimi 500 metri a una velocità normalmente facile, ma che dopo 65 km è improponibile, tra gli applausi di qualche spettatore che probabilmente passava di là per sbaglio, dopo essere stato a fare aperitivo, brillo, che vede uno che corre e per non combattere il proprio istinto si lascia andare all’applauso come gli avevano insegnato le suore all’asilo.

Gli applausi comunque sono meritati e fanno bene al cuore, da chiunque arrivino. Sorrido, alzo le braccia 50 metri prima dell’arrivo, ma non ce la faccio a fare 50 metri così… per la stanca devo abbassarle prima del traguardo, ma il sorriso non me lo toglie nessuno.

Trovo Daniele2, appena arrivato e Daniele1 stufo di essere all’arrivo da mezz’ora, birretta assieme di rito.

Vado a cambiarmi alla macchina, mi spoglio in strada, con l’asciugamano in vita, passa una pattuglia di polizia proprio mentre ho le mutande calate, cerco di “tuffarmi” in macchina per lasciar passare e mi ritrovo in una posizione assurda, con i crampi che stanno per partire, il sedere fuori dalla macchina parzialmente coperto dall’asciugamano e le mutande calate… per fortuna i poliziotti passano cercando di guardare dall’altra parte…

 

 

 

Ultrabericus 2022

65km D+2500

Avevo detto che l’Ultrabericus non lo facevo più…

26 dicembre 2021, ricomincio a fare allenamenti duri e dedicati per gli ultra-trail. Rutto panettoni e prosecco ma ci do dentro quasi ogni giorno.

31 dicembre 2021, risulto positivo al Covid, blocco gli allentamenti… Riprendo gli “allenamenti da casa” con i panettoni e il prosecco.

01 gennaio 2022, augurii!!! buon anno!!!

11 gennaio 2022, riprendo con grande calma gli allenamenti, accusando un po’ di fatica perlomeno per un paio di settimane.

06 Febbraio 2022, sono seriamente preoccupato: tra 2 mesi ho una gara di 168 km e non sono ancora riuscito ad allungare gli allenamenti, tra un motivo e l’altro.

Probabilmente sono solo poltrone io, ho difficoltà ad alzare il culo da divano, fa freddo, ho sonno, devo lavare la macchina, mi scade lo jogurt... O mi do una regolata o non ce la farò mai…

21 febbraio 2022 mi iscrivo al Trail delle Valli e all’Ultrabericus da fare come allenamenti. Almeno sono obbligato a fare queste due prima dei 168 km.

28 febbraio faccio il trail delle valli (27km e 1500 D+) con dignità, quasi con gesto atletico!

05 marzo faccio un allenamento in piano di 21 km e mi si blocca il ginocchio…

Cosa non fare se ti si blocca il ginocchio:

- aspettare che passi da solo senza provare a massaggiarlo attivamente o fare un po’ di ginnastica dolce;

- fare allenamenti di rinforzo una settimana prima di un ultratrail;

Io le canno entrambe, ovviamente, che mona... A 4 giorni dalla gara chiedo aiuto al mio santo protettore San Nicolas Pressacco dei Fisioterapisti. Ovviamente c’è poco da fare e gli chiedo solo un taping di protezione alle ginocchia da fare il giorno prima per evitare danni alle rotule. Tanto scaltro quanto mona, eh! Problema risolto, per questa volta.

19 marzo 2022, mi presento a Vicenza, parcheggio nello stesso posto dell’anno scorso, che era vicino alla partenza e in zona gratuita. Ma era vicino alla partenza dell’anno scorso… 2 km dalla partenza di quest’anno… tanto orienteering quanto mona…

E così vado a ritirare il pettorale (2km), torno alla macchina a cambiarmi (2km), torno alla partenza (2km) e sono pronto a partire, con già 6 km nelle gambe.

Sono in maglietta tecnica e pantaloncini corti, per sfoggiare i nastri alle ginocchia fattimi da Nicolas nonostante faccia freschino. Sono quasi le 10, quasi tutti i concorrenti si mettono in battuta di sole per non prendere troppo freddo in attesa dello start. C’è una ragazza in parte a me con solo mutanda tecnica e canotta, con la pelle d’oca alle gambe… almeno io ho 2 cm di grasso su tutta la carrozzeria a proteggermi! Tanto ciccio quanto al calduccio!

Sono sereno, non sento l’ansia della gara, in fondo devo solo stare attento a non esagerare e portarla a casa con dignità. Mi metto dietro a tutti.

Si parte! Certo che è sempre emozionante una partenza, con la gente in parte che ti dice bravo e ti applaude! A 1 km guardo la velocità media, siamo a 5.10/km, un po’ troppo, ma va ben così, finché c’è gente che ti guarda…

Usciamo da Vicenza, mi sento bene, so di aver superato già un bel po’ di persone nei primi 4-5 km, arriviamo in mezzo ai campi, strada a zig-zag, vedo a occhio 300 persone davanti, mi giro convinto di essere a metà dei concorrenti e invece dietro avrò si e no 70-80 persone… mannaggia se sono indietro… ma la gara è con me stesso e me ne frego, almeno un po’.

Saliamo, una concorrente si ferma davanti a me con i conati di vomito, Tutto bene? Risponde tossendo “Sti moscerini di mmmerda!”, un altro concorrente decanta le proprietà delle proteine nobili contenute nei moscerini mentre proseguiamo con il sorriso.

Il percorso è molto collinare, ci sono tratti in salita e tratti in discesa, tratti con fondo uniforme e tratti con pietrame, ognuno spinge in modo diverso sui vari tipi di terreno e ci si supera a vicenda più volte. A me sembra di superare più di quanto vengo superato, magari è solo un’impressione ma fa bene al cuore e vado avanti sereno.

Quest’anno la gara è al contrario rispetto all’anno scorso, cerco di orientarmi, praticamente dove l’anno scorso c’era la salita, adesso c’è la discesa e viceversa. Immagino la mole di lavoro che hanno dovuto sostenere quelli dell’organizzazione, geologi, ruspe, catterpillar, gru e poi di nuovo piantumare alberi e piante. Arrivo al ristoro degli 11 km e faccio notare la cosa ad un volontario facendogli i miei complimenti: “MMASSEICOGGNOME?”, abbasso le orecchie e dissimulo naturalezza, affondando i miei pensieri nel mio bicchiere di coca-cola…

Parto dal ristoro, veloce il giusto, arriviamo al lago che, facendo il giro in senso orario, si vede molto spesso e si capisce che è bello grande. Gli anni scorsi l’avevo sì e no notato...

Dopo il lago c’è la salita più pendente di tutta la gara, non grandi robe, sarà 300 metri di dislivello in tutto, ma vedo gli altri che arrancano e io vado con il mio sorrisino sereno e supero più di qualcuno che probabilmente non è abituato a fare montagna.

Il clima è caldo, si sta bene con i pantaloncini corti e la maglietta tecnica, non fa troppo caldo, non fa troppo freddo.

I boschi sono tempestati di fiori, si vede che sta arrivando la primavera, ci sono primule, viole bianche e viole viola, ragazze con il gonnellino tecnico e la mutanda stretch che camminano davanti a te in salita, margherite, erba trinità (sì, esiste, l’ho cercato sul web il nome… non sono un fioraio), ragazze con il gonnellino…, bucaneve, .. e insomma ci sono anche le ragazze e adesso smetto di dirlo, ma è difficile concentrarsi sulla corsa, io da galantuomo mi sento in dovere di sorpassarle immediatamente senza rimanerci incantato, che sennò mica respiro… ah… la primavera...

Continuo a correre dove si può correre e cammino solo dove non si può spingere, mi chiedo quanto posso durare così. Effettivamente a 26 km comincio a sentire un po’ la stanca.

Un concorrente davanti a me ha la maglietta con scritto "vai papà 19/03/2022", mi viene un po’ di malinconia a pensare alle mie bambine che volevano stare con me nel giorno della festa del papà...

Al ristoro dei 35 km non mangio molto e devo buttare nel cestino un pezzetto di formaggio che non riesco a masticare.

Questo ristoro è a metà gara, riparto ma comincio a rallentare e la gente che avevo attorno a me cambia, visto che mi supera più di qualcuno che non vedrò più. Mi sento in diritto di poter rallentare, o perlomeno me la so raccontare così. Oh, mi rode lasciar passare gli altri!! Ma sento di avere i crampi alle gambe prossimi a scattare e sento lo stomaco che comincia a fare i capricci.

Adesso procedo, bevo un sorso d’acqua dalle borracce ogni tanto per distrarmi e vado ad un andatura più lenta, mi faccio due conti guardando l’orologio: in base a quanto sto rallentando rischio di stare sopra le 11 ore totali. Non benissimo.

Però, conoscendomi, so che se sto facendo i conti di km, ore, minuti, tempi e velocità vuol dire che sono entrato nel mio mondo di fantasia, usuale mentre faccio trail a lunga percorrenza, un mondo in cui sto bene, dove numeri e grafici che creo nella mente si legano e si confondono con radici, speroni, rocce e pantano. Quanto sono felice di “essere arrivato qui”. Mi godo questa miscela di pensieri nella mente, la sensazione è come quando fai una corsa a perdifiato a freddo, e senti che la tua saliva ha cambiato sapore, dura magari un attimo: ha il sapore di qualcosa misto tra il sangue e la felicità, ti senti vivo e deficiente. Nell’ultratrail questa sensazione dura di più, le ore passano e io viaggio con i numeri, i pensieri, i vuoti, i silenzi, i paesaggi. Parlo con altri mentre avanzo. Arranco e sudo mentre salgo. Me la godo quando sorpasso e digrigno i denti quando mi passano. Quanto mi mancava questo strano mondo…

Si sale bene, siamo appena passati vicino a quello che l’anno scorso era un ristoro mentre quest’anno non lo è. Ho gente dietro, tengo il passo, un ragazzo mi incalza, gli dico di passare e lui mi dice che mi sta dietro perché gli detto il passo. Mi sento in dovere di non calare l’andatura, ma così sto soffrendo. Vento contro, pendenza, lo stomaco mi fa notare che sta andando in sofferenza, ancora qualche metro mentre lo stomaco sta per avere la meglio, ancora qualche metro e finalmente sono in cima. Mi accosto e lo lascio passare, mi accodo a lui e lo seguo in piano. La salita è finita giusto giusto un attimo prima dell’inevitabile patatrack… Respiro, scambio una battuta, abbiamo girato verso di percorrenza ma il vento è ancora irrimediabilmente contro… mi faccio baciare dal vento e prendo addirittura a correre, mi sento vivo, anche se ho difficoltà sono felice e corro.

Arrivo al ristoro dei 45 km, ho lo stomaco chiuso. Brodo con la pastina, ci sbriciolo un pacchetto di crackers dentro come fanno i veri ultratrailers. Smessaggio a casa che va tutto bene.

Scambio due battute con uno che sta facendo la 100 km, gli faccio i miei complimenti.

Ho freddo, c’è vento, correndo andava bene la maglietta, ma visto che voglio fermarmi 2-3 minuti tiro fuori l’impermeabile. Non lo tolgo quando riparto che ho freddo, le calorie nel mio corpo scarseggiano.

Ora, parlando del brodo con la pastina, probabilmente tutte le gare seguono un ricettario comune, la pastina sa sempre di cartone ovunque io sia andato… probabilmente la cuociono assieme alla confezione, oppure cuociono solo la confezione e buttano la pastina… Me li immagino i bambini, figli dei volontari, che si trovano il giovedì pomeriggio in oratorio a tagliuzzare le confezioni di cartone per fare i filini... bevo il brodo, mangio i crackers e butto la pastina cartonata che proprio non riesco ad ingerire. Ma non riesco a ingerire nemmeno altro, forse sono io, prendo una merendina ma non ce la faccio ad addentarla. Riparto, va…

Incrocio quello della 100 km, che cammina e parla con un altro della sua stessa gara, gli faccio una battuta e l’altro mi zittisce dicendomi che visto che non sto facendo la 100 posso andare avanti e non fermarmi con loro, ci mancava solo il nonnismo tra le gare… ghghghgh

Mentre corriamo parlo un po’ con una, sui 50 anni, ha fatto un po’ di volte il passatore, gara su asfalto sui 100km, è il suo primo trail che fa. Parla decisamente tanto, io sono in difficoltà, di solito quello che parla sono io… e dopo un bel pezzo, quando ha finito di parlarmi delle sue cose mi dice “bon, tu vai adesso!”. E allora vado, col sorriso di uno che ha fatto scannare una facendola parlare troppo senza farla respirare, senza effettivamente averne colpa visto che ha fatto tutto da sola…

Si sta facendo sera, sono a 51 km, non dovrebbe mancare troppo al ristoro e non vorrei tirar fuori la frontale mentre corro. E’ quasi buio, mi affianco a uno, scambiamo due battute e mi suggerisce di mettere la frontale o di stargli vicino. Io ho intenzione di superarlo e quindi la tiro fuori. Ma non riesco a superarlo… sono stanchino… Ci ammucchiamo in 4-5 persone, tra queste c’è Natalina, quasi 70 anni, che sta litigando con la sua frontale che non ne vuole sapere di accendersi. Provo ad aiutarla ma la lampada non si accende, le suggeriamo di stare in mezzo a noi, poi dopo 3 minuti di magheggi riesce ad accenderla. Continuiamo comunque a stare assieme, siamo animali che avanzano al buio, stanchi e sudati che cercano il conforto di altri animali per farsi coraggio (gli animali normalmente non sudano, ma noi siamo animali che sudano, va bene???).

Natalina ci diletta con alcuni pensieri da ultrarunner 70enne. Da citare sicuramente quando fanculizza il Ministro Speranza che la vorrebbe catalogare tra i soggetti fragili: “che venga qui a correre con me, e vede se sono fragile!”, con l’aggiunta di qualche parolina colorita ma elegante che non riporto.

Continuiamo in gruppo, a 56 km siamo sfiniti e non siamo ancora al ristoro, incontriamo un volontario, che dice che mancano 600 metri. A 57,5 km non siamo ancora arrivati… ma pooork… condividiamo la frustrazione e la stanca, arriviamo al ristoro a 58km, al buio, al freddo, un po’ avviliti (perlomeno io…).

Si ipotizza che manchino ancora 9 km, ho lo stomaco chiuso, affronto un pezzetto di banana e bevo 2 bicchieri di the caldo zuccherato e riparto subito, vediamo di finire prima possibile che sono stanco e a star fermi fa freddo. Natalina era già partita da sola, lascio gli altri 3 del gruppetto al ristoro.

Il the aiuta, trovo energie che non sapevo di avere e inizio a superare qua e là gli zombie davanti a me. Corruccio spesso.

e ogni tanto cammino…

Vedo i cerchi di 6 luci frontali davanti a me sulla strada, nei prossimi 500 metri di rettilineo, vorrei superarle, ma sto camminando e non le prenderò mai… mi supera uno, gli faccio i complimenti e si ferma a fare due chiacchiere, proseguiamo assieme per 3-4 km accelerando il passo e superando varie persone che assieme non si sente la stanca. Arriviamo ad un incrocio, il mio amico chiede quanto manca, un volontario dice “3 chilometri!”, e io mi ritrovo a correre perché le mie gambe hanno capito che manca poco. Senza volerlo lascio indietro il mio nuovo amico, supero varie persone, uno fermo con sforzi di vomito.

Mi meraviglia ogni volta constatare che io rispetto ad altri, nel finale, ho sempre un pelino di energia che avevo tenuto da parte per gli ultimi minuti. Volo giù per la gradinata di 150 gradini raggrupati 5 a 5, sbuco dall’Arco delle scalette, una volontaria mi indica di girare a destra, io approfitto per dirle “Ha visto quanto andavo veloce?”, “Certo, velocissimo, una scheggia!”, che bravi i volontari a raccontar balle! Proseguo per le strade di Vicenza, le poche persone che mi incontrano mi applaudono e viene voglia di spingere ancora, l’ultima salitina prima dell’arrivo però non riesco a correrla, e poi arrivo finalmente al traguardo!!!

Lo speaker ha letto il mio nome sul pc che esce automaticamente dopo che il lettore ha scansionato il mio chip e mi chiama per nome con nonchalance guardandomi negli occhi, gli chiedo scherzoso se mi ha riconosciuto, “certo, riconosco tutti e 1400 i concorrenti di faccia!”. Ritiro il premio finisher, dico alle volontarie che sono arrivato tra i primi 3, non sono molto convinte ma mi fanno i complimenti.

Certo, sono stanco, ma fa freddo e non ho voglia di fermarmi troppo.

Ritiro il panino che funge da pasta-party e mi incammino verso la macchina, ho ancora 2 km da fare… C’era la possibilità di spostarsi lì vicino a fare la doccia e mangiare qualcosa di caldo, ma non me la sento di fare 2km +2km per prendere il borsone, mi organizzerò meglio la prossima volta. Vado via fiero di me stesso, seguendo i 2 km che porteranno al parcheggio in culonia, asciugandomi il palato con il panino che mi hanno dato, non ho abbastanza saliva per masticarlo, ma che soddisfazione!

Google maps: cerca MC drive qui vicino, ecchecatzo.

Stanotte mi girerò nel letto pieno di crampi. Le ginocchia hanno retto benissimo ma non ho assolutamente l’allenamento per portare a termine una 100 miglia in questo periodo.

L’indomani mando richiesta per trasformare la 168 km dell’Istria in una più gestibile 128. Una maratona in meno: che furbo che sono!!! …

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Tor des Geants 2021 di Fabiano Picco

TDG – I giorni prima

BorsoneA casa ho preparato il materiale per il borsone, usandone uno leggermente più piccolo di quello che mi daranno per fare le prove. In questo modo sono sicuro che tutto il materiale ci starà dentro anche dopo 3-4 gg di roba sporca o riuscirò ad infilarcelo quando sarò poco lucido e al buio di un dormitorio.

Ho optato per fare sette sacchetti zip-loc con il nome della base vita, in ogni sacchetto c’è mutanda, canotta termica, maglietta, calzini, fascia scaldacollo, manicotti. Poi sacchetti con maglie a manica lunga, pantaloni, calzini, ramponicini… materiale che si usa una o più volte. Un “beauty-case” da 20x15x8 da elettricista portacavi, in tessuto, con i settori e cernierine, molto ordinato e accessibile, ci ho messo dentro dal power bank al cottonfiocc, passando per le creme antiabrasioni e i medicinali di emergenza.

Arrivo a Courmayeur il venerdì pome, l’aria odora di grande sfida, tutti sfoggiano le loro magliette/giacche dei grandi eventi a cui ha partecipato, LUT, UTMB, prima comunione, Mortadelethon e corsa coi sacchi delle elementari.

Li vedo tutti magri, persino il pizzaiolo della pizza al taglio è bello asciutto e tirato, sono fuori luogo con la mia panzetta e i miei chili di troppo.

Sabato mattina giro in paese, l’aria ha un profumo misto di festa e caghetta, voglia di cominciare, paure, ci si sente grandi. Si cerca di stare seduti più possibile, non bisogna stancarsi il giorno prima.Giorno 1

Nel pomeriggio ritiro sacca al village, ti mettono un numero sul petto e quel numero sarà il tuo ticket di ingresso, bighelloni in giro in attesa che l’APP dica che tocca a te. Niente code infinite. Bene.

Vedo Bosatelli, mi saluta come si salutano i Visps, io ricambio con un “ma chi ti conosce?”… non sono credibile, eh? Vabbè… gli faccio io una foto di nascosto, a questo gigante tra i giganti. Mi sento un po’ un pulcino bagnato nel mezzo di questi mostri del Trail…

 

 

Prima tappa Courmayeur-Valgrisenche

giorno 1 bAlle 9.00 c’è l’appuntamento per l’ingabbiamento pregara, senza molta ressa si entra tra le transenne, si vive il momento con serenità, ci sono atleti che salutano i loro cari o il gruppetto di tifosi. La musica e gli speaker pian piano incalzano e aumentano il ritmo, le emozioni aumentano, si respira a fondo, sia per ricordarsi il momento che per tranquillizzarsi, stretching, zips che si aprono e si chiudono, ultimo controllo degli oggetti a portata di mano, piedi che non vogliono stare fermi, gli speaker che ci iniettano nelle vene la voglia di spaccare tutto e finalmente il via: partenza attraverso il centro da favola, 2 km di corridoio di gente che urla, suona campanacci, applaude, siamo come tori a Pamplona, ma più cazzuti, io comincio a singhiozzare, non vedo un cacchio, ho le lacrime agli occhi, urlo, rido, corruccio anche ma le gambe è bene che facciano il loro lavoro da sole adesso, che io mi sto sconquassando tutto dalle emozioni e sto cercando i visi di mia moglie e delle bambine, sbattendo gli occhi per mandare via le lacrime. Mi tengo indietro per riuscire a vederle ed evitare la folla di corridori. Finalmente le vedo, do un bacio a tutte e tre, saluto e parto, non è più il momento di crogiolarsi, abbiamo 350 km da fare.

Puntualizzo che sono nel primo gruppo di partenza, quello dei top runners. Il motivo è che 2 anni prima ho vinto una gara di 120 km, dove eravamo solo in 5 persone. Questo ha fatto in modo che ho un punteggio ITRA veramente cazzuto, ma sopravvaluta le mie capacità, quasi tutti quelli che sono attorno a me sono più fighi, lo so e lascerò sfilare tutti e mi terrò indietro per evitare di sfinirmi da subito.

Dopo 3 km c’è il famoso imbottigliamento a inizio sentiero, vicino a me c’è quello che deve spiegare tutte le regole per sopravvivere al TDG e continuerà ad elencarle per tutti i 350 km. Mi infilo più avanti nella coda, per tenermelo lontano un po’ e non sentirlo.

L’atmosfera è quella di una uscita domenicale, si parlucchia, si avanza anche un po’ determinati ma non c’è ansia da prestazione.

