Da Equi T. a San Giuliano T. di Gabriele Ianett
DA EQUI TERME A SAN GIULIANO TERME...BREVE RACCONTO!
C'era una volta un omino che si mise in testa di conquistare un po di tutto, dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno...sappiamo tutti com'è andata a finire! Poi ne venne un altro che si mise in testa di fare a piedi da Terme (Equi) a Terme (San Giuliano)…se continuerete a leggere (con la dovuta pazienza) saprete com’è andata a finire. L’omino del Terme-Terme, al secolo Pietro Leoncini, incontrò un altro omino deficiente almeno quanto lui (…lo scrivente) quindi il finale fu abbastanza scontato: deh, si fa!
Buona la seconda!!! Sì perchè che ci avevamo già provato qualche settimana prima, ma acciacchi, congestioni e streghe ci avevano portato alla resa in quel di Passo del Lucese. Questa volta abbiamo deciso di farla in versione Trekking veloce e partiamo organizzati con tende, assai più cibo e vestiti. Un’equazione che rende gli zaini mooolto più pesanti, ed il passo mooolto più tranquillo. Il mantra della spedizione è “godiamocela”.
Ultimo week end disponibile, ma il destino sembra remare contro di noi. Il treno per Equi in questo periodo non c’è, le opzioni per arrivare alla partenza sono le più fantasiose e disparate, ma poco percorribili. Alla fine troviamo l’unica combinazione possibile…treno da Pisa ad Aulla e pullman da Aulla ad Equi (con forti dubbi sulla sua reale esistenza…alle brutte Taxi, autostop o a piedi anche Aulla-Equi).
Sabato mattina ore 6:10 ci intreniamo armati di due mini appartamenti compressi in altrettanti comodi zaini. Ore 7:17 siamo ad Aulla. Fino a qui tutto facile. La nuova stazione ferroviaria è fuori dal paese nel nulla più assoluto. Dobbiamo trovare dove prendere il pullman Linea 33. Chiediamo informazioni all’unico ferrotranviere presente, il quale però ne sa meno di noi. Ci incamminiamo verso il paese e chiedendo in qua e in là arriviamo al capoliinea…in tutti i sensi! Una tristezza impressionante…l’unico autista presente ci conferma che la linea 33 parte da lì alle 8.10 - 8.15 circa. I pullman in realtà sono dei minibus scalcinati da 20 posti circa. C’è tempo di fare una triste colazione in un tristissimo bar.
Il pullman arriva con 10 minuti di ritardo, ci inpullmiamo, e dopo una breve litigata tra autisti, partiamo. Prima, seconda, terza roba da Rally…nini, vabbene che sei nervoso, ma noi ci si vole arrivà sani a Equi, deh! Io e Pietro, unici clienti della giostra, manteniamo quasi un religioso silenzio fino a destinazione. Arrivati. E già questa è una bella soddisfazione. Riempiamo sacche e borracce di acqua e ci incamminiamo. Sono le 9:08.
Imbocchiamo il sentiero 192. Conosciamo la strada, di primo acchito ci aspettano sornioni 1000D+ tutti d’un fiato. Questa volta li prendiamo con calma... Se arriviamo bene, altrimenti chiameremo anche questa volta la “recuperodeficienti s.r.l.”. La prima parte della salita è tutta nel bosco, l’aria è ancora abbastanza fresca. Arriviamo ad un bivio, ed il dubbio è amletico: proseguiamo sul sentiero nuovo già fatto la volta scorsa, o ci avventuriamo su per quello vecchio, risalendo il letto di un torrente ripido e ciottoloso? Che domanda! Su per il canalone…in cima rientriamo sul nuovo sentiero ed usciamo dal bosco. Continuiamo a salire fino al Poggio Baldozzana. Qui si cammina su un single track in mezzo ad un fitto prato. Imbocchiamo il sentiero 181 che ci porta sulla Cresta di Capradossa. Un posto da Urlo! Cresta abbastanza pericolosa, da percorrere con molta attenzione…se si cade, difficilmente si racconta! A sinistra ci accompagna il Pisanino (1947m, vetta più alta delle Apuane) e a destra il Pizzo d’Uccello (1783m). Ci fermiamo per una pausa contemplativa di 10minuti (Pietro mi fa gli occhi dolci, ma io me la tiro). Certe situazioni non si possono raccontare, si possono solo vivere. Proseguiamo. Prima variante rispetto al primo viaggio: non scendiamo