The Abbots Way 2016 di Pietro Leoncini
"Vale una cento con clima normale". Ecco la frase che mi ha spinto a provare una 100 km. Un complimento, forse immeritato, fattomi dal "Guru"(quello vero, Francesco Bellinvia) dopo il Tauffi Trail a luglio 2015. Ci provo a ottobre con la Ultra Trail Le Vie di San Francesco, e lì mi ritiro al 66° km per vesciche sotto ai piedi. Sicuramente poco allenato e ancor meno preparato nei dettagli per affrontare una ultra.
Voglio la rivincita, e appena possibile, a ottobre 2015, mi iscrivo alla Abbots Way. Mi piace la storia della gara, di come è nata.
Dal sito ufficiale: "Nel 1999 un primo convegno di storici medievali sancisce di fatto l’inizio della ufficialità storica del percorso denominato Via degli Abati, con un seguente contributo scritto che tratta del cammino appenninico verso Roma con l’attraversamento di paesi di montagna.
Il tratto fungeva da scorciatoia per chi, con mezzi leggeri, voleva attraversare i monti senza percorrere strade pericolose a rischio di agguati o con eventuali gabelle dei signorotti locali.
Il monastero di Bobbio, viene fondato da un monaco irlandese, San Colombano, che attraversando l’europa, passando per la Francia, fonda importanti monasteri come Annegray e Luxeuil."
Una variante della via Francigena che da Pavia taglia verso Pontremoli evitando Parma.
Qui potete trovare tutti i dettagli https://theabbotsway.wordpress.com.
Elio “Helyos” Piccoli, Armando Rigolli e i Lupi d'Appennino valorizzano il territorio così, con questa gara, come fanno le "Aquile" con il TMP.
Inizio a macinare km e dislivello mese dopo mese. I sacrifici sono molti, e il tempo e' sempre poco, con impegni di lavoro e famigliari.
Negli allenamenti generalmente sono solo, ma spesso mi accompagnano amici atleti del gruppo Pisa Road Runners e non. In special modo lego e faccio amicizia con un losco individuo: Gabriele Ianett. Sembriamo Arnold Schwarzenegger e Danny DeVito nel film "I Gemelli"; completamente differenti, ma con gli stessi gusti in fatto di corsa.
Finalmente arriva il week-end della gara.
Mia nonna e mio padre vivono a Filattiera, a 15 km da Pontremoli, e giovedì pomeriggio ne approfitto per fagli visita; mangio e dormo da loro.
Parto con il bus da Pontremoli alle ore 13 di venerdì 22 aprile. Dopo due ore e mezzo di viaggio sono a Bobbio. Ritiro pettorale, sistemazione in ostello e sono libero di visitare il paese di Bobbio fino al briefing.
Dopo il pasta party mi fermo con Marco e altri runners a bere due birrette. Marco e' uno degli organizzatori del Ultrasupramonte, persona fantastica e molto mistica. Tra una chiacchiera e l'altra si fa l'ora di andare a letto.
Sveglia alle 4, vestizione veloce, e sono già sotto il gonfiabile. Alle 6 in punto lo "Start".
Divido mentalmente la gara in 4 pezzi da 30 km. L'obbiettivo e' arrivare a Pontremoli senza troppe pretese sul tempo impiegato, ma sarei felice di finirla in 22/24 ore. Per questo scelgo di seguire alcuni consigli che ho ricevuto: lascio il compito di dare il ritmo gara al cardiofrequenzimetro. Mi piazzo a 145/150 battiti al minuto di media, la velocità' comunque e' buona, e mi permette di spingere bene in salita e correre nei tratti in piano e discesa. Mi alimento e bevo regolarmente. Concludo la prima tappa fino a Farini in circa 4 ore. A Bardi arrivo in 8 ore e 40, ma un leggero dolore al ginocchio mi mette in allarme. Mi fermo una mezz'oretta. Mangio pasta in brodo, ritiro la sacca con il cambio e sostituisco le New Balance con le Hoka, con relativo cambio di calzini, sperando che il dolore al ginocchio passi, faccio anche qualche minuto di stretching.
Appena esco, un diluvio, e mi ritrovo di nuovo tutto zuppo. Comunque riesco a correre, il riposo e gli allungamenti hanno fatto qualcosa. Decido comunque di rallentare il ritmo. Trovo un signore di Venezia che va più' o meno al mio stesso passo e facciamo qualche km assieme. In salita spingo forte e in discesa cerco di stargli dietro, ma il dolore aumenta.