Dopo 500 metri di dislivello tengo monitorato il cardio sull’orologio, stiamo pompando troppo, lascio passare, lascio passare fino a quando non mi trovo addirittura ultimo, assieme ad una tailandese, la strada è carrabile e dietro a me c’è una Jeep che chiude la gara, averla dietro dà un po’ fastidio, avanza fino a noi e poi si ferma un minuto per poi ri-raggiungerci… Finalmente la strada diventa sentiero e la macchina deve fermarsi, mi concentro sul sentiero con il mio passo costante, supero 4-5 persone con calma e arrivo in cima al Col Arp, esulto, invoco un po’ di casino tra la 30ina di persone ferme a pranzare dopo la loro scampagnata, ricevo urla, applausi, incitamenti e riprendo ad andare in discesa sorridendo. E’ la mia prima discesa del Tor, non so come prenderla… corruccio/cammino, poi corro, poi camminuccio… cacchio se è difficile tenersi…

Ristoro, sembra un plotone di accoglienza, pieno di volontari pronti a servirti, assaggio la cocacola di tutti, per non fare torto a nessuno.

Si continua a scendere, per ora troppo asfaltoso, ma mi fa sentire più tranquillo, chissà cosa mi credevo di trovarmi come terreno.

Gente che incita, dappertutto è una sagra di paese, in fondo è domenica e c’è gente in gita ovunque.

Ristoro in valle, le regole Covid qui si rispettano ancora decentemente. Mangio, dimentico i bastoncini, riparto. Ritorno indietro di 300 metri a prendere i bastoncini, saluto tutti e riparto di nuovo.

Seconda saGiorno 1 elita, si sale prima dentro il bosco, poi pian piano aumenta la pendenza, fino ad uscire allo scoperto, dopo i 1000 metri di dislivello, dietro a noi, una valle creata da un ghiacciaio, di traverso rispetto alla discesa, ampia e larga, con un piccolo bordo che sembra sia stato molto coraggioso a suo tempo nel contenere questa discesa di ghiaccio. Nel mezzo un ruscello che avanzava in modo molto irregolare e forma un laghetto. Molti se lo saranno perso, in questa fase si gareggia e non si guarda in giro.

Conosco un francese che ha 26 anni, ha fatto il tor 2 anni fa e l’ha chiuso facendo gli ultimi 20 km in retromarcia per un problema muscolare, quest’anno la fa senza convinzioni, ha avuto un aneurisma ed è già contento di poter partire… che gentematta….

Discesa a gradoni, salto e balzo come uno stambecco, forse sto esagerando ma mi diverto un casino e non mi ferma nessuno fino al ristoro.

giorno 1 fTerza salita, tra le piante di mirtillo, poi sentiero, il colle non arriva più, tra i pietroni. Il sangue pompa nelle cosce e finalmente in cima! invece no: è solo una sella e adesso si viaggia sulla cresta di destra, aiutati da corde nei punti più impegnativi, scalini di lastre di roccia spaccata. Arriviamo in cima con il buio, mettiamo la frontale e parto correndo nell’aria frizzante della sera, le teste sono ancora sgombre, i pensieri sono leggeri. Passo davanti ad un monumento, è qui che è morto il concorrente giapponese nel 2012 o giù di lì, mi fermo un attimo a salutarlo e poi riparto.

Nel buio supero uno, con conati di vomito. Gli chiedo “need help?”, mi risponde di no e procedo. Supero varia gente che ormai ha deciso di non correre più fino all’arrivo alla prossima base vita. Arrivo all’asfalto e decido anch’io che è il momento di rilassarsi un po’, qualcuno mi recupera. Ristoro, mancano 5 km alla base vita, ho lo stomaco chiuso, bevo mezzo bicchiere di coca ma ho difficoltà, mi impongo di chiudere lentamente, per non farmi danni già alla prima tappa.

Arrivo a Valgrisenche dopo 10 ore e 50, quasi 2 ore prima del previsto.

 

 

Seconda tappa Valgrisenche - Cogne

giorno 1 gFinito la prima tappa di 52 km e 3900 D+. Mangio bene, pasta al pomodoro con aggiunta di patate, tonno, prosciutto, fontina a pezzi, cracker, tutto nello stesso piatto, la volontaria mi guarda perplessa negli occhi “non mi giudicare…” le dico. A completamento joghurt e una bella birrazza. Vedo molte persone sfinite in base vita, io invece mi sento bene, chiamo mia moglie per dirle come sto andando, non capisce una cippa di quello che dico, sarà il segnale, sarà che parlo a bassa voce per non disturbare gli altri, sarà che ho la bocca piena, “ti richiamo amore”. Non avrei dovuto dormire qui, ma visto che sono in anticipo voglio concedermi un po’ di riposo. Doccia veloce e provo a mettermi giù. Ma l’adrenalina è tanta e c’è un cogl…ne che continua a rovistare nel borsone: non riesce a infilare tutti i suoi sacchetti di nylon dentro, non riesce a chiuderlo, preme ogni singolo sacchetto di nylon rumoroso, muove la zip, ritira fuori tutto, schiaccia a suon di pugni, rimette dentro… 20 minuti così… mi alzo dalla branda e me ne vado seccato, chissà come farà alla 6^ tappa con più roba sporca…

Mi trovo due principi di vesciche nei talloni, non ne ho mai avute in vita mia… mi metto il Compeed. Mi ricremo i piedi con la pasta Fissan per evitare vesciche, mi metto la crema all’arnica da caviglie alle anche per evitare problemi muscolari e di giunture. Ho le ginocchia leggermente affaticate dalle discese.

Richiamo mia moglie dopo la doccia e la semi-nanna, me ne ero dimenticato, non capisce una cippa nemmeno adesso, poretta, è l’una passata di notte, stava dormendo tranquilla ormai…

Mi sono imposto di stare almeno 20 ore in questa seconda tappa, inizialmente prevista in 16, per riposare un po’ le ginocchia e per godermi un po’ di più il viaggio, visto che sto tirando come un dannato. E’ la tappa più lunga e con più dislivello di tutte, 56 Km e 4100 D+, rallentare un po’ non mi farà male.

Nonostante sia notte fonda riesco mentalmente a pensare che c’era un ieri e che ora c’è un oggi, sono all’indomani, sono fresco.

Ho un’illuminazione, obiettivo del giorno: trovare un vigile o un poliziotto e dirgli “agente, cos’è successo, stavo correndo troppo???” (non troverò un agente di nessun tipo fino all’arrivo, purtroppo, la battuta la conservo per un altro trail…)

giorno 2 fenetreSalita al Col Fenetre, al buio, da solo. Non ho paura a stare da solo, le prossime notti magari avrò bisogno di compagnia, ma non la prima, adesso sto bene. Arrivo al rifugio Chalet Epee in un attimo, trovo un altro che sta vomitando dopo aver cercato di mangiarsi mezza arancia, siamo a 3 persone che vomitano davanti ai miei occhi, io per evitare continuo a mangiare lentamente e solo cose che mi allettano e mi sembrano leggere (prevalentemente minestra, per capirci…). Scambio due battute e riparto. Siamo ancora poco sgranati, in salita conosco varie persone che poi rivedrò, o che non vedrò mai più, ma nella notte è più facile scambiare battute o parlare, diventiamo più ciarlieri e facciamo amicizie. Nell’ultimo pezzo faccio tre pause di 30 secondi prima di arrivare in cima, da tanto che tira questa salita. E sono al Col Fenetre. Foto di rito e riparto allegro, ma la discesa è un muro verticale, si scende a zig-zag su una parete ripida, il sentiero è molto polveroso, quando si fa la traversa va anche bene, sia la zig che la zag, ma quando si gira è dura, ci sarà una pendenza del 50% del terreno, è proprio quel trattino tra lo zig e lo zag che frega. Gente che mi supera, io proprio non mi arrischio… come faranno… Dopo almeno 30-40 tornanti il terreno spiana leggermente, ma io sono smonato e non ho voglia di ricominciare a correre, vado piano, quando arriva qualcuno da dietro mi fermo a fare pipì o a sistemarmi una scarpa per farlo passare. Sono rimasto piuttosto impaurito da quella pendenza, il giorno prima era un carnevale di Rio in confronto. Discesa lenta e inesorabile fino a Rhemes de Notre Dame, senza fretta, recuperando un po’ di sicurezza. Che poi non mi stanno superando in molti, eh… L’effetto caghetta deve essere stato più o meno uguale per tutti.giorno 2 nanna 2 Arrivo al ristoro, mi siedo, mangio la mia minestra gourmet con dentro questo e quello, oltre alla pastina. In parte a me si vedono i primi che dormono appoggiati, braccia sul tavolino, dietro a me c’è uno con l’assistente personale con 2 borsoni, lo cambia di tutto punto e gli prende da mangiare, praticamente è il suo Sheerpa. Rimango un po’ perplesso, che gusto c’è a farsi servire e riverire… stai facendo un endurance trail, ci si diverte a sporcarsi le mani…

Riparto per il col Entrelor, pian piano albeggia e poi schiarisce, parlo con Aline, svizzera e tutta d’un pezzo, parlo con Aldo, valdostano che conosce la zona. E’ giorno in cima. Ci arrivo con le mie difficoltà alle 8:30, tardi per vedere l’alba assieme ad una gnocca e limonare… vabbè. Salita veramente dura, per fortuna la discesa non è impegnativa, anche se lunghissima. Continuo a cercare di non correre, faccio il bravo.

Conosco Filippo il siculo e reincontro Aldo il valdostano in discesa, poi provo a lasciarmi andare un po’ lasciandoli indietro, supero alcune mucche e un toro che cercava di ingropparsi le mucche del pascolo … accelero per sicurezza per evitare di diventare troppo attraente agli occhio del toro.

giorno 2 vista montagneArrivo al ristoro di Eaux Rossex, fa caldo, bevo senza mangiare, fa molto caldo. E si parte verso la cima più alta di tutto il TOR, col Loson, con i suoi 3.300 metri di altitudine. Si sale in gruppi, mi unisco ad Aldo e a Filippo, ci si ferma spesso, a 2.500, poi a 2.800, poi a 3.000. A 2800 mi sparo una barretta tarocca del LIDL e mi bevo mezzo litro di sali. Dai 3.000 in poi è un vai/fermati continuo. La mancanza di ossigeno e l’aria fredda si fanno sentire. Ho le mie prime allucinazioni, sono convinto che in parte a me ci sia una baracca, mi giro, non c’è, guardo giù e ho la percezione nuovamente che ci sia, ma non c’è. Questo per 3 volte. Sole, fatica, altitudine. Amen.

Il terreno alla fine è fatto di pietrame spaccato, ghiaino spigoloso e scivoloso, si avanza lentamente, tutti si fermano varie volte, sembra una via crucis. Finalmente in cima, foto di rito, dietro la cima c’è un bivacco in plexiglass, salutiamo il volontario e partiamo in giù subito, troppo vento per fermarsi.

Dopo 500 metri di dislivello provo l’ebbrezza di fare pipì controvento con l’aria freddissima. La privacy imponeva di non far vedere il pipo agli altri e quindi controvento sia… per fortuna evito di p…rmi addosso.

Parlo con Filippo, non ha mai fatto ultra prima dell’iscrizione al TOR, da marzo ha fatto un 45 e un 60km, oltre ad allenamenti specifici snervanti di palestra. Non mi convince molto la sua situazione, gli auguro ogni bene ma la sua presenza nel TOR è decisamente azzardata.

Discesa infinita, con Filippo che in discesa proprio non va benissimo. Io mi rompo le scatole di camminare e comincio ad andare anche se ho le ginocchia leggermente infiammate, Filippo comincia a starmi dietro. Ci supera Carlo, tipo 65 anni, che va come un capretto. Lo tengo davanti a me e facciamo un bel pezzo assieme, correndo in discesa, Filippo sempre al seguito. Io e Filippo ci mettiamo d’accordo di ripartire assieme, io propongo 3 ore di sosta, lui 4… malvolentieri ma vada per 4, prevediamo arrivo a Cogne per le 20.00, partiremo a mezzanotte, mi chiede di svegliarlo se rimane addormentato (???).

Arriviamo all’asfalto/carrabile, Cogne dista ancora quei 5 km, qui camminiamo veloci senza correre. In fondo, non dobbiamo arrivare prima di Bosatelli.

A 2 km da Cogne una coppia ci propone un sorso da un bottiglione di dubbia provenienza, glissiamo elegantemente, poi io lascio indietro Carlo, Filippo e un altro che si era unito e corruccio, voglio arrivare. Arriviamo alle 19.30. Dico a Filippo di partire per le 23.30, mi manda a quel paese che ha cose da fare…

 

 

Terza Tappa Cogne - Donnas

giorno 2 minestra prosciuttoMangio l’ennesima minestra “potenziata”, sono a 8 minestre in 36 ore, doccia, tolgo i compeed in doccia e faccio un macello, sangue dovunque… sembra una macelleria… vado in infermeria, mi faccio medicare, mi bendano e mi massaggiano, dovevano mettermi il tape alle ginocchia ma ormai avevano messo crema massaggio per errore… Io tendo a scherzare con chiunque e questo forse fa in modo che i volontari facciano passare prima quelli incazzosi: a me di alzare la voce non va, i volontari stanno facendo un ottimo lavoro e preferisco aspettare sparando cazzate e divertendomi, perdendo un po’ più di tempo. Finito vado a nanna, tra una cosa e l’altra sono passate già 2 ore da quando sono arrivato. 2 ore complete di sonno in branda, lusso. Dormo benissimo.

Sveglia alle 23.45, alle 24.00 sono all’ingresso.

Cambio le scarpe e metto le ghette: opto per la versione protettiva per i piedi. Se partivo così non avrei avuto ancora vesciche a questo punto. Adesso ne ho anche tra le dita e sotto la pianta. A saperlo prima…

Filippo non si vede.

Lo cerco dovunque, chiedo a chiunque. Dopo 25 minuti di ricerca avviso in dormitorio, in refettorio, in zona partenza che io vado, che lo avvisino che l’ho cercato… non sono la mamma…

Questa tappa sarà la più facile, una volta su e poi giù fino a Donnas. 50 Km e 1500 D+.

Dispiace per i Tape, che in discesa avrebbero aiutato ed evitato di fare danni.

Sono abbastanza incacchioso per l242765124 10219580867180390 4329159375824603855 na mancanza di Filippo alla base vita, di conseguenza trotto molto e al primo ristoro di Lillaz raggiungo 4 toscani (3 toscani e un adottato, per la precisione), che accompagnavano il conosciuto Aldo, mi accodo a loro e mi faccio tirare, poi tiro a mia volta e saliamo con una certa velocità il colle. Si parla, nel buio, si scherza. Arriviamo al rifugio Sogno in pochissimo tempo, veramente dei treni.

Al Sogno c’è gente che dorme su un divano, si mangia finalmente una minestra non di dado, con pezzi di verdura vera dentro. Si vede che ci mettono un po’ di cuore. Qui per l’ennesima volta incontro il Texano, uno che nei sentieri lo senti a 2 km di distanza, da quanto urla, lo saluto e scambio due battute. Stiamo fermi 45 minuti, troppo per i miei gusti, vorrei andare ma aspetto il gruppo con cui sono venuto fino a qui. Arriva Filippo, mi chiede scusa, si era fermato a farsi fare un massaggio… (!!!) ed è partito mezz’ora dopo di 242797578 10219580869740454 2426289458158797965 nme (praticamente quasi all’1.00). Partiamo, ancora nel buio, senza Filippo. Si arriva al colle in poco tempo, la strada non è lunga. Foto di rito e si riparte in discesa, adesso ci si sgrana, davanti io, Aldo e il Toscano adottato Mauro, gli altri 3 rimangono indietro. Passiamo il rifugio Miserin, chiuso di notte, incontriamo subito dopo il gestore che stava andando ad aprire a piedi, arriviamo al Dondena che albeggia. Qui sul bancone avevano una boccia di latte fresco… una gola… chiedo un caffelatte… me lo servono in una tazza di ceramica… VERA… prendo 12-15 biscotti, mi siedo e mangio quello che sarà ricordato come il piatto più buono di tutto il TOR: caffelatte con i biscotti. Divoro tutto mentre guardo 5-6 persone abbattute sul divano in un angolo a fare un pisolo. Io non ho sonno, sono in paradiso con il mio caffelatte. Talmente buono che vado a prendere il bis e mi risiedo nella mia postazione, mentre guardo gente dormire.

Saluto la congrega toscana, ho la famiglia che arriverà a Donnas e voglio arrivare prima possibile.

Ormai c’è luce, parto corrucciando in discesa, allegrotto.242851585 10219580870860482 1842276356065109146 n

30 km di discesa, infinita, ma tanto è solo discesa.

Arrivo dopo 12-13 km a Chardonney, mangiucchio, bevo, saluto, “ancora 15 km e sarai a Donnas, tutta discesa.”, parto correndo. La famiglia aspetta.

242821919 10219580874500573 8024574429895642547 nPoint Bosses “bene, bravo, da qui in poi c’è un bello strappo di 500 D+, poi si scende.” COOOSA? Ma dai…. Tutta discesa, no?242833667 10219580877020636 5911780794060385078 n Vabbè… bevo un the caldo e assisto alla simpatica diatriba tra due volontari ultra 70enni, uno ha fatto l’alpino a Artegna e Venzone, l’altro ha fatto l’artigliere a Tolmezzo, fanno a gara a chi ce l’ha più lungo. Ho la brutta idea di uscirmene con un: “hei, io sono friulano!” ed entrambi fanno a gara a raccontarmi le loro avventure nominandomi giudice per definire chi dei due merita più onore… perdo 3 ore di orologio ad ascoltarli, col sorriso, che bella cosa le persone. Riparto senza rilasciare verdetto, accompagnato da un altro corridore friulano, che perderò poco dopo. La salita non me l’aspettavo, veramente infima, ormai le gambe si erano spente… oltre a questo fa veramente caldo, siamo scesi ben sotto i 1000 metri di altitudine e si sente l’afa… non sono più abituato, dopo 4 gg che sono sopra i 1300. Superiamo 3 ponti assurdi, con equilibrio instabile, uno peggio dell’altro, in uno salgo assieme all’altro friulano, io faccio saltare lui e lui fa saltare me mentre camminiamo sulle uova, pardon, sulle assi instabili… senso di mare mosso incredibile… ma sono a norma sti tratti qua??? Finalmente finisco lo scollinamento, scendo verso Sant Martin, arrivo in centro, sono sul marciapiede, vedo una ragazza tutta indaffarata che chiude il portoncino a chiave velocemente, cammina sul vialetto preoccupata, esce sul marciapiede, mi guarda, cambia espressione e con un sorrisone deciso mi dice “Forza!” facendo moto con il pugno a mezz’aria. Cacchio, sta qua, incasinata nella sua vita, trova un attimo di serenità per donarmela e farmi andare avanti… mi viene un groppo alla gola per l’umanità di questa ragazza, attraverso verso una fontana e mi sciacquo la faccia e le lacrime. Alzo la faccia e uno mi fa: “ciao, sono di Radio punto TOR, posso intervistarti in diretta?”… “sì, ma piangerò tutto il tempo”… va bene… e mi intervista, racconto quanto sono contento di essere qui, quante lacrime ho già versato, quanto mi sta dando il popolo della Valle d’Aosta e che mi aspetta la mia famiglia a Donnas. “Vai, allora, corri dalla tua famiglia!”.

Non me lo faccio ripetere due volte, cerco di guardare la strada attraverso le lacrimone bloccate sugli occhi e corro, ci sono altri 3 km di strada in paese, molto belli e suggestivi, sento mia moglie al telefono, condivido la posizione su whatsapp. E alla fine della zona storica di Bard sono lì, due scricciole che mi corrono incontro urlando “papà!”… io che piango e non riesco a dire niente… le abbraccio, le bacio, nel frattempo arriva mia moglie, bacio anche lei, c’è anche mia suocera ma a lei basta un ciao, che di baci ne ho dati abbastanza. Cerco di concentrarmi sulla gara per bloccare un po’ la crisi di pianto, facciamo 30 metri assieme, piango, rido, bacio, abbraccio, facciamo altri 20 metri assieme e poi gli dico di andare alla base vita che ormai ci siamo.

Passo davanti ad una scuola, la porta è aperta, sento la maestra che urla e sbraita agli alunni, sono 2 giorni che è iniziata scuola e già urli… sono le 12.20… la tentazione di entrare in classe e urlare “ricreazioneeeee!!!” è forte ma mi trattengo e procedo.

Becco 4 della gara, uno prima e uno dopo, che sono stufi e non vedono l’ora di arrivare in base vita, li supero: ho chi mi aspetta, io.

Arrivo alla base vita, negozio l’entrata delle bimbe e di mia moglie nella zona autorizzata con l’alpino volontario e gli allungo un centone per lasciar fuori mia suocera, sto mezz’ora con la famiglia, che bello, che pace. Parlo un po’ con loro, non ci diciamo praticamente niente, ma saranno momenti che mi caricheranno molto. Poi, come sono arrivate, se ne vanno. Scaccio subito pensieri tristi e mi riconcentro sulla gara. Ho 4 ore e mezza di pausa adesso.

 

 

Quarta tappa Donnas - Gressoney

242815702 10219580879180690 6826364261793057520 n242911481 10219585248809928 1652573085492840696 nQuesta base vita è all’interno di quella che potrebbe sembrare una specie di palestra, forse la peggio organizzata, ci sono 4 docce, senza un ripiano dove mettere la roba asciutta, tutte in una stanza. Provo a salire a dormire ma hanno 20 brande e la coda di persone che aspetta di andare a dormire, “dormi sul palco”… ok… vado sul palco, ci sono i massaggiatori che vanno su e giù, e muovono le assi del palco… mangio sereno, abbondante, mi metto in coda per i bendaggi alle vesciche, ma la coda è infinita. Poi compilano un elenco di chi ha bisogno di bendaggi/massaggi/tape e mi mandano a dormire, sempre sul palco. Dopo un tempo indefinito mi mettono il tape ma non hanno più bendaggi e devo aspettare… il materiale arriverà alle 16.30, io avrò aspettato tutto il tempo senza dormire, mi bendano e dormo finalmente 15 minuti mentre sono sul lettino dei bendaggi… Sto partendo per la tappa più lunga, ho fatto più di 48 ore di corsa con 2 ore e 15 di sonno, non bene. Ho una tosse infima, dovuta all’aria fredda in cima. Chiedo al medico presente e mi dice di prendermi Tachipirina e Fluidomucil Mucolitico che avevo con me.

E parto, praticamente senza dormire.

Se fino ad ora la gara era qualcosa di “atletico” da ora in poi si trasforma, diventa effettivamente una gara di endurance… pura resistenza.