al rifugio Donegani ma rimaniamo in quota sul 181, sentiero per escursionisti esperti con breve tratto di via ferrata (lungo il quale troviamo una familllia di escursioimprovvisati decisamente in difficoltà…poi la gente si fa male!), che ci porta fino a Foce di Giovo. Questo è un crocevia abbastanza affollato da cui transitano molti escursionisti diretti al Pizzo d’Uccello. Da qui imbocchiamo il 179 ed arriviamo al rifugio Orto di Donna. E’ l’ora di pranzo, guarda che caso…ci mettiamo a torso nudo e sediamo comodamente a tavola: deh no! Ordiniamo due birre diacce stecchite, pasta al pesto a cui io aggiungo un piatto di cavoli ed un caffè…28 euri…dopo averlo mangiato, lo esclamo pure: cavolo! Però il posto è carino e le proprietarie sono molto cortesi. Mentre Pietro si avvia io rimango a chiacchiera. Riparto dopo qualche minuto e sento una voce dal bosco che mi chiama…è Pietro che ha sbagliato sentiero…o duroooooo!!! Yale deh, un ti posso lascià solo un menuto! Via vai, per questa volta ti aspetto…arriviamo a Foce di Cardeto dove la volta scorsa c’era un vento talmente forte che mi spettinava. Proseguiamo sul 179 e incontriamo due biker con le bici sulle spalle: ma non funzionava al contrario? Boh…vabbè! Passo della Focolaccia, la Tambura è lì che ci aspetta. Sentiero 148. Iniziamo la salita tutta al sole, ma per fortuna c’è una brezzettina che allevia la calura. Troviamo altri escursionisti che salgono e altri che scendono. Trovo da chiacchierare anche lì…allora mi sa che sono io…Pietro mi aspetta in vetta. Pausa godimento, si mangia, si beve, si fanno foto e filmati…lui vorrebbe limonare con me, ma io me la tiro anche questa volta. Guardo le Panie con in mezzo l’Omo Morto, mi giro e vedo l’Omo Brutto, mi rigiro e ammiro il Corchia, mi rigiro e sono solo…Piteeeeeerrrrrrrrrrrr aspettami che ti perdi!!! Iniziamo a scendere fino al Passo della Tambura, poi Via Vandelli (sentiero 35). Scendiamo fino all’Arnetola per poi risalire al Passo di Sella, dove la volta scorsa ebbi lo sfogo massimo della congestione. Salgo a tutto foò, concentrato ed in preda ad una crisi mistica, quindi in religioso silenzio. Questa volta aspetto io Pietro in vetta perché non mi fermo a chiacchiera con l’unico gruppo di scalatori che incontriamo. Posto suggestivo questo, con molte lapidi in ricordo di sfortunati scalatori. Il silenzio ed il rispetto sono d’obbligo. Siamo a 1500m e dobbiamo scendere verso Arni con destinazione Rifugio A. Puliti dove ci aspetta una lauta cena. Pietro prospetta un programma allettante con doccia, relax, cena, e pernotto in tenda. Io avallo facendo notare che però così facendo non saremmo mai arrivati a San Giuliano Terme…ma tanto a noi ci ‘mporta una…penso già alla doccia, alle birre, alla tavola imbandita, alla lunga dormita…ecco il rifugio, finalmente! Ho proprio sete…le persiane però sono chiuse…anche la porta! C’è un bigliettino con un cellulare…chiamo…la proprietaria ha avuto un contrattempo e ha dovuto chiudere, torna la mattina dopo. Una coltellata avrebbe fatto meno male! Così proprio no, deh! Sgomento…ci dice che c’è un ristorante a mezz’ora di cammino ma è fuori dal nostro itinerario…che si fa? Ripartiamo e decidiamo di camminare ancora un’oretta fino a quando non troviamo un posto dove montare le tende. Scendiamo per il sentiero 31 e arriviamo fino ad una strada in località Madonna del Cavatore. Vediamo un insegna su cui è chiaramente scritto “Bar-Ristorante”…andiamoooo! Pietro parte al galoppo…lo seguo con il cuore pieno di gioia. Tutto chiuso per ferie! Mi viene da piangere, giuro. Scoramento totale. Ma il peggio deve ancora venire. Proseguiamo, ma un cartello a 50m dal ristorante ci avvisa che il sentiero 31 (il nostro) più avanti è chiuso. E ora che si fa? Torniamo ad Arni?...questo vuol dire abbandonare definitivamente l’arrivo a San Giuliano ma soprattutto passare dentro una galleria transitata da macchine, stretta e