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Cro Magnon 2017 di Pietro Leoncini

Cro Magnon 2017

Per me questa è la gara dell’anno. Ci tengo molto a finirla. Come per la Abbots Way, il Cro Magnon parte da un posto A e arriva ad un posto B, un viaggio vero e proprio. Da Limone Piemonte a Menton attraversando le Alpi Marittime per 115 km e 7000 d+.

Io e Gabriele ci iscriviamo appena aprono le iscrizioni, Francesco Bellinvia e Marcello Villani lo fanno qualche mese dopo. Passa il tempo e ci avviciniamo a luglio. Marcello purtroppo deve rinunciare per qualche acciacco alla caviglia, per non compromettere la PTL (350 km) che avrà ad agosto.

Partiamo tutti e tre giovedì 6 luglio (tra l'altro oggi faccio 20 anni di matrimonio, santa Lara, grazie) di pomeriggio direzione Ventimiglia. Ci fermiamo ad una decina di km dal confine dove abbiamo prenotato in un B&B. Cena a base di pizza, birra e tante chiacchiere. Qui scopro che Francesco è di un ansioso pregare incredibile, altro che “GURU”.

La mattina dopo ci svegliamo con calma, facciamo colazione e ci avviamo all’appuntamento fissato per le 10 con i pulman a Menton, che ci porteranno a Limone Piemonte, la partenza è prevista per le 17 del 7 luglio.

Arriviamo che sono le 13 e usufruiamo della convenzione con uno dei locali in centro, Gabriele e Francesco mangiano solo pasta, io preferisco assaggiare qualcosa di tipico, e mi faccio fare un trittico di assaggi dei piatti del giorno e doppia porzione di tiramisù. Naturalmente vengo scherzosamente spregiato dai due. Dopo pranzo ritiriamo il pettorale, e ci vestiamo per la gara. Manca ancora un paio d’ore allo start e ci sistemiamo su un prato all’ombra e ci rilassiamo un pò.

Alle 17 in punto lo start. Usciamo dal paese salendo un paio di km di asfalto, poi svoltiamo improvvisamente a sinistre e prendiamo un sentiero in sottobosco.

Voglio partire molto piano, il caldo è torrido nonostante i 1000 metri slm perciò

rimango appositamente incolonnato a metà gruppo dietro ad altri atleti, questa tattica spero mi aiuti a gestire il mio carattere eccessivamente competitivo, causa di alcuni ritiri e/o forti crisi

Dopo appena 5 km un primo punto acqua, mi fermo a riempire velocemente una sola borraccia utilizzata finora. Il sentiero si apre e rimaniamo completamente scoperti al sole su un sentiero che sale ripido fino a Punta Melossa a 2100 metri slm.

Su questo tratto alcuni concorrenti si fermano a riprendere fiato, e con il mio passo lento ma costante sorpasso, ma vengo anche sorpassato, poco male, la gara è lunghissima.

Bevo e mangio regolarmente alternando solido e gel. Attorno al km 15 mi fermo a riempire le borracce d’acqua buonissima in un ruscello di alta montagna, siamo a 2300 metri slm, e non credo siano inquinate queste sorgenti. Alle 20.40 sono al Rifugio Garelli, mi fermo pochissimo, mi ricarico di liquidi e basta, voglio sfruttare a pieno le ore del giorno. Proseguo in un sali-scendi continuo, a volte il sentiero è tecnico e difficile, a volte si trovano zone ben battute dove si può accelerare e guardare un po' il panorama mentre si corre.

Siamo nel bel mezzo delle Alpi Meridionali e corriamo costantemente sopra i 2000 metri. In questi luoghi ha vissuto un nostro antenato, l’uomo di CRO-MAGNON, da qui il nome della gara.

Il buio arriva e mi costringe ad accendere la frontale, ma quando il percorso lo permette la spengo, preferendo la luce naturale della luna, che fortunatamente oggi è piena e luminosissima. La sensazione è di essere un cacciatore primitivo che rincorre la sua preda durante le ore notturne.

Alle ore 23 circa arrivo al Rifugio Don Barbera km 26.7, mi avvicino al tavolo del ristoro e trovo Gabriele e Francesco in piena crisi, uno per caduta e l’altro per problemi gastrointestinali, comunque ripartono subito. Io mangio una minestrina con pasta bella calda, mi cambio i calzini e rimangio altri dolci e frutta appena prima di ripartire dopo 10 minuti di sosta.

Da qui dopo circa 6 km risaliamo fino al punto più alto della gara a 2400 metri slm passando vicino al monte Bertrand.

In questa fase di gara sono spesso solo, alterno corsa a camminata veloce. Al km 47 in località Baisse de Sanson, c’è il secondo ristoro completo, mangio e bevo a volontà e vorrei dormire una mezzora, ma appena chiudo occhio vengo svegliato da uno che vomita proprio accanto alla tenda dove dormo. Una volta svegliato in questo modo, m’innervosisco, mi alzo e riparto dopo soli 20 minuti di sosta.

Il percorso risale di nuovo e se prima eravamo sempre su sentiero stretto, ora per la maggior parte pesto forestali belle larghe. In salita cammino sempre e in discesa cerco di correre risparmiando le mie ginocchia, so che alla lunga saranno loro a pagare il prezzo più alto.

Dopo 6 km di discesa spacca gambe e le prime luci del sole arrivo esausto a Saorge. Qui rifaccio il pieno alle borracce e mi ingozzo di kinder brioss, ne mangio forse 5 uno dietro l’altro assieme a pezzi di cioccolato e nocciole.

Riparto felice, ma con la digestione a pieno ritmo. Infatti pago dazio alla salita successiva. Dal km 68.8 al km 80 con un 600 d+ impiego 2 ore e 40 minuti.

Arrivato a Breil, base vita, mangio un bel piatto di pasta e bevo una birra mi cambio di nuovo i calzini, e aggiungo una borraccia da ½ litro alla mia dotazione, arrivando così a 2 litri disponibili. Nel mentre sto per ripartire vedo arrivare Francesco, che mi aveva precedentemente superato, dicendomi che ha sbagliato strada e che ha fatto circa 4 km in più.

Decido di non aspettarlo e riparto. Sono le 10 e mezzo circa e il caldo è veramente micidiale. Il sentiero che imbocco sarebbe tutto da correre ma non ce la faccio e alterno la camminata, e quando lo faccio bevo in continuazione.

La salita prima del paese di Piene Haute (km 88) mi mette veramente alla prova, devo fermarmi spesso a rifiatare per diminuire la sudorazione. Arrivato al centro del paese mi immergo sotto la fontana e bevo a volontà.

Da qui fino a Sospel (km 98) è tutto corribile e per un po' riesco a farlo bene, e recupero 9 posizioni. Sotto il tendone mi faccio servire thè freddo e anguria ghiacciata. Mangio anche qualche pezzo di crostata, ma non va giù e per farlo ci butto dietro altra anguria. Ho i piedi che bollono e il corpo ha bisogno di riposo, decido di levarmi le scarpe e calze e di dormire nel prato difronte al ristoro all’ombra di un bell’albero. Dopo 20 minuti mi sveglio riposato e pronto per l’ultima tappa 16 km e 1000 metri D+.

La prima parte della salita è su asfalto e poi forestale. Mentre salgo cerco sempre l’ombra evitando di stare in mezzo alla strada al sole. Dopo poco la forestale di trasforma in sentiero molto ripido. La sudorazione è elevatissima e un paio di volte mi sono letteralmente buttato a terra per evitare lo svenimento o colpo di calore. I km sembrano non passare mai, cerco di distrarmi il più possibile. Mi fisso nella testa “4 birre”, questo sarà il mio mantra fino alla fine della gara. “4 birre” Pietro sono quelle che ti meriti per questo calvario. Soffro, ma questo “4 birre” in testa mi mette il sorriso. Mentre raggiungo un corridore mi scappa detto a voce alta, “Come dici amico?” “No, niente. Mi dicevo 4 birre, sono quelle che mi scolo quando arrivo a Menton” “Ben detto, amico”.

Appena prima dell’ultimo ristoro al km 108 mi sorpassa in discesa il primo della gara da 35 km. “4 birre” Pietro. Mangio e bevo quello che il corpo mi permette di mangiare senza avere la nausea, e riparto per gli ultimi 200 d+. Dai dai…..“4 birre” Pietro.

Arrivo al Passo Berceau e mi fiondo in discesa. “4 birre” Pietro. Dopo poche centinaia di metri su un sentiero sassoso e molto scivoloso le mie ginocchia chiedono già pietà. Rallento e cerco di tenermi per altri tratti più corribili, scendo camminando.

A Castellar (km 111) inizio a correre, voglio queste “4 birre”. Sorpasso un altro concorrente, e altri della gara corta mi sorpassano. Provo a seguirli, ma non riesco.

Arrivo a Menton “vecchia”, scendo gli scalini godendomi il saluto di quelli che incontro, faccio il sotto passo “à la plage” visto tante volte in foto e nei video. Corro gli ultimi metri applaudito da tantissima gente e fermo il crono in 26 ore e 46 minuti, 52 esimo su 81 arrivati e 183 partenti.

Appena dopo l’arrivo, senza fare la doccia, mi dirigo al “pasta party”. “4 birre”. “hei come dici amico?” “No nulla, dove le danno le birre qui dentro?” “La in fondo al bancone”.

Mangio un piatto di pasta, bevendo 1 birra fresca. Mi calmo un attimo e mi ripiglio.

Vado a fare la doccia con calma e mentre guardo il cellulare, scopro che Gabriele si è ritirato al km 80. Appena cambiato e profumato lo chiamo, e ci diamo appuntamento al ristoro. Mi dirigo a “riscuotere” le altre 3 birre che mi spettano, ma queste le bevo in compagnia di Gabriele e Francesco.

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Quadrifoglio Ultra Trail 2016 60 km di Pietro Leoncini

Partiamo venerdì pomeriggio io, Chiara e Letizia con il camper di Chiara.
Arrivati a Borgo Val di Taro parcheggiamo la nostra casa viaggiante e andiamo a ritirare il pettorale, e visto che ci siamo ci facciamo una bella birretta ghiacciata, tanto per gradire.
Alle 20 siamo di nuovo con le gambe sotto ad un tavolino, questa volta per il pasta party. Tutto il cibo servito è stato preparato dai ragazzi della locale scuola alberghiera; non vi dico la bontà e la quantità di cibo ingurgitato, il tutto naturalmente annaffiato da buona birra.
Dopo il briefing, tutti a letto, che domani io e Chiara saremo sulla 60 km e Letizia nel pomeriggio sulla 24 km.
La mattina ci svegliamo un po´ insonnoliti, io e Chiara non abbiamo dormito molto, forse la tensione pre-gara. Letizia è fresca come una rosa, ha dormito come un ghiro. Colazione, vestizione, e ci dirigiamo al gonfiabile dove partiremo alle 8 in punto.
Prima dello start incrociamo il Guru (6° nella 60 km e primo sul podio di categoria) e il Matteoli (vincitore della 60 km) facciamo due chiacchiere, e scazziamo parecchio. Chiara viene anche intervistata da una rete televisiva locale. Io e Letizia ci schiantiamo dalle risate nel vedere la scena.
Pronti via. Ogni uno tiene il suo passo, e farà la sua gara.
Parto piano cercando di capire se i miei problemi al ginocchio sinistro sarebbero riapparsi. Salgo il monte Molinatico alternando corsa a camminata, per scelta non ho portato i bastoncini, arrivo in vetta in un’ora e 48 minuti. Anche in discesa cerco di trattenermi. Finisco il primo petalo di 27 km e 1200 d+ circa in 3:20 al 26esima posizione senza alcun dolore. Mangio, e bevo a volontà e visto che posso prendo dalla sacca i bastoncini. Riparto e sul ponte, in un pezzo in comune tra primo e secondo petalo, incroci Chiara, ci salutiamo con un cinque, è tranquilla e sorridente come sempre.
Da qui in poi fino a passo del Borgallo, il percorso è in comune con la Abbots Way che ho appena corso un mese fa. Conosco bene il percorso e inizio a spingere in salita. Arrivo al km 44 in 6:12 in località Zum Zeri recuperando 10 posizioni. Anche qui mangio e bevo molto al ristoro. Faccio l´ultima salita sulla pista nera della stazione sciistica e mi butto forte in discesa. Il ginocchio regge bene e corro quasi tutti i tratti della lunga discesa. Mi fermo solo ad un ristoro dove mangio un pezzo di salsiccia arrosto e un bel bicchiere di birra gelata.

Chiudo la gara in 8 ore e 5 minuti in 16esima posizione, con pochi dolori al contrario della Abbots Way dove ero moribondo.