Parto in salita assieme al gruppo toscano, ma comincio ad avere bruciore di stomaco, probabilmente dovuto ai due medicinali presi assieme. Li lascio andare e mi unisco a un certo Doriano, facciamo un tratto assieme. Arrivo a Sassa che sto pensando seriamente di ritirarmi. Col senno di poi mi rendo conto che avevo sonno e che il bruciore di stomaco era solo uno dei motivi per cui volevo ritirarmi. A Sassa provo a mangiare un po’ di pasta, ma ho sforzi di vomito e lascio perdere, prendo the caldo e molto zuccherato. Dico a Doriano che non sono bene e lui “Prenditi tutto il tempo che vuoi, ti aspetto”, una frase che mi rasserena molto e mi rimette in gara quasi in serenità. Saliamo assieme al rifugio Coda, la sua presenza mi aiuta. Sono ancora in equilibrio precario.

Al Coda: “c’è un posto dove dormire un attimo?” “No, se volete potete appoggiarvi sul tavolo”… il rifugio è chiuso agli atleti, hanno montato un gazebo svolazzante davanti al rifugio, vari atleti con la testa piegata sul tavolo che dormicchiano, c’è una che dorme sotto il tavolo con un sacco termico… la scena è molto triste e sconsolante. Quest’atteggiamento di chiusura dei rifugisti sconsola molto, la voglia di mandare a fancuore tutto è veramente tanta. Comincio a sentire la botta di sonno, mi vesto di tutto punto e mi butto sul tavolo, 25 minuti di sonno. Mi sveglio intorpidito e con voglia 0 di qualsiasi cosa… Chiedo cos’hanno di caldo, mi propongono le solite cose, ma in più una pasta panna e prosciutto, chiedo quella tentato dalla novità. La panna è qualcosa di spettacolare, mangio avidamente la pasta, raccolgo con la forchetta quanta più panna riesco, lasciando lì il prosciutto. Quella panna merita il secondo posto nella classifica dei piatti migliori del TOR, ci si aggrappa a ogni pensiero positivo per poter andare avanti, è dura…242886820 10219585253010033 2352129253070526201 n

Ripartiamo assieme, io e Doriano. La ragazza è ancora che dorme nel sacco termico sotto al tavolo.

Doriano mi dice che lui non corre su un sentiero in discesa se ci sono sassi. Ma proprio non cammina, si trascina. E’ caduto non so nemmeno quando una volta e adesso ha paura. Dopo 3 km sono lì che lo aspetto, lo incito, ma non ce la fa. Io non voglio lasciarlo, lui ha aiutato me e io aiuto lui. Mi suggerisce più volte di andare, che lui viene con il suo ritmo, rifiuto. La scena che si ripete varie volte è questa: vado avanti 100 metri, mi giro, non lo vedo, mi siedo e aspetto, arriva, riparto e vado avanti 100 metri… dopo 7-8 volte gli dico che così non ce la faccio, rischio di addormentarmi seduto, ho freddo. Per l’ennesima volta mi dice di andare, che arriva con calma. Alla fine non ce la faccio più e dopo un colpo da 100 metri vado avanti di altri 100 senza aspettarlo, mi giro, vedo la sua frontale e vado avanti per 100 e 100, ormai procedo, ma il sonno mi ha raggiunto, comincio a chiudere gli occhi mentre vado, il sentiero è di sassoni, le gambe vanno sicure ma non sono io che le guido, non vedo dove vado. Quanti km ho fatto? Quanti km sono passati? L’orologio segna tipo 170 , ma è un numero che non capisco, 170 cosa? Non possono essere km, è un numero che non capisco… Fino ad ora mi sono concentrato su tappe di 50 km e 170 proprio la mia testa lo rifiuta. Ho 8 km dal Coda al ristoro di dopo, ma quanto faccia 165+8 non lo so. 8 km che non finiscono più. Tiro fuori il GPS, ma non capisco nemmeno quello. Brancolo nel buio, occhi semichiusi, procedo, non vedo, fa freddo. Ho anche uno stimolo corporale, ma non è il momento, fa freddo, ho sonno, non riuscirei a reggermi con le gambe nel vuoto. Potrei usare un ramo per sedermi. Sono passati almeno 12 km dal Coda, c’è qualcosa che non torna, non capisco i numeri. Trovo un ramo, potrei metterlo a cavallo tra due rocce e sedermi sopra, ma è pieno di spuntoni, non è il caso, procedo. Ho voglia di piangere, sto morendo, sto morendo di sonno e se scivolo batto la testa e la finisco qui. Le gambe però, le gambe non tentennano, le gambe procedono, sante queste gambe, i piedi non sbagliano l’appoggio, non so come facciano, io non vedo. Passo davanti ad una stalla abbandonata, mi metto dentro 10 minuti? E se da casa con il GPS si accorgono che c’è qualcosa che non va? Mi viene da piangere, ma procedo per non far preoccupare qualcuno (mi immagino chi guardava il mio puntino alle 4 e mezza di mattina, ma questo pensiero era al momento insormontabile). Procedo e finalmente dopo 20 km faccio quei caxxo di 8 km tra il Coda e il Barma. Respiro, ho un groppo in gola enorme. Avanzo dentro, vedo una volontaria: Posso appoggiarmi a dormire da qualche parte? “vieni, ti porto”, no scusa ma prima devo andare in bagno “vieni, ti porto”. Mi accompagna in bagno, il cuore ricomincia a battere speranzoso, la vita forse non è finita qui. Dopo la pausa in bagno torno dalla ragazza, dove posso dormire? “vieni, ti porto”, mi accompagna in dormitorio, mi offre un letto vero, VERO, io la guardo disperato, non posso dormire lì, sono sporco, impantanato e sudato, non me lo merito, “togliti le scarpe e infilati sotto le coperte, hai un’ora”.

In quel momento ho provato tutte le gioie del mondo. Ero un rifiuto, una mer.a, tutto sporco, e questa ragazza mi ha detto “vai bene così come sei”. Mi sono messo a dormire come un bambino, sereno, chiudo gli occhi e mi svegliano subito “è passata un’ora”. Guardo l’orologio, sono le 6.02, effettivamente ha ragione, l’ora è passata senza che me ne accorgessi, mi alzo mi metto le scarpe, mangio qualcosa, lentamente, esco dal rifugio che il cielo comincia a schiarire, con un alba nel cuore. Prima di addormentarmi volevo ritirarmi, adesso sto uscendo da un momento molto buio, ma vedo la luce davanti a me. Cammino avanti, ragiono su quello che è successo, comincio a piangere, ho rischiato grosso, non è possibile che si arrivi a questi livelli, respiri profondi, vado in iperventilazione, ho una specie di attacco di panico, respiri profondi, caccio indietro le lacrime, i piedi vanno, iperventilo, annaspo, lacrime agli occhi. Passo davanti ad una malga, sono le 7, esce il malgaro, vedo solo la sagoma nera, mi guarda, gli dico buongiorno, “Vuoi un caffè?”, cioè, cazzo, ti sei appena svegliato, hai le tue robe da fare, vedi un minchione qualsiasi e gli apri casa tua? Caccio giù un groppo alla gola e “grazie, l’ho appena bevuto”. Mi chino e raccolgo un sasso, lo metto in tasca per ricordarmi di quel posto speciale. Cerco di tranquillizzarmi, respiro a fondo e decido di mandare un vocale all’ultima persona che se lo sarebbe aspettato: mio papà. “Ciao papà, qui tutto bene, ho appena passato la metà della gara!”, chissà se è capace di sentirlo. Ma io ne avevo bisogno, di dirgli che sono ancora vivo, che suo figlio non è morto prima di lui. Dopo un ora mi scrive mia mamma dicendo che mio papà è andato da lei per ascoltare il messaggio più volte, contento.

Adesso procedo, cazzuto più che mai. Spacco tutto.

Ci sono vari su e giù, vari colli, avanzo tranquillo e beato, il momento dell’Orcolat (l’uomo nero) è passato, da inizio gara a ogni colle ho raccolto un sasso, faccio una specie di collezione alternativa, ho messo i sacchetti con i nomi dei colli nel borsone e a casa avrò una pietruzza per ogni fatica. In questa tappa ne dovevo raccogliere 6, più uno a Barma per aver superato l’Orcolat.

242901773 10219585256570122 614471476513438662 nPioviggina, ma non importa, so che verso Courmayeur prevedono temporali, qui l’acqua che scende non è un problema e la vivo con serenità.

Lago chiaro, scambio due battute, parto e faccio 500 metri in discesa, dopo mi accorgo che ho lasciato i bastoncini indietro… cacchio, torno su, raccolgo i bastoncini e riparto. Scendo un attimo e incontro Valentino, corridore barbuto, scambiamo due battute, viene con me un pezzo che non ce la fa. Comincia la salita alla Crena du Ley e Valentino parte là davanti come uno stambecco, ho difficoltà a stargli dietro, la salita è impegnativa, tengo il ritmo mantenendo una distanza di 20-30 metri. Arriviamo al passo, lui è al telefono che dice che adesso non riesce a venire giù, in salita ce la faceva ma adesso… bhe… potevi pensarci prima di arrivare quassù… adesso che fai? Lo lascio al telefono e scendo, c’è molta aria sulla sella e piove bene.

Scendo trotterellando, mi supera una, la riconosco, è Emanuela Ita, sta facendo il Glaciers, parliamo un attimo, le racconto la nottata, lei mi dice che ha fatto tutta una ferrata con gli occhi chiusi la notte scorsa, senza moschettoni… d’un tratto quello che io vedevo come “momento vicino alla morte” lo percepisco come una cosa da poco… forse non è una cosa strana… forse questo mondo gira così…

243008379 10219585257370142 6706129324936705594 nArriviamo insieme al ristoro del col della vecchia, lei mangia pasta dopo un lungo periodo di digiuno perché le si era chiuso lo stomaco. Io non voglio. Entro sotto la tettoia-gazebo, hanno appena fatto la polenta… prendo un piattone di polenta fumante, mi ci buttano sopra una scaloppa di bistecca di collo grigliata, esco dalla tettoia strappando un pezzo di carne, tirando con i denti, le papille gustative che attaccano il sugo della carne unta, la carne è dura ma io lo sono di più, mastico, rido, mi faccio vedere da Emanuela e la invito a prenderne un pezzo, ricordo dopo che lei è vegetariana, ma un pezzettino se lo concede, visto l’inferno che ha passato. Finito il piatto non la vedo più, è già partita con il suo passettino silenzioso. E il podio dei piatti più buoni del TOR si chiude con il terzo posto proprio qui.

Scendo verso Niel, con calma, un po’ cammino, un po’ corro, un po’ cerco di farmi uno stuzzicadenti da un ramone per sfilare un pezzo di carne incastrato tra i premolari, dopo mezz’ora ce la faccio e vado avanti sereno.

Smette finalmente di piovere, arrivo a Niel accolto da dei mega campanacci, non ho fame, mi siedo e saluto Elia, “hei, io parto adesso, vieni con me?”… sono arrivato adesso… vabbè, mangio uno joghurt veloce e lo seguo, senza fermarmi.

242906637 10219585260450219 7740480680204436792 nTrottiamo veloci, è assieme ad una amica che abita a Courmayeur, in salita tirano come disgraziati, dopo aver fatto 700 metri di dislivelli a una velocità impossibile e prima che io tiri le cuoia li saluto e rallento. Mi rimetto l’impermeabile, non piove ma fa fresco, salgo e penso che un pisolino ci starebbe, visto che questa salita è veramente lunga, che sono abbastanza in basso, che non piove, che c’è un bel prato. Sveglia 10 minuti e provo il mio primo microsonno programmato. Ogni 2 minuti passa uno a chiedermi come va, io alzo il pollice senza effettivamente svegliarmi. Dopo 10 minuti sono rinato, mi alzo e vado su, ho proprio un bel passo, raggiungo altri, quasi in cima mi arriva il torpore del sonno, fuori luogo, faccio un bel pezzo in cui viaggio molto bene, ma vedo e sento tutto ovattato, come dietro ad un vetro lavorato della doccia. Ma le gambe vanno, e chi se ne frega. Arrivo in cima sul col Lasoney, attorno ai 2300 m, foto, sasso e parto in giù. La discesa adesso passa per la valle di Loo, una valle scavata da ghiacciai, dicono che 50 anni fa c’era ancora il ghiacciaio qui, sono dentro una nuvola, c’è molto vento e la temperatura percepita è quella di un ghiacciaio, cerco di corrucciare per lo meno per non prendere freddo, ho pantaloni antipioggia, maglia, impermeabile, guanti e sopraguanti, ma ho freddo. E ho sempre questo sentore di mondo ovattato. Corro nel prato in discesa, arrivo al rifugio a 2000 di altitudine.

Ora, non so se ho salutato con un Hola all’inizio, ma mi scambiano per spagnolo, parlo in italiano, mi rispondono in inglese, faccio dei discorsoni in italiano e gli dico che sono di Madrid e mi credono. Facciamo discorsoni, parliamo di frollatura di costata di manzo, ci mettiamo d’accordo di rivederci 17 giorni dopo, quando la carne sarà pronta per la cottura. La mia testa ormai è in pappetta ma non lo do a vedere. Tolgo i guanti e parto, vedo due ragazze salire in canotta, avviso che su si gela, in bocca al lupo…

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Voglio correre gli ultimi km, ma le gambe non ne vogliono sapere… A Gressoney ci sarà di nuovo la famiglia, per tornarmi i power-bank carichi. Chiamo la moglie, le dico che sarò giù per le 18.00. Scendo, ma dopo la discesa si trasforma in un sali-scendi sfiancante, i km non finiscono più e io inizio a sentire la stanca, arriverò 45 minuti dopo, sfinito. Ma vuoi mettere l’emozione di quelle due scricciole che stanno correndo verso di me? Corro verso di loro, le abbraccio, piango. Che bella roba…

 

 

Delle bandellette e dei cerotti

Faccio una breve pausa, mettere questo post alla fine sarebbe troppo scontato e non gli darebbe la giusta importanza.

Al TOR è impossibile arrivare senza essersi fatti male da qualche parte.

Bisogna aver fortuna per non farsi male troppo e doversi fermare. Fortuna con la C maiuscola.

E bisogna anche aver carattere (la C maiuscola non faceva riferimento al carattere… ma ci sta bene anche qui) per andare avanti nonostante tutto.

Le vesciche fanno male, le contratture fanno male, le giunture fanno male, lo stomaco fa male. Bisogna sopportare e andare avanti.

Ho avuto vesciche dalla prima tappa, dalla seconda tappa ho cominciato ad usufruire dei fisioterapisti e volontari. Alla seconda tappa la fisioterapista è sbiancata vedendomi le piante dei piedi tumefatti, mi ha fatto un bendaggio perfetto, con questo mi pareva di non sentire niente, me lo sono fatto rifare altre 2 volte prima dell’arrivo, man mano che me lo rifacevano coprivano altre parti, bucavano vesciche, curavano, proteggevano. Mani sante che hanno curato i miei piedi, che mi hanno aiutato ad arrivare.

Alla terza tappa mi hanno massaggiato le ginocchia troppo sollecitate, messo a posto le bandellette e messo il tape sui tendini tra polpacci e cosce, alla quinta e alla sesta massaggi e sistemazioni varie, alla 6^ mi hanno messo il tape alle ginocchia, ormai al limite della sopportazione. Partito, mi sentivo le rotule in gola, ma questo ha fatto in modo che io riuscissi a spingere oltre ogni previsione, correndo fino alla fine.

Più passavano i km e meno coordinato ero, ovviamente. Ho sbattuto i piedi contro ogni roccia, messo male i piedi e tirato le caviglie.

Non ci si può concentrare sui dolori, bisogna andare avanti. Bisogna fare finta che non ci siano.

Se non c’erano i volontari non arrivavo a Courmayeur. Possiamo quasi considerarlo un mezzo imbroglio? Bho…

A Valtournenche e a Ollomont ho fatto 30 minuti di nanna sul lettino, mentre mani sante mi curavano e rimediavano ai danni che mi ero procurato.

Ringrazio i fisioterapisti, che hanno rimesso le ali ai nostri piedi, oltre alle bende.

A Ollomont c’era un infermiera che scrutava negli occhi tutti quelli che arrivavano e chiedeva: “Come va?”, se non eri capace di mentire abbastanza ti fermava e non ti lasciava andare avanti. Ringrazio anche questa infermiera, che aveva la responsabilità di salvarci da noi stessi, all’occorrenza.

Ringrazio gli angeli volontari, che vedono di noi, che ci fanno una battuta, che risollevano gli spiriti, che ci rinfrancano come possono.

 

 

Assistenza

Avere qualcuno che ti assiste è come fare un altro TOR.

L’assistenza arriva a tutti, in vari livelli.

Può essere quella dei messaggi da casa, di cui ho fatto tesoro, mi sono ritrovato a rileggere messaggi alle 3 di notte, al buio. Hanno fatto più questi di molti piatti di pasta.

Può essere quella di parenti e amici che ti vengono a trovare, o ti cambiano la borsa/zaino, ti sostituiscono in tutto e per tutto per alcuni momenti. Questa è l’assistenza vera e propria, ti salva la vita e sicuramente può farti guadagnare 10 ore di TOR.

assistenzaIo ho avuto una semi-assistenza in gara.

Mia Moglie Michela Marina Mior (5M in tutto) è venuta da me a Donnas come da accordi, mi ha aiutato a sistemare lo zaino, ha tolto le cose sporche dal borsone e mi ha dato i sacchetti dei vestiti per il giorno dopo. Mi ha preso i power bank da caricare e mi ha preso la frontale scarica. Le è sembrato quasi di fare poco, ma quell’attimo di respiro è stato indispensabile.

E’ venuta poi a Gressoney, lì l’effetto pit-stop Ferrari è stato splendido, mi ha sistemato le garze, mi ha ripulito le gambe, montato la luce, tornato il power bank, fatto lo zaino. 20 minuti che sono valsi 2 ore, che mi hanno permesso di andare avanti.

Il TOR io l’ho fatto e finito con 5M.

Il TOR inizia quando cominci a pensare di premere “preiscriviti”, da quel momento cominci a tartassare 5M con tutte le tue seghe mentali, tabelle, considerazioni, paure, tecnicismi. 5M magari non capisce tutto, ma ascolta e dà spazio. 5M è lì, subisce i tuoi allenamenti, subisce i weekend mancati al mare perché tu devi fare un lungone o sei in carico. 5M è santa.

Poi 5M passa 9 giorni a Courmayeur, pregando che torni vivo, in silenzio. Fa quello che può, va in farmacia a prenderti le garze, ti gira le tabelle che le hai mandato su whatsapp 2 settimane prima e non capisce, ti rincuora, ti risponde a messaggi incomprensibili.

Finisce il TOR e piange più di te, tu sei ancora ubriaco e non capisci cosa sta succedendo, ma lei si commuove per te.

Il TOR io l’ho fatto e finito con 5M, la medaglia è anche la sua. Il sudore è anche il suo.

Amo Michela e la ringrazio. Non vuole che la chiami “mia moglie”. Azzardo un 5M, spero non si arrabbi, o perlomeno spero che sia più felice che la ringrazio di quello che è arrabbiata.

 

 

Quinta tappa Gressoney-Cretaz Valtournanche

L’incontro con la famiglia qui sembra un pit-stop della Ferrari, avevo concordato tutto con 5M (mia moglie, Michela Marina Mior) al telefono per evitare di perdere tempo in base vita. Evito la doccia e i bendaggi. Cedo i bastoncini curve a mia moglie, uno dei due ha perso il chiodo, ho quelli di riserva nel borsone giallo. Le bambine mi puliscono le gambe dal fango con le salviette, mia moglie mi tira fuori i cerotti, pulisco tutto, metto crema, mi cambio, cambio le pile e recupero quelle robe che mia moglie mi ha lavato e asciugato. Sistemo lo zaino. Cambio la batteria nella frontale. In 15-20 minuti faccio quello che avrei fatto in base vita in 2-3 ore. Saluto, bacio, abbraccio e entro in base vita, dispiaciuto che non possa stare di più con loro. Non so quando le rivedrò.

In base vita mi cambiano il rilevatore GPS, ormai scarico.

Vado a mangiare: hanno verdura fresca!!! Mi faccio un piattone di insalata, radicchio, carote, pomodori. Questo piatto lo percepisco stupendo ma non entra nella top 3. Ormai la top 3 è conclusa: HO fatto parte della gara respirando a bocca aperta, ho fatto lunghi tratti con la parte finale della bocca completamente asciutta, ogni tanto me ne accorgevo, chiudevo la bocca e cercavo di portare un po’ di saliva in quella zona, sembravo un vecchietto senza dentiera, per capirci. Da qui in poi non sentirò molto i sapori e quindi se mangerò cose molto buone non me ne accorgerò, purtroppo. In compenso the caldo e sale li sentirò che grattano in gola.

Finita l’insalata vado nuovamente al buffet e faccio un giro di sola carne, mi giustifico con il volontario facendogli vedere che ho il piatto sporco di verdura, prendo arrosto di tacchino, salame, bresaola, crudo, cotto… e una birrazza per annaffiare tutto.

Prendo e vado a buttarmi su un materassone della palestra, nella stanza destinata al dormitorio. Smessaggio a 2-3 persone, metto la sveglia e dormo. Per la prima volta devo stare attento al cancello orario, a Donnas avevo tipo 9 ore di anticipo sul cancello, qui con 2 ore e mezza di sonno partirò con solo 30 minuti di vantaggio. Cosa vuol dire dormire/non dormire… Se sono troppo cotto procedo comunque, ma lentissimo. Conscio di questo mi metto la sveglia dopo 2 ore e mezza. Questo sonno aiuterà ad andare più veloci.

Dopo 1 ora e mezza, ciclo di sonno completo, apro gli occhi e guardo l’orologio… mi impongo di dormire ancora, dopo un'altra mezz’ora però sono in piedi, non ho sonno. Me la prendo con calma, passo per il bagno, mangiucchio ancora qualcosa e parto per la prossima tappa, semplice-semplice, due su e due giù.