buia. Dal Bar esce un ragazzo a cui chiediamo indicazioni riguardo alla chiusura del sentiero. Ci dice che ci sono dei blocchi enormi e non si passa nemmeno a piedi. Leggendo bene il cartello però sembra che il blocco sia molto più avanti e che non interessi il nostro percorso. Ci proviamo…imbocchiamo il sentiero ma dopo poco non vediamo più i segnali CAI. Consulto il GPS…in effetti siamo fuori traccia…torniamo sulla traccia del sentiero ma dopo poco ci troviamo davanti una montagna di enormi blocchi di pietra. Invalicabile. Provo ad aggirarla dal bosco e a vedere di ritrovare il sentiero utilizzando il GPS. Il bosco però è boscoso, buio, ameno…arrivo sulla traccia secondo il GPS, ma non trovo segnali CAI. Chissà da quanto è abbandonato, penso…allora torno indietro. Ritrovo Pietro che invece ha appena trovato quelle due bellissime strisce bianco/rosse, poco prima della massicciata. Siamo all’imbrunire, ormai c’è pochissima visibilità…”aspetta Pietro che prendo la mia luce nello zaino…” mi fermo, mi tolgo lo zaino…la cerniera grande è mezza aperta e la luce che ovviamente era in cima non c’è più!!! Vado ai box, tolgo le gomme intermedie e metto le Ultra Rain (…piove sul bannnniato, per chi non l’avesse capita). Ovviamente ho una seconda luce, non potente come quella persa, ma va bene lo stesso, mi adatto. Le Ultra Rain funzionano e dopo un paio di incertezze, ritroviamo definitivamente il sentiero 31. Percorriamo un primo tratto di bosco, poi troviamo una forestale. Consumiamo, camminando, la nostra lauta cena: un pacchetto di cracker integrali e qualche cubetto di parmigiano…come? A testa? No, no, in due…imbocchiamo il 141, saliamo fino al Colle Cipollaio e proseguiamo. Durante la salita faccio notare a Pietro come di giorno si trovino tantissime persone in giro, ma la notte, mai nemmeno una. La risposta del Piter è scontata… intanto arriviamo a Passo Croce. Sono quasi le 23:00. Qui troviamo un’area già attrezzata per accamparci, con cerchi di pietre dove accendere il fuoco e degli spiazzi per montare le tende. Perfetto, è quello che cercavamo. Inutile anche dirlo, ci fermiamo e prepariamo le tende. Mentre stiamo montando l’accampamento, prontamente a smentire la riflessione fatta pochi minuti prima, sento delle voci ed in lontananza vedo delle luci. Eccoli, li volevi altri deficienti? Vabbè, se si vogliono accampare qui anche loro, posto ce n’è. Intanto le tende sono pronte, ci diamo il bacino della buona notte e ci insacchiamo come due salami. Si sentono le voci li vicine, ma le loro luci sono spente. Il chiacchiericcio continua, ma non si avvicina più. Dal timbro delle voci capisco che sono almeno due coppie e dai discorsi si evince chiaramente che a) sono venuti fino a lì a guardare le stelle cadenti e b) sono ubriachi. Il chiacchericcio, misto a urla va avanti per più di un’ora: ma come, si viene a dormire in mezzo alle Apuane dove l’unica certezza è il silenzio, e riusciamo a trovare chi disturba anche qui? Ci assopiamo. Dopo poco mi risveglio perché ho freddo. Mi metto una maglia in più…ora sono con maglia a maniche corte, maglia a maniche lunghe e pile. Mi riassopisco, ma dopo poco mi sveglio nuovamente dal freddo. C’è un’umidità che fa paura. Allora mi metto anche pantaloni lunghi, giacca e calzini. Mi assopisco fino alle 3:30. Mi sveglio nuovamente, ho fame e sto tremando dal freddo. Sento che anche Pietro si muove spesso nella sua tenda. Inizio a fare penZieri strani del tipo…ora muoio di ipotermia! Disagio. Nel frattempo sento Pietro che mi chiama e mi chiede se ho roba fuori dalla tenda…”no” rispondo. “C’è una volpe in giro, mi ha fregato la borraccia dell’acqua” mi dice. “Ok” penZo “il mio delirio è arrivato!”. Ma cosa se ne fa la volpe della borraccia? In realtà questa cosa mi aiuta, perché inizio a sentire o immaginare (non saprò mai la verità) i passetti della volpe intorno alla tenda. Concentrandomi su quelli smetto di tremare e riesco ad assopirmi nuovamente. 