Parto dalla stazione di San Rossore con il treno delle 7.55 direzione Equi Terme.
Arrivo alle 10 circa, faccio il carico d’acqua alla fonte sulla strada e imbocco il sentiero numero 39 direzione Vinca. Il caldo si fa già sentire ma il percorso sale dolcemente sotto un fitto bosco. Dopo poco attraverso Aiola e alcune signore sedute in giardino all’ombra ricambiano il mio saluto con grandi sorrisi. Al bivio della chiesa un signore che aggiusta un cesto di vimini saluta e si complimenta per il mio passo. Piccoli gesti che mi mettono allegria.
Dopo Aiola, il bosco si alterna al sentiero sotto roccia esposto e al sole, trovo alcuni punti anche attrezzati.
Al bivio per l’eremo di San Giorgio ho un’indecisione, ma tiro dritto, ho voglia di arrivare in cima al Pizzo d’Uccello il prima possibile.
A Vinca cerco l’unico alimentari disponibile e lo trovo proprio nella piazza lungo il sentiero 175. Mi fermo a prendere una schiacciata con formaggio e una birra in lattina. Vorrei arrivare a foce Giovo ma a metà salita la “gola” ha il sopravvento e su un masso al sole mi fermo a faccio piazza pulita del cibo appena acquistato.
Riparto con la pancia piena e un sorriso da ebete.
L’ultimo strappo, prima di Foce a Giovo, è bello duro. Non ho fretta, quindi rallento il passo, ma continuo a salire costantemente.
Imbocco il sentiero 181 che mi porterà a Foce Giovetto e da li il sentiero EE che mi porterà direttamente sul Pizzo d’Uccello. Salgo in mezzo alle rocce, aiutandomi spesso con le mani. Il caldo e forse la digestione mi danno alcuni capogiri. Mi fermo spesso a riposare e riprendere lucidità. Mi ripeto, che non sono in gara e ho tutto il tempo che voglio, quindi perché rischiare? Rallento mi fermo spesso, ma alla fine arrivo in vetta. L’obbiettivo del primo giorno è stato raggiunto. Pizzo d’Uccello 1781 metri sopra il livello del mare.
Mi fermo una ventina di minuti. Il mio cellulare è di nuovo impazzito e non ne vuole saperne, forse soffre l’altitudine, per questo faccio poche foto.
In questa però di vede la Palmaria, e il golfo di La Spezia, dove spesso andavamo io, Enrico e mia mamma Tisbe al mare quando eravamo piccoli.
Scendo con la stessa cautela con cui sono salito. A foce Giovetto prendo il sentiero 37 che porta in val Serenaia. Alle 16 sono al rifugio omonimo. Giovanna, gentilissimo gestore, mi fa accomodare nella camerona da 8, per ora sono solo. Faccio la doccia e sistemo il bucato al sole. Nel frattempo mi bevo una bella birra ghiacciata sotto al Pisanino, e studio l’ascesa dalla Bàgola Bianca che affronterò domani per salire il Monte Pisanino.
Riesco anche a schiacciare un pisolino prima di cena. Il sabato preparano la brace, e propongono un piatto unico di carne e verdure, naturalmente annaffio il tutto con un bel paio di bicchieri di vino rosso.
Digerisco davanti al fuoco. Quando mi prende il sonno, mi dirigo verso la camerata. Mi addormento di botto.
Senza alcuna sveglia alle 6.55 sono in piedi, scendo e mi faccio preparare una abbondante colazione. Pago 40 euro per la mezza pensione, 4 euro per la birra media e 4,5 per il mezzo litro di vino, direi onestissimo.
Alle 7:40 attacco l’ascesa. Un vero sentiero segnato dal CAI non esiste, ma cerco di seguire le orme di chi mi ha preceduto, e di rimanere il più in cresta possibile.
A 1550 metri trovo un lastrone di una decina di metri, Marcello mi aveva consigliato di passare a sinistra, ma le tracce sembrano portare sulla destra. Seguo questa via e aggiro l’ostacolo. Riprendo la cresta che si fa sempre più stretta ed esposta. C’è anche un po' di vento, che sbilancia la camminata. L’attenzione a dove mettere i piedi e le mani è massima. Mi fermo spesso a riprendere fiato, voglio essere sempre lucido e mai in affano.
Arrivo in cima alla Bàgola Bianca 1806 metro slm, vorrei fare un po' di foto ma il cellulare non collabora.
Proseguo la salita in cresta. Il vento aumenta. I passaggi si assottigliano ulteriormente e non me la sento di proseguire, così devio sulla sinistra di qualche metro e mi trovo in mezzo all’erba alta. Faccio una ventina di metri e la pendenza aumentata ancora fino a trovarmi un muro di fronte. Mi ributto in cresta e dopo altri 150 metri di ascesa sono finalmente in vetta al Pisanino 1947 mslm.