Al punto ristoro chiedo se piove ancora, no, non piove. Perfetto.243138860 10219593710981477 3905551281878209324 n

Uscendo faccio due battute con i volontari rilevatori di chip, mi cazziano perché sono in pantaloncini corti, mi danno dell’irresponsabile, fuori piove. Mah, mi hanno appena detto che non piove… “ah, non piove?” eh… no… “allora va bene…”

Esco, è una bella serata post pioggia, si sente l’aria umida e calda post pioggia, la temperatura è confortevole e in pantaloncini e maglietta termica si sta da dio. Ovviamente è buio, sono le 22.30 di sera. Tipo 5 km di asfalto in leggera salita, vado deciso, mando due messaggi a questo e quello, conforto 5M che sta andando tutto alla grande (sempre mia moglie, Michela Marina Mior) e la ringrazio per l’assistenza di prima. Sento Marco, quello la cui colpa è stata farmi iscrivere al Tor, scambiamo due battute e mi incoraggia, mi dice che su SpiritoTrail stanno tifando per me.

Finito l’asfalto sono in parte ad un francese, gli dico subito “Je ne parlè Fransè: 1) Abatjour 2) Garage” e faccio motto con le mani che ho finito lì le mie conoscenze. Lui l’inglese proprio lo mastica male, ma la magia del TOR fa in modo che io e questo Greg francese ci facciamo un mega discorsone sulla capacità del nostro corpo a sopportare le situazioni limite, mi racconta che a Gressoney era senza borsone giallo perché gliel’avevano perso, e mille altri discorsi. Ci raggiunge il suo amico francese Alain, che puntava alle 130 ore ma che ha avuto problemi fisici e adesso si accontenta di arrivare.

Comincia il sentiero, andiamo avanti un pezzo assieme, senza accordarci. Arriviamo al rifugio Alpenzou già un po’ divisi, li saluto e gli dico di andare. Riparto con il conosciuto Doriano, io sempre in pantaloncini e maglietta confortevoli.

Si sale un po’, ma Doriano da subito è in difficoltà, da quel che ho capito non ha dormito molto fino ad ora. Io sono forte e fresco con le mie 4 ore e 25 di sonno, anche se è la notte tra mercoledì e giovedì, quindi ho superato le 86 ore di gara. Procediamo abbastanza bene, ma sopra i 2000 mi dice che deve fare un microsonno, si alza il cappuccio sulla testa, si appoggia ai bastoncini, chiude gli occhi, “quanto ho dormito?” 40 secondi… avanziamo 3 minuti, “devo fare un altro microsonno”, chiude gli occhi di nuovo, “quanto ho dormito?” 1 minuto… così 5 volte fino ai 2500, io mi vesto bene a questo punto, che aspettare fermi a queste altitudini di notte non aiuta. A ogni sosta prende qualcosa di diverso, gel, barrette, oki, mi impunto un po’ che fare microsonni a queste altitudini fa più danni di quello che aiuta. Finalmente arriviamo alla cima, foto di rito, ma se in salita non ce la faceva in discesa è uno strazio. Io continuo a cercare di tirarlo, lo aspetto, mi sento sempre in debito, se al Sassa lui non mi avesse aspettato non sarei qui a tirarlo, sarei già a Courmayeur senza braccialetto.

Pioviggina, a momenti, mai niente di serio, ci si bagna un po’, io ho impermeabile e pantaloni antipioggia, non ho paura di niente.

La discesa è un supplizio, prende qualsiasi cosa per restare sveglio, se all’1 aveva gli occhi chiusi, adesso sembra che la faccia gli si sia contorta verso il centro in un unico punto, ha gli occhi vicinissimi al naso e la bocca altissima sulla faccia. Sembra un cartone animato di Braccio di Ferro, quando danno un pugno nel naso a uno, faccia avviluppata. Non so come abbia fatto a contorcersi così, lo si vede che sta soffrendo. Io non lo mollo, anche se sono molto tentato anche solo per evitare l’abbiocco che sta scendendo su di me. Guardo l’orologio, guardo Doriano, magari sono anche un pelo severo, ma sembra che se “alzo un pelo la voce” mi segue e accelera. Ritorno alla civiltà, attraversiamo un paesino di montagna, vediamo un corridore che si fa una pennichella su uno sdraio di una casa, in parte ai bidoni dell’immondizia. Inutile dire che questo tran-tran comincia a mettere ben sonno anche a me. Arriviamo alla strada carrabile, ormai ci siamo e dico a Doriano che la strada è diventata facile, ci vediamo al rifugio. Dopo 1 km torna ad essere sentiero, ma non ho balle di fermarmi, mi si stanno chiudendo gli occhi, accelero invece, è tutta la discesa che ho allucinazioni visive da un bel po’ (nei sassi o nei rami a terra vedo animali stilizzati, facce di persone, fate, teschi…). Un altro km e si arriva alla periferia di Champlouc.

Qui ricorderò il momento più HOT di tutto il TOR, mi giro a SX e vedo una finestra al primo piano illuminata di rosso, guardo dentro e vedo una ragazza, bionda, che sta facendo la vasca con la schiuma, nuda. Mi giro incredulo verso la strada, guardo l’orologio, sono le 4 e mezza di mattina. Penso subito ad un allucinazione, sono a posto. Però…

Riguardo verso la finestra, è lì, con la sua schiuma e il braccio alzato che sta insaponando. Impossibile. Continuo a procedere, senza più guardare. Dopo 30 metri mi dico: “se ti giri adesso non vedrai niente, neanche la luce rossa”. Mi giro, la casa ormai è inclinata, ma la luce rossa si vede ancora. Chiederò poi ad altri concorrenti, molti hanno notato la luce rossa di notte, solo io ho visto la donna nuda. Ma tutti tifano perché quello che io ho visto fosse la verità. Rimango con il parziale dubbio.

2-3 km di centro, infinito, quanto lungo è questo Champlouc, non potevano chiamarlo Champ-cort…

Arrivo al ristoro, ben poco accogliente visivamente, chiedo un posto dove dormire, hanno le brandine, chiedo alle due ragazze volontarie una ninna nanna, mi guardano negli occhi e mi dicono che non serve, effettivamente… vengo svegliato mezz’ora dopo, come richiesto. Dormo bene, vedo in parte a me Elia che sta dormendo, naturalmente non lo sveglio. Esco dal dormitorio, chiedo se c’è un infermeria, mi dirigo dall’infermiera, le chiedo di darmi una scotchata all’alluce SX che mi si sta staccando un unghia. Visto che sono col fiatone nel rimettere la scarpa, mi controlla con il saturimetro, tutto a posto. Mi propone di prendere qualcosa per il dolore all’unghia. “Che dolore?” “All’unghia, visto che è alzata ti farà male” “Sinceramente no, non ho tempo e voglia di sentire il male…”, “ok, non prendere niente… contento tu”. Non sono un supereroe, ho fatto gli ultimi due mesi prima con una mezza influenza, curata con l’OKI, poi ho preso 15 giorni di antibiotico perché mi era comparso il cerchio tipico del morbo di LYME, dopo aver avuto vari morsi di zecca, e ho avuto una bella influenza nella seconda metà di agosto, ho cercato di prendere medicine il meno possibile e ho finito di fare l’aerosol 2 giorni prima del TOR. Ho cominciato il Tor che ero stufo di prendere medicinali e ne ho preso solo uno a Cogne come indicazioni del medico per poi pentirmene per il mal di pancia.

Chiedo un the caldo e una pasta. La pasta la lascio lì, dura e asciutta, sembrava mi aspettasse da almeno 3 ore nel piatto. Vedo Doriano, la faccia è ancora in versione-popeye. Lo scruto tra le fessure della pelle, dove dovrebbero esserci gli occhi, e gli dico “vai a dormire, 1 ora, poi ti alzi, mangi e riparti fresco” Ha tutto il tempo per farlo, è partito 2 ore dopo di me, non ha cancelli che incalzano (scoprirò dopo parlando con Elia che non lo ha fatto, ha fatto 20 di semisonno sul tavolo ed è ripartito).

Parto, ancora mezzo rintronato, i primi km sono in un parco/bosco, con statue di legno intarsiate ogni 30-50 metri, molto bello, se non fosse che sono completamente rincoglionito. Ma il cielo sta schiarendo, e la luce del sole porta via il buio e il rincoglionimento. Ci sono ancora nuvole. L’orologio mi segna 250 km, probabilmente canna 5-10 km in più, mi ha dato qualche problema a 230 km e ha sfarfallato un attimo, ho dovuto togliere l’auto-lap perché continui a registrare. A Gressoney cmq segnava 210 km, penso correttamente. Alla fine della gara mi segnerà 440 km. Dopo tutti questi numeri, il succo è che adesso segna 250 km e come da accordi giro la foto ai miei amici di casa, tenuti a fare un brindisi ogni 50 km. Questa gara può generare grossi problemi di alcolismo…

243155546 10219593714301560 1192088595985880127 n

 

243156779 10219593719021678 483965319510696174 n243165104 10219593714861574 6839669856171661762 nMi sono spogliato, fa caldo, mi sto un po’ troppo trascinando, mi raggiungono il gruppo dei 3 toscani, Matteo, Luca e Federico, già conosciuti in precedenza, facciamo la salita assieme, a patto che non tirino troppo. E invece… tirano. Facciamo una mezza pausa per fare la foto al Cervino, su cui ha nevicato sta notte. La pausa consiste nel rallentare 2 passi per tirare fuori il cellulare, loro non fanno tutti le foto, uno dei tre è delegato a fare le foto, per ottimizzare i tempi, dopo 2 passi “lenti” ripartono a palla. E io dietro, sorrido, protesto senza troppa convinzione. Arriviamo a 2500, chiedo una pausa per mettermi qualcosa addosso, e loro accelerano il passo… così ci si scalda senza bisogno di strati… disgraziati… Arrivo al Grand Tournalin, campane di mucche che suonano a manetta, ristoro, saluto il gestore (gestrice, si dice?), dovrei bere una grappa per un mio amico, ma sono le 9.00 e opto 243148111 10219593713941551 5468316043279138130 nper un the caldo. Salita al col di Nana veloce e poi discesa assieme ai toscani, si parla del più e del meno, uno ha la mezza sotto l’ora e 20 e la maratona ben sotto le 3 ore, ma cosa ci faccio io qui con loro… Chiedo della ragazza che faceva la vasca nuda, hanno visto la luce rossa, hanno il mio appoggio, ma non hanno visto la ragazza.

Si scende dal col di Nana veloci, la vista è stupenda, le nuvole a ciuffi cotonosi lasciano spazio ad un cielo azzurro, timido, ma c’è e dà energia. Si scende bene, assieme. In 3 ore siamo a Cretaz-Valtournenche, senza accorgerci del tempo che passa mentre parliamo.

Ho di nuovo 7 ore di vantaggio sul cancello orario, cosa vuol dire dormire bene…

243149509 10219593718421663 1018872609384110031 n

 

Sesta tappa Cretaz Valtournanche – Ollomont

E’ mezzogiorno, arrivo alla base vita determinato, non voglio farmi fare massaggi, non voglio fare la doccia, mangio, mi curo da solo, dormo e parto.

E invece…

Passo davanti alla zona massaggi, che si trova sul palco di un teatro, non c’è nessuno che occupa i lettini, do il mio numero di pettorale, tolgo i bendaggi ma non i tape, vado a fare l243263829 10219598198533663 4484619915755948370 na doccia, torno e salgo subito sul lettino. Una ragazza (sarà innamorata di me, sarà affascinata dal mio atteggiamento maschio, sarà che ci mette passione in quello che fa, più probabilmente) si prende cura di me, le dico: “tu lavori e io dormo?”, “vai tranquillo”. Mi massaggia, mi mette a posto la bandelletta destra, mi sistema un po’ il gonfiore alle ginocchia, mi sussurra “puoi abbassarti un po’?”, le dico che può anche svegliarmi in modo più grintoso, che con il sussurro non è detto che mi sveglio, mi inizia il bendaggio ai piedi, mi sussurra “puoi girarti?” continua con i suoi lavori, mi massaggia, fa il bendaggio ai talloni. Sarei rimasto a dormire lì in eterno, ma dopo 20 minuti arriva il suo “capo” e dice “questo qui è stato abbastanza”, mi manda via, io ringrazio, scendo dal palco e guardo l’ottimo lavoro, è rimasto scoperto l’alluce con l’unghia alzata, chiedo un pezzo di cerotto e me lo scotcho da solo. Ottimo lavoro.

Metto i calzini per evitare di rovinare i bendaggi, metto le infradito… le infradito sui calzini, sui bendaggi, sui piedi gonfi… non ci stanno… cammino scalzo con le infradito in mano fino al tendone, mangio, comincia a piovere bene e dopo esco dal tendone con le infradito “ai piedi”, senza bagnarmi nei 3 metri dal tendone al teatro/palestra-dormitorio. Scalino di 40 cm fatto con una certa difficoltà, con le mie calzature da hawaiano, ma non mi bagno. Destinazione nanna. Mi metto il piumino, mi metto il scaldacollo sugli occhi e mi butto in branda per 2 ore meritate di sonno, mentre la pioggia batte sul tetto della palestra.

Dopo 45 minuti arriva Elia, mi sveglia: “Hei, prevedono tempo peggiore tra un po’, è meglio partire subito”

(cioè… mi hai svegliato per…)

(45 minuti di sonno per…)

“Grazie.”

Richiudo gli occhi.

Ma ormai il tarlo del brutto tempo si è insinuato nel mio cervello… E chi dorme più…

Quel “grazie” che suonava molto come un “vaffancu.o” non detto… non si può svegliare uno che sta dormendo durante un ultratrail…

Mah, ormai non dormo più.

Mi alzo. Piove.

Metto i pantaloni da corsa per la prima volta, ho freddo. Vado in bagno e mi sento ridicolo. Vedo Aldo, che sta per partire, ha i pantaloncini e le gambe unte. Vedo i toscani, anche loro con i pantaloncini.

Evacuare in base vita: Entri in bagno, ovviamente si tratta di una turca e soffri già al pensiero di dover utilizzare i tuoi quadricipiti a sorreggere il tuo peso dopo 260 km mentre tu sei un pelino costipato.

Chiudi la porta, ma la porta non si chiude (oh, sono falegname, non ho trovato una porta in tutta la valle d'aosta che chiudesse bene... potrei aprire una sede in VDA, farei i soldi), non è che non si chiude a chiave, l'anta non sta nemmeno vicina, rimangono 2 cm di fessura...

Farò veloce.

Trovo una posizione adeguata, chino e mettendo la mano dietro tra la schiena e il muro, dovrebbero inserire questa posizione tra quelle che ti insegnano a yoga, la posizione dello str..zo. (=struzzo). Praticamente sono "quasi seduto".

Fatto? Fatto.

6 rotoli di cartaigienica aperti disposti a torre, raccolgo il primo dalla pila mentre rimango nella posizione dello struzzo. Ovviamente la manualità non è delle migliori, prendo il primo ma il secondo cade e subito rotola via... srotolandosi per terra nel bagno, mi alzo con i pantaloni chinati e gli corro dietro a 90, lo prendo e nell'esatto momento che l'ho preso si spalanca la porta, OCCUPATO! sollevando la mano con il rotolo impugnato malamente che parte con una traiettoria y=-x²-4X+2 a parabolissima, la porta si chiude, il rotolo vola e va ad atterrare magicamente al centro della turca.

Vabbè, parto, va…

Tolgo i pantaloni lunghi, mi ungo bene per far scivolare la pioggia. Quei 5 minuti con i pantaloni lunghi mi ha ridato comunque il calore corporeo di comfort. Per non parlare dell’apporto dell’imbarazzo

Mangio una robina, per dare grinta al cervello, non ho fame visto che ho mangiato 1 ora prima.

E parto con i toscani, sotto la pioggia.

1 ora e mezza di pioggia battente, poi smette.

1 ora e mezza che potevo dormire.

1 ora e mezza che se dormivo non mi sarei bagnato.

Non si può svegliare uno che sta dormendo in un endurance… ognuno si fa i suoi programmi e nessuno può dire agli altri cosa è bene o non è bene fare. Soprattutto non può dirglielo quando dorme… mannaggetta… Pace, ormai la pioggia l’ho presa.

243252746 10219598198893672 2369600457856460361 nIn quest’ora e mezza ho passato i 17696 metri di salita, due Everest, giro il messaggio a 5M, mi risponde con un messaggio di sole immagini whatsapp, bottiglie, facce che ridono e piangono, io mi lascio andare a un momento di commozione e piango a dirotto. Ho lasciato andare i toscani per godermi il momento.

Si passa sotto un muro di una Mega Diga, sopra c’è il rifugio Barmasse, dove mi fermo un attimo, ci sono vari turisti abbastanza brilli che mi osannano, bevo qualcosa di caldo, saluto due compagni di avventura (uno dei due sa dove si trova Flaibano, stranamente non gli ho chiesto se conosce Buriano) e parto.

Questa tappa è bella lunga, ha un dislivello con i contrococones, ma è tutto un saliscendi, senza troppi strappi lungoni… io preferisco quando le salite sono 3 ma sono massacranti, invece di 5-6 piccole. Non mi rendo conto di quanto manca così. Sono sicuro che manca tanto, ma in testa non riesco a figurarmi questi 50 km e 4000 di dislivello, come si svilupperà. E’ snervante.

243269229 10219598200973724 5735445501571915199 nIl lago davanti al Barmasse è bello, pioviggina ancora una mezz’oretta, poi si rasserena e si vede il cielo azzurro, che pian piano diventa buio. Arrivo allo scollinamento della Fenetre d’Ersaz senza frontale, mi fermo per tirarla fuori dallo zaino, faccio due foto, saluto due francesi che mi superano, respiro l’aria della sera a pieni polmoni, sono felice di essere qui.

Riparto camminando, bastoncini alla mano, tic-tic tic-tic, un francese si gira verso di me e mi fa motto di fare silenzio. Io smetto di respirare e cammino in punta di piedi fino a loro, a 5 metri da noi c’è una volpe, enorme per essere una volpe, avrà 50-60 cm al garrese, la sua sagoma in cima ad una collinetta, ci guarda, uno dei due francesi fa qualche foto e poi partono, io armeggio un po’ col cellulare, la foto viene uno schifo e mi accontento di godermi questo momento di intimità unico con la natura, saluto la volpe, continuo leggero e silenzioso come sono arrivato. Mi sento fortunato.

243286968 10219598204693817 140314980802082111 nNemmeno un km e siamo al rifugio Vareton, è quasi buio, fa freddo. Ci invitano ad entrare in una stanza 3x3, c’è una stufa a legna, tutti hanno messo qualcosa attorno alla stufa ad asciugare, siamo in 7 seduti attorno al tavolo 1x1, impossibile che ci stiamo tutti, ma ci stiamo. Mi portano una minestra calda, che non ho chiesto, ma che accetto volentieri. Dopo 2 parole capisco che sono l’unico italiano, 6 francesi presenti, ciò nonostante tengo banco e scambio battute con tutti. Uno si fa portare ghiaccio per il ginocchio, chiedo “mojito?” e giù a ridere, 6 francesi e un italiano stanchi, vicino ad una stufa accesa, a 2300 mslm, di notte. Che mondo meraviglioso. Mi accordo per partire con i 2 francesi della volpe, esco, prendo i bastoncini, armamento un attimo con lo zaino e non so più se loro sono già partiti o se sono ancora dentro.

Parto veloce per prenderli, raggiungo altri 3 del gruppo di 6, chiedo dove sono, sono davanti.

Cerco di tenere il passo ma pian piano il buio è completo e il sonno torna a farsi sentire… 5 ore e 40 di sonno su 270 km, su 110 ore di viaggio, non benissimo. Per fortuna la luna mi accompagna, una luce flebile che sostituisce, per quel che può, il sole.

I 3 francesi pian piano mi staccano, io guardo le loro luci davanti, cerco le bandierine, mi concentro sul sentiero. Sento delle urla dietro a me, mi giro, uno sta correndo in salita, dove io farei 3 passi lui ne fa 1, urla “Oouuu? Ma come ti permetti? Delinquente!!”, non capisco con chi ce l’abbia, si avvicina sempre più “Perché togli le bandierine? Disonesto!!” (ometto parolacce e bestemmie, le frasi erano più colorite). Ma di cosa parli? E dove dovrei avere le bandierine che tolgo? “Le strappi dal terreno e le butti per terra!!” Cerco di farlo ragionare, pian piano si calma, gli faccio notare che i bastoncini delle bandierine sono tutti masticati dalle mucche, che i cristiani non masticano i bastoncini così, gli parlo un po’ in veneto adattandomi a lui e si calma. Lo ringrazio perché mi ha svegliato dal coma, effettivamente non avrò più sonno per 3 ore…

Sella Fenetre du Tsan, foto e parto in discesa, il veneto urlante procede veloce davanti a me, non lo vedo più, per 2 km non vedrò nemmeno una bandierina e il sospetto che si sia vendicato si insinua in me, per fortuna c’erano varie mucche a lato sentiero, il sospetto si è subito dissolto. La discesa pian piano spancia, diventa meno pendente, ho la luce frontale scarica e devo usare quella meno potente, avere poca luce non aiuta, due concorrenti mi superano e io mi unisco a loro, cercando di non perderli, sguardo fisso sulle loro schiene per evitare di addormentarmi. Arriviamo assieme al rifugio Magià. Sono in coma.

Entro, prima ancora di chiedere se c’è un posto dove dormire, sento che rispondono ad un altro corridore “abbiamo un letto a partire dall’1.30”. Guardo l’orologio, sono le 0.08, non posso aspettare 1 ora e mezza per dormire un’altra ora… ormai la domanda l’avevo in testa e chiedo comunque “c’è un posto dove dormire?”, la risposta ovviamente è no. Ci sono solo 4 brande, nella stanza destinata al ristoro, pur sempre al caldo dentro al rifugio. Mi sposto lentamente, tolgo le scarpe pronto a dormire appoggiato al tavolo, prendo un the nel mio bicchiere di silicone, ci sono fondi di tutto, cocacola, zucchero, sali, è un mondezzaio questo bicchiere. Il the bollente magari igienizza qualcosa, mi siedo con lo sguardo spento.