5:30 suona la mia sveglia. Fuori è ancora buio quindi rimango in tenda. Ore 6:10 Piter viene a bussarmi alla porta. Esco. Condividiamo le sensazioni della notte…ma quanto casino hanno fatto quei briai. Entrambi abbiamo avuto parecchio freddo. La volpe era passata davvero ed era stata attratta da cibarie che aveva nel marsupio in cui teneva la borraccia (che per fortuna aveva recuperato). Decidiamo di provare ad accendere il fuoco. Io ho un accendino. Nonostante l’erba e la legna siano bagnate, riusciamo ad accendere il fuoco e a scaldarci. E’ un momento fantastico. Piccoli gesti, che rendono certe situazioni bellissime. Intime. Lui ci prova con me, ma io me la tiro. Cerca di corrompermi con due merendine. Accetto le merendine, per il sesso rimando a data da definire. Smontiamo l’accampamento. Ancora vestiti a cipolla dalla notte e puzzolenti di sudore, ci rimettiamo in cammino. Sono le 7:00. Dopo 10 minuti stiamo già bollendo dal caldo, quindi ci rimettiamo in assetto Trekking. 7:15 siamo a Fociomboli. Prendiamo il sentiero 129 con il quale percorriamo tutto il retro Corchia fino al Rifugio Del Freo. E’ il momento della colazione! Fetta di torta e caffèlllllattte alla vecchia maniera, nel tazzone. Sembra di tornare bambini. Riempiamo sacche e borracce di acqua e ripartiamo. Imbocchiamo un sentiero che non abbiamo mai percorso, il 124. Passa sotto la Pania della Croce. Passiamo il rifugio La Fania. Qui abbiamo alcune incertezze e perdiamo il nostro sentiero un paio di volte. Con il GPS e chiedendo indicazioni ad un omino del posto, rientriamo in pista. Imbocchiamo il 124A e poi il sentiero 8. Anche qui troviamo dei passaggi veramente bellissimi: tra ponticelli e scalinate in legno e grotte e anfratti che si aprono su enormi pareti a strapiombo. Il tratto del sentiero 8 che percorriamo è breve ma intenso! Eccoci sul 109 che girando intorno al Procinto, ci porta al rifugio Alto Matanna. Sono le 11:30 circa. C’è parecchia gente in giro, bancarelle che vendono scarpe e pantaloni. E’ un punto che può essere raggiunto facilmente in macchina e si vede…la sete e la fame ci attanaglia quindi decidiamo di fare la pausa pranzo. Ordiniamo due mega panini (io solo con pecorino fresco, lui pecoro e crudo), due Moretti da 66 e due bottiglie grandi di acqua: 22 euri. Nella lunga attesa dei panini assistiamo ad un teatrino tra l’omino dietro il banco e due clienti, che ha dell’assurdo. Per poco vanno al mani, per il nulla più assoluto…mah!!! Oh, i panini sono dimorto boni però!!! La birra va giù a garganella. Stranamente le persone non si avvicinano a noi, e quelle che incontriamo al banco dei panini ci guardano con aria schifata: che puzziamo? ForZe un pochino sì, dai…riposati e rifocillati alle 12:15 ripartiamo. Ora è quasi tutta discesa. Il 101 ci porterà fino a Passo del Lucese che sancirà la fine delle Apuane. Passiamo vicini vicini ad un giardino dove si sta preparando una grigliata “Buongiorno e buon appetito, a voi che potete…” dico io, segue risata dei grigliatori e risposta “buongiorno, così mi fai sentire in colpa…” “no, sono io che mi sento deficiente…” “da dove venite?” “Equi Terme, ed andiamo a San Giuliano Terme…” “Azz…complimenti ed inboccallupo” “grazie”. Il tutto corricchiando. Alle 14:00 in punto siamo a Passo del Lucese. Per la prima volta, troviamo il bar del loco aperto. Io mi bevo una Sprite ed un Energade, Piter una coca. Stranamente anche lì trovo una persona con cui chiacchierare. Piter riparte, io lo seguo dopo un minuto. Adesso inizia il tratto decisamente peggiore, “qui è tutta testa” dice il Piter. In effetti ci rintaniamo in un religioso silenzio e iniziamo ad affrontare un vero e proprio pellegrinaggio da Passo del Lucese fino a Ripafratta. Quasi tutto asfalto, anche se Pietro riesce a scovare alcune scorciatoie terrose. Imbocchiamo la Via Francigena che in questo tratto è veramente