Dopo la doccia e un pasto non meno succulento del giorno prima, abbiamo ripreso il camper e siamo rientrati a Pisa.

Nella sua semplicità di percorso, senza grosse difficoltà tecniche, i ragazzi dell´organizzazione hanno creato questo ultra trail di 100 km (60 km, 24 km e 13 km non competitiva) per far avvicinare i meno esperti a questa distanza. Ti senti sempre protetto dall´alto numero di personale sul percorso, tutti molto gentili, e ristori sempre ben forniti di ogni ben di Dio.
Nell´iscrizione era compreso:
- cena del venerdì e del dopo gara con birra e gelato.
- pernotto in palestra su brandine extra lusso
- pacco gara con parmigiano reggiano, confettura di more, confezione di funghi (tutti prodotto locali), bandana, gel.
Paesaggi bellissimi.


Vorrei ringraziare i miei compagni di viaggio Chiara e Letizia
Faccio i complimenti a Chiara per la sua prima 60 km, sesta assoluta tra le donne e a Letizia per la splendida prestazione sulla 24 km.

I complimenti vanno anche a Pietro, mio cugino, che dopo avermi seguito alla Abbots Way come spettatore, si è talmente appassionato che si è iscrivere alla 24 km con solo una decina di allenamenti finendola in sesta posizione di categoria, una roccia di 51 anni!!!!!

Un grazie speciale ad Alvaro per il supporto morale durante il percorso e all´arrivo.

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Dolomiti Extreme Trail 2017 di Gabriele Ianett

ANTEFATTO

Era circa un anno fa, quando entrando nel suo ufficio, Giancarlo mi chiese: “la conosci questa corsa?”. Scrisse qualche parola sulla tastiera del computer e girò il monitor verso di me. In alto c’era scritto Dolomiti Extreme Trail.

L’avevo già sentita, ma per me era una delle tante. Non ne sapevo molto.

Ostia Madonna, questi sono tutti matti! Li ho trovati per i sentieri lo scorso weekend…hanno degli zaini pieni di tasche…si infilano il mangiare ovunque”. Aprì la mappa della 103Km ed iniziò a spiegarmi nel dettaglio ogni passaggio del percorso. Conosceva alla perfezione ogni metro di quei sentieri. Facemmo il tour virtuale diverse volte. Gli brillavano gli occhi ogni volta che parlava dei suoi monti, e sul suo volto si accendeva una luce viva, inconfondibile: era amore.

Eppure era incredulo anche lui delle difficoltà di questa gara. Troppe salite dure e troppe discese impegnative da farsi tutte in una sola volta. Troppe. La presi come un guanto di sfida e gli dissi “Il prossimo anno la faccio, però lei viene a seguirmi”. Accettò. Ero felicissimo, perché per me rappresentava un altro modo di mostrargli la mia gratitudine per tutto quello che mi aveva insegnato in 14 anni di collaborazione. Nei mesi successivi ne riparlammo spesso, ed ogni volta mi guardava sorridendo quasi a dire “secondo me non ce la fai…”. Io rispondevo sistematicamente con un sogghigno “vedremo…la stupirò…”.

Convincere Pietro fu la cosa più semplice!!! A dicembre, appena aperte le iscrizioni, eravamo già iscritti all’UltraTrail da 103Km. 

A febbraio, purtroppo, Giancarlo parte per un altro viaggio. Il più importante.

Nel vuoto incolmabile che lascia, immagino la DXT come un piccolo cordone ombelicale che ci tiene ancora uniti. Un’opportunità per incontrarci ancora una volta, lassù da qualche parte lungo i suoi sentieri. Non sarà una gara, non sarà un viaggio. Sarà un pellegrinaggio.

INTRODUZIONE

DXT, acronimo di Dolomiti Extreme Trail. Quattro diverse competizioni: MiniDXT da 2Km per i bambini, Corto da 23Km, Medio da 53Km e Lungo da 103Km. Siamo nel contesto della bellissima Val di Zoldo dove a farla da padrona sono le due cime più rappresentative, il Civetta ed il Pelmo. Ma l’attrazione principale rimane il sentiero Tivan. Quest’anno è agibile e quindi si farà.

L’Ultratrail da 103Km compie il giro completo di tutta la catena montuosa che racchiude la valle. La partenza è da Forno di Zoldo, l’arrivo è a Pieve di Zoldo. Il dislivello è di quelli importanti: 7200 D+. Ma al di là del numero, che fa figo da sventolare ai quattro venti, quello che fa veramente impressione sono la durezza di alcuni tratti di salita sommati alla difficoltà di talune discese.

L’organizzazione è mostruosa. Un numero su tutti: 350 volontari disseminati lungo il tracciato. Facendo i conti dell’oste, viene una media di 1 volontario ogni 300m. La notte, in molti tratti sarà proprio così.

Gli iscritti per le tre competizioni da “adulti” sono oltre 650. Le nazioni partecipanti sono ben 35. Nel corso del week end mi trovo a parlare più inglese che italiano.

Il pubblico è fantastico. Ne troviamo tanto lungo il percorso, anche di notte. Incitano, incoraggiano, applaudono. Abbiamo bisogno di loro e loro sono lì con noi. E’ la conferma che di belle persone in giro ce ne sono ancora un po’ di esemplari. Grazie!

Il bitume è irrisorio: sui 103Km del tracciato, credo che non si arrivi a 5Km di asfalto, di cui due in partenza ed uno nell’ultimo Km. Questo è un trail a tutti gli effetti.

Capitolo 1. Avvicinamento alla gara

Dopo i 97Km della Abbots Way, io e Pietro riusciamo a fare un bel lungo di allenamento, sperimentando la 60Km della Ultrapuanica. Per il resto ci arrangiamo con uscite principalmente bitumose: Bussiniane io, autogestite lui. Ci presentiamo al via non certo con velleità di classifica. Però siamo carichissimi.

Lo start è fissato per le ore 19:30 del venerdì a Forno di Zoldo. Decidiamo di trasferirci in Valle già dal giovedì, per goderci con la giusta calma tutto il pre-gara e non rischiare di arrivare già stanchi in partenza.

Giovedì ore 14:00 in punto sono sotto casa sua, con la macchina già stracarica. Lui è giù che mi aspetta da mezz’ora abbondante.  Nel frattempo mi intasa il cellulare di messaggi WhatsApp.  Prima di farlo montare in macchina gli tiro una secchiata di bromuro per farlo calmare un po’, ma il dosaggio è troppo basso e l’effetto è pressoché irrilevante. Funziona meglio il tachimetro della macchina che quando segna 207 lo rende afono e insolitamente mansueto. Buon farmaco questo. Il viaggio scivola via alla grande. Il navigatore ci da l’arrivo per le ore 18:00. A Padova ci fermiamo per una breve sosta…mai scelta fu D+ sbagliata. Ripartiamo e dopo pochi Km, al bivio per Venezia, troviamo un pullman in fiamme. Dobbiamo cambiare strada. Arriviamo a Zoldo che sono le 19:00.

Prima tappa, il ritiro dei pettorali. Saliamo alla Pieve e parcheggiamo. Io allestisco al volo lo zaino con il materiale obbligatorio. Qui lo controllano sul serio e lo punzonano pure. Ritiriamo il pettorale: un 65 per me ed un 52 per lui, grazie. Quindi andiamo provare le scarpe…le che??? Le scarpeee!!! Qui il pacco gara sono un paio di scarpe della Haglofs di valore commerciale pari al costo dell’iscrizione. Unica peculiarità è che per averle dobbiamo coprire almeno metà del percorso, tradotto in pratica, dobbiamo arrivare almeno al passo Staulanza. Qui trovo, a parer mio, l’unica falla di tutto il sistema organizzativo: almeno una maglietta commemorativa da 2 euro avrebbero potuto darcela. Ma vista l’organizzazione totale, sono ampiamente perdonati.

Ok, adesso possiamo andare al B&B che poi qui si chiama Garnì…siamo a Pecol, quindi alloggiamo al Garnì Pecol. Semplice. Su Excel questa funzione si chiama Concatena. Ovviamente riusciamo a perderci anche questa volta! Siamo veramente i numeri uno dello smarrimento. Ci chiamano i fratelli Tom (...TomTom, per chi un l’avesse capita!). La camera è spaziosa, abbiamo anche un bel terrazzo. Se non fosse per una struttura legnosa ricoperta di foglie, volgarmente detta albero, avremmo anche una bellissima vista sul Pelmo (monte, non pom…). Vorremmo farci una doccia, ma siccome non c’è il phon decidiamo di non farla: è vero, lo giuro! Ormai è l’ora del Carboload e la pizzeria ci aspetta. Manco a dirlo, sbaglio strada, ma di poco…la pizzeria è a Nord e io vado a Sud, oppure il contrario. Boh, non l’ho ancora capito. Però, grazie a Tom, ci arriviamo (…il trucco del TomTom sta proprio qui: un Tom ci indovina e l’altro sbaglia. Sempre. Quindi prima o poi nel posto giusto ci arriviamo. Ma è vero anche il contrario. Vabbè dai…). Tutte coppie di trailrunner. Tutte coppie maschio-femmina, tranne una…e la cameriera se la ride. Di continuo. Pizza&Birra, Birra&Pizza. Torniamo in camera e ci addobbiamo per la notte. Lui si mette una vestaglia ricamata, veramente sexy. Mi fa le fusa. Mi invita nel suo letto. Io ringrazio ma rifiuto l’invito, dando la colpa al mal di testa. Il sonno prende il sopravvento e le nostre stanche membra si lasciano cullare dal dolce silenzio Zoldiano.

Ore 8:00 la sveglia. Scendiamo per la colazione. Clima estremamente famigliare. Colazione semplice e genuina. Conosciamo un simpatico trailrunner francese. Pietro lo invita al nostro tavolo. Conversiamo in inglese (Pietro azzarda anche qualche frase in francese). Scopriamo essere uno dei campioni mondiali di logorroica. Ben presto ci pentiamo di averlo invitato al tavolo: non si cheta una frazione di secondo. In 15 minuti ci racconta tutta la sua vita. Da giovane è stato vicecampionemondiale di corsa su pista ai campionati di Frittole. Domani correrà la 53Km. Esausti ci congediamo e risaliamo nelle nostre stanze.

Io devo allestire ancora tutto: zaino e sacche da consegnare all’organizzazione (Base vita e arrivo). Pietro in dieci minuti fa tutto, io ci impiego oltre un’ora. Ho sicuramente più alimenti io di un supermercato locale: invado il letto matrimoniale di cose da mangiare ed inizio la cernita. Verso le 10:30 riusciamo a lasciare il Garnì. Mentre scendo per andare a pagare trovo due nipponici che mi chiedono indicazioni in inglese. Memore del logorroico transalpino, faccio finta di non capire e li ignoro. Saldo la camera e vado alla macchina. Chi ci trovo? Pietro che sta dando indicazioni ai nipponici! Io faccio il vago e parlo solo in Pisano con calata di Tramontana. Pietro li congeda. Entriamo in macchina, stiamo per partire, e chi arriva? Il logorroico transalpino!!! Noooooooo. Attacca un altro pippone epico. Ci fa vedere anche foto e filmati delle sue imprese. Pietro gli fa notare stizzito che se non ci sono belle ragazze nel mezzo, a lui non interessa. Dopo 15 minuti di filmati e racconti Tom mi intima di accendere la macchina. Mentre infilo la chiave, lui fa un bel sorriso al transalpino e salutandolo gli chiude la portiera in faccia. Oh, quando ce vò, ce vò! Deh!!!

Deh san is sciaining…giornata bellissima. Decidiamo di fare un sopralluogo al Passo Staulanza. Basevita per la nostra gara. Arriviamo sulla statale…e adesso dove giriamo? Un Tom dice a destra e l’altro Tom ovviamente a sinistra. Quale Tom avrà ragione? Consultiamo GoogleMaps che è meglio…giriamo a sinistra!

Saliamo verso il passo non senza fermarci a fare foto e riprese. Paesaggi da favola. Nel frattempo un coleottero scrocca un passaggio, posizionandosi sopra allo specchietto retrovisore. Il rifugio è immerso nel verde. L’allestimento per il passaggio della gara è già stato completato. C’è aria di pace e calma in questo posto. Ci godiamo un buon caffè. Proviamo ad addentrarci sul sentiero che dovremo affrontare l’indomani dopo la ripartenza, così tanto per fare un check. Vorremmo andare a vedere le “Orme dei dinosauri”, ma sono ad un’ora di cammino e non ci sembra proprio il caso. Ci rilassiamo ancora un po’ in questo luogo Zen. Orgasmo dei sensi.