Arrivano due, chiedono se possono dormire sul tavolo, gli rispondono di sì e questi si mettono distesi, uno sopra e uno sotto. Probabilmente il rifugista non aveva capito bene cosa intendevano, lo vedi stranito dalla conseguenza della sua risposta, io mi appoggio con i gomiti a 10 cm dalla testa di quello sopra e sto attento a non calpestare quello sotto… Morfeo mi conquista verso le 0.45 mentre sento il rifugista padre dire “c’è troppa gente qui, ma io non posso mandarli fuori, devono poter riposare”. Santo uomo, da quel che ho capito ha aperto una camera per accogliere altra gente, mi sveglio alle 1.10, c’è molta meno gente in stanza, i due del tavolo non ci sono più, sono partiti all’1. Io sono cadavere, ho gli occhi aperti ma il corpo sta ancora dormendo. Il rifugista figlio mi guarda, se vuoi ti do una branda all’1.30… non voglio perdere tempo, ma non posso andare avanti così. Sosta in bagno, ok, all’1.30 mi stendo. Vedo Doriano, appena arrivato, gli dico: “dormirò in branda un ora”. Bevo un the, guardo quelli stesi, chissà chi farò alzare per mettermi giù, quasi mi sento in colpa… chissà come funziona, il rifugista lo butterà giù e metterà me sotto le coperte… ore 1.25 Greg il francese mi dice in francese “noi andiamo via adesso, vuoi venire con noi?” Guardo la branda, guardo Doriano, sono un pelo impaurito dal dover fare un’altra notte da paura in sua compagnia, guardo Greg… Ok, vengo con voi. Mi accontento dei miei 25 minuti di sonno. In caso tra poco ci sarà il Rifugio Cuney, se non ce la faccio, dormo lì.

243271161 10219598206853871 2687031691504970343 nVia nella notte, insieme ai due francesi Greg ed Alain. Saliamo di buon ritmo al Cuney. Qui il rifugio è chiuso, si entra nel gazebo in parte, hanno un cannone che spara aria calda collegato ad una bombola GPL, non si sta male, ci sono 4 sdraio, 2 sono occupate dai miei due compagni di nanna sul tavolo di prima, fanno altri 15 o 30 minuti di sonno. Greg ha dolori alla pianta del piede, gli do una mia bustina di gel per massaggi, Alain che lo conosce già da 30 ore (!?!) gli fa un massaggio per recuperare la pianta dolorante, come se fossero amiconi di vecchia data. Che bella cosa il TOR. Io mi metto un attimo davanti al cannone a scaldarmi, mangiamo e ripartiamo.

Il col Chaleby dista uno sputo, e poi c’è un altro sputo per arrivare al Bivacco Clermont. Ma di notte è tutto più difficile, arriviamo al Clermont, si entra in un bivacco diviso in 2 stanze, 2x3 ciascuna, una ha 2 letti a castello stipati dentro (non si capisce come li abbiano portati dentro, probabilmente hanno fatto il bivacco attorno ai letti), letti occupati da gente stremata. L’altra stanza ha un tavolo e due cassepanche a piena stanza, uno spolert, due rifugisti dal cuore grande e 8 persone dentro. Ci si schiaccia, ci si sposta e si sta tutti, al caldo. Mangiamo di nuovo bene, Greg sembra stia un po’ meglio.

Comincio ad essere poco lucido e facciamo i conti di quanto manchi al cancello orario di Oyace. Non ce la faremo mai. O tiriamo come disgraziati oppure ci fermeranno perché siamo troppo lenti. Facciamo due considerazioni in inglese assieme, siamo nella cacca.

Dopo una pausa di 15 minuti ripartiamo, il col Vessonaz è subito dopo ma siamo (o sono?) molto agitati per la mancanza di tempo. Sul colle per la prima volta non faccio la foto, ogni secondo per me è importante. Gli altri due invece si fermano per millemila selfie… forse non hanno capito l’urgenza.

Scendiamo veloci, “veloci”…

243379630 10219598208933923 8650895434544713049 nPian piano schiarisce, parlo con Greg dicendogli dell’ansia del cancello, mi da ragione, poi Greg e Alain parlano tra di loro, in francese, che io nuovamente non capisco… Il loro discorso mi crea sonnolenza, anche se il cielo ormai è chiaro. Sono stufo, voglio arrivare ad Oyace. Corro davanti a loro, chiudo gli occhi e corro a occhi chiusi, braccia pronte con i bastoncini in mano, mi inciampo a dx e la mano dx scatta, dà un colpo di bastoncino, mi raddrizzo e mi sveglio di soprassalto… richiudo gli occhi dopo pochi secondi e la cosa si ripete a sinistra… 2 km di tortura… Niente di provato, niente di voluto, il mio corpo adesso è sveglio e la mia mente e i miei occhi dormono… come avrò fatto a rimanere in piedi…

Greg fa una pausa tecnica tra i cespugli, mi si avvicina Alain, mi dice che Greg così non riesce a procedere, chiedo se si ritira, no: chiama la ragazza, che chiama il medico, la ragazza lo richiama e lo autorizza a prendere un antidolorifico, lo tira fuori dallo zaino e lo prende. Aspetta che faccia effetto e parte zoppicando… In Francia non prendono medicine senza l’autorizzazione del medico... Ti va di culo che alle 7.30 il medico ti ha risposto… Ha prenotato subito una visita da un medico vero (vero?) dell’ASL per farsi controllare, non si fida dei medici (finti?) dell’organizzazione, lo porterà alla visita la sua ragazza da Oyace. Che robe complicate i francesi… L’antidolorifico fa effetto e mi lasciano indietro nell’ultimo km verso il ristoro di Oyace. Io mi rifaccio i miei conti e scopro di essere più di 4 ore in anticipo, la lucidità sta notte non era mia amica. Non vedrò più i francesi, scoprirò all’arrivo che il medico ha detto a Greg che era tutto un problema di testa, e arriverà all’arrivo quasi un’ora prima di me…

Bevo cocacola da un volontario che sbagliava ogni cosa che gli si chiedeva, vado in bagno, dormo un’ora in branda, potrei azzardare qualcosa di più, ma manca solo uno scollinamento alla base vita, non voglio mangarmi tutto il vantaggio qui. Parto fresco, c’è il sole, vedo bambini che giocano, gente che sorride, Oyace meriterebbe una visita più lunga. Supero qualcuno e vado avanti deciso, il sonno di 1 ora è stato una manna.

243240576 10219598212254006 8324353311820415591 nArrivo in cima al terzultimo colle, Col de Brison, sono le 2 del pomeriggio… comincio a sentire che quest’avventura sta finendo, mi viene un po’ di malinconia, anche se mancano più di 60 km… Smessaggio a 5M, sempre pronta a rispondermi subito per dirmi che sono un figo. Aiuta, eh!

Incontro altri 2 francesi dei 6 di prima, quello del ghiaccio sta scendendo all’indietro perché ha troppo male al ginocchio. Scoprirò dopo che ha fatto 3 ore dal medico a Ollomont, e indovina-indovinello… il medico ha detto al francese del Mojito che era tutto un problema di testa, e arriverà all’arrivo comunque prima di me… sti francesi e le loro teste…

Scendo veloce. Arrivo correndo al ristoro di Berio Damon, ho come l’impressione che manchi solo io, che sia l’ultimo, non vedo nessuno, ringrazio i volontari, esco. Un vecchietto mi dice dove devo andare, gli presto la massima attenzione, non perché io non veda le bandierine, ma perché a lui sembrava di aiutarmi e io mi faccio aiutare volentieri dai vecchietti che gli sembra di aiutare. Il popolo della VDA mi ha dato tanto, torno un po’ di quello che ho ricevuto.

Arrivo ad Ollomont poco prima delle 16.00, il cancello d’entrata era alle 17.00, tutto a posto, calcolato. Voglio farmi medicare e fare un ora e mezza di sonno. Devo ripartire prima delle 19.00.

 

 

Settima tappa Ollomont- Courmayeur

La zona massaggi è dentro al dormitorio, in un tendone da sagra, è praticamente deserta, “fatti la doccia e vieni qui”, scatto. Le docce sono in degli sgabuzzini all’aperto: la mia porta, che ovviamente non si chiude bene, è davanti alla finestra della cucina, sapessi a questo punto quanto me ne frega di farmi vedere nudo… entro in doccia, mi spoglio, apro, prendo quello che mi serve dalla panchina davanti, chiudo, riapro, saluto il cuoco che mi guarda perplesso. Vado in zona massaggi, ci provo anche qui: “tu lavori e io dormo? Perfetto”. 20 minuti di nanna nel lettino, mi fanno i bendaggi nuovi, mi mettono i tape nuovi, frontali per aiutare le ginocchia, sento le rotule in gola ma aiuterà molto. I tape nuovi sono neri e bianchi, sono vestito a festa!

Mangio e mi metto in branda, sotto 2 strati di coperte, oltre al piumino. E’ pomeriggio, non fa freddissimo ma siamo a 300 e passa km e adesso il corpo ha bisogno di un po’ di assistenza.

3 minuti che sono lì, quasi addormentato. Arriva “il mio amico veneto”, entra urlando in dormitorio, dice tutto quello che deve dire ai massaggiatori: da quel che ho capito da Oyace è salito al Brison, ha avuto un problema muscolare e invece di continuare a Ollomont ha seguito il suggerimento di una signora incontrata sul percorso che gli ha detto che a Oyace c’erano i massaggiatori, è ritornato indietro, non trovando nessuno… Naturalmente mi toglie il sonno. Mi alzo e parto, ho dormito 1 ora a Oyace e 20 minuti in zona massaggi, programmo altri 30 minuti al prossimo rifugio Champillon, che dovrei raggiungere al tramonto.

Sono fuori con 1 ora di anticipo sul cancello, non avrei potuto dormire molto comunque.

243387872 10219601824984322 5837656045559357595 nSalgo di buona lena, arriviamo ad un pascolo stupendo, faccio foto, vedo il pastore, gli dico che è fortunato ad essere qui, “non c’è internet e quando piove è un puttanaio, ancora una settimana di questa mer.a”… punti di vista… io farei firma.

Salgo ancora, il Champillon è là davanti, il sole sta scendendo, accelero anche se faccio gli ultimi 300 metri praticamente al buio. Vedo il rifugista, comincio a parlare, mi schiarisco la gola e poi dico “c’è un posto dove dormire una mezz’ora?”, dal tono sembrava fossi disperato, il rifugista premuroso mi dice che posso salire, vado nella camera con i letti a castello, sono le 20.20, metto la sveglia alle 21.00. Sento urlare tra rifugisti fuori, protestano che hanno troppa gente a dormire, sposto la sveglia alle 20.50 per correttezza.

“Ehi! Sveglia! Sei qui da un’ora!” Coooosa? Guardo l’orologio… 20.40… sono 20 minuti… “ah, scusa, mi sono confuso con un altro…”

Ormai… mi alzo.

Con questo siamo a 3 risvegli non desiderati nelle ultime 30 ore. Non bene.

Vado sotto la tettoia dedicata al ristoro, fa calduccio, scambio due parole con uno, mi dice che farà 1 ora di pausa a ogni ristoro d’ora in poi, seduto, senza dormire. Bevo un the zuccherato e mangio frutta disidratata, mi decantano la minestra di qui, sembra gustosa ma ormai sono al dolce e ho lo stomaco un po’ chiuso. Andiamo, va…

Il sentiero sale bene, ma incredibilmente, dopo 300 km e più di 22.000 metri di dislivello fatti, i muscoli rispondono perfettamente, non mi pesa la salita, anzi. Sono arrivato al punto che io “discesista di professione” preferisco la salita alla discesa. 300 metri di dislivello su meno di 1 km, fatti. Arrivo al penultimo colle, “ogni biel bal al stufe”, ogni cosa se fatta troppo a lungo stufa. Foto e sasso al Col Champillon, scrivo a 5M e vado, lei tifa per me. Anche Marco mi dice che se ho bisogno, di chiamarlo a qualsiasi ora. Mi sento le spalle coperte.

243450716 10219601830744466 5377798901306674537 nDal colle cominciano le allucinazioni. E’ l’ultima notte, sono a 8 ore e 05 di nanna in 131 ore di viaggio. Vedo immagini di qualsiasi cosa sui sassi, ad un certo punto mi rompo le scatole, tiro fuori il cellulare e ogni “faccia” che vedo la fotografo (nessuno a casa nelle foto vedrà quello che ho visto io questa notte… quegli occhi, quegli sguardi da terra… che ansia…). Mi sorpassano in due, uno prima e uno dopo, metto via il cellulare che non sono venuto qui solo per fotografare allucinazioni.

Ogni sasso mi fa vedere qualcosa, è una situazione pesante, cerco di non fissarli, ma devo guardare il sentiero per forza, che fatica.

Mia mamma, santissima donna, mi manda una registrazione di una canzone di chiesa per supportarmi… ho un burrone profondo 500 metri sulla SX, ho un muro di roccia sulla DX e sto ascoltando una musica di messa… “Signôr, cjolmi cumò!”, Signore, portami in paradiso adesso…

Mi concentro sulla discesa, va. Si vede laggiù il ristoro di Ponteille Desot, ci sono delle luci, si vedono le luci delle frontali davanti a me per tutta la discesa, in questo momento si vede bene quante povere anime siamo in giro sui monti, cacchio, tutti davanti a me… procedo, fa caldo, scendendo di quota però la temperatura scende, passiamo sopra un fiume e c’è una corrente d’aria veramente fredda, il ristoro non arriva più, ho paura di aver sbagliato strada, chiedo, ma sono giusto, guardo indietro, la montagna è tempestata di lucine, aaaah, allora non sono l’ultimo…

243364266 10219601831464484 4238147882577146547 nArrivo al ristoro, griglia accesa, “ti facciamo un panino?” yeeessssss! Capocollo e zucchine unti, bevo coca, mangio il panino, ma fa un casso di freddo, indosso impermeabile, pantaloni antipioggia, guanti, sopraguanti, ma fa freddo, c’è tanta aria. Mangio di corsa e scappo, se fosse più caldo mangerei ancora qualcosa. Il panino deve essere stato delizioso, ma ho la gola in fiamme e deglutisco con difficoltà quel ben di dio senza sentirne troppo il sapore.

Parto verso la discesa più lunga del tor, magari sembra a me, entro in trance, mi sembra di essere un deportato o un prigioniero, mi stanno obbligando a spostarmi da un posto ad un altro, infinito, procedo veloce camminando ma odio tutto e tutti. La discesa è blandissima, 200 metri in giù su 10-12 km di strada sterrata, o poderale che dir si voglia. Ma è infinita. Sono in coma. Raggiungo Doriano, mio compagno delle notti di coma… non aiuta molto, eh… è con gli sforzi di vomito, non vede bene dove va. Ma meglio che stare da soli. Gli racconto delle mie allucinazioni, mi suggerisce di stare sulla corsia di DX, lontano dal burrone, ottimo suggerimento.

243441703 10219601848704915 3616102826689751961 nGli faccio notare che davanti alla luna le nuvole sono a forma di trattore, disegnato come lo potrebbe disegnare un bambino, proprio ben disegnato con un pennarello, lui non lo vede. Figurarsi quando gli faccio vedere che adesso si vede uno slittino e una ballerina distesa sopra… Disegnato bene, nitido sul cielo, Doriano mi guarda di traverso. Mi godo da solo i successivi trip, senza condividerli, se non sono apprezzati…

Continuo ad avere questa sensazione di ansia di deportato…

Doriano ogni tot si ferma, con sforzi di vomito, non scaricherà mai. Io ogni volta approfitto per togliere o rimettere i pantaloni antipioggia, ho caldo, ho freddo, in realtà sto soffrendo per il sonno e il corpo mi manda messaggi assurdi, sperando che per un motivo o per l’altro io mi fermi.

Arriviamo a Saint Remy, il ristoro mi sembra di vederlo nel mezzo, là sotto, facciamo un giro infinito prima di arrivarci, mi sento torturato, quanto ci fanno girare per arrivare qui sotto… magari me lo sono immaginato ma mi è sembrato che ci facessero avvicinare a spirale, 2-3 km di giro-giro assurdo. Ma arriviamo.

243451410 10219601834264554 6939855135405999268 nTendone da sagra in piazza, entro, c’è uno, brutto e grosso che mi guarda, peserà 150 kg (oh, senza offesa, ma non so se vedo bene, questa era la mia impressione da allucinato…), mi chippa, chiedo dov’è un bagno, mi risponde descrivendo il percorso infinito che ha fatto Ulisse per tornare a Itaca, ringrazio, esco dal tendone e vedo una ragazza, sembra gentile, le chiedo dov’è il bagno, mi risponde “lì”, indicando una porta in parte a me. Lodata sempre sia la ragazza gentile. Entro, la luce non va, l’interruttore non c’è, cacchio se sono in trip. Poco male, accendo la frontale e faccio quello che va fatto. Esco dal bagno e entro nel tendone, il chippatore mi guarda in cagnesco, lo supero schivandolo, chiedo a uno dove posso dormire, “dove vuoi!” muovendo il braccio a ventaglio con la mano aperta mostrando tutto il tendone… mi guardo in giro, per terra hanno messo linoleum a coprire i sampietrini della piazza, c’è gente che dorme sopra tavoli, sopra le panche, per terra, gente seduta appoggiata alle braccia sul tavolo. Eccolo, il lager dei deportati. Per fortuna non ho chiesto delle docce… (battuta magari triste, ma capitemi…).

243444022 10219601832504510 532780755351172003 nCerco un buco dove appoggiarmi, uno si alza da sotto il tavolo, gli chiedo se posso distendermi lì, “certo!”, che culo, mi ha lasciato il posto! Per terra sotto al tavolo… Quello in parte a me ha 3 teli sopra, uno termico e due di nylon rumoroso. Il tendone è scaldato da un cannone, si accende ogni 2 minuti per 30 secondi, ogni volta che si accende i teli di nylon si alzano a vela, il tipo li blocca e se li porta giù, fa un fracasso incredibile e dorme.

Ho troppo sonno, mi addormento, nel sonno ogni tanto sento rumori di nylon che si stropicciano, ma dormo. Suona la sveglia 30 minuti dopo, il tipo del nylon è ancora lì, mi alzo, non è il momento di temporeggiare. Mangio mezza mela (sono stato 1 settimana senza frutta…), Doriano non c’è più (avrà mai dormito in tutto il TOR?). Parto da solo, abbandonando il lager. L’ansia del cancello orario del prossimo punto di Merdeux incalza, non so quanto manchi. Il cancello sarà alle 8, o alle 6, non capisco bene quello che mi manda Marco da casa. Sono le 3 di notte, dovrei farcela più o meno facilmente.

Avanzo spedito, sono fresco adesso, dopo 2 km mi giro e vedo una decina di luci dietro di me, faccio da apripista, sento il texano che sarà indietro di 500 metri, che sbraita al buio. Accelero il passo, supero 2 persone, in due punti diversi, che dormono a bordo sentiero. E il cervello torna a spegnersi… di nuovo le allucinazioni, ho la percezione che ci sia una casa in sasso sulla DX e che ci sia un cavalcavia sopra di me, ogni volta che sposto lo sguardo per metterli a fuoco non c’è niente, a dx prato o alberi, sopra stelle. Che aria pesante.

Passo in parte ad una casa, sarà Merdeux? Urlo, chiamo “c’è qualcuno?”, un cane in casa comincia ad abbaiarmi, vado avanti e indietro, un altro cane comincia a latrare assieme al primo, sempre chiusi in casa, per fortuna. Ok, se qualcun altro si fosse fermato qui, i cani erano già incacchiati prima del mio arrivo, procedo.

Non vedo niente, anzi, vedo le bandierine che riflettono, i catarifrangenti aiutano, quando alzo lo sguardo vedo tante lucine, alcune frontali, vedo il ristoro là davanti, forse… o forse è tutto buio e mi sto immaginando tutto…

Arrivo ad una mega stalla… che sia Merdeux? Ma un nome più carino potevano dare a sta mer.a di posto che devo raggiungere… non è sicuramente Merdeux, vedo uno che esce dalla stalla, sta iniziando la sua giornata di lavoro, al buio, mi fermo per farmi vedere, ma non mi dice niente, non mi caga, ok se qui dovevano chipparmi mi avrebbe detto qualcosa. Avanzo 30 metri, ma poi mi viene il dubbio, magari non mi ha visto… macchecazzo… un cane mi guarda incuriosito, sull’angolo della stalla… vabbè… vado avanti, va… non ci sono gli striscioni tipici della gara e mi convinco a procedere.

Lucine, si vede là lontano che ci sono le luci del rifugio, di una tonalità più calda rispetto ai catarifrangenti, abbasso lo sguardo, lo alzo, ci sono i due rifugi, uno dietro l’altro, Merdeux e Frassati, ok, pompo, alzo lo sguardo, si vede proprio il contorno delle finestre del Merdeux, la volta successiva che guardo, però, il primo ristoro è scomparso. Ci sono lucine catarifrangenti, belle allineate, troppo allineate, le sto immagginando. Mi incacchio, questo sentiero non porta da nessuna parte, sto crollando, sto morendo. Fanculo (si può dire?), mi siedo e tiro fuori il cellulare.

Mi sveglio, sono seduto con il cellulare in mano… cazzo, mi ero addormentato.

Apro il programma GPS del cellulare. Non c’è internet. Apposto.

Guardo whatsapp, Marco mi ha scritto 1 ora e mezza prima che dovevo arrivare a Merdeux entro le 8. Gli scrivo “Ma dola ca l è?”, dov’è? Sono in panico, sono stanco. Non posso andare avanti così. Devo dormire in sicurezza, altrimenti mi addormenterò in piedi. Avanzo, cerco un posto in cui non si rischi di rotolare giù dalla montagna (sì, sono in pendenza, non so quanto pende sta montagna, ma se cado addormentato non la racconterò a nessuno sta cacchio di notte…), trovo un posto ideale, mi metto giù di traverso sul sentiero, zaino addosso, incassato dentro un cespuglio di rododendri per tenermi bloccato. Metto la sveglia dopo 10 minuti. Dopo 9 minuti mi sveglio, mi stanno scavalcando in 3 corridori, chiedo scusa, aspetto la sveglia e mi alzo.

Fermo, in piedi.

Per terra c’è la brina.

Cazzo, fa freddo.

Fa molto freddo.

Penso “ipotermia”

Penso “devo essere aiutato?”

No, cacchio, ho freddo, ma non sto congelando. Batto i piedi, scuoto le mani, saltello. Freddofreddofreddo. Tiro fuori un TWIX tarocco dallo zaino, mangio avidamente, veloce, mentre attacco la salita in rapidità, per generare difficoltà al mio corpo, il mio cuore pompa sangue a palla per gestire i miei stimoli e mi scaldo velocemente.