brutta. Altro tratto di salita, sudo in modo disdicevole. Piazzano. Ancora una salitella fino ad un cimitero: fuori dal cancello troviamo una fontanella. ForZe è il caso di darci una lavata…chiediamo il permesso di usare l’acqua agli “abitanti” del posto, ma nessuno dice nulla: chi tace acconsente! Ci diamo una rinfrescata e ripartiamo. Discesa sterrata e sdrucciolevole dove al tentativo precedente feci un bel volo, quindi a.t.t.e.n.Z.i.o.n.e! Torniamo sull’asfalto, Via delle Gavine. Un tratto di diversi km di una monotonia impressionante. Sole e asfalto in religioso e depressissimo silenzio. Disagio. Lo zaino comincia a pesare sulle spalle…il dolore aumenta rapidamente e a tratti diventa insopportabile. Testa, testa, testa. Il prossimo piccolo traguardo è il bar di San Macario dove ci aspettano due birre ghiacciate prima dell’ultima fatica sui Monti Pisani. Eccolo, è là, lo vedo!!! Ho già il sapore della birra in bocca…ma quando mi accorgo che la saracinesca del bar è chiusa, questo sapore cambia decisamente in qualche cosa di meno poetico. Una mazzata impressionante al morale. Ho due fastidiose galle sotto i piedi, le spalle che mi fanno malissimo e ancora una quindicina di km da fare. Ma non si molla più oramai. Ci fermiamo all’ombra sotto un cavalcavia, mangiamo, beviamo e ripartiamo. Pochi minuti dopo le 18:00 siamo a Ripafratta. Il passaggio a livello è chiuso, caracolliamo su due panchine messe lì anni prima proprio per noi, per quel breve momento di riposo. Spero che il treno ritardi…invece no, bastardo!!! Riempiamo per l’ultima volta le bottiglie dell’acqua e ci incamminiamo sullo 00 direzione San Giuliano Terme. Si sale, si suda, si sale, si suda. Mi fermo ad aspettare Pietro ed un simpatico tafano fa l’ultimo dispetto della sua vita, pinzandomi sul petto. E’ dura, cavolo se è dura! Ormai è buio, riaccendiamo le luci. Arriviamo da Freghino sui quattro venti. Un po’ di discesa e poi l’ultima tremenda salita. Stacco completamente il cervello e penso a camminare. Qualunque pensiero, qualunque distrazione è deleteria, vuol dire rallentare il passo e sudare di più. Zero pensieri, il cervello deve solo comandare le gambe. Salite finite!!! Per un attimo vediamo Lucca e poco dopo PISA!!! Eccola lì tutta nel suo splendore, stasera poi è particolarmente bella!!! Vedo la via del Brennero tutta illuminata. Noi dobbiamo arrivare più o meno lì. Dai!!! Scendiamo nel silenzio più totale, squarciato all’improvviso da un urlo, poi un balzo e poi un forte odore di cacca…Pietro ha un incontro ravvicinato con un cinghiale. Difficile dire chi si è spaventato di più. Direi il cinghiale, considerata la sua fuga. Arriviamo al ristorante il Foro…ultimo tratto di sentiero in discesa. Eccoci, l’asfalto di San Giuliano Terme è il nostro “Red Carpet”. Le luci soffuse. Gente in strada ignara della nostra piccola e insignificante (per loro) impresa. Ci diamo il cinque. Lui mi guarda per l’ultima volta con gli occhi languidi, ma io raccolgo tutte le mie ultime forze per tirarmela e dirgli ancora no. Barcolliamo per quelle ultime centinaia di metri fino al cancello delle Terme di San Giuliano. Niente folla, niente striscioni, niente medalllllie. C’è l’indispensabile: io, lui, il nostro viaggio e la solita inesauribile Lara, paziente più che mai, ad aspettarci.
Purtroppo non sapremo mai quanti Km abbiamo percorso…più di 90 ma meno di 100. Nemmeno quanti D+…ma tanti!!! Perché? Semplice, Pietro non aveva il computer ed il mio si è scaricato la domenica mattina visto che mi ero dimenticato di mettere le impostazioni di risparmio batteria. Ma la cosa più bella è che in fin dei conti non ci interessa, perché alla fine ce l’abbiamo fatta, a San Giuliano ci siamo arrivati e quindi…ADESSO E’ UFFICIALE: SIAMO DUE EBETI!!!!
P.s.: appena entrato in casa, la mollllie mi guarda e mi dice…”vatti a fare una doccia vai!!!!...”
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