Si è fatta l’ora del pranzo e scendiamo a valle. Alla Pieve c’è il Pasta Party permanente. Sfruttiamo i nostri buoni pasto. Mangiamo la nostra razione di pasta con tanto grana, annaffiando il tutto con la solita Birra. La fatica che ci attende è tanta, abbiamo bisogno di incamerare calorie…vile scusa per concederci anche una ottima coppa gelato. E ora relax: ci sdraiamo un paio di ore sotto ad alcuni alberi, nelle vicinanze del torrente e stacchiamo completamente la spina.

Ore 16:30, si è fatta l’ora. Ci cambiamo alla macchina, con molta camma. Consegniamo le sacche con i cambi per la base vita e per l’arrivo. Prendiamo la navetta per andare in zona arrivo dove il programma prevede il briefing pregara per le ore 17:30. Arriviamo puntuali, ma inutilmente. Il briefing è spostato in zona partenza per le ore 19:00. Evvai. Scendiamo a piedi verso la zona partenza: sono dieci minuti di cammino. Ci accaparriamo un tavolino alla gelateria delle coppe gelato, che guarda caso è proprio accanto al gonfiabile della partenza. Due caffè sono la tassa dovuta per il parcheggio delle nostre membra sulle seggiole e per l’utilizzo del bagno. Il relax cede lentamente il passo alla tenZione. Smettiamo di parlare, e questo è un bene. I nostri volti sono sempre sorridenti, ma decisamente più tesi. La zona partenza si popola rapidamente. La pasticceria si piena in ogni suo pertugio. Lo speaker parla. C’è un gruppo che suona, ma è meglio la musica del DJ. Ai vigili prudono le mani per multare alcune macchine parcheggiate in divieto di sosta. Ma un proclama dello speaker salva gli sbadati autisti. Annunciano il briefing, ma io non mi accorgo di nulla. Rimango con l’amletico dubbio: ma è stato fatto? Intanto arrivano i Top Runner, i CR7 del settore. Gli speaker raddoppiano, diventano una coppia etero. Lei decisamente meglio di lui, e non perché è assessore o perché parla in inglese. I pavoni mostrano le loro bellissime code. C’è un sacco di gente. L’aver anticipato la partenza di tre ore, sicuramente ha valorizzato anche la fase di partenza. Bravi. Osservo tutto con leggero distacco. La tensione e la concentrazione sono totali, ed ormai hanno preso il sopravvento. Cerco solo di gestirle. Mi sento veramente bene, ho voglia di questa nuova avventura. Penso a Giancarlo, gli mando qualche whatsapp mentale. Vago leggero in questa bellissima aria frizzante di pre-gara. Osservo gli altri: vestiario, zaini, scarpe, racchette… cerco nuovi spunti, nuove idee. Sarei potuto rimanere in questo limbo per ore, ma all’improvviso ci chiamano tutti nella zona partenza. Dai, ci siamo. Cerco Pietro. E’ ancora sbivaccato sulla seggiola della pasticceria. La sua faccia parla da sola…si alza, sistema le ultime cose, ed entriamo nella rampa di lancio. Entusiasmo alle stelle: c’è la musica, il frastuono degli speakers che parlano quasi più del transalpino, fotografi, pubblico, vigili. Ci siamo noi, centosettantasette partenti, su duecento iscritti. Centosettantasette volti sorridenti. Centosettantasette percorsi di vita differenti…fino allo start. Non appena passeremo sotto al gonfiabile diventeremo di tutti uno solo, perché il trail prima di tutto è unione, amicizia e solidarietà: spirito trail lo chiamano.

Manca meno di un minuto. Accendo la GoPro. Lo Speaker ci invita a fare tutti assieme la parte finale del conto alla rovescia…10…9…8…7…6…5…4…3…2…1…PARTITI! E che il viaggio abbia inizio…

Capitolo 2. La gara

2.1 Da Forno di Zoldo al Rifugio Staulanza

Sterziamo subito a sinistra ed iniziamo un primo tratto in leggera discesa. Sono circa 2Km di bitume. Il tifo è da stadio. Emozioni bellissime. Il passo è intorno ai 4:50 min/Km. Entriamo in una galleria e ovviamente ha inizio il test per stabilire chi è il più scemo: ognuno urla una bischerata che viene prontamente amplificata dall’eco. Ci rintroniamo la testa bene bene. Appena fuori dalla galleria, sterziamo a destra ed abbandoniamo il bitume.

Sappiamo che i primi 15Km devono essere affrontati con tranquillità perché ci aspetta da subito una salita molto impegnativa. Saliremo di circa 1000 metri di altitudine, ma compiendo già quasi 2000 D+. Non male come aperitrail.

I primi Km sono sempre i più divertenti perché si incontrano i personaggi più folkloristici. E qui ne ho trovati.

C’è il palestrato, con maglietta iperminimalista che fa freddo anche quando è caldo. Va avanti a sparate. Mi passa, allunga. Lo ritrovo più di una volta intento a trangugiare pillole del potere. Ripassa a tutta randa, si riferma. Affronta un tratto di discesa che sembra indemoniato, fa quasi a spallate, chiede spazio. Oh nini, non siamo nemmeno al decimo Km, ma dove vai? Comunque è tenace e lo incrocio varie volte fino al secondo ristoro. L’ultima volta che lo trovo però mi fa un pò pena…è buio, comincia a fare freddo, ci siamo tutti coperti ben bene e lui è ancora con la canottierina iperminimalista. Mah…

C’è quello sdraiato bocconi lungo il percorso, con la faccia raccolta nelle mani, che sembra morto. Mi fermo preoccupato e gli chiedo “Tutto ok?”…niente….tenZione…con tono di voce più alto ripeto la domanda. Si volta, mi fa un mezzo sorriso e risponde “it’s a break”. “Te un sei normale”, penZo io, mentre il mio sangue torna a circolare.

C’è la ragazza dell’Est, che la vedi in partenza vestita come la figliola di Fantozzi. Non le daresti una lira, invece proprio quell’abbigliamento stile  clochard mi fa sospettare che la giovine sia una tosta. E dimostrerà di esserlo, eccome.

C’è l’insicuro, che per due volte, dopo avermi staccato, si ferma ad aspettarmi per avere conferma di non aver sbagliato percorso. Oltretutto proprio a me ti affidi???

C’è il nipponico che al novantesimo chilometro si butta giù per una discesa boschiva assai insidiosa, ad una velocità folle. La freschezza è quella dei primi venti Km, ma sul percorso siamo al novantesimo. Meraviglia dei musi gialli.

C’è quella bizzarra dal capello rosso tinto e il gonnellino spagnoleggiante. Il maligno potrebbe chiederle se si sia confusa con una corrida. Lei risponderebbe a tono, visto che sarà la prima tra le donne a tagliare il traguardo della 103Km. Chapeau.

La prima salita è in gran parte un singletrack ed inevitabilmente genera un po’ di caos. Io e Pietro ci separiamo quasi subito. Ci siamo lasciati liberi di andare ognuno del proprio passo: corriamo con stimoli e per fini completamente differenti. Ci rivedremo alla macchina, la sera successiva.

Salgo del mio passo, concentrato, cercando di non farmi influenzare dal passo degli altri compagni di viaggio. Penso alle parole di Pietro “l’ideale è correre avendo la sensazione di essere fermi” e le faccio mie. Invio WhatsApp mentali a Giancarlo. Arriviamo al primo ristoro di liquidi: riempio la borraccia e riparto. Nel mentre faccio per infilarla nella tasca posteriore dello zaino, si riapre il tappo e mi rovescio addosso buon parte del suo contenuto. Iniziamo bene!

Le ultime ore di luce passano rapidamente. Ho un brivido enorme quando terminata una delle ultime riprese fatte al tramonto, mi scivola di mano la GoPro. Inizia a rotolare in un dirupo. Il mio pensiero va immediatamente al cicchetto che beccherò da Flavia. La GoPro si ferma miracolosamente su un ramo, un metro più in basso. Giuro che è andata così. La recupero e ringrazio. Intanto la visibilità cala rapidamente e tutti aspettiamo il momento più opportuno per fermarci e mettere l’assetto notturno: lo troviamo in cima alla salita. Dei volontari ci informano che da lì avremo un po’ di discesa, prima di salire nuovamente. E’ il momento giusto per il pit-stop. Tiriamo fuori le frontali e accendiamo le luci rosse lampeggianti dietro gli zaini. Qualcuno si veste di più. Io aspetto, la temperatura è ancora gradevole.

Siamo ancora un bel gruppone, ed è bello vedere il serpentone di luci salire sulla montagna. Arriviamo al secondo punto di ristoro, composto in realtà da quattro fontanelle naturali. Adesso inizia a fare freddino e dobbiamo salire ancora molto di quota. Decido di mettermi una maglia a maniche lunghe. Qui incontro per l’ultima volta il tipo muscoloso dalla maglia iperminimalista. Qui provo pena per lui. Questa volta riparto senza incidenti.

La filosofia di viaggio è sempre la stessa. Rapidamente raggiungo il primo ristoro solido/liquido: il Rifugio Pramperet. Entro dentro e mi trovo davanti un banchetto nuziale: ci sono due tavole imbastite di tutto il possibile tra dolce e salato. Rimango sbalordito, e penso subito a Pietro “ora voglio vedere se si lamenta”. Spero di vederlo arrivare. Nel frattempo mangio un po di cose salate, mi godo una bella scodella di brodo caldo con la pasta, e chiudo con un po di dolce. Ci sarebbe anche il caffè, ma evito, altrimenti rischio di dover chiedere anche una grappa e una sigaretta. Recupero le racchette e riparto. Inizia un bel tratto di discesa. I primi minuti sono difficili, perché inevitabilmente mi è entrato un po di freddo. Soprattutto alle mani. Evito di coprirmi di più ed allontano la tentazione dei guanti, altrimenti rischio di ritrovarmi ad avere caldo dopo pochi minuti e a dovermi fermare nuovamente per spogliarmi. Sopporto e tengo un bel ritmo in discesa. Mi aiuta anche un compagno di viaggio con il quale abbiamo un passo molto simile in quel tratto. Passiamo diverse persone. Il freddo svanisce. La discesa è molto divertente e si lascia correre che è una meraviglia. Queste sono le sensazioni che mi piacciono. Arriviamo rapidamente alla Malga Pramper, Km20, altro rifugio solo liquidi. Da qui inizia un tratto di falsopiano da correre con attenzione. Un ritmo eccessivo in questo tratto rischia di essere pagato dopo.

Km 23, l’inizio del calvario. Improvvisamente inizio a stare male. Grossi problemi di stomaco, principalmente nausea. Una crisi così dopo soltanto 23Km non me l’aspettavo. Subentra depressione e a tratti vampate di pensieri di ritiro. Faccio fatica ad andare avanti, non riesco assolutamente a mangiare. Ma soprattutto non riesco a capire il motivo di questa crisi. Abbasso drasticamente i ritmi di corsa. Mi fermo più di una volta e cerco di calmare lo stomaco. Allontano il panico ed ogni pensiero negativo, altrimenti si innesca una spirale negativa da cui non potrò più cavarci le gambe. Faccio introspezione e soprattutto WhatsAppo a Giancarlo. Ragioniamo un po e troviamo una quadratura. Vengo passato da tanti compagni di viaggio. “Lascia stare, non ci pensare, adesso debbiamo concentrarci su come uscire da questa situazione”. Mi sforzo a mangiare qualcosina anche se non mi va assolutamente niente. Prima di deglutire mastico anche 5 minuti. Pace. L’obiettivo adesso è arrivare al Ristoro del Passo Duran al Km30. Lì analizzeremo meglio il da farsi. Continuiamo a parlare. Mi ripeto continuamente che questi sono i momenti più importanti da cui si impara ed in cui si cresce. Però preferivo quando correvo e stavo bene…

Km 30, Passo Duran. Arrivo al ristoro che sono già in lieve ripresa. Per prima cosa ascolto il consiglio di Alberto e mi mangio senza indugio un pezzo di zenzero. Il solo pensiero mi da la nausea, quel sapore lo detesto. Ma tutto sommato, se vomitassi non sarebbe male, penso…invece questa volta lo trovo quasi gradevole. Stupore. Il morale si risolleva e con lui un sano appetito. C’è il brodo caldo. Lo faccio mio. Evito cibi solidi per non affaticarmi con la digestione. Comincio ad avere il sospetto che i miei problemi siano derivati da quello, ovvero l’aver mangiato troppi cibi solidi che probabilmente con il freddo patito lungo la discesa dopo il ristoro Pramperet mi hanno causato una piccola congestione. Sono di stomaco delicato io…