Maddovecazzoèstomerdeux…

Meno di 10 minuti e sono davanti al Frassati… non capisco bene perché sono già al Frassati, ma entro, sto pensando che ho saltato il chippamento del Merdeux. Io indietro non ci torno, MI RITIRO. Ma magari torno lo stesso indietro, il cielo sta schiarendo e forse il coraggio da qualche parte lo trovo… per tornare a Merdeux…

Mi chippano, due concorrenti seduti in parte mi guardano e mi dicono che è tutto a posto… a posto cosa…COSA?

Merdeux quest’anno non era un cancello orario, non chippavano. Io non capisco.

Sono confuso.

Esco a guardare l’alba del nuovo giorno, non so se ho freddo, non so se sono vivo.243452992 10219601836184602 3887108816031543611 n

Vedo l’alba, non mi sembra sia lì per me. Bella come non mai, ma io non posso godermela, il cielo non sta schiarendo per me, io sono da un’altra parte, forse.

Esce il responsabile dei Chip, deve chipparmi, mi hai già chiappato, “ok”, rientra.

Lo seguo con lo sguardo, i miei piedi lo seguono, non so se il resto del corpo segue i miei piedi ma mi ritrovo dentro.

Sono ancora vivo.

Esisto.

Mi metto vicino ad una stufa a legna accesa.

Mi guardo in giro.

Facce stralunate con dei pettorali. Ok, mi sto orientando, sto facendo una gara. Assurda, ma sto facendo una gara.

Mi tocco lo zaino. Cacchio, ho ancora i 50 euri che mi ero messo in zaino per i momenti neri. E’ un momento nero. E’ “IL” momento nero.

Vado al bancone. Voglio premiarmi. Esco con una battuta per chiedere una crostata, non mi viene bene, il barista mi guarda stralunato, probabilmente ho detto una cosa tipo “Ciao, sono un non-morto, voglio succhiare il tuo sangue”, o qualcosa del genere, vedendo la sua espressione. Mi schiarisco la voce, rinuncio alla battuta, riformulo e dico: “cappuccino, succo, crostata, pago”.

243389395 10219601840024698 2938949480523904300 nMi siedo ad un tavolo, con un altro concorrente, mi guarda male, cosa sto mangiando? Non potevo accontentarmi del buffet standard del ristoro? Mah, guarda, ho pensato: “stavo per morire, non sono morto, se morivo sti 50 euro non li avrei spesi. E’ giusto spenderli adesso, in onore della vita”. Non gliel’ho detto, ho pianto pensandoci, soffocandomi con la crostata che mi sono sudato. Tossisco e finisco la colazione del campione, pagata.

Mi rimetto davanti alla stufa, mi scaldo. Cacchio se sono cazzuto. Montano in me tutte le emozioni del mondo, un orgia di emozioni, a momenti mi sento un dio.

Esco, vado a godermi l’alba. La guardo, mi dice che è lì per me. Scendono lacrime, silenziose. Faccio due foto. Sono vivo ancora, anche oggi. Non è uscito ancora il sole, c’è una skyline stupenda, sotto nuvole, davanti la linea di montagne, sopra un cielo rosaaranciato. Io sono qui. Lo sguardo resta qui, ma io procedo, fluttuando sul sentiero. Mi accorgo che sto già guardando il Malatrà, avanzo. Saluto uno della gara del Tor des Glaciers, mi rigiro, finalmente esce il sole, io sono già in moto e non mi ferma nessuno.243434324 10219601841784742 4890698671948152392 n

Volto le spalle all’alba, ultimo scollinamento sull’erba, davanti ho un arco invalicabile di montagne burbere, grigio nera, pietrame, l’ambiente è sterile e freddo.

Sono già stato qui?243519692 10219601842904770 3360807755502379095 n

Ommioddio! Sono a Mordor! La somiglianza di quest’angolo di Valle d’Aosta allo stereotipo di Mordor del Signore degli anelli è straordinaria… Incute timore. Mi sento Samvise Gamgee. Non Frodo, non sono protagonista, sono quello con la pancia sfigato che mai avrebbe avuto il coraggio di fare quest’avventura. Ma cacchio se l’ho fatta. Sono qui, sono cazzutissimo. Se mi vedesse il mio gaffiere…

243503102 10219601844264804 4996042371179234040 nAvanzo tra il pietrame, che scivola sotto i miei piedi, senza paura, arrivo al pertugio, all’ultima sella da scalare, senza timore, c’è una coppia di anziani salita prima dell’alba per vedere noi sopravvissuti all’ultimo scollinamento, mi applaudono. Il fotografo ufficiale mi plaude. Il Col Malatrà è fatto, mi sento ormai nella storia. Ora, sola discesa.

Smessaggio, mi godo due risposte arrivate al volo, corro in discesa.

E prendo Doriano…

Doriano che non riesce ad avanzare sui sentieri di sassi… che mi toglie il sogno di una volata finale…

Lo accompagno un pezzo, non mi sento più in dovere ma lo accompagno. Mi sento di avergli tornato tutto, con gli interessi, ma non lo mollo. Metto da subito le cose in chiaro: io voglio fare gli ultimi 15 km da solo, me lo devo, voglio rivivere i momenti di quest’avventura e stamparli nella mia anima. “Ma non hai corso fino adesso da solo?”

Cacchio, non vorrei si offendesse, ma mi sembra quasi che stia facendo i capricci…

Ho pagato sangue per quest’avventura, ho sudato, mi sono sacrificato, voglio goderne.

Da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano, per citare un telefilm che guarda mia figlia piccola Ginevra. Da soli però si percepisce tutto in modo più forte, le emozioni sono più forti, sei più vulnerabile e ti lasci investire da tutto, paure, soddisfazioni, gioie e ansie. Insieme ad altri crei uno strato, una protezione, tu sei più forte e non vivi a pieno le sberle o le carezze che ti arrivano. E’ tutto più facile ma meno gustoso. Oh, insomma, praticamente ho preso sberle da solo per 340 km, le carezze le voglio vivere a pieno.

Guarda, ti accompagno fino al Bertone, ma dopo la strada sarà in solitaria.

Accetta, quasi malpagato.

Si mette a tagliare i tornanti dei sentieri (!?!) sull’erba in una pendenza assurda, cade, scivola, ma insiste fuori sentiero, gli dico che così io non riesco, le mie ginocchia soffrono. Seguo il sentiero, faccio 3-4 volte tante il suo percorso, ma avanziamo assieme da quanto è lento e cade.

Arriviamo al punto più basso, il sentiero risale, lo saluto, ma rimango ancora un attimo con lui, poi Doriano rallenta e quasi mi sfugge, io vorrei quasi rimanere ma le mie gambe vanno, le mie gambe sono stronze il giusto, le mie gambe pompano e non sentono le ragioni del mio cuore e della mia mente che dicono di aspettarlo.

Arrivo al ristoro, bevo solo cocacola e chiedo com’è la strada adesso: “7 km in discesa con 800 D-, un saliscendi di poca importanza e di nuovo 7 km in discesa con 800 D-, totale 14 km”.

Cacchiooooooooo! I miei piedi partono, le mie gambe pompano, io sto ancora bevendo cocacola al ristoro ma la parte bassa è già che corre là davanti! Non ho già fatto 340 km, sono partito adesso. Corrissimo.

Guardo whatsapp, scrivo a tutti che dovrei arrivare tra l’una e le due.

Leggo il tifo dei miei amici, cacchio se sono gasato!

Il Bertone lo vedo in parte ma non lo cago nemmeno.

Pompo subito, tutto quello che ho, sorpasso!

Ma… c’è qualcosa che non va, mollo le ghette, ho le scarpe slacciate, sistemo, ripartooooooooo!!!

Risorpasso

Mi fermo, tolgo l’impermeabile.

Risorpasso

Mi fermo ancora, mavaffancuuulooo, tolgo pantaloni antipioggia e maglia, tolgo tutto, che adesso si pompa e ho caldo.

Risorpasso quei poveri 3 che si sono visti sorpassare 4 volte dallo stesso minchione che poco dopo si ferma… ma sta volta volo fino al traguardo, e prendetemi se ci riuscite!!!

Via! via, senza un domani, non ho il polpaccio sinistro che sembra si stia aprendo dallo sforzo, non ho le vesciche che stanno per esplodere nelle scarpe, non ho le ginocchia che battono ferro contro ferro sullo stinco. Ho 20 anni, sono appena partito e spacco tutto!!!

Scendo, inciampo ma corro.

Arriva il su e giù: sul “su” corro lo stesso, cacchio se sfondo tutto. Secondo “su” corruccio… Terzo “su” cammino veloce spingendo con i bastoncini… cacchio se questi “su” sono tanti… sorpasso ancora ma pian piano rallento, cacchio. Forse “cacchio” l’ho già detto ma il vocabolario a 350 km si riduce, CACCHIO. 5 km di su e giù.

E la gente, la gente che ti dice che manca poco. E allora tu vai.

E la gente che ti dice che mancano 500 metri al ristoro. E tu vai ancora.

E invece mancavano 2 km, ma non torni indietro a imprecare contro quello dei 500 metri, lo maledici, ma con poca convinzione. E vai ancora.

Ristoro, sorrisone. “Manca pochissimo”, non sono convinto. “Sì, guarda, da quello spuntone si vede Courmayeur.”, io vado a controllare se si vede, faccio 10 metri in più ma non mi faccio fregare di nuovo. Courmayeur è là!!! “4 km di discesa, asfalto e sei arrivato”

Cooooorrroooooo! Scendo!

Ci sono pietre sul sentiero, il piede davanti salta la pietra, il piede dietro non riesce quasi mai ad alzarsi abbastanza, do delle pedate assurde alle pietre, mi sto sfasciando la parte sopra dei piedi, ma fanculo, vado!!!

Famiglie intere che mi sentono arrivare, si fermano, si spostano e applaudono! A me? Sì, a me!… piango… corro. Sto facendo 15 km correndo come un pazzo…

Incontro Collè, il primo arrivato con 66 ore e bruscolini, già 3 giorni prima, mi urla “Bravo!”.

Mi fermo.

Lo guardo in faccia.

Eh, no, cazzo, Franco, bravo tu. (testuali parole)

Lui bofonchia qualcosa, sul fatto che io sono bravo per altri motivi. Non capisco molto bene, ma mi convince. Sono bravo.

Corro in discesa, una ragazzina di 14 anni mi insegue, con il suo zaino rosa inadatto.

Finisco il sentiero, faccio due passi camminando sulla poderale, mi giro e le faccio i complimenti, “non fermarti, corri!”

Mapporcamiseria, non si può respirare in questa gara… vabbè corro!!!

E giù, la strada entra in paese, diventa asfaltata, le signore del sabato mattina che mi dicono:

“Bravo”, grazie!

“Bravo”, grazie!

“Bravo”, niente, alla terza signora non ce la faccio, sto piangendo e non riesco a parlare.

Con un rantolo di voce chiedo a due bambini da che parte, “di là”, giro entrando nel parco Bollino. 30 bambini, con le bandierine che urlano, io urlo di più: EEEEEEEEEEEEEEEE! E loro rispondono urlando, scendo in picchiata tra di loro, le nostre voci diventano un tuttuno, loro corrono in discesa con me, mi sento un dio, EEEEEEEEEEEEEEEEEEEE, il cuore tra un attimo mi esplode, avrò i battiti a 2000, urlo, sembro una cometa con la mia scia di scintille, 30 scintille urlanti! Che figata!!!

Esco sull’asfalto, giro verso il centro, gente che applaude, gente che ha gli occhi puntati su quello sfigato che corre come un pazzo dopo 146 ore…

C’è un matrimonio, la sposa sta salendo in macchina, urlo VIVA LA SPOSAAAA! Urlano tutti, con me, che mondo meraviglioso!

Corro, un simpaticone amico della sposa mi chiede se posso fermarmi per fargli una foto, rido, avanzo tra le viuzze del centro, la gente si sposta per me, mi applaude, che robe… arrivo alle transenne, vedo le mie piccole e Michela 5M, butto i bastoncini a terra, prendo le mani delle mie figlie, mia moglie ride e singhiozza, corro con le bambine tra le transenne, arriviamo alla pedana gialla, ho paura che non ce la facciano a salire e quasi le sollevo, facendo gli ultimi 2 metri di dislivello! Urlo! Siamo arrivati! Non ho più lacrime! Le mie bambine sono vicine a me, manca solo… eccola! Scendo a baciare Michela, non mi accorgo che mi stanno mettendo la medaglia, bacio Michela, lei sta piangendo e singhiozzando, io sono fatto, ubriaco e non capisco più un caxxo. La mia vita è qui, in un metro quadrato attorno a me. Sono felice. Il mondo può anche finire adesso.

 

243366504 10219601846264854 2568769028273749245 n

 

 

PS: quanto ho corso nell’ultimo pezzo? Bhe… al Pas Entre deu Saux non hanno rilevato il passaggio di Collè… Guardo quello del secondo classificato: Jonas Russi ci ha messo 2 ore e 46 dal Pas a Courmayeur… io ci ho messo 2 ore e 40… capite… insomma, stavo correndo.

PPS: Approfitto per fare i ringraziamenti, senza essere troppo prolisso o sentimentale:

Ringrazio la mia famiglia per la pazienza e l’aiuto indispensabile

Ringrazio Marco (farco), Gigante 2019, per tutte le dritte, la compagnia e il supporto dato

Ringrazio i miei amici di corsa di Codroipo del Niu Cube, per il tifo e per gli allenamenti fatti assieme

Ringrazio mia suocera, perché tocca e perché se non ci fosse stata anche lei sarebbe stato tutto un po’ più difficile.

Ringrazio l’azienda di famiglia in cui lavoro, per avermi lasciato lo spazio di vivere quest’avventura.

E un grazie lo lascio qui, per chi mi sono dimenticato di ringraziare

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Tor des Geants - Pensieri, paure, soluzioni di Fabiano Picco

Questo non è un racconto di qualcosa di fatto.

Questo è un pensiero, in attesa di qualcosa che verrà, è un esternazione delle mie emozioni in attesa della sfida, è un dare nome e cognome alle mie paure e ai miei sforzi per affrontarle.

 

TDG – 330 km e 24000 D+

Numeri incredibili, non è possibile fare una gara così lunga…

Fare un dislivello del genere è praticamente come fare l’Everest per 3 volte su e giù partendo dal mare.

Che poi dipende dove leggi le info della gara, sulla scheda dell’evento si parla anche di 350 km e di 30.879 metri di dislivello… che sbagliare la valutazione di 7000 metri di dislivello non è uno scherzo… facciamo quasi un altro K2 dopo aver finito i 24.000…

Pace.

Ormai mi sono iscritto.

Bravo.

Bravo, sì…

 

Ora il problema è capire quali sono le cose da gestire in una gara del genere. Non si può partire allo sbaraglio, con maglietta e pantaloncini e via. Se si ha freddo si avrà freddo a lungo, se ci si fa male non si può zoppicare per 300 km, se ci si stanca non si può andare a dormire che l’indomani starò meglio.

Eh, sì, perché non è previsto il riposo. O meglio, è una gara senza soste prestabilite, si parte la domenica e si deve arrivare entro sabato, correndo/camminando/trascinandosi giorno e notte, fermandosi magari a mangiare e a dormire ogni tanto 2 ore, ma hai 150 ore per arrivare in fondo e sinceramente non sono molte…6 giorni, 6 notti, 6 ore… 666…

Caghetta, eh?

Bhe, anche quella devi farla nelle tue pause, dopo devi andare avanti, ci sono 150 ore in tutto, caghetta compresa.

L’assistenza della gara è di tre tipi:

  • 1) mangiare e bere, li trovi ogni 8-10 km circa, quindi non mi sembra un grosso problema, ci si porta qualcosa in più nello zaino per eventuali emergenze/esigenze particolari e via. Già mi ci vedo, con la canotta, la macchia di sugo sul petto, lo stuzzicadenti in bocca che trotterello dopo aver mangiato, sul Monte Rosa

  • 2) la tua sacca del cambio, la trovi ogni 50 km, ci metti dentro tutto quello che potrebbe servirti, e anche quello che hai già usato, quindi vestiti puliti e sporchi, scarpe di ricambio power bank, creme, accappatoio, sacco a pelo, foto del tuo cane… tutto in 40 litri di borsone, quindi devi sfruttare al massimo gli spazi e limitare quello che pensi di portare. Qui devi tenere anche quello che normalmente non porti in gara, tipo ramponcini o piumino, che potrebbero servirti in casi di meteo avverso. Una bomba di puzza e schifo che mia moglie incenerirà con il lanciafiamme, sulla soglia di casa prima che io riesca a portarla dentro

  • 3) servizio di fisioterapia e di medico, ce ne sono spesso, tipo ogni 15-20 km. Praticamente vado in Valle d’Aosta a fare le terme. Spero di non averne bisogno, ma dà sicurezza.

Se piove? Ti bagni. Devi tener conto che non puoi stare bagnato, passi dai 300 metri di altitudine ai 3300, ci sono posti in cui se sei bagnato non importa e posti in cui devi essere bello coperto e caldo mentre procedi. Gli strati in più o di cambio li tieni nello zaino, asciutti possibilmente. Stai attento a non scivolare. Poi quando arrivi al borsone in base vita devi cambiarti e mettere ad asciugare tutto. Non accenniamo alla neve, che spesso si vede in questa gara.

Se hai mal di pancia? Fermati dietro una roccia per alleggerirti, o mangia o tieni duro che passa.

Vesciche? Distorsioni? Contratture? Bhe… tocca tenersele fino alla fine, se sono troppo gravi da non poter nemmeno camminare devi ritirarti e ciao-ciao gara. In una gara di 50 km se hai subìto una leggera contrattura torni a casa, ti fai un bel massaggio, gamba alta, riposo, dormita e l’indomani sei fresco, magari zoppichi leggermente ma vai come un treno in tempo 0. Qui con una contrattura dopo 50 km ti dai una mano di bianco e una di crema, dissimuli, e procedi per altri 300 km. Si notano subito quelli con le contratture perché sono pitturati di bianco, penso...

Sonno… bhe quest’anno sembra si possa dormire solo alle basi vita, quindi ogni 15-20 ore ci si può coricare quelle 2 orette, i fighissimi non lo fanno, ma io cercherò di farlo sempre, quello che si riesce. Le tappe in realtà sono 7, da farsi in 6 giorni, quindi in 6 giorni devi “guadagnarne uno”, le giornate non saranno di 24 ore ma di 20 (pause comprese) e pian piano la notte diventa il giorno e il giorno diventa notte. Si dormicchia con la luce e si trotta con il buio…

Con il sonno non si scherza, è qui che questa gara si differenzia da quelle più corte: quando hai sonno sei meno lucido e avanzi in modo incerto e lento. E poi ad un certo punto partono le allucinazioni. Ci si diverte, insomma.

Quando vai più piano e sei stanco il tuo corpo lavora peggio, hai difficoltà a scaldarti, le periferie hanno meno sangue.

In base vita devi ricordarti di te e di tutto quello che ti serve: mangiare, bere, dormire, cacca, ricaricare il cellulare, ricaricare la torcia frontale (sui sentieri non c’è illuminazione pubblica, se ti si spegne la frontale sei al buissimo), metterti creme, gel, trucco e parrucco, magari una doccia, magari devi sistemare un bendaggio, chiamare a casa, fare la cacca l’ho già detto ma è bene ricordarsene, che cacare a 3000 mslm con il vento e senza un cespuglio manco a pagarlo per la privacy non deve essere il massimo.

Sul sentiero, per fortuna, devi solo ricordarti di divertirti e goderti il panorama.

Buttandola sullo spirituale, devo:

  • - curare il mio corpo, per evitare che mi dia problemi e che si rompa qualcosa

  • - curare la mia mente, devo essere determinato e sicuro che ce la posso fare

  • - curare la mia anima, godendomi quella che sarà sicuramente una figata

Insomma: l’ultratrail è una grossa mangiata, con della corsa in mezzo.

E quindi il 12 settembre c’è il Tor des Geants, in Valle d’Aosta. Alle 10:00 parto e mi faccio 6 giorni e 6 ore di “passeggiate” sui monti. Pettorale 344.

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Dolomiti Extreme Trail 72k di Riccarco Ageno

Il 2020 per me doveva essere l'anno di un gran traguardo. Finita la Ronda Ghibellina da 45km, volevo inziare a mettermi sotto duramente con gli allenamenti per poter arrivare a correre degli ultratrail difficili e lunghi, non più appennini o montagnette, ma niente popò di meno che Dolomiti e Monte Bianco.

Per conseguire un obiettivo così importante e difficile non potevo più affidarmi al mio solito programmino, serviva un salto di qualità ed iniziai ad essere seguito da Alberto Lazzerini, detto Bussino, per preparare al meglio il Gran Trail Courmayeur da 100km.
Era tutto programmato: i lunghi in preparazione di questa gara sarebbero stati l'Ultra Trail Mugello da 60km ed il Dolomiti Extreme Trail da 73km, a cui mi iscrissi prontamente.

Poi arrivò il Covid19, i lockdown senza potersi allenare se non su un tapis roulant sul terrazzo di casa, le gare che piano piano venivano annullate tutte. A maggio, la fine dell'incubo: si torna a fare trail, nonostante le gare completamente annullate, ed un piccolo fastidio ad un ginocchio dovuto alla troppa inattività mi costringe ad una pausa di un mesetto. A settembre ripartono le gare, le zone gialle e rosse, ci si allena a sprazzi ma a fine anno almeno la DXT viene confermata. 
Ed io la voglio fare. E poi voglio fare Courmayeur da 100, perchè ormai l'ho presa di punta. Si attende solo l'apertura delle iscrizioni ma...
Purtroppo a dicembre iniziano dei grossi problemi familiari: i nostri genitori hanno malattie abbastanza importanti, e questa novità (una soprattutto) sconvolge un po' il mio mondo; il lavoro diventa più difficile da solo, il tempo per allenarsi si riduce, i problemi stessi a volte creano stop ad allenamenti programmati per cause di forza maggiore.

E' inverno, ma la preparazione prosegue nonostante l'impossibilità di potersi allenare dove si dovrebbe andare per poter preparare gare dai dislivelli importanti a causa delle restrizioni covid. Ci accontentiamo delle colline Livornesi, che sono meglio della pianura Padana ma non sono certo le Apuane. Si fa con quel che c'è, e la partecipazione al Sanremo Urban Trail da 32km è un assaggio di ritorno alla normalità, che nonostante un'ottima prestazione mi mette un po' di sconforto a causa di questa malattia schifosa che ha sconvolto le vite di tutti: niente pasta party, una gara fredda, distanziata e mascherata, dove alla partenza si va uno alla volta e dove all'arrivo ti liquidano con una busta della conad con dentro il tuo pranzo "e mi raccomando mangialo lontano dagli altri". Squallore totale, le gare di trail erano belle per la festa che portavano, e questo schifo di virus la festa se l'è portata via.

Ma c'è la DXT, e bisogna prepararla. Avanti con gli allenamenti del Bussino.

I mesi seguenti a Sanremo sono un vero e proprio martellamento di programmazione, insegnamenti e allenamenti mirati per affrontare al meglio le condizioni di questa gara durissima. 
Lunghi e lunghissimi trail cercando di simulare al meglio le condizioni pessime della gara. Si inizia da un 40km ed una 54km sulle mie colline, per poi proseguire con allenamenti sfiancanti sui monti Pisani e pure una notte intera sulle colline Livornesi per testare la tenuta senza dormire. Comunque è sui Pisani che preparo praticamente tutta la gara: purtroppo le condizioni meteo sfavorevoli non mi permettono di bazzicare troppo sulle Apuane, ci vado una sola volta, invece sarebbero servite; ma vabbè, oh, se il meteo è brutto in Apuane è meglio non rischiare, ed anche le pettate dei monti Pisani fanno la loro sporca figura. Inoltre, la scelta di portare con me compagni di grande esperienza e dalla gamba migliore, paga parecchio. Stare dietro ad atleti del calibro di Francesco, Flavio, Luca, Fabio e Massimo (nostri cavalli Survival) durante queste uscite mi sprona a dare il meglio, ed anche questo vuol dire tanto.

Arriva Giugno, e dopo 2 settimane di scarico dopo uno sfiancante monte Penna con Massimo, si parte per la Val di Zoldo, con tutta la ciurma al completo, perchè i miei figli faranno la mini DXT.
La mia gara invece parte il venerdì a mezzanotte, quindi la partenza di giovedì è d'obbligo. Viaggio, cenetta con pizza, nanna, relax mattutino coi bimbi al parco giochi e dopo pranzo di nuovo nanna per essere riposato per la notte. Il tempo passa, cena leggera e si va, belli preparati, a Forno di Zoldo.

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La Gara
Come da regolamento, la partenza dovrà avvenire con le mascherine al volto e ovviamente la frontale in testa: con la fascia che uso per non avere fastidio alla fronte sembro veramente un ninja.
Ma nonostante queste varie regole, l'atmosfera che si respira è già tutta un'altra cosa rispetto a Sanremo. L'intero paese di Forno è addobbato a festa, la gente è in strada ed ha già applaudito gli eroi che son partiti alle 22 per fare 100km e si preparano, già fuori dai bar con le birre in mano ed una buona dose di musica, a far casino per noi disgraziati che partiremo di lì a poco per farne 72. 
Già questo mi mette di buon umore, non c'è la fredda atmosfera dell'unica gara fatta mesi fa, sembra quasi di essere tornati al 2019. 
Sarebbe ancora più bello se, una volta entrati al bar per prendere un caffè, i due bastardi di Alessandro e Diego che correranno domenica la 21km, non prendessero una bella degustazione di due diversi Scotch davanti ai miei occhi, cosa che mi rende molto invidioso perchè io, per ovvi motivi, non mi posso approfittare di un difficilmente reperibile Caol Ila 18 che non assaggiarlo è un affronto al single malt. Vabbè oh, sono le 23.45: bisogna entrare nei cancelli!
Ultimo check allo zaino: la roba è tutta al suo posto, calcolata per essere trovata al volo, nei soliti spazi dove in allenamento è stata posizionata con razionalità. Non c'è più spazio per i dubbi esistenziali: come sarà affrontare la notte? Come sarà correre in neve? Come reagiranno le mie gambe a 72km di alta montagna senza alcun tipo di ammortizzazione ai piedi come al solito?

Non c'è più tempo per pensare.
Conto alla rovescia: si parte per la DXT 2021!

La partenza in gruppone è accolta, come c'era da aspettarselo, dal boato della folla. Un'intera via festante che applaude gli atleti, fino a fuori paese, dove proseguiamo per circa 2km di asfalto prima di attaccare la prima salita. Inevitabile serpentone. Gestisci il passo di notte, sennò fai la botta, dice il Bussino, ed io eseguo.
Io e Flavio abbiamo deciso di fare la notte a braccetto: il mio compagno di allenamenti degli ultimi mesi è ben allenato, più esperto di me e, diciamocelo, va pure più forte, ed infatti al primo ingorgo, quando riesce a superare qualcuno che ci rallenta, se ne va. Non tanto, ma io spesso resto bloccato nelle retrovie, e 1000d+ nei primi 5-6km di salita tutti su single track rendono difficile superare. 
La notte prosegue, ed è circa al 12km che avviene la prima disgrazia della notte: le 25 pasticche di sali minerali calcolate da me per affrontare al meglio la gara si spargono in terra non appena tiro fuori la bustina dalla tasca. Si è aperto un buco, forse perchè la bustina era vecchia, forse perchè si è attaccata a qualcosa che l'ha forata, fatto sta che i miei preziosi sali testati e ritestati in allenamento ora sono solo 8 e dovrò dosarli alternandoli ai sali che forniscono ai ristori. Dubbio nel dubbio: saranno dei buoni sali? daranno noia al mio stomaco?
Non mi perdo d'animo e proseguo fino al ristoro del 13km: una specie di bivacco dove danno solo liquidi e dove, man mano che si sale e ci si avvicina alla copiosa neve che è stata annunciata per tutto il percorso, inizia a sentirsi un fastidiosissimo vento gelido. Bicchiere di tè caldo per riscaldarsi un po', prendo il gilet antivento dallo zaino, e attacco la salita che ci porterà a più di 2000m fino al rifugio Pramperet, che doveva essere questo ristoro ma è chiuso perchè con la neve non potevano arrivarci. Oltre tutto, scopro che i sali sono quelli della Named: li ho usati per un periodo, son buoni e non mi hanno mai dato fastidio. Primo problema risolto: una borraccia sarà rosa da ora fino alla fine.

Le salite si fanno ripide, e purtroppo si inizia a dover salire sulla neve. Effettivamente, però, il consiglio dell'organizzazione di non portare i ramponcini si rivela giusto, perchè comunque le salite non sono mai così lunghe da potersi permettere di perdere tempo a doversi mettere e togliere in continuo i bastoncini. Purtroppo, però, è sull'ultima salitona più lunga completamente in neve che si consuma la seconda piccola tragedia della mia nottata. Il piede di spinta cede sulla neve, io cado e tronco di netto un bastoncino.
Dramma! Siamo al 15esimo soltanto, mancano 60km di cazzutissime salite ed io sono senza un bastoncino che, oltretutto, mi devo portare inutilmente dietro fino alla fine. Non mi perdo d'animo e continuo con uno solo, la prendo in maniera ottimistica: meglio uno solo che nessuno dai. (no, bestemmio tantissimo). Nella mia corsa, inizio ad applicare i consigli del saggio Bussino: "verso le 3 inizierai ad accusare gli strascichi della mancanza di sonno, vai di gel alla caffeina ad orari prestabiliti", e così faccio, come un soldatino, non sgarro niente grazie al timer impostato sull'orologio per suonare puntuale.
Riprendo Flavio fermatosi a fare pupù in un cespuglio, e ci ritroviamo al secondo ristoro dei 18km: Malga Pramper. Bei ricordi, due anni fa in vacanza mangiammo un'ottima polenta coi formaggi della Malga. Oggi, invece, in piena notte fredda, mi accontento di un brodino con la pasta per riscaldarmi e poi ripartire.
Inizia ad albeggiare, ma ancora non c'è abbastanza luce per poter togliere la frontale che, puntuale come una brutta stronza, si scarica su un bel muro in salita. Fermati, prendi quell'altra per usarla a dir tanto 20min, e riparti, altre bestemmie.
Io e Flavio procediamo a braccetto, inizia una lunga divertentissima discesa in una faggeta che culminerà alla salita che ci porta ad incrociare quelli della 50. Arriva la mattina, passiamo prima noi, ma per poco, perchè iniziano ad arrivare i primi, i secondi, e anche parecchi terzi che vanno inevitabilmente più forti di noi. Questo si traduce in un calvario: per via del single track che stiamo percorrendo, è tutto un fermati e fai passare, e questa cosa mi spezza un po' le gambe, per fortuna che arriviamo a Passo Duran, cancello del 30km superato con 1h e mezzo d'anticipo, dove possiamo farli smaniare e andar via senza doversi fermare in continuo e finalmente fare colazione.

Mentre mi prenoto per il mio brodino con la pasta per colazione, mi si avvicina Luca, amico e accompagnatore di Melania (una dei nostri che fa la 50), al quale mostro la mia sfortuna del bastoncino rotto.
"Senti ma io ce n'ho un paio da 130cm, son lunghi ma li vuoi?"
"Boia, li voglio?! Vai vai, dammeli e un ti fa vedere".

Lo scambio clandestino mi risolleva la giornata. Peccato che tra passo Duran ed il ristoro del 36km ci sia la salita più dura di tutta l'intera gara: 1,5km con quasi 600m di dislivello tutti (e dico tutti) esposti ad un sole che si fa sempre più cocente. Questo è il mio inferno, è l'inferno di tutti. Si va su arrancando, per una salita devastante nella quale in alcuni punti ci si deve aiutare con le mani, ed in una lunghissima ora sono su al bivacco Griselli dove un elicottero Pegaso è venuto a prendere qualcuno che si è fatto male o si è sentito male, boh. Di certo farsi una gara intera quasi sempre sopra ai 1800m non aiuta. 
"Andate tranquilli ora è tutta discesa fino al ristoro". Maledetti bastardi: inizia una discesa quasi più ripida della salita di prima, tutta piena di sassaiole, radici enormi da superare e, dulcis in fundo, un pezzo in ferrata a scendere non difficilissimo ma dove inevitabilmente si crea un ingorgo, si va piano oh, che ci si deve fare, mica posso rischiare di finire in un burrone?
Da qui inizia il mio rito di bagnarmi la testa ad ogni fonte d'acqua che trovo quando ho bisogno: fa caldissimo, e la testa sotto al sole mi cuoce letteralmente. 
Arrivo al 36km. Flavio mi aspetta. Carico acqua e sali, faccio il bagno nell'abbeveratoio per le mucche, e ripartiamo con una bella salita a tornanti su una strada bianca. E' qui che Flavio inizia ad aver problemi muscolari: non va più su bene come prima, fa fatica, e ai chilometri in discesa successivi vado via perchè lui è effettivamente in difficoltà, ed i vari tratti in neve dove si scende sciando e non correndo lo bloccano ancora di più. Al ristoro del 41km lo aspetto, e ripartiamo ancora una volta insieme.
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Sulla salita successiva arriva il mio turno di andare di defecatio, dai sono le 11 del mattino, lo stomaco sta bene ed infatti è tutto nei limiti del fisiologico.
Il gruppo se ne va, ma piano piano picchia e meno arrivo alla malga Pioda del 47km recuperando praticamente tutti, perchè nonostante il caldo e nonostante la fatica di una ultra già passata, le gambe vanno bene. Sì, il peggio sembra essere passato, in salita vado di un buon passo ed in discesa e piano riesco a correre. Bene: pranziamo.

Alla malga Pioda prendo di tutto: pasta, panino al salame, scrocco un birrino, banane. Insomma, perdo un po' di tempo ma mi nutro ben bene. Testa nella fontana, di nuovo.
Io e Flavio ripartiamo: da qui a passo Staulanza, cancello dei 55km, ci saranno solo strade bianche ci dicono (non è vero) e non molte salite difficili (non è vero).
Però effettivamente all'inizio sembra così: l'arrivo agli impianti che vengon su da Alleghe non sembra proibitivo, e dopo si inizia a scendere su strada bianca. Flavio mi lascia andare, io corro, lui ha le gambe cotte e sta accusando tanto la fatica, e così ci lasciamo. Io sto bene, affronto la salita al monte Fertazza (punto più alto della gara, 2100m) con un passo costante. E' una pista nera, è ripida, ma la conosco perchè l'ho fatta a scendere coi bambini due anni fa, e come un mulo vado su staccando tutto il gruppone che era a far tira e molla con me. 
Arrivato al rifugio Belvedere, prendo solo acqua, un sorso di Cocacola e scendo verso il passo Staulanza, convinto di aver solo discesa.

Eh no!
Di discesa ce n'è tanta, si, ed è pure facile e tutta corribile, ma non vorrai mica arrivare al passo solo con 3900m di dislivello in 54km?!?! No!
Te ne devi fare altri 300 per montare prima sul monte Crot! E qui fa tantissimo caldo, non ci sono alberi, e cavolo metto pure la testa nella neve per potermi rinfrescare perchè è veramente dura: si sale e questo Passo non sembra mai arrivare. Arrivati sotto al monte Crot, si scende, ma le gambe sono abbastanza cotte, la discesa è a tornanti, è facile, ma vado veramente piano perchè tutto quel pezzo mi ha imballato di brutto e ho la testa che fuma dal caldo.

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Nonostante questo, il cronometro al passo Staulanza dice 14:49, ovvero un'ora e dieci minuti abbondanti prima della chiusura. Ho più di 5 ore per percorrere l'ultimo tratto della gara, teoricamente il più facile. Tuttavia, io sono abbastanza sconvolto: mi sembra essere uscito da un corridoio pieno di gente che mi prende a cazzotti, mi siedo un attimo e mi levo lo zaino.
Ferma ferma, Riccardo, hai tempo. Rimettiti in sesto e riattiva il cervello che il sole ti ha cotto pesantemente sull'ultima salita.
Prima di tutto: il cibo è terminato. Il tuo zaino è stato organizzato per tirare fuori la roba in maniera ottimale quando ti serve, perciò riprendi i gel che mancano, mettili nelle tasche dei pantaloncini. Poi prendi i mini-panini mancanti e mettili nella tasca dove hai dovuto buttare al volo la frontale, che ti puoi tranquillamente levare dalle scatole perchè non ti serve più. Il cervello si riattiva, le gambe si riposano, la fiducia torna, manca solo una cosa: una tattica.
Prendo il telefono e chiamo Alberto. 
"Senti: io sono arrivato al cancello in orario, ho 5 ore per finire la gara e mancano 20km 800d, c'ho le gambe un po' cotte, dimmi cosa devo fare"
"Cerca di correre, piano, in discesa e sui mangia e bevi. Mai forzare ma costante, e quando affronterai le due pettate finali, datti delle pause ogni 300-400m per recuperare"
La telefonata con Alberto è un iniezione di fiducia. Ricarico tutto, mangio un panino al salame, bevo l'ennesima cocacola e si riparte. Via!

Gli ultimi 20km sono effettivamente il tratto più semplice. Le salite sono poco ripide, sentiero assolutamente privo di qualsiasi difficoltà tecnica che però tendenzialmente sale: e io corro dove riesco a correre, cammino dove invece devo camminare, continuo a bagnarmi la testa se trovo una qualsiasi forma di acqua non stagnante. Vado, insomma, costantemente. Non certo un razzo, ma le gambe stanno bene e la testa è lucidissima nonostante una notte insonne e un giorno intero a farsi martellare in testa da un sole cocente e a farsi spaccare le gambe da pettate allucinanti e discese sulla neve, il tutto condito da una respirazione non ottimale d'aria d'altura rarefatta, olè!
Picchia e mena, arrivo al passo Tamai: ultimo ristoro della gara. Carico l'acqua abbomba, perchè si sa che da lì inizia l'ultima famigerata salita, quella al monte Punta, che ci riporta a 1950m con un'ultimo poderoso strappo di 200d+ in 600m di distanza. Che, direte voi, non è niente, vero, ma con 65km e 4700m di dislivello sul groppone, si sente eccome. 
Applico gli insegnamenti di Bussino San. Presenti e passati.
Perchè se è vero che mi ha detto di fare recupero ogni 300m sulle salite ripide, è anche vero che il vecchio saggio bastardo mi ha addestrato a soffrire come si deve nei mesi scorsi. "Metti una salita stronza negli ultimi km del lunghissimo, ti abituerà a soffrire perchè in gara potrebbe capitarti una legnata sul finale, e la testa deve essere pronta". Mai parole furono più sagge: la pettata c'è, è cattiva, ma la testa si ricorda del vertical Faeta da portare in fondo alla fine di ben due lunghissimi, e quindi prevale il cervello: l'hai già fatto, lo sai cosa vuol dire farsi un vertical alla fine, dai che è l'ultimo!

Vado su, vado su, vado su e arrivo in cima.
Ci sono due fotografi, mi faccio un book fotografico degno della migliore Belen perchè sono solo ed ora ci sono 8km di discesa, solo discesa, così dicono.
Ed è una discesa corribile, decido di provare a correrla tutta. Recupero 7-8 atleti che invece la stavano camminando, ma io sento che le gambe vanno e corro concedendomi solo una pausa pipì. Ok, non vado fortissimo, ma neanche cammino, l'importante è andare costanti e io procedo.
Sono veramente contento di essere arrivato al traguardo, siamo al 71km, sono appena entrato sull'asfalto del paese di Forno, me la ricordo questa strada, via manca un chilometro...NO.
Deviazione finale, si torna indietro. Non finisce mai, mi perdo un po' d'animo e ovviamente rallento, non ho idea di quanto mancherà. Un sacco di ghirigori per le strade ed i campi del paese e finalmente arriva il maledetto cartello dell'ultimo km. Questa volta è vero, ma siamo già a 74. Vabbè, dai, ho perso tempo, ma ora arrivo ad un check che comunica all'organizzazione che sono a 500m dall'arrivo, sicuramente diranno a Giulia e ai bimbi che il loro babbo sta per arrivare. Scendo sull'asfalto, correndo piano, e vedo il traguardo. Recupero Leo e un titubante Tommaso che tagliano contenti il tanto agognato traguardo con me!

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In paese sarei arrivato in 18h30 circa, ovvero sarei anche riuscito a fare gli ultimi 20km in circa 3h20, un ottimo risultato visto la difficoltà enorme dei primi 55km.
In realtà, l'allungo a sorpresa, mi è costato altri 40min: finisco in 19h13 una gara durissima che ha veramente distrutto tutti i suoi concorrenti.
Basti pensare che quasi un terzo dei partecipanti si è ritirato per capire quanto sia stata dura.
Le condizioni del terreno dove la neve ed il fango hanno sconvolto la capacità di correre di chiunque, il caldo assurdo patito durante tutta la giornata, sono stati dei durissimi avversari da combattere, per tutti.

Io, dal canto mio, ho imparato una lezione importantissima. E' il metodo che paga, è con il metodo e la preparazione meticolosa che si affrontano difficoltà del genere, perchè quando mi sono trovato in difficoltà (ma mai in crisi, nb), attingere agli insegnamenti della nostra programmazione dei mesi scorsi e alle indicazioni per affrontare le varie fasi della gara ha fatto sì che la mia mente avesse sempre il controllo di ciò che stava succedendo. Avere il controllo significa essere sicuri, ed essere sicuri ti fa superare qualsiasi problema fisico che una gara così tosta ti presenta. Anche se la finisci in 2 ore più del previsto, perchè la difficoltà del terreno e del meteo sono purtroppo incalcolabili.

Arriva la birra, inizia la festa. E' bellissimo rivedere finalmente un pasta party dove ritrovi chi ti ha accompagnato in gara senza doverti vergognare di una mascherina. Claudia mi porta una birra, rivedo il ragazzo di Imola che è arrivato 10min prima di me perchè è andato via subito ad un ristoro, arrivano i due francesi che volevano bere la birra ai quali sventolo la birra sotto al naso per prenderli in giro ma anche per complimentarmi, arriva uno che superavo in continuo e che mai mi sarei aspettato riuscisse a finire ed invece ce l'ha fatta. Arriva persino quella bestia di Mirko, ragazzo di Roma conosciuto al Mugello due anni fa, gran cultore della birra che conclude la 100km in sole due ore più di me. Esagerato.
Che bello il mondo del trail quasi tornato alla normalità, la festa di un paese che è riuscito, nonostante le difficoltà delle restrizioni, ad organizzare un evento importante come la DXT. Festa che procede il giorno dopo coi ragazzi Survival impegnati sulla 21km ed i miei figli che si divertono a correre i 2.5km della miniDXT, con Tommy che, sprezzante del pericolo, corre a fianco a mamma per praticamente tutto il percorso!

I miei ringraziamenti vanno ovviamente ad Alberto, che mi ha sostenuto in questi mesi difficili dove le difficoltà familiari spesso mi hanno messo al tappeto, a Flavio che anche se non ce l'ha fatta a finire è stato mio compagno di allenamenti per tutta la preparazione della gara e gran consigliere dall'alto della sua esperienza, a Luca per lo scambio clandestino di bastoncini, ma soprattutto alla solita santissima Giulia che è il mio cuscino ammortizzante nella gestione di tutto ciò che non mi permette di allenarmi e che sopporta le mie mattane con l'amore di una donna che sa che fondamentalmente io ho bisogno di respirare Trail.
I miei complimenti vanno a tanti dei miei compagni di avventure. A Flavio, ancora, perchè ha saputo fermarsi prima di rendere una bella avventura un pericoloso calvario, a Claudia che ha spaccato veramente alla sua prima ultra, perchè fare 50km alla DXT come prima ultra è da donne con le mega palle ed a Melania che si conferma un trattore inarrestabile su una 50k che, come ho detto, era una signora Ultra. Ad Emanuela e a Diego, che hanno affrontato alla grande la loro prima, difficile gara di trail sulla 21km, ed ad Alessandro e Marco che comunque hanno finito una gara tosta senza problemi, anche se Ale poteva effettivamente osare qualcosa di più.

Ora la mente viaggia verso il sogno dei 100km. Quest'estate, purtroppo, questi problemi a casa non mi permetteranno di fare Courmayeur. Ma forse è meglio così, forse come prima 100 sarebbe stata troppo tosta.
Diciamo che forse il mio amato Lago d'Orta potrebbe essere ancora una volta il mio palcoscenico per una prossima tappa *___*
Vedremo!
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La Corsa della Bora 2021 di Fabiano Picco

Ricominciamo le gare trail, dopo un luuuungo stop Covid...

Gli organizzatori di Sistiana (Trieste) hanno il pelo sullo stomaco e con grande coraggio mettono in piedi questa gara rispettando tutte le indicazioni e i protocolli richiesti dalle norme Covid.

Alla fine ci saranno 1800 concorrenti, divisi su 6 gare. Le partenze saranno in tutto tipo 90... organizzazione da paura!

Non avevo in programma di andarci, ma se continuavo a non fare un caiz sarei morto obeso sulla tavola da pranzo. Un mio amico ci va, mi convince ad iscrivermi un mese prima e provo a recuperare un pò di quella forma che pian piano avevo perso (continuavo a correre, ma sempre troppo poco...). Mi iscrivo alla 57 km che è effettivamente TRAIL, c'è anche una 80 km ma è più da stradisiti. L'anno prima avevo provato a fare i 164 km e mi ero ritirato a 122.

Briefing della sera prima, 09 gennaio: Ci sarà bora a 120-150 km/h, temperatura percepita ben sotto i -5°, morirete tutti. Ok, la serenità ora c'è, dormirò tranquillo.

Sveglia alle 3.45 dopo 4-5 ore di sonno agitato. Entro in bagno, mi guardo allo specchio. Sembro stanco e stracurato, non mi taglio i capelli da 2 mesi... sovrapensiero salgo sulla bilancia. Cacchio... peso 7 kg più dell'anno scorso... Scioccante... però... un pensiero passa per la mia testa: sono i capelli! Quanto possono pesare i capelli lunghi di 2 mesi? Sicuramente sono i capelli. Sicuramente. Metto poco gel per evitare di caricare la testa ulteriormente.

Prendo tutto e parto a recuperare il mio amico Daniele, andiamo in macchina assieme rispettando rigorosamente le regole covid: mascherina e cassa di birra nel cofano per il post.

Arriviamo a Sistiana, ci danno una bustona dei rifiuti in cui inserire la borsa del cambio da mettere nel campo sportivo, ben ordinate per numero. Hanno creato dei settori, ogni 100 borse c'è una corda tesa. Porto la mia borsa nel settore destinato con il pettorale in mano... la bora a 150 all'ora mi strappa di mano il pettorale e me lo porta via... 3 secondi ed è già in fondo al campo, io parto con una corsa a balzi, saltando le corde, passando sotto altre, evitando borsoni, cavalcando transenne fino ad atterrare con un placcaggio sul pettorale. Ok! Riscaldamento fatto.

Andiamo verso il bus, la fermata è a 800 metri. Cacchio... sono le 6.14, il bus è alle 6.20... niente... ripartiamo con il riscaldamento, facciamo 800 metri ad una media di 3.40. E anche le ripetute sono state fatte. Daniele mi manda a fanc... io non ci vado: devo prendere il bus adesso.

 

Ci sono due bus, uno va in spiaggia ed è pieno di gnocca, l'altro va alla partenza dei trail. Ora... non ho capito perché ma abbiamo preso il secondo.

Arriviamo alla partenza alle 7.00, la gara parte scaglionata, siamo in una 40ina che parte a quest'ora, ognuno parte quando preferisce, tanto i tempi verranno presi real-time. Ce la prendiamo comoda, praticamente partiamo per ultimi, dopo un 5-10 minuti (setta la traccia sull'orologio, togli lo strato di vestiti di troppo, metti la frontale, cambia l'acqua al pesce...).

Dopo 10 minuti di corsa ho già richiamato indietro 30 persone che stavano sbagliando strada in vari bivi e mi trovo primo del gruppo... ma saprete individuare le balise catarifrangenti... benedetti...

Mi lascio sorpassare, non è mia intenzione tirare da subito per poi morire per strada. Tanto arriverò primo lo stesso (see….).

Dopo mezz'ora tolgo la frontale che sta schiarendo.

Correndo fa caldo, tolgo cappello e guanti, apro addirittura un po’ l'impermeabile a  momenti.

Il mio amico corre più veloce, anche se ha poca esperienza di ultratrial pian piano mi lascia indietro.

Primo ristoro a 1 ora e 15, ben organizzato: gel lavamani, sacchetti pronti con le etichette di cosa contengono, si prende cosa si vuole, si riempie la borraccia, si esce e si mangia e beve fuori distanziati. Se uno vuole prendere ancora qualcosa fa un altro giro.

Riparto.

Carso, tanto Carso, rocce, speroni, aria. Mi superano persone partite mezz'ora dopo di me, con le ali ai piedi. Io tengo il mio passo. Si sale, si scende.

Arriviamo ad una cimetta rocciosa (cippo Comici), un colle tra due vallate. 3 metri prima della cresta c'è uno del soccorso alpino: "Attento che subito c'è tanta aria, abbiamo messo delle corde, tieniti". Seee... peso 92 kg... e chi mi muove? E così scopro che le folate di bora possono letteralmente alzare di peso un botolone di 92 kg... mi butto a terra e procedo camminando a gatto per qualche metro. Poi mi alzo e procedo piegato, sferzando il vento, salutando i vari volontari che trovo nei prossimi 20 metri... che guduria!

Si risale, e si esce da dietro la montagna verso un panorama stupendo: vista mozzafiato sul golfo di Trieste, sotto a me la città e davanti il mare, che da qui sembra calmo con delle righette di schiuma bianca che posso definire carine. I fischi del vento creati dal bosco attorno a me mi lasciano intendere che quel mare in questo momento deve essere decisamente inospitale. Per fortuna non ho preso il bus della spiaggia. Peccato per le gnocche, mannaggiailcribbio.

Si scende.

Il secondo ristoro sul sito era indicato a 17 km ma non c'è, questo imprevisto mi crea un pò di disagio. A 20 km guardo dietro il pettorale dove c'è l'altimetria con indicati i ristori, lì è indicato a 22. Mi faccio coraggio e comincio a spingere, supero un 10 persone in 2 km. Inspiegabilmente tra queste persone c'è anche il mio amico Daniele! Ciaoooooo!

Il ristoro è gestito da militari, avevano troppo freddo e non hanno montato il gazebo, preferendo una soluzione dentro il rifugio in mattoni (probabilmente "i 3 porcellini" docet, con il mattone il lupo può soffiare quanto vuole). Questo fa in modo che bisogna mettersi in fila ed aspettare... faccio la coda 2 volte prima per mangiare e poi per riempire bene le borracce... 20 minuti in tutto. E mi sono raffreddato.

Parto con le mani ghiacciate, mi rimetto i guanti. Per fortuna c'è salita e mi scaldo subito. Appena torna il sangue alle dita mi scottano! Un male cane, sembra che mi esplodano le falangi... 20 secondi e poi si riassettano ad una temperatura gradevole.

Ri-supero e lascio indietro il mio amico (che era partito prima dal ristoro).

2 miniristori con solo roba da bere a distanza di ¾ d’ora. Provo il the caldo in entrambi. Con il vento il the caldo ha una temperatura tra i 5 e i 7°C. A posto...

In alcuni momenti nevica, nemmeno fiocchi, palline ghiacciate che volano leggere e creano un’atmosfera lieta, effetto vigilia di natale, ma più fredda. Molto più fredda.

Ormai è mezzogiorno, corro da 5 ore, nel mezzo dei monti, con la bora a 120 e famiglie con bambini piccoli a fare le passeggiate... ma non state bene... ma state a casa! Ma chi ve lo fa fare di andare in giro nel freddo? Ah, aspetta... anch'io sono qui... sto zitto, dai.

A momenti mi accorgo di essere mentalmente ed emotivamente stanco (piango e rido, provate voi, quando siete stanchi... è un attimo, sembro una donna in piena fase premestruale, in cinta e che ha appena partorito. Contemporaneamente). E' il caso che mi trovo un compagno di supporto sennò tra un po’ mi parte lo sclero. E magicamente Daniele mi raggiunge. Facciamo 1 ora e mezza assieme e mi riequilibrio, altro che Xanax! Il passo ormai è definito, vado a 6.00-6.30-7.00 a km, ogni tanto camminiamo e poi ripartiamo corricchiando, a velocità di crociera.

Ristoro di Opicina, 6 ore e 15 invece delle 6 ore previste, sto tendendo vergognosamente il passo rispetto alla mia previsione. Sono fiero di me. 2 bicchieri di brodo, formaggio, mortazza, ma parte un po’ la nausea e non finisco tutto.

Ripartiamo, dopo 5 minuti il mio amico comincia a staccarmi, non riesco a stargli dietro, lo lascio andare. Io ho un po’ di movimento di stomaco, rischio di abbellire il paesaggio con la mortazza e il formaggio masticati pochi minuti prima. Resisto.

5km di ciclabile, a destra ho giusto una piccola cresta di monte, che mi nasconde dalle sferzate d’aria, a sinistra il mare, 300 metri sotto di me, molto bello. Un po’ bosco, un po’ aperto, famiglie che camminano, anziani, giovani, corrono, camminano, sembra di essere sul lungomare ma nessuno è in costume e fa freddo. Forse che fa freddo l’avevo già detto, ma è giusto puntualizzare. Ci sono punti in cui ci sono pareti di roccia e “ragazzi diversamente giovani” che fanno roccia, bici che scorrazzano. E’ proprio una zona di gente a cui piace stare all’aperto. Bravi.

40 km, 8 ore, chiamo la famiglia per dire che va tutto bene (sante chê femine!).

Si vede là sotto il castello di Miramare, con lo sfondo del mare blu, e io che corro quasi fluttuando nel cielo, è una bella sensazione vedere le cose dall’alto.

Dopo Prosecco (che è il nome di un paese) si entra in un sentierino tra gli orti, molto carino, stretto, a destra e sinistra orti, o siepi, ogni tanto ci sono pezzi di mura di pietra, di roccia color ocra/verdognolo, ricoperte qua e là di muschio verde fluo o di edera, il sentiero è tutto un sali-scendi di terra e scalini di pietra irregolare. Un paio di km così. A un certo punto il sentiero si tuffa tra due mura alte 2 metri, ricoperte di muschio e tanta edera da riuscire a formare un tetto sopra il sentiero, sembra di entrare in un posto fatato. Un posto anche stretto, ho 5 cm di aria per parte da spalla a muro. Le gambe volano, mi sento bene, mi sento gasato. Finisco un avvallamento e vedo la strada che mi aspetta, 3 corridori saranno a 1 km da me: target aqqqaiiird! Adesso li prendo. Accelero leggermente e scendo, voglio superarli. Prima di raggiungerli trovo una ragazza ferma ad un bivio, mi chiede di fare un pezzo di strada con me, sta girando in tondo e non capisce come continuare la gara. Mi si accoda e procediamo. Io tengo il passo veloce, voglio superare sti 3. Li supero ma perdo la ragazza, la aspetto… uno mi ri-supera.

La incito e lei aumenta il passo. E prendiamo Daniele. Da qui 12 km di pacchia, teniamo il passo, superiamo. Siamo in 3 e non ci ammazza nessuno.

6 km all’arrivo, c’è una deviazione, fanno la foto davanti ad una grotta e poi si rientra nella strada principale. Uno ci supera tagliando. Bastar… ma che birichino! Rimurgino un po’, lo raggiungo 500 metri dopo: “Sai, c’era gente che ci faceva una foto nel bivio, probabilmente hai saltato un checkpoint”. Il tipo si blocca. Non sa cosa fare. Dopo 500 metri mi guardo indietro, non c’è. L’ho stroncato con una “frase innocente”… certo che sono bastar… birichino!

E continuiamo a correre, i crampi si fanno sentire, ma via a 6.30-7.00, tenendo il passo e superando uno ogni tanto. Mancano 500 metri e c’è un volontario che comincia a correre con noi, per indirizzarci all’arrivo, fa 300 metri con noi, condividendo la nostra gioia. Veramente un grande, non dubito che abbia corso questi 300 metri con ognuno dei 1800 corridori!Arrivo 1

All’arrivo si sente il vocalist Gilbo che urla e sbraita dando energia anche alle montagne e arriviamo finalmente alla medaglia, niente docce calde purtroppo.Birra Ghiacciata

Tanta soddisfazione, apriamo la cassa di birra che non era nel frigo ma aveva una temperatura vicino allo 0 naturalmente. Ne beviamo una, ed è già tanta roba con il freddo che abbiamo addosso…

9 ore e 36, avevo previsto 9 ore e 30 quindi benone. L’anno scorso ci avrei messo 1 ora in meno ma pace. Devo assolutamente tagliarmi i capelli.

 

 

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90...NON FA PIU'PAURA di Alessandro Tonelli

Ci sono numeri che nell’immaginario umano hanno un significato particolare.

La paura ad esempio fa 90...😅

Così il 1 agosto dell’anno del Signore 2020 decido di sfidarla attraverso una piccola (“grande per me”) impresa.

L’anno in corso doveva confermare i buoni progressi fatti durante il 2019 e quindi tante iscrizioni a gare ultra come il Maremontana, il Mugello, il DXT, il Gran Trail di Courmayeur ect ect....

Poi è arrivato LUI....il maledetto COVID-19 che ha fatto praticamente saltare tutto.

E allora abbiamo preso due strade.

Una la riconferma per l’anno prossimo di alcune gare che non avevo mai fatto, l’altra è stata quella di ricevere i vari rimborsi.

E qui arriviamo al punto.....

Già smaniavo di rinvestirli... ma come ?

Ecco che su Facebook mi appare una cosa piuttosto particolare.... non è una gara ma un Camp formativo che si svolgerà  in Val d’Aosta.

Chi pratica Trail a livello amatoriale come me non avrebbe aspettato altro visto che c’è sempre da imparare, soprattutto se fino ad ora ho fatto tutto da autodidatta.

Si parla di tecnica di corsa, di gestione mentale, di nutrizione pre e durante un UltraTrail, di abbigliamento sportivo.... insomma un sacco di cose interessanti.

Non dubito due secondi e mi iscrivo immediatamente visto che confermano le date malgrado l’ombra scura del virus che incombe sempre.

Poi arriva un attimo di esitazione.... e penso che caxxo ho confermato 🤔 sono 90 km da fare in due giorni consecutivi... accidenti!” !

Inizia ad insinuarsi qualche dubbio ma la frittata è fatta e non ho voglia di scrivere agli organizzatori che non me la sento.

Passano i giorni e intanto arrivano le mail di conferma sul luogo di ritrovo, sulla lista del materiale obbligatorio da portare e l’elenco dei partecipanti..... vabbè tuttal più mi farò dare la traccia del percorso e andrò al mio passo (penso)...

È così dicendo arriva il 31 luglio.

La settimana lavorativa l’ho organizzata in Piemonte in modo da essere vicino al luogo di ritrovo.

Arrivo nel pomeriggio accolto da una temperatura africana. Ci sono 32 gradi, il sole splende e mi concedo due passi nel centro di Courmayeur. Adocchio subito un negozio di salumi e formaggi che metto nel mirino per il ritorno. Sarà il premio come pacco gara penso 😂.

Gironzolo tra le strette vie del centro storico e mi fermo in una birreria che giudico ben fornita. Il mio fiuto difficilmente tradisce... ed ecco che attirati come delle api sul miele si avvicina un gruppo di Runner ( ormai li conosco a distanza..😂 ) quasi come se ci fossimo dati appuntamento.

Sono loro !!

Quelli del TRM ( Trail Running Movement ) che hanno iniziato precedentemente questa avventura ( 4 giorni con 170 km di percorrenza ). Ci presentiamo e sorseggiamo birra.. anche se uno prende del succo Ace e lo inquadro immediatamente come ET l’extraterrestre 👽.

Si rientra in B&B e ceniamo tutti insieme.

Quello che doveva essere un momento spensierato si rivela un supplizio ascoltando tutte le gare alle quali hanno partecipato gli elementi a tavola.

Il più scarso ha fatto corse da 120 km... io appena 4 da poco oltre 40.

Si parla di Tor des Geants da 350 km, di Bora, di Adamello fino agli istruttori che hanno partecipato alla Transpirenaica da 900 km con 55.000 D+. Tutte corse epiche !

Si parla anche di alimentazione per endurance ( gente che fa centinaia di km 🥺 ), di microchip sotto pelle per studiare le reazioni scientifiche e fisiche degli atleti.

Li ascolto e mi sembrano tutti marziani...non trovo nessuno sorpreso come me e sale l'agitazione che cerco di mascherare il meglio possibile.

Non dormo bene i dubbi diventano quasi certezze... cosa ci faccio io qui ? Vabbè...

La partenza è fissata per le 6.30.

Partiamo al passo per raggiungere il centro di Courmayeur e il buon Manuel, ci mette il “carico” come a briscola raccontandomi alcuni aneddoti della sua Marathon des Sables ( 240 km nel deserto !! ).

A questo punto mi sento mezzo spacciato ancor prima di iniziare.... 90 LA PAURA 😱 eccola.

Nel materiale obbligatorio sono vivamente consigliati i bastoncini che per abitudine non porto quasi mai. Seguo comunque il suggerimento e scelta non fu più azzeccata.

Le salite non mancheranno, anzi iniziano immediatamente per raggiungere uno dietrol’altro due rifugi ( Bertone e Bonatti ).

Mi sento bene è appena spiana inizio a correre lungo i single track, la fiducia si è di nuovo impossessata di me ma ho fatto solo una decina di km 😂.

I paesaggi mozzafiato aiutano il cervello a gestire la fatica. Si inizia ad entrare in confidenza con il gruppo.

Ci sono due autentici “eroi” Francesco e Vito che sono partiti da Bari per una toccata e fuga come dicono loro. Appena terminata la due giorni partiranno immediatamente per tornare in Puglia sciroppandosi oltre 1000 km. Il tempo di una doccia 🚿 e via...

La passione prima di tutto scrissi in un precedente articolo.... e questa è la testimonianza reale.

A pranzo sostiamo vicino ad un supermercato.

I prezzi sono da ristorante stellato ( compro un etto di bresaola ad € 8,70 ! ) ; una birra media costa circa 10 €. Un piatto di pasta precotta mi dicono 28 €.... 😱😱

Il tempo è favoloso ma il caldo è incessante.

Il gruppo che è al terzo giorno di marcia lo accusa ma nessuno si tira indietro... figurarsi io che sono fresco come una rosa🌹.

Stringo i denti e arriviamo verso Champex-Lac, l’orologio segna 46 km ma non siamo ancora arrivati... ma come !! Non dovevano essere due tappe da 45 ?

Eh....ma nel Trail alcune cose sono relative 😅 e dobbiamo sopportare ancora pochi km per arrivare nel nuovo B&B.

Spartano ma pulito. Docce e camerate in comune. Anche questa è una nuova esperienza. Spero vivamente che nessuno dei miei compagni russi e fortunatamente sono accontentato. Una bella doccia calda ristoratrice e sono pronto ad accomodarmi a tavola. Fame da lupi neanche a dirlo....

Alla vista del primo piatto il morale va sotto i tacchi; un semplice conssome’ ... brodo con due verdure che galleggiano tristemente a bordo razza 😭😭😭😭.

Ehiiii ho fatto quasi 50 km !! Voglio una mucca da mangiare....ci siam capiti ?? !!!!!

La situazione migliora decisamente quando iniziano a portare delle coffe di riso con servito a parte del ragù alla bolognese.

Riso e quintali di pane vengono divorati insieme a dell’insalata condita con le classiche salse franco svizzere.

La birra non manca e siamo felici.

Sono davvero contento di questo primo giorno dove ho assimilato tanti consigli dal Team TRM.

Cristina, Marco e Michele sono davvero dei gran professionisti.

Alle 20.45 siamo a letto e si spengono le luci.

⏰ puntata alle 3.50 visto che alle 4.30dobbiamo metterci in marcia.

Click 💡⚫️..... 90 LA PAURA 😮

La vera prova del 9 sarà domani .

Il primo giorno ero sicuro di portarlo a termine ... ma domani come staranno le mie povere gambe ?! 😑

È così arriva l’ora di alzarsi.. una bella lavata con acqua fredda per svegliarsi meglio e un abbondante colazione per ricaricare le batterie.

Luci frontali accese e si riparte.

Con mia sorpresa le gambe reagiscono bene durante i primi km e questo è di buon auspicio.

Superiamo diversi corsi d’acqua per arrivare in cima ad un passo dove assistiamo ad un alba strepitosa.

Il sole fatica ad attraversare delle nuvole grigie che incombono minacciose.

Il meteo dovrebbe salvarci fino alle 11/12. Poi danno pioggia e quindi si studia un eventuale alternativa per evitare una delle 3 faticose salite che ci attendono oggi.

Tre strappi da 7/800 mt che metteranno a dura prova i nostri polpacci.

Nell'ordine Bovine, Catogne e dulcis in fundo il Tete' aux Vents.

La bellezza del paesaggio fa luccicare gli occhi .... Il magnifico ghiacciaio del Argentiere e la vista sul Monte Bianco che piano piano scompare tra le nuvole.... Appena in tempo che fortuna 🍀.... le previsioni meteo ci hanno graziato tutto il giorno ed il percorso originale non ha subito variazioni.

Scatto foto e filmo senza tregua 😂 .. il manicotto Survival lo piazzo davanti a ghiacciai e montagne...penso a quanto sono felice di aver intrapreso questo sport e stile di vita e quando vedo Chamonix ai miei piedi arriva un po' di emozione ...inizio a correre staccando leggermente il gruppo che ride quando vengo richiamato all'ordine 😂😂... Stavo sbagliando sentiero dalla fretta....

Ormai mancano pochi km nei quali Marco ci racconta l'emozione che ti da' l'Ultra TRAIL del Monte Bianco quando arrivi in paese tra due ali di folla che applaudono dal primo all'ultimo corridore. Già mi immagino nel 2021...

Arriviamo nella piazza del paese ci abbracciamo e ci complimentiamo tutti... foto, birra e la conquista della maglia Mont Blanc.

Sono ancora in piedi... 90 non fa più paura.
Grazie a tutti...dal Team TRM ai miei straordinari compagni di viaggio.

Capitan Tonno non molla

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