Quello dietro è il Pizzo d’Uccello.
Rimango in vetta per un pò, mangio qualche biscotto mentre mi godo il panorama.
Scendo lungo la via "normale", fino a raggiungere foce di Cardeto, da li imbocco il sentiero 179 che mi porta al rifugio Orto di Donna, faccio il pieno d’acqua alle borracce e riparto direzione foce di Giovo, ripasso sotto al Pizzo d’Uccello e prendo il sentiero 181. Mi fermo a foce Siggioli per pranzo, mangio una barretta, dopo proseguo lungo la Cresta di Capradossa. Appena dopo Poggi Baldozzana imbocco il sentiero 192 che mi porta ad Equi Terme.
Arrivo in una zona dove il cellulare ha la linea internet e controllo gli orari dei treni, ce n’è uno alle 14:30, sono le 14:15 mi devo sbrigare e cosi mi metto a correre. Arrivo appena in tempo in stazione, salgo sul treno e rientro a Pisa, per le 18 sono a casa.
Due giorni trascorsi in solitario sui monti, una cosa che consiglio a tanti e l’uso del cellulare meno possibile mi hanno ritemprato dallo stress cittadino.
E' divertente andare con gli amici, ma anche da soli al suo perchè.
E anche questa e' andata. 130 km 5500 d+ in modalita' trekking veloce con pernotto in tenda. Zaino 10 kg, escluso acqua.
La Via degli Dei e' un percorso, stile via Francigena, che parte da Piazza Maggiore Bologna e arriva a Piazza della Signoria a Firenze.
Io e Carmelo Scandaliato siamo partiti sabato mattina (primi di agosto) con il treno per raggiugere Bologna. Alle 8 abbiamo iniziato il percorso e siamo arrivati a Madonna dei Fornelli, ospiti di Elisa Romani propietario del B&B Romani verso le 18:30. Qui abbiamo cenato con ben 3 primi, un secondo e una valanga di verdure fresche dell'orto, un dolce buonissimo alla panna e menta, acqua e vino ad un prezzo irrisorio. La notte invece abbiamo dormito in tenda nel giardino. Il secondo giorno arriviamo al campeggio il mugello vicino S. Piero a Sieve. Arriviamo verso le 16:30 e questo ci permette di avere il tempo per un tuffetto in piscina. Cena e permotto in tenda. L'ultima giorno partiamo sul presto. Alle 6 siamo gia' in cammino e arriviamo a Firenze alle 16 in punto.
Esperienza desiderata da diverso tempo e realizzata grazie anche al compagno d'avventura Carmelo, che ringrazio.
Marina di Carrara mt. 0, Fontia mt. 350, Castelpoggio mt. 550, Passo della Gabellaccia mt. 895, Rifugio Carrara Campocecina mt. 1320, Foce di Pianza mt. 1289, Monte Sagro mt. 1753, Foce di Pianza mt. 1289.
Bellissima e singolare esperienza per una buona passeggiata e un discreto allenamento per me che devo riguadagnare la gamba dopo 5 mesi di stop per infortunio.
Singolare perché si parte dalla spiaggia di Marina di Carrara e salendo per ben 24 km si giunge in vetta al Monte Sagro cima delle Apuane che mostra a tutti i fianchi bianchi per lo sfruttamento delle celeberrime cave del marmo.
Singolare perché 80 atleti correranno il Trail in gara e ben 1400 persone saliranno al passo, ciascuno al suo e senza particolari vincoli e restrizioni.
Si parte alle prime luci della mattina e mi metto subito in modalità passo veloce, dopo i primi km si inizia la lunga salita prima su sentiero che costeggia la montagna e poi una volta passati per un paesino (Castelpoggio) in quello che mi sembra di aver capito si chiami il sentiero dell'amore (non sono sicuro). Questo è davvero un bel sentiero all'ombra di fusti alti, il passo è affaticato ma lo tengo bene, sudo alla grande ma procedo.
Arrivo al rifugio Carrara dopo circa 4h20', ho fame e dato che è sì un allenamento ma non una gara prendo il panino dallo zaino e lo polverizzo in un attimo, dopo mi accorgo di aver una gran voglia di una birra e così entro nel rifugio ma sono troppo impegnati e dopo 10 minuti di attesa riprendo la mia marcia.
Campocecina si apre con un prato bellissimo dove sarebbe bello stendersi a prendere il sole, ma non oggi, io continuo e tento di riprendere il mio ritmo.
Ultimi 3 km prima della vetta sono su pietra e costeggiano la montagna, il paesaggio è brullo all'avvicinarsi alla vetta, gli ultimi 2 km per la vetta sono duri, la stanchezza ora si fa sentire sui quadricipiti e