Questo ristoro è un punto di svolta del mio viaggio. Da qui la ripresa sarà rapida e non avrò più problemi fino alla fine. Ma Giancarlo conoscendo il percorso, lo sapeva. Infatti iniziano adesso le due salite più impegnative di tutto il DXT che culmineranno a oltre 2300m di altitudine sul sentiero Tivan. La prima ascesa ha un dislivello di oltre 500 D+ in meno di 2Km, con diversi tratti dove si è costretti a salire a quattro zampe. Siamo in tre a salire con un passo ottimo. Io, un ragazzo dalla maglia gialla e niente popò di meno che la ragazza dell’Est. Sta dietro a noi, ma più per timidezza che altro. Mi congratulo con me stesso, ci avevo visto bene. La salita è veramente dura, ma salgo alla grande, senza affaticarmi. Sorpassiamo diversi compagni di viaggio. Nel punto più duro ho un accenno di crampo al flessore della coscia destra, ma svanisce rapidamente. Mi guardo attorno. C’è la luna piena che illumina la vallata. Non conosco parole per descrivere la bellezza di quello che abbiamo la fortuna di ammirare. Arriviamo alla fine della salita tutti e tre compatti. C’è un bivacco, ci starebbe bene una dormitina…e invece niente. Giù per una discesa tanto tecnica quanto divertente. Stesso ordine della salita: giallo, io, Est. Affrontiamo un tratto di pietraia. Il giallo ed io non vediamo una balise sulla sinistra ed andiamo lunghi. La ragazza dell’Est si ferma sopra, vede la balise e si avvia prima di noi. Ho un sospetto…vuoi vedere che non la riprendiamo più? E così è…cambia passo e se ne va. A dire il vero anche il giallo cambia passo, ma lui se ne resta. Li rivedrò un attimo al ristoro successivo, Malga Grava (Km35). Lei ripartirà mentre io arrivo. Lui arriverà mentre io riparto. Lui non lo incontrerò più, lei sì. Ma ne riparliamo. Questo ristoro è l’unico che non ha il brodo, peccato. La mia sosta è breve, non voglio raffreddarmi troppo, memore della crisi precedente. Inizia la salita più lunga. Siamo sul monte Civetta direzione passo Tivan. Sono impressionato dalla quantità di volontari che incontriamo sul percorso. Ci sono più volontari che balise. A prova di TomTom. In realtà io un lungo l’ho già fatto, quindi meglio stare zitti. Continuo a salire a palla di cannone. Anche qui piccolo principio di crampo al solito flessore, ma svanisce definitivamente dopo poche centinaia di metri. La muscolatura regge bene, i polpacci sono perfetti. Sto provando esattamente quelle sensazioni di cui avevo WhatsAppato con Giancarlo. Grazie. In questa salita tendenzialmente sono solo. Ho un compagno più avanti di 100m circa ed uno dietro di circa 200m. Ad un certo punto sento un abbaio cupo nel bosco sotto di me. Minchia che paura! Penso subito ad un lupo…peccato che i lupi non abbaino…faccio uno scatto degno del miglior Bolt e raggiungo il compagno che si trovava avanti a me. Anche lui impaurito. Lui ipotizza addirittura un orso. E con questa…Continuiamo a salire e dopo poco troviamo altri volontari. Ovviamente chiedo “o che animali brutti ci sono da queste parti che abbaiano con tono cupo?”. Lui ride e dice “Quelli!” indicando il suo amico. Alé, la combriccola degli scemi ha nuovi soci. La salita è dura, io cerco di tenere un passo regolare senza esagerare. Il mio compagno di viaggio del momento si ferma per una breve pausa. Proseguo da solo…si fa per dire…con tutti questi volontari. Ogni tanto alzo lo sguardo e le luci  rosse lampeggianti di chi mi precede, disegnano il tracciato. Siamo sopra i 2000m ed il fondo si fa sempre più aspro. Il percorso inizia ad essere segnato anche con le fiaccole. Vi lascio immaginare la bellezza scenografica di tutto questo. Ma le fiaccole non sono lì per fare scena. Sono lì perché ormai siamo arrivati al Tivan e ci aspetta un tratto di oltre 1km completamente innevato. Perdere la traccia potrebbe non essere difficile, per me poi…la fiaccola diventa un riferimento importante, visibile da diverse angolazioni e anche da una certa distanza. Strano, ma vero, mi servirà. Muovo i primi passi sulla neve, pensando che il tratto innevato sia breve…una cosa scenica. Mi ricrederò presto. La neve aumenta, ed è abbastanza morbida, quindi si affonda con facilità. Gli organizzatori hanno creato dei piccoli sentieri sui tratti più esposti. Per il resto si seguono balise, bandierine e fiaccole. Ma a volte è difficile perché sui tratti esposti bisogna guardare bene dove si mettono i piedi ed è meglio non alzare troppo lo sguardo. D’altronde è ancora buio. Si intravede un leggero albeggio in lontananza ma per il momento è solo bello da vedersi. Non rifornisce alcuna luce utile. Seguo le tracce di chi mi ha preceduto. Mi trovo in un contesto semplicemente fantastico. Non faccio caso nemmeno al vento teso che soffia. Forse fa anche freddo, non lo so. Sono in estasi. E’ un contesto da orgasmo mentale. Faccio fatica a descrivere le sensazioni che provo in quel tratto. Il Civetta a sinistra, lo strapiombo a destra, le prime luci dell’alba sullo sfondo, il vento in faccia, la neve sotto i piedi, le fiaccole che brillano nel buio ed indicano la via. Ho i brividi solo a ripensarci. Speravo che non finisse più. E forse lo sperava anche quello di cui stavo seguendo la traccia fino a ritrovarmi con la neve fresca fino alle ginocchia e i bastoncini che affondavano quasi completamente. Alzo lo sguardo e vedo la fiaccola da tutt’altra parte. Ecco a cosa servono le fiaccole! Non torno indietro, ma decido di fare un bel taglio nella neve fresca. Faccio finta di imprecare, ma in realtà mi diverto come un matto. Dal “Tivan dove ti pare”, ritorno sul “Tivan originale”. Adesso l’alba genera una flebile luce diffusa. Si iniziano a vedere più delineati i contorni delle vette che i circondano. Le rocce sono più definite, più dettagliate. Arrivo nel punto più alto, me lo conferma l’indomito volontario stacanovista. Passo nel mezzo a due grossi massicci che formano una “V”. Di botto aumenta la luce. Che spettacolo!!! Vorrei fare delle riprese, delle foto, ma né la GoPro, né il cellulare sono adatti con questa luce bassa. Mi dispiace, rimane a godimento di noi pochi matti che eravamo lì. Iniziano i primi veri giochi di luci ed ombre. Il buio si spegne e lascia spazio a colori caldi sulle tonalità giallo/arancio. I pensieri e le preoccupazioni quassù non esistono. Non c’è dimensione, non c’è spazio per loro. Il primo tratto è di falsopiano. Trovo un fotografo che ci fa riprese da dietro. Naif. Pochi metri più avanti c’è un bivio. Seguo quello che mi sembra il sentiero principale, ma quando mi accorgo che sto tornando dal fotografo, gli chiedo lumi. Indovinate un pò? ovviamente stavo sbagliando. Poco più avanti troviamo un breve tratto di ferrata. Davanti a me c’è una ragazza in difficoltà. Mi trovo a correre dietro di lei quando all’improvviso scivola su di una roccia obliqua e cade verso una scarpata pericolosissima. Si ferma a meno di un metro da quella che sarebbe potuta essere una tragedia. Lei sbianca, io rimango senza respiro per alcuni attimi. La scarpata era ripidissima e piena di piccoli ciottoli che qualora ci fosse finita dentro, avrebbero funzionato da acceleratori. Un piccolo miracolo. Ma nel frattempo qualche cosa nella scarpata c’era finito…una sua racchetta. Preso da un folle spirito trail, le dico che vado io a recuperarla. Provo a mettere un piede sui ciottoli e causo subito una mini slavina. Allora mi metto in posizione da calcio seduto: culo, mani e piedi a terra. Mi muovo lentamente e molto cautamente. Porto a termine il recupero. La ragazza è spagnola e mi ringrazia nella sua lingua. Io riparto. Poco più avanti altro pezzo di ferrata. Avviso il volontario di turno dell’arrivo della spagnola poco pratica ad affrontare questi tratti. Il sentiero inizia a spianare. Diventa corribile. Arrivo all’imponente Rifugio Coldai. Breve rifornimento di liquidi e riparto. La discesa adesso è corribile. Ci ricompattiamo in un gruppetto di quattro individui. Tutto d’un tratto il sentiero assume una conformazione bizzarra. Sembra il letto di un fiume solcato da tanti piccoli ruscelli. Ognuno è libero di percorrere il ruscello che vuole, creandosi la propria strada. Con questo andare, arriviamo fino alla Malga Pioda. Cinque minuti di riposo seduto su di una panca, scolandomi l’ennesima scodella di brodo con tanta pastina. Arriva anche la spagnola. E’ un po sbucciata, ma sembra essersi ripresa. Ripartiamo più o meno compatti. Siamo sulla parte più semplice di tutto il tracciato: dolce saliscendi di larghe strade forestali. Qui possiamo lasciar andare le gambe. Breve salitella nel bosco e poi giù di buon passo fino al primo vero traguardo: il Rifugio Staulanza. Qui abbiamo un check point, su cui passo come 41esimo assoluto. Nell’attraversarlo mostro tutta la mia gioia nell’aver appena vinto le mie scarpe. Ilarità generale. I volontari sono tutti ragazzi giovani, molto simpatici. Mangio qualche cosa di solido, poi devo prendere una decisione molto importante. Riparto immediatamente assieme alla maggior parte dei miei compagni di viaggio, oppure sfrutto la base vita per cambiarmi e tirare un po il fiato? In realtà la scelta è molto più fine: proseguo subito e cerco di tirare la gara puntando al miglior risultato possibile, oppure no? Arriva un WhatsApp mentale che mi ricorda lo scopo per il quale sono lì. Accetto con gioia e vado a cambiarmi. Torno al ristoro, mi prendo l’ennesimo brodino. Scherzo con i volontari ed alcuni colleghi di fatica. Uno decide di ritirarsi e l’altro, che diventerà il mio compagno di avventura per gli ultimi 40Km, decide di continuare soltanto dopo aver scoperto di essere ancora nei primi cinquanta. Il clima è al limite del goliardico. Dopo una mezz’oretta di sosta, riparto in solitaria. Sono passate esattamente 12 ore dalla partenza.

2.2 Dal Rifugio Staulanza a Pieve di Zoldo

Attraverso la strada asfaltata del Passo e mentre sto per imboccare il sentiero che scivola via sotto al Pelmo, un gruppo di persone mi applaude e si complimenta con me. Che meraviglia. Affronto il tratto di sentiero che avevo sperimentato la mattina prima con Pietro. Si sale, io cammino di buon passo, devo riprendere il ritmo. Dopo poco arriva da dietro uno a palla di cannone. Lo guardo passare, ha il pettorale rosso della 103Km, ma sulle spalle ha uno zaino piccolissimo. Rimango sbigottito, stranito. “O questo da dove viene?” penso. Non riesco a trovare una spiegazione. Per fortuna dopo nemmeno un minuto arriva un'altra palla di cannone con lo stesso assetto, ma porta il pettorale blu di quelli della 23Km. Realizzo soltanto allora che la 23Km partiva dal Passo Staulanza. Quelli erano i Top Runner di turno. Peccato che da lì in poi ha inizio una Via Crucis di palle di cannone che mi costringono a fermarmi e scansarmi continuamente. Il sentiero è poco più di un single track e io non voglio certo esserli di intralcio. Nel frattempo medito e faccio una riflessione importante.

Mancano ancora tanti Km all’arrivo, ma le ore passano in fretta, senza alcun peso.  Dunque, cosa è che ci da lo stimolo e la voglia di affrontare questi lunghi viaggi? Se mi fermassi a pensare razionalmente a quante ore devo stare ancora sulle gambe, e quanta strada ho ancora da calpestare davanti a me, la cosa più logica che qualunque mente “lucida” farebbe, sarebbe quella di dire “fermati!”. Paura, sgomento e fatica sono le prime tre sensazioni che attraversano ogni mente “sana”. Ma allora cosa è che ci da questa forza, questa voglia, questa spensieratezza? Trovo una stretta similitudine con la narcosi da Azoto che affligge o benedice (dipende dai punti di vista) i subacquei.  