Quasi a Borgo Val di Taro sento sotto i piedi che si stanno formando delle vesciche, l'incubo riappare. Mi fermo in un casolare a cambiare i calzini e mettere abbondante crema antisfregamento. Perdo la compagnia del signore di Venezia e di un altro ragazzo che si era unito a noi. Sto pensando di nuovo al ritiro, il ginocchio non mi permette di correre in discesa, e in piano faccio poco più di un centinaio di metri poi il dolore diventa insopportabile.
E' qualche ora che non aggiorno a casa, e mentre formulo questo pensiero mi squilla il telefono. E' Alvaro, mio padre, mi avvisa che è in zona insieme a mio cugino Pietro. Mi vengono in contro in macchina e fanno il tifo per me. Questo mi dà nuove energie nascoste che credevo introvabili. Mi spingono moralmente fino a Borgo in tutti i tratti asfaltati. Un tifo da stadio.
A Borgo Val di Taro al 92°km arrivo in 15 ore e 18 minuti. Ho una fame bestia, ma al ristoro non trovo niente di sostanzioso, dicono che il prossimo "pesante" è a Valdena tra 5/6 km dopo una bella salita. Saluto e ringrazio Pietro e Alvaro per la compagnia e il supporto e riparto, dolorante, demoralizzato e affamato.
Faccio un paio di km, sono quasi deciso al ritiro, mi spiace aver deluso me stesso e gli amici ma proprio non ce la faccio più'. Inizia un tratto di asfalto, c'e' una macchina parcheggiata con i fari accesi, sento urlare, sono stordito dalla fatica e dal dolore al ginocchio, stento a riconoscere la voce, ma è Pietro con Alvaro al seguito. Ma non erano andati a casa? Sono le 23 passate e sono ancora qui?Arrivo alla macchina e aprono il cofano, ma che combinano? Non credo ai miei occhi, trovo una pizza calda calda, credo la più' buona al mondo. Sono confuso da mille emozioni contrastanti, dolore, orgoglio di avere un padre e un cugino così. Divoro meta' pizza mentre cammino. Le energia ritornano ad un livello semidecente. A Valdena mangio un minestrone e saluto di nuovo i miei "Angeli custodi".
Inizio la salita al passo del Borgallo, lunga 5 km. Mi accodo ad una coppia, credo marito e moglie. A mezzanotte sono in cresta, mi dirigo verso lago Verde. Di nuovo una macchina sul percorso, ma questa volta in pieno bosco. Non e' possibile sono di nuovo Alvaro e Pietro, ma con loro c'e' una terza persona. Forse hanno soccorso un corridore, ha lo zaino, mi viene in contro…..ma che ca**o fa questo qui? Mi saluta….."ma chi ti caa?!?! Ti levi di vi", sei sulla strada più' corta per raggiungere Pontremoli, e anche pochi centimetri voglian di'…….NO non e' possibile…..e' Gabriele, mi abbraccia, lo abbraccio e gli dò subito del bischero, ma suona come "è bello vederti". Mi dice che correrà con me fino all'arrivo.
Mancano 15 km, Pontremoli non mi scappa più', ora che ho un altro "angelo custode". Ormai cammino e basta. A volte rispondo alle domande di Gabriele a volte no, pero' continuo a camminare, il sonno si fa sentire. Mi fanno male i piedi e questo dannato ginocchio. Inizia a piovigginare, poi un bel diluvio. Siamo quasi arrivati manca pochissimo e si materializza ancora Alvaro su un tratto asfaltato, sono le 3 di notte ed e' ancora sveglio per me. Non mi fermo, pero' saluto, lui parlotta con Gabriele, scoprirò dopo che gli stava dicendo che non ce la faceva più' e che sarebbe andato a letto. Grazie babbo. Grazie Pietro. Senza di voi mi sarei sicuramente fermato a Borgo.
Siamo a Casa Corvi, a pochi km dall'arrivo, manca 10 minuti alle 4, provo a correre ma proprio ho finito tutte le energie, scoccano le 4. Arrivo a Pontremoli in 22 ore 6 minuti e 6 secondi, 50° assoluto, ma questo ha poca importanza.
Gabriele si offre di aspettarmi per riportarmi a casa, ne approfitto. Mangio un piatto di pasta, una birretta e andiamo in palestra a ritirare le borse. In macchina leggo tutti i messaggi degli amici che mi hanno seguito in questo "viaggio"; vi assicuro che la vostra energia e' arrivata, non so come, ma e' arrivata.
Grazie a tutti.
Arrivo a casa alle 5:20 e Lara è già sveglia per andare a correre alle 3 Province, facciamo colazione assieme, faccio finalmente la doccia e crollo sul letto.
Un grazie speciale va ad Alvaro e Pietro.
Per Gabriele, invece, purtroppo non ho parole per esprimere la mia gratitudine. Spero solo di dimostrare nei fatti, quello che tu invece hai già' dimostrato. Ti voglio bene "Fratello Gemello".