Finalmente arrivo al bivio che separa i brevi e medio lineii da noi lunghi lineii. Palle di cannone a destra, palle al piede dritto. Il volontario posto sul bivio mi chiede “corto, medio o lungo?” “perché, non si vede?” gli rispondo ridendo. Lui si mette a ridere più di me…”in effetti…

Inizio la discesa verso Zoppé di Cadore. Iniziamo a ricompattarci in tre. Io sono nel mezzo…non pensate male! Siamo distanti un centinaio di metri l’uno dall’altro. Passiamo un gruppo di mucche che ci guardano stranite e sembrano volerci dire “ma dove andate brodi?”. “Ma vi siete viste voi? Tutte tette e distintivo” gli rispondo io. Cento metri dopo trovo l’insicuro fermo per l’ennesima volta. Vai, ci risiamo…invece questa volta ha ragione. Il sentiero è chiuso per lavori. La traccia GPS ufficiale passa da lì. Arriva anche Raffaello, colui dal quale non mi separerò più fino all’arrivo. E mo che facciamo? Intanto imprechiamo. Poi torniamo in su. Arriva un quarto che vedendoci risalire si mette a cercare balise più in alto. Le trova. Dove? In mezzo alle mucche!!! Bastardi quadrupedi lattiginosi e omertosi, invece di stare li zitte, potevate dire qualcosa? Altri 10-15 minuti buttati.

 Arriviamo a Zoppé. Altro nuvolo di belle persone. Raffaello consce tutti. Clima goliardico e rilassato. Altra scodella di brodo, e qui decido di prendermi anche un buon caffè.  Raffaello mi chiede “Andiamo?” che equivale a “proseguiamo insieme?”. Accetto molto volentieri. Mai scelta fu più azzeccata. Altra pedina che va al suo posto. Realizzo che tutto sta seguendo un certo “piano” ed io sto provando esattamente le sensazioni ed emozioni che cercavo. Sono dentro ad un’equazione perfetta.

Abbiamo lo stesso passo e lo stesso fine. Arrivare al traguardo godendoci il viaggio, ma senza distruggerci. Classificarsi quarantesimi o cinquantesimi non ci cambierà certo la vita. Parliamo e facciamo conoscenza. Ad un certo punto mi fa conoscere Merino, un amico scultore di legno che ha uno chalet proprio lungo il percorso. Ci affacciamo all’interno della struttura: una vera meraviglia. Tantissime sculture in legno, una più bella dell’altra. L’artista ci accompagna di buon passo per un Km circa.

Arriviamo al rifugio Talamini, dove tra l’altro, mi bevo anche un buon thè. Ci attende un’altra bella salita, quella del Monte Rite. Ma ormai siamo in coppia ed abbiamo una filosofia vincente. E chi ci ferma più? Prendiamo il nostro passo, che non è affatto male, e ci mangiamo la salita. Nell’ultimo strappo, ci facciamo aiutare anche da qualche imprecazione, che non guasta mai. Sappiamo che in vetta al Rite c’è un altro check point. Ma sta vetta dov’è? Troviamo tre finte vette. E’ uno scherzo? Intanto osserviamo attoniti lo scempio fatto in vetta dal Messner Mountain Museum con strutture di vetro, quanto meno opinabili, affiancate dalle immancabili antenne ripetitrici del segnale dei nostri telefonini. Finalmente scolliniamo, soddisfatti per aver terminato l’ultima lunga salita della giornata. Il Check Point è piazzato davanti all’ingresso del museo. Altro Ristoro. Qui Raffaello compie una vera prodezza degna del miglior CR7. Riesce a corrompere il volontario di turno e a farci avere due scodelle piene di maccheroni al pomodoro, che noi provvediamo a ricoprire con abbondante polvere di grana. Ho provato amore sincero per quel piatto. 45esimo e 46esimo. Ripartiamo. Adesso ci aspettano 4-5 Km di discesa fino al Passo Fibiana. Abbiamo ancora un buon passo. Azzardiamo qualche proiezione sul tempo finale di arrivo.

Passo Fibiana, penultimo ristoro. Decido di assumere soltanto liquidi. Non mi va più di mangiare, sto bene così. Basta anche con il brodo. Fisicamente e muscolarmente mi sento ancora molto bene. In piano ed in salita teniamo ancora un ottimo passo. Facciamo un po di fatica in discesa per qualche dolorino articolare, ma niente di grave.

Eccoci allo strappo che temo di più. 400D+ in 3Km, niente di ché. Ma con 80Km nelle gambe altro ché…E si sente eccome! Le solite imprecazioni e arriviamo in cima. A dirla tutta, saliamo anche bene perché recuperiamo due colleghi e li stacchiamo. Scolliniamo ed iniziamo una discesa contrassegnata sulla mappa come pericolosa. Ecco, se avessero messo il teschio, sarebbe stato meglio. Lunga, ripida e difficile. Noi poi di discese ne avevamo le scarpe piene, sicché capirai…i due colleghi staccati in salita, ci rendono il favore con gli interessi. Noi però abbiamo una filosofia vincente e andiamo avanti con quella. A modo nostro arriviamo a valle. Paesaggio lunare. Nel mezzo di una radura di sassi bianchi, è piazzata una tenda chiara dei due volontari di turno. Sappiamo che dobbiamo salire nuovamente fino al Rifugio Bosconero. L’ultimo. I due ci incitano e ci rassicurano: “dai, l’ultimo strappetto di 100m poi siete al rifugio. Dopo è tutta discesa fino a Zoldo”. Non gli ho mai creduto. Per fortuna.

Strappetto??? Manco una funivia ci salirebbe lì. Si sale a 6 zampe ma soprattutto con una quantità di imprecazioni da rischiare la squalifica. Finalmente spiana. Una volontaria ci sfotte…”dai siete quasi arrivati al Rifugio, dopo è solo discesa”. Facciamo almeno un altro Km di saliscendi prima di arrivare al rifugio. Però ci arriviamo, cane delle berve! E sapete chi ci trovo? Niente popò di meno che la ragazza dell’Est che riparte visibilmente provata. Intanto noi facciamo la nostra ultima sosta. Breve. Per me solo liquidi. Mando un WhatsApp sul gruppo per informare della mia posizione e del chilometraggio. Il mio GPS dice 86,4Km. Fino ad ora è stato perfettamente in linea con la cartellonistica ufficiale. Fino ad ora, appunto. Ripartiamo e dopo cento metri troviamo il cartello dei 90Km. Vuoi vedere che in realtà è più corta? Inizio a sperarci. Invio un WhatsApp di richiesta a Giancarlo.

Iniziamo a scendere. Veniamo spolverati dal famoso nipponico. Mah…. L’illusione che sia soltanto discesa fino a Zoldo finisce ben presto. Nuova salita, vecchie imprecazioni. Raggiungiamo e stacchiamo la ragazza dell’ìEst. Sono dispiaciuto per lei. Ha comunque fatto una gran gara. Dentro di me spero che riesca a tenere il nostro passo. Se lo merita. Dopo un po mi giro, ma dietro ho soltanto Raffaello. Inizia a fare caldo, probabilmente caliamo un po’ l’andatura. La ragazza rientra. E’ veramente una roccia.

Usciamo dal bosco e come per miracolo, alla nostra sinistra, sotto di noi, vediamo Zoldo. Sentiamo anche la voce dello speaker. Il sentiero adesso rimane costante in quota. Fremo aspettando la deviazione che ci porti verso valle. Guardo il GPS che però segna soltanto 90Km. Sono dubbioso e impaurito. 13Km da fare sono ancora tanti…sono altre 4 ore! Giancarloooooooo, si può avere uno sconto??? Giuro che lo chiedo. Giuro che dopo poco, quando il mio GPS segna 92Km, noi troviamo il cartello dei 100Km. E’ una vera liberazione. Soltanto 3Km all’arrivo. Iniziamo a scendere veramente per l’ultima volta. Arriva un altro collega che ne ha più di noi e ci passa, salutandoci. Raffaello inizia ad esortarmi ad andare al traguardo da solo. Io non prendo la cosa minimamente in considerazione. Arriviamo insieme. Abbiamo condiviso oltre 40Km di questo viaggio e taglieremo quella fottutissima riga insieme. Intanto la ragazza dell’Est, stoica più che mai, ci passa e si avvia verso il traguardo. Mi chiede addirittura se sto bene. Un mito. Ormai corriamo mentalmente rilassati.

Ecco il bitume. Torniamo sulla statale, svoltiamo a destra. Lì, più bello del sole, eccoti il cartello dell’Ultimo Km. Raffaello ci riprova, “Gabry te vai…”…”noneee, l’abbiamo fatta insieme ed arriviamo insieme”. Lui non ce la fa più a correre, ma fa un ultimo grande sforzo. Davanti abbiamo 200m circa di leggera discesa. Ce li corricchiamo. Poi 800m di salita. Questa volta sono veramente gli ultimi. Da dietro non arriva nessuno. Ce li camminiamo. Ce li godiamo.

Iniziamo a trovare pubblico che ci applaude, si complimenta con noi, ci incita. Sono emozionatissimo. 

Il mio pensiero è rivolto totalmente a lui. Una sensazione di gratitudine, resa pura e leggera dalla narcosi della fatica e dall’essenza stessa del pellegrinaggio appena portato a termine. E’ andato tutto esattamente come doveva andare, in modo semplice e leggero. Mi scendono due lacrime. Faccio un bel respiro e mi ricompongo.

500m all’arrivo e le emozioni non sono ancora finite. Ci ritroviamo in mezzo alla Mini DXT. Due generazioni a confronto. Io e Raffaello che camminiamo, i bambini che corrono. Li incitiamo. Stanchi, sudati, divertiti, un po’ spaesati. Sono meravigliosi. Un’emozione regalata che non mi aspettavo.

Gli ultimi 200m sono l’apoteosi. Tiro fuori la GoPro ed inizio a riprendere. Un tifo da stadio. Ci saranno 200-300 persone, ma per me sono almeno 200.000. Entriamo nel corridoio transennato. Pubblico a destra e pubblico a sinistra che ci abbraccia virtualmente. Ci applaude.  Si complimenta. In tanti ci danno il cinque.

Continuano ad arrivare bambini. Raffaello mi abbraccia. Io abbraccio lui. Ultimi 50m. Con un gesto, ringrazio per l’ultima volta Giancarlo e penso “ostia madonna, Giancarlo, ce l’abbiamo fatta! Grazie!!!”.

Lo speaker annuncia i nostri numeri ed i nostri nomi. Evidenzia la bellezza dell’arrivo in contemporanea di noi Senior assieme ai bambini. Tutti ci applaudono. Io e Raffaello ci abbracciamo per l’ultima volta e tagliamo insieme il traguardo, 46esimo lui e 47esimo io. Il tempo finale dice 21h e 29’.

Sono frastornato dalle emozioni.

Fisicamente mi sento benissimo. Avrei bisogno di una persona che mi desse una mano per il supporto logistico, ma sono solo e mi arrangio. Recupero le sacche con i cambi e vado a farmi una bella doccia…che ne ho di bisogno! Poi consulto WhatsApp per avere informazioni su Pietro. Calcolo che dovrebbe arrivare verso le 19:30. Vado a recuperare il mio meritatissimo premio: le scarpe. Si è fatta l’ora di reintegrare un pò di solidi. Mangio l’unica cosa che al momento il mio organismo riesce ad accettare: patatine! Contemporaneamente però compio un sacrilegio di cui chiedo umilmente scusa a tutto l’Universo:  prendo una birra piccola alla spina, ma proprio non riesco a berla. Il mio stomaco la rifiuta. Dopo mezz’ora sono costretto a buttarla. Ecco, questa è la cosa più brutta di tutto il weekend!

Intanto arriva puntuale il crollo psicofisico. E’ un crollo verticale. Faccio fatica a tenere gli occhi aperti. Nell’attesa di Pietro provo a dormire sul pratino in prossimità dell’arrivo, ma è il momento  delle premiazioni e c’è troppa confusione. Sono molto dispiaciuto, ma non riesco ad aspettarlo, ho troppo bisogno di dormire. Decido di andare in macchina. Scrivo un messaggio a Pietro e mi avvio a prendere la navetta. Nel frattempo incrocio il logorroico transalpino che sta portando a termine il suo viaggio: adesso però non ha voglia di parlare! Monto sulla navetta. Proprio mentre scendiamo verso il parcheggio, incrociamo Pietro. Mi arrabbio con me stesso, sarebbero bastati 5min in più di pazienza…ma lui è bello sorridente, visibilmente soddisfatto e questo mi rincuora più di ogni altra cosa.

Dormo un’oretta sul sedile posteriore della macchina. Appena arriva lui mi sveglio. Ci sono anche Lara, Sonia e Mauro. Io e Pietro ci diamo il 5. Io sono troppo stordito per ragionare. Questa volta non abbiamo il tempo di condividere le nostre emozioni. Lo faremo nei giorni successivi. Lui deve partire con gli altri, io devo fare ritorno a casa. Finisce qua, con la promessa di tornare il prossimo anno.

MORALE

Se ce l’ho fatta io…non è detto che ce la possiate fare anche voi! 😂😂😂

RINGRAZIAMENTI

A Giancarlo, per…beh, questo rimane tra me e lui

A Pietro, il mio ammore. Anche se questa volta ci è mancato di condividere il post gara…beh lui c’è sempre e questo è quello che conta

A Raffaello, un nuovo amico. Un ottimo compagno di viaggio. Una bella sorpresa.

Ad Alberto, che nonostante il poco tempo a disposizione mi ha permesso di arrivare alla gara con una condizione fisica perfetta. Ho corso quasi tutta la gara con sensazioni ottime, non ho avuto fastidi muscolari, ho recuperato rapidamente nel post-gara. Meglio di così….

A Flavia e ai miei bimbi. Perché ci sono, e nei momenti di difficoltà, pensare a loro mi riporta serenità.

The last but not the least…l’Organizzazione. Una macchina che ha rasentato la perfezione. Per tutto il weekend, ovunque uno si trovi, percepisce una sensazione di fiducia, di presenza, di copertura. Una specie di grosso Blob all’interno del quale possiamo muoverci liberamente ed in totale sicurezza. Alla fine posso dirlo, Il Gioco Vale La Candela. Bravi, Bravi, Bravi.   

DXT

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Una sfida contro me stesso di Pietro Pagani

UNA SFIDA CONTRO ME STESSO

 

 Sarà una sfida contro me stesso.....questo è quanto mi sono detto la sera del 21 maggio del 2016.

 

 Il 29 aprile del 2016 appena smontato dal lavoro carico in macchina mio cugino Alvaro, il papà di Pietro Leoncini il quale sta correndo la Abbots Way, una gara tosta e impegnativa di 125 km che parte da Bobbio ed arriva a Pontremoli, e dai calcoli che ho fatto dovrebbe proprio trovarsi nelle zone che io conosco a menadito grazie alla mia passione per la caccia.

Con un paio di telefonate riusciamo a capire dove rintracciarlo e con pochi tentativi lo intercettiamo in un buio sentiero in mezzo ad un bosco; non ci crederete ma mi è bastato quell'attimo per farmi amare ancora di più la montagna, per farmi capire che ci sono altri modi per viverla e anche per tanto tempo.

Il resto della corsa di Pietro la conoscete benissimo in quanto raccontata perfettamente e dettagliatamente da lui stesso su Storie di Trail, e quindi non mi sembra il caso di ritornare sopra a quanto perfettamente già descritto, ma posso dire che è stato questo mio primo avvicinamento al Trail a convincermi del fatto che anch'io avrei potuto farcela.....un giorno.

Peccato che per me i giorni per raggiungere un obbiettivo, dal momento che mi convinco di potercela fare, si riducono notevolmente, in pratica non ho la pazienza di aspettare i tempi giusti e preso dalla foga il giorno dopo consulto rapidamente google, guardo la prima gara disponibile nel raggio di trenta chilometri e nemmeno a farla apposta il primo trail è quello del quadrifoglio il 21 di Maggio a Borgo Val di Taro (PR) che si svolge proprio nel tracciato dove ho incontrato Pietro nel suo cammino verso Pontremoli.

Venti giorni per allenarmi sono pochi, troppo pochi considerato il fatto che vengo da quattro mesi di quasi completa inattività aerobica, ma inconsciamente ho già le scarpe ai piedi e sono pronto per correre; forte delle mie esperienze pregresse nel campo del ciclismo e nel podismo su pista ma completamente inesperto sul Trail cerco di allenarmi come meglio posso con il tempo che riesco a ritagliarmi tra i vari impegni di lavoro e famigliari.

Come ripeto venti giorni sono pochi per preparare una 24 km con 1200 D+ e il 21 maggio è già li alle porte, mi presento all'iscrizione con i documenti e il certificato medico fatto il giorno prima con il timore di non riuscire nemmeno a finirla in quanto certe distanze non le ho mai coperte in via mia, ma invece la finisco, con un tempo cadaverico di 3h e 28' ma la finisco.

Appena giunto all'arrivo ho seriamente pensato di abbandonare sul nascere la mia nuova passione, la fatica, il male alle gambe ed ai muscoli prevaleva sulla soddisfazione di aver portato a termine una distanza sino a qualche ora prima a me improponibile.

Ho consultato il video dove riportava il mio tempo e la mia posizione, e con stupore ho visto che dietro me c'era ancora gente che doveva arrivare, i più erano arrivati ma una trentina li avevo lasciati dietro; 6° di categoria con il 5° ed il 4° a poco più di cinque minuti, mentre il terzo galleggiava poco prima delle tre ore; ho pensato: “bhè dai non tanto male per essere il mio primo trail a 51 anni”.

Una doccia, un massaggio ed una bella chiacchierata con i miei cugini sotto la tenda del pasta party sono bastati per farmi cambiare velocemente idea, infatti appena arrivato a casa ed aver condiviso le emozioni e le fatiche provate con la mia famiglia mi sono subito detto : il prossimo anno ...sarà una sfida contro me stesso !!

L'estate è passata con qualche escursione sui monti in maniera tranquilla con le solite corsette per tenermi i muscoli vivi, poi sono arrivati i tre mesi che da ormai 19 anni dedico alla caccia e passato il periodo Natalizio in cui sono molto impegnato con il lavoro mi sono dedicato alla mia nuova avventura.

Avevo bisogno di uno stimolo e così ho pensato di iscrivermi subito senza nemmeno pensarci su più di tanto, e così ho fatto; di li a quindici giorni mi arriva il messaggio da Pietro il quale diceva che anche lui aveva deciso di iscriversi nella 24 proprio per stare con me, questa notizia inizialmente mi ha messo in imbarazzo, ma poi mi ha portato ancora più voglia di fare bene visto l'importanza di una “simile compagnia”.

Ho iniziato con 3 allenamenti settimanali in progressione con le distanze e con il tempo sino ad arrivare a coprire la distanza della corsa una volta ogni 15 giorni; il mio Guru (Pietro L.) mi ha suggerito alcune progressioni in salita che ho subito sperimentato e in men che non si dica mi sono ritrovato al giorno della gara.

Con sorpresa ho saputo che anche Gabriele Ianett, conosciuto per la prima volta la notte che ho accompagnato Pietro nei km finali della Abbots Way del 2016, si era iscritto con noi nella stessa competizione.

Il tempo non è dei migliori, infatti come mettevano le previsioni pochi minuti prima della partenza si è scatenato un bel temporale proprio sul monte del Lago Buono sito del nostro ristoro solidi e liquidi posto al 13° km circa; piove anche alla partenza ma ormai sono caldo e concentrato il mio obiettivo è stare sotto le tre ore.

Si parte, arrivo ai piedi della prima salita abbastanza bene, vedo il probabile vincitore degli Over 50 davanti a me una cinquantina di metri, inizio a salire spingendo sulle ginocchia visto che ho fatto la scelta di non portare i bastoncini per essere più leggero , ma penso che forse mi avrebbero aiutato se li avessi avuti con me.

Inizialmente ho cercato di mettere un piede avanti all'altro senza pensare ne ai km che dovevo ancora fare ne al tempo che avrei dovuto impiegare, ma ero soltanto concentrato a non andare, come si dice in gergo, “fuori giri”.

L'emozione di sapere che tutta la mia famiglia compreso mio padre fossero lungo il percorso per incitarmi, mi ha fatto perdere la concentrazione intorno al sesto chilometro dove poco prima di incontrarli nuovamente ho strafatto e questo sforzo mi ha penalizzato per quasi tutta la corsa.

Chilometro dopo chilometro mi sono reso conto con quale semplicità i due “gemelli diversi” stavano insieme a me, Pietro mi chiedeva il passo per potermi fare il filmato e Gabriele rimaneva subito dietro quasi a proteggermi da qualche cotta improvvisa. Poi i ruoli si invertivano andando Gabriele a farmi l'andatura giusta per le mie possibilità e Pietro rimanendo dietro a darmi i consigli di quando fosse il momento di allungare..... una coppia splendida.

Sono transitato al 10° km notando di aver rosicchiato 12 minuti al tempo dello scorso anno, passo al ristoro del lago dove mi alimento con tre spicchi di arancia e mi concentro nella seconda parte della gara dove di li a pochi km sarebbe iniziato la lenta ma costante discesa verso il traguardo. Allungo in piano e nelle leggere pendenze con un passo deciso, ma tentenno quando la discesa si fa più tecnica ed impegnativa nei sentieri pieni di fango. Gli incoraggiamenti dei miei magnifici accompagnatori non cessano un istante, sono più decisi e certi che il tempo si farà, io non ne sono ancora convinto ma la mia testardaggine mi fa dimenticare parzialmente la fatica che sto facendo e do tutto quello che posso negli ultimi km.

Raggiungo il Borgo, ormai sono in fondo, conto le ultime tre curve, Gabriele mi da una pacca sulla spalla, lo guardo e stento a sorridergli, Pietro continua la sua missione incitandomi e filmando gli ultimi metri, ecco l'ultima curva, papà le mie figlie Marianna e Camilla sono lì con Alvaro ad attendere il mio arrivo, penso a mia moglie impegnata con il lavoro e alla mia ultimogenita Elisa, raggiungo la linea del traguardo, e mi dimentico anche di stoppare il crono ma lo speaker annuncia il mio tempo: 2h 57' e 28”......è fatta !!!

Il mio traguardo non è certamente paragonabile a quello di atleti confermati i quali percorrono queste distanze ed altre molto più impegnative con tempi molto migliori dei miei, ma chi pratica sport individuali e sa cosa vuol dire il sacrificio, capisce la mia semplice ma immensa felicità nell'aver raggiunto il mio obiettivo.

Un enorme grazie di cuore ai miei “Pacer di altissimo livello”, un abbraccio alla mia famiglia che non mi ha mai ostacolato nei miei allenamenti, ad Alvaro e per ultimo ma non sicuramente per importanza a mio Padre che mi ha esaltato con la sua presenza durante tutta la gara.

 Grazie ragazzi, mi auguro un giorno di poter esservi di aiuto come voi lo siete stati con me.

 

 “A che serve vivere se non si ha il coraggio di lottare?”

 

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L'Antica Via degli Abati di Gabriele Ianett

The Abbots Way, per gli internazionali, L’Antica Via degli Abati, per gli italiani. Fu sempre lui a farmela conoscere, lo scorso anno. Mi affascinarono da subito il nome e la storia di questa gara. Il pensiero di calpestare i sentieri che gli Abati percorrevano fino a qualche secolo fa per spostarsi dal Monastero di Bobbio a quello di Pontremoli mi risultava quanto meno intrigante. Sono specchi per allodole, lo so, però funzionano. Mi piace far viaggiare la fantasia e mentre attraverso questi posti, pregni di storia, provare ad immaginare come dovevano essere secoli addietro. Quantomeno mi tiene la mente occupata e i km passano più velocemente. A volte mi dimentico anche di lui.

Lo scorso anno, mentre seguivo la sua corsa dal gruppo whatsapp, verso l’ora di cena ebbi una folgorazione di amore, o forse compassione, non so. Decisi di andare ad aspettarlo al traguardo di Pontremoli. Ebbe dei problemi e sembrava che volesse ritirarsi. Grazie ad Alvaro mi ritrovai a fargli compagnia per gli ultimi 20Km. Alla fine lui non era entusiasta del tracciato, ma era rimasto affascinato ugualmente dallo “spirito” della gara. Avrebbe voluto rifarla.

A dicembre ci siamo già iscritti a due gare over 100Km: la Dolomiti Extreme Trail ed il Cro Magnon. Mi manda un messaggio e mi informa che lui si è iscritto anche alla Abbots e qualora fossi stato interessato, c’è una finestra di pochi giorni con il prezzo dell’iscrizione ribassato. Mi iscrivo, ovvio. Non posso mandarlo da solo, mi sentirei in colpa e perderei i contributi dal SSN.

L’Antica Via degli Abati è una Ultratrail di 125Km con 5500D+. A volte viene corsa in direzione Bobbio – Pontremoli, a volte nella direzione opposta. Il 2017 ricorre il decennale e si partirà da Pontremoli.

La nostra preparazione parte da lontano. La sua preparazione parte da lontano. Io dal problema al tendine di Achille avuto ad agosto, inizio un calvario di piccoli e medi infortuni da cui non riesco a trovare la via di uscita. Conosco Alberto Bussino Lazzerini e decido di farmi allenare da lui. Iniziamo un programma di “recupero” muscolare. Mi fa visitare da un angelo di nome Claudio Maggi, che finalmente trova la causa dei miei problemi. Tre sedute in cui mi scioglie decine di piccole contratture nascoste nel collo e sulla schiena. Rinasco. Ma ormai mancano soltanto tre settimane alla gara. Alberto mi fa lavorare al meglio per due settimane, la terza sarà di scarico. Il lungo più lungo che ho nelle gambe non arriva a 30Km. Però mi sento tremendamente bene. Il morale è altissimo.

Con lui abbiamo iniziato il “quotidiano” conto alla rovescia da 27gg prima dello start. Manca una settimana alla partenza e le valigie sono già pronte. Abbiamo studiato e  preparato tutto alla perfezione. Questa volta sono proprio contento perché ho curato tutto nel minimo dettaglio. Lo scopo della mia gara, o forse è meglio parlare di allenamento “lungo” in vista della DXT, sarà quello di arrivare almeno fino a Bardi, ovvero al Km65. Tutto quello che verrà in più sarà di riguadagnato.

Eccoci, siamo al giorno -1. Nel primo pomeriggio passo a prenderlo. Eccitatissimi abbandoniamo i nostri abiti “cittadini” e iniziamo la metamorfosi in Abati. Arriviamo a Filattiera, a casa della sua nonna. Saluti&Convenevoli. Carichiamo Alvaro ed andiamo a Pontremoli. Ritiro pacco gara, pettorale e guarda ganzo…un GPS. Niente chip&chiop. Un semplice GPS da nascondere nello zaino, grazie al quale saremo tracciati per tutto il corso della gara.

Vantaggi?

  • 1) Tutti potranno seguire la gara di ogni atleta in tempo reale, seguendone la traccia GPS e sapendone istantaneamente tutti i dati “tecnici”

  • 2) NESSUNO POTRA’ TAGLIARE IL PERCORSO

  • 3) Qualora un concorrente andasse fuori traccia o avesse un problema, verrebbe immediatamente localizzato e contattato dell’organizzazione

  • 4) Non c’è necessità del Chip e relative pedane

Svantaggi?

  • 1) Non ci possiamo imboscare con l’amante

Pomeriggio di relax a Pontremoli. Cena alla pizzeria di suo cugino. Dormiamo assieme in letto matrimoniale a casa di sua nonna. Mi propone del sesso, ma me la tiro e dico di no. Se n’ha a male e la notte dormirà poco. Ben gli sta. Suona la sveglia. Sono rilassatissimo, lui meno. Non essermi imposto mentalmente obiettivi, né di tempo e né di piazzamento (tecnica consigliata nientepopodimenoche da Marco Olmo) mi ha permesso di arrivare alla gara concentrato ma rilassato. Ottima esperienza in vista delle prossime gare. Prepariamo le borse che ci saranno recapitate a Bardi (metà gara) e a Bobbio (arrivo). Vestizione e colazione. Alvaro ci accompagna in partenza. Fa fresco, il clima è piacevole. Mi mancava l’aria frizzante del prepartenza. Arrivano i furgoni che caricano le borse. Siamo tutti schierati dietro al gonfiabile. Faccio un po di riprese con la GoPro. Conto alla rovescia. Si parte. Siamo partiti. Cento metri e c’è subito una curva a gomito sulla sinistra che ci immette in una strettoia. Caos. Va peggio alla anziana signora che sta percorrendo l’angusto viottolino in senso contrario. Mi risale rapidamente alla mente la definizione di pianta infestante che mi hanno insegnato all’università: una pianta infestante, è una pianta che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ecco, mi sa che l’anziana donnina, quella mattina, si fosse trasformata per pochi secondi in infestante! La schiviamo…passo un Ultratrail runner vestito da contadino anni ’40. Al bizzarro non vi è mai fine.

I primi Km sono prevalentemente bitumosi e servono per il normale assestamento: i più veloci vanno via veloci, i medi si assestano nel mezzo e i più lenti rimangono dietro. Non fa una grinza. Io e lui partiamo tranquilli ma agili. Ben presto formiamo un gruppetto di una quindicina di figurine bizzarre con cui faremo un continuo tira e molla. C’è la ragazza dal gonnellino improponibile e c’è la bella ragazza dal pettorale imbarazzante: ma ha carattere per indossarlo. Ci sono i chiacchieroni e i cani solitari. Ci sono due che fanno i bischeri. Quelli siamo noi, tutto normale.

Il percorso può essere suddiviso in 4 blocchi da circa 30Km l’uno. Il primo è quello che va da Pontremoli a Borgo Val di Taro, di 32Km. Il secondo arriva a Bardi, e lì avremo percorso 65Km. Quindi Farini, e siamo a 97Km. Quarto ed ultimo, Bobbio, e siamo a 125Km. Lui vorrebbe chiuderla in 20 ore e si fa un programma ideale che prevede un tempo medio di 5h per ogni tratta. Siccome 5x4=20, almeno sulla carta, il suo ragionamento non fa una piega.

Il primo tratto è una ascesa di circa 900 D+ spalmati in 20Km più o meno corribili, fino al Passo del Borgallo. Molto bosco e qualche tratto di asfalto. Io&Lui, Lui&Io per un po. Poi io devo fare la mia sosta defecathio e mi fermo nel bagno dietro al cespuglio. Mi attardo circa 5 minuti, me ne esco profumatissimo grazie alla carta igienica che mi ha comprato Flavia. Grazie al GPS tutti si accorgono che rimango attardato, ma non sanno i  motivi…il bagno non era segnalato sulle mappe?!? Già si fantastica che io sia in crisi e non tenga il suo passo. Cardio frequenzimetro al polso, battiti tra 150 e 155 massimo e si risale la china. Ripasso uno a uno tutti quelli che si erano messi tra me e lui. Dopo una ventina di minuti, forse anche meno, lo rivedo davanti a me. Guadiamo un torrente e mi rimetto in scia a lui.

Curo l’alimentazione e l’idratazione in modo oltre che maniacale. Ogni ora devo bere almeno una borraccia di acqua e a certe scadenze di tempo devo mangiare reintegrando 4-500 calorie per volta, alternando gel, biscotti, barrette, parmigiano, frutta secca, ecc. ecc.. Ho con me un totale di calorie che mi renderebbe autosufficiente per diversi giorni. Non sgarro mai. Sono concentratissimo sul passo e sulle scadenze. Ogni due ore prendo una capsula di sali minerali.

Iniziamo ad incrociare i nostri Angeli custodi: Alvaro, Tisbe, Pietro e Luisella che ci seguiranno in parecchi punti fino a Bardi, fornendoci acqua, supporto, conforto e facendoci riprese. Il clima è veramente dei migliori. Fisicamente sto benissimo e in discesa riesco a fare anche dei salti “stilosi” che prima mi sognavo. Penso e ringrazio Claudio.

Arriviamo al Passo del Borgallo, ristoro e giù in discesa. Figata.

Arriviamo a Borgo Val di Taro, fine del primo segmento, in netto anticipo. Ci abbiamo impiegato soltanto 4h. Problema. Lui va in crisi…siamo andati troppo veloci. Io sto benissimo. Mi fermo al ristoro, cambio assetto, risistemo un po di cose nello zaino, mangio&bevo, riparto. Lui si è già avviato. Io lo seguo dopo alcuni minuti. Costeggi0 il fiume. Faccio gruppo con dei chiacchieroni. Troppo chiacchieroni. Insieme lo raggiungiamo. Iniziamo una salita tremenda, che proprio non mi aspettavo. Inizia a fare caldo. Un ragazzo se ne accorge più degli altri ed ha una crisi importante. Ci sono già altre persone con spirito trail ad assisterlo e quindi noi andiamo oltre. Inizia il momento più duro della gara. Fa molto caldo, troppo. L’altimetria è bizzarra, è un continuo saliscendi che spacca e riduce l’andatura. C’è più silenzio in giro. Le facce sono sempre le solite e la solidarietà è tanta, soprattutto nel richiamare qualche compagno di viaggio finito fuori percorso a causa di un balisaggio, talvolta non proprio impeccabile. I ristori sono francamente deludenti. Per me non è un grosso problema, non avevo aspettative a riguardo…per lui si. Quello dei ristori abbondanti e luculliani era stato uno dei cardini delle sue motivazioni a iscriversi per il secondo anno a fila. Questa cosa dei ristori miseri e tristi, pervade il suo spirito che ne prende sempre più corso e figura. Il suo passo è sempre più ciondolato. Capisco e in silenzio cerco di fare l’andatura. Fin che posso…Km 50, ed ecco l’invasione dell’acido lattico. Si rompono le dighe ed entrambe le mie cosce si allagano di quel meraviglioso liquido, che tanto utile è nel proteggere la muscolatura, per l’acidità dei vini bianchi, e nel correggere il pH durante il mash della birra. Ma deh, per la dinamica della corsa non è proprio l’ideale. Ma non è la prima volta che mi succede, quindi so come affrontarlo. Sarà un ottimo compagno di viaggio fino alla fine…e non solo.

Intanto, defecathia anche lui. Proseguo con passo leggero. Ci ricongiungiamo. Arriviamo a Bardi, dove ad aspettarci ci sono sempre i nostri Angeli Custodi. Questo secondo blocco è stato decisamente più lento. 5h e 30’. Recuperiamo gli zaini, mangiamo una minestrina di verdure con riso, ma senza parmigiano. Non per scelta nostra. Lui è tristano, io Isotta. Prima che scada la decima ora ripartiamo. Salutiamo gli Angeli e ci diamo appuntamento per la mattina successiva all’arrivo di Bobbio.

Si sale verso il Monte Lama. Lui mi ribadisce che quella sarà la salita più dura della giornata. Tanto per tirarci su il morale… saliamo insieme ai soliti volti noti. Non riesco bene a capire quale cavolo sia la vetta di sto Monte Lama. Ad un certo punto iniziamo a scendere. Chiedo a lui se l’abbiamo già passata. Serafico mi risponde “Boh?!?”. Mangio e bevo regolare. Sto bene. Scendiamo verso Bruzzi, ormai abbiamo passato i 75Km e non ho avuto nessuna crisi né d’identità né epilettica. Sono ancora pelato, quello sì, e diversamente alto, ma per il resto sto bene.

Il sole cala, la temperatura più di lui.

Secondo me, tutto sommato stiamo andando bene. Conti alla mano intorno alle 20h potremmo ancora farcela. Ultimo tristissimo ristoro prima di Farini. Questo è veramente brutto…è buio, freddino, e troviamo soltanto un Thè a temperatura di fusione ma totalmente privo della componente zuccherina, acqua e quasi niente da mangiare. Mannaiata al morale. Ripartiamo, ma Lui comincia a correre male. Ci recupera un gruppo di 6 lucine dei soliti noti e ci svernicia. Lui si gira e mi dice “io ho troppo dolore ad un piede. Faccio fatica a camminare. A Farini mi ritiro. Te vai pure”. In realtà anche io comincio ad avvertire un certo fastidio al polpaccio sinistro. Non ricordo se gli rispondo, ma ricordo bene che l’ultima cosa che avrei pensato di fare, sarebbe stata quella di lasciarlo solo. La mia gara, anzi, il mio allenamento era finito a Bardi. Ero già parecchio oltre. Più ci avviciniamo a Farini, più il polpaccio si indurisce. Prendo un Nimesulide, ma non cambia niente. Comincio a mollare mentalmente anche io. E’ parecchio freddo, oramai anche io posso solo camminare di passo svelto. Mi interrogo. Avrebbe senso continuare da solo? Mancano 28Km, di cui 10Km di salita. Se il problema al polpaccio peggiora e devo fermarmi? E’ un freddo cane, si rischia anche l’ipotermia. Ci sono pochi presidi. Se questo affaticamento degenera ad infortunio comprometto DXT e CRO. Da solo al buio nei boschi ho paura! E poi, diciamocelo sinceramente, sarebbe anche da bastardi verso di lui. Decido: mi fermo anche io.

Siamo a poche centinaia di metri dal ristoro di Farini, al Km 97, e lui mi dice che sta leggermente meglio. Gli chiedo se vuole continuare. “No, risponde, meglio di no. Se mi riprende come faccio?” Realizzo definitivamente che è la soluzione “di coppia” migliore.

Allo scoccare delle 15 ore, entriamo nel rifugio, lui va diretto da una persona dell’organizzazione e annuncia il nostro ritiro. E’ una sconfitta? No, assolutamente. O meglio, lui la trasformerà in sconfitta dal giorno successivo ragionando con il senno del poi. Ma sono fermamente convinto che sia stata la scelta sì più dura ma anche la più saggia. Non è facile abbandonare un viaggio così a pochi (relativamente) Km dall’arrivo. Il senso di incompiuto è umano. Ma se avessimo ragionato con l’orgoglio invece che con il cervello, probabilmente adesso sarei a scrivere con piglio diverso, e a raccontare di un epilogo peggiore. E con 97Km sulle gambe non è facile ragionare. Ma avevamo mangiato e bevuto con regolarità maniacale, quindi eravamo lucidi.

Ci ristoriamo. Per forza, siamo al ristoro. Il miglior ristoro. Minestra di verdure affogata con badilate di parmigiano. Fiumi di birra. Formaggi. Dolci. Caffè. Questo è un ristoro! Dopo il secondo piatto di minestra, ho uno scossone interiore. Oramai mi conosco: non mi ero ancora cambiato, mi si è ghiacciato il sudore addosso. Congestione. Corro fuori e ributto fuori tutte e due le scodelle di minestrone. Peccato.

Fuori è un freddo che si zizzola. Sono circa le 22:30. Mi cambio e mi vesto il più possibile. Nella stanza la temperatura è tiepida, ma io ho freddo. Mi rannicchio per scaldarmi. Lui va addirittura in cucina. Ci avvertono che tra le 23 e le 24 passerà la navetta per portarci a Bobbio. Ci viene offerto un passaggio da una persona che conosce Lui, ma siccome saremmo stati costretti a dividerci, rifiutiamo e aspettiamo la navetta.

Intanto arrivano un sacco di compagni di viaggio. Qualcuno si ferma per pochi minuti. I più fanno soste medio lunghe, anche di un’ora. Mangiano, si riposano, si cambiano e ripartono.

Chiacchierando, apprendiamo che noi eravamo arrivati lì tra la trentesima e la quarantesima posizione. Dato confermato dal piazzamento finale dei volti noti che avevano fatto il viaggio insieme a noi…ogni tanto avanti, ogni tanto dietro.

Ma la navetta dov’è? Cane delle berve! Sono le 1:00 del mattino, ho freddo, ho sonno e ancora niente. Mi prende l’uggia e mi trovo in una situazione di disagio. La navetta arriva alle 2:15 e partiamo che sono quasi le 3:00. L’autista è indeciso sulla strada. Arriviamo a Bobbio che sono quasi alle 5:00 del mattino. Recuperiamo intanto la borsa destinata all’arrivo. Quelle di Bardi non sono ancora arrivate. Io vado a farmi la doccia, Lui prima fa un pisolo nel dormitorio. Io torno dalla doccia e faccio scambio con lui: io pisolo, lui doccia. Mi telefona alle 7:10. Sono arrivati Alvaro e Tisbe. Ci caricano come due sacchi in macchina e ci riportano a Filattiera a recuperare la mia macchina. Durante il viaggio raccontiamo nei dettagli la nostra avventura. Io sono fiero e soddisfatto di quello che ho fatto. Lui invece comincia a mutare…ma non in farfalla. Alla fine però cosa è che conta? La prestazione? Noooooo. E’ l’aspettativa che ci diamo. Il non raggiungerla ci porta delusione e tristezza. Non darsi un vincolo preciso di tempo o classifica, ma semplicemente impegnarsi a dare il 110%, è sicuramente più redditizio. Si corre mentalmente più liberi e probabilmente si rende D+.

Filattiera, recuperiamo le valige dalla sua nonna. Con la mia macchina, insieme a Tisbe, facciamo ritorno alle nostre case.

Sono un grumo di acido lattico con ossa, ciccia (poca) e capelli (pochisssssssimi). Però sono contentissimo. Altra bellissima avventura da cui ho imparato tante cose nuove.

Grazie di cuore ad Alvaro, Tisbe, Pietro e Luisella per il supporto ed il tempo che ci hanno dedicato.

E grazie de core a Lui…cioè, sono riuscito a non nominarlo mai, vi rendete conto?…a già per gli analfabeti, Lui, sarebbe Pietro Leoncini. Un amicizia che cresce sempre D+.

Abate Gabriele e Abate Pietro vi danno appuntamento alla DXT. Baci

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Challenge dei Monti Pisani di Filippo Carloni

"Sei troppo alto e pesante x correre in montagna..." questa è stata la frase che mi ha spinto ad iscrivermi al challenge dei monti pisani. Avevo appena reiniziato ad allenarmi a fine nov.16', dopo la mia solita stagione funginea, quando ebbi l'occasione di fare un uscita col mitico Pietro Leoncini, persona squisita e grande conoscitore dei monti pisani...facemmo un bel giro dalle parti del faeta e quella chiacchierata con lui mi diede un non so che di carica, mi iniziai ad innamorare non di pietro ma di questa disciplina...da quel giorno a testa bassa ( anche perché sennò nelle cinghialaie le scope le mangiavo ) iniziai a mantenere una costanza di allenamento fino ad arrivare al primo appuntamento il trail del monte penna 30km 1300d+...fu una gara iniziata sotto la pioggia e finita sotto la pioggia, nn mi fermai mai a nessun ristoro, mi idratavo e mangiavo costantemente...percorso non difficile e che avevo già provato due settimane prima con Pietro...quest'ultimo insieme al nostro caro amico Gabriele Iannet dovevano essere presenti ma vuoi per la giornata di merda o vuoi per la sbronza della sera prima, sicuramente più x la seconda, mi cacarono da solo.

Senza titolo 1

Comunque andò discretamente chiusi decimo in 2h58m e salvai un ragazzo dal collasso totale offrendogli la mia barretta a 7 km dall arrivo...come mi disse il 

mio istruttore di paracadutismo "il paracadutismo è per tanti ma nn x tutti..." 

La settimana stessa della gara tutti e tre eravamo stati ad un incontro informativo sul trail running a Reggello dove a parlare c'era nn che popo di meno colui che sarebbe diventato il mio attuale allenatore, Alberto Lazzerini in arte Bussino...persona da una parola e via, 

non gli basterebbero tutti i rotoli di cartigienica della foxy prodotti negli ultimi 10 anni...cmq battute a parte iniziò ad allenare me e Gabriele, o per meglio dire iniziò a romperci il culo.

Senza titolo 2

La settimana successiva si chiuse con la seconda tappa del challenge, il vertical faeta 3.5km 800d+ , stavolta il tempo fu clemente ed io feci la mia sporca figura chiudendo in sesta posizione con 38', un muro che conoscevo abbastanza bene ma che cmq mi fece salire il cuore in gola...

Gli allenamenti di bussino iniziarono ed io mi accorsi di quante lacune avessi, giustamente dopo 20 anni di pallacanestro che cavolo ci volevo capire di corsa !!!
Senza titolo 3I giorni passavano e i fantastici 4 si amalgamavano sempre di più...e i risultati negli allenamenti si iniziarono a vedere, la gamba girava il fiato nn mancava," vedi un po se ci devo credere x davvero a questo challenge..."era quello che iniziai a pensare...la classifica fino a quel momento mi vedeva in seconda posizione a qualche secondo dal primo...tutti i giorni appena sveglio suonava il telefono.."Buongiorno finocchi, buongiorno phie.." o era Alberto o Pietro o Gabriele, ma poco importava chi fosse, tutti i giorni il pensiero era sempre li sulla corsa...

Senza titolo 4

Il 5 marzo arrivò e con lui il gran premio del monte serra 9.266mt 800d+ terzo appuntamento del challenge...gara che avevo già fatto due volte in 51e 49 min. Stavolta ero curioso di vedere in quanto avrei potuto concluderla  onostante avessi solo 3 settimane di "preparazione seria"...i ragazzi mi caricarono ed io sotto una pioggia battente e un freddo cane conclusi in 46min ottenendo la 17 posizione e la testa del challenge con un distacco di circa 2 min....allora iniziai a pensare fra me e me... 

Bussino ci capisce veramente qualcosa ci credevo sempre di più a questo titolo e la mia testa giorno dopo giorno pensava solo alla montagna e alla strada...ripetute, progressivi, bombe a mano insomma ero carico come una mina, nn vedevo l'ora di arrivare al 19 marzo...nn mi scorderò mai l'allenamento che mi fece fare il lunedi della settimana della gara, roba da matti..gli dicevo ma sei sicuro, ripetute in salita che per me erano completamente nuove, mi diceva fidati ed io mi fidai ed ebbe ragione (quante volte gli ho detto questa frase..."avevi ragione.."). 

La domenica della gara ero concentrato sapevo quello che dovevo fare, partire piano fino al 23imo km poi aprire a manetta...avevo visto negli iscritti che il mio diretto avversario il giuntoli aveva il num. 47, o almeno pensavo fosse così... 2h e 4min..  pronti attenti via si parte 46km con 3000d+ le gambe volavano ed io dentro di me ripetevo "vai piano vai piano..." nei primi tornanti in salita passavo le persone a tre alla volta fino a che nn scorsi un gringo senza numero sul sentiero che portava in verruca..chi voi che fosse Pietro!!!Gli chiesi chi avessi davanti ma lui mi disse fregatene vai vai!! ("...ricordati testa e cuore..") Senza titolo 5Percorsi i primi 20km con un ritmo lento, almeno x me era lento, in arrivai prima di santallago e chiesi a due donne che segnavano il passaggio chi avessi davanti, loro mi risposero che avevo il num. 79 e il 47 a circa dieci minuti...il 47!?!?!? Maremma impestata devo iniziare a pigiare sull acceleratore...salgo sullo spuntone scendo come se nn ci fosse un domani fino a campo di croce...mangio un paio di fette di pane con la marmellata al ristoro riempo le borracce e via verso il faeta.Senza titolo 6 Già da prima dietro di me c'erano un ragazzo giovane del nord e un altro atleta più grande, quest'ultimo soffriva la discesa mentre il primo la salita...insomma mi avviai verso il faeta e dopo poco anche se avevo un buon ritmo sui 4'30/km mi passò il giovane...nn mi preoccupo' più di tanto perché sapevo che sulla salita successiva lo avrei ripreso, e così fu lo passai e arrivai in cima e via giù dal faeta...il pensiero era su quel 47, ma dove cavolo era finito?? poco dopo scivolo e casco ma per fortuna mi rialzo senza problemi...il giovane mi passa ed io riparto giù x quei due single track che portavano al passo di Dante...volo con quel pensiero del 47 in testa, vado sempre più forte fino a quando il mio piedino da fata taglia 49 non aggancia una radice e come Tania Cagnotto mi tuffo in avanti e rotolo pesantemente a terra infilzandomi la mano in una scopa tagliata...Senza titolo 8che botta, mi rialzo dolorante e sanguinante, il pensiero del challenge perso mi demoralizza terribilmente, ancor di più quando ripartito poco dopo arrivo al passo di Dante dove mi accorgo di aver perso entrambe le borracce e il pettorale...un errore madornale quello di nn aver controllato il materiale dopo la caduta...tornai indietro perdendo nn so quanti minuti, mezzo troncato col morale a terra..ritrovai 1 sola borraccia e il numero, mi rimisi in cammino di nuovo fino al passo di Dante...lo scesi e davanti a me vidi una persona dello staff che mi indicò la direzione ...percorsi il sentiero 115 con le cosce e le ginocchia che mi chiedevano pietà fino al successivo ristoro dove ritrovai il cinghiale dall'animo buono, Pietro il quale cercò di ricaricarmi mentalmente, ma io ero sfavato, distrutto, demoralizzato...

Senza titolo 7continuai verso il mirteto quel muro dannato di radici e pietre, ma lo salii discretamente forse la rabbia si stava trasformando in energia e gli sforzi fatti durante gli allenamenti mi ripagarono in quel momento...poi scesi giù fino in paese chiudendo in 5h36min...al traguardo trovai la mia ragazza con la nostra canina, mia suocera e mia cognata, ma ero troppo incazzato per poter parlare, troppo amareggiato per aver perso il challenge.. mi recai all ambulanza dove mi medicarono e poi dritto a fare una doccia per poi potermi rifocillare e bere una dannata birra!!! Poco prima di andare via iniziarono le premiazioni e dissi alla mia ragazza "andiamo a sentire chi premiano.." i primi tre uomini assoluti li avevano già premiati ed io nn li avevo sentiti, ora toccava ai primi tre uomini amatori, "partendo dalla terza posizione con il tempo di 5h 43...al secondo posto con 5h 38 giuntoli col num. 48"...cosaaaa?!?!! Ma allora nn era il num. 47 bensi il 48...in quel momento una luce di stupore e allo stesso tempo di gioia mi si accese negli occhi, ebbene si avevo vinto il challenge e la prima pos. Amatori...avevo passato l'intera gara con la convinzione che il mio rivale fosse il numero 47 e invece nn lo era...che popo di brodo son stato ma come si dice tutto è bene quel che finisce bene.

Il segreto è avere degli amici che ti piglian per il culo tutti i giorni ...ma che al momento del bisogno giorno o notte che sia ti accompagnano su e giù per i monti.

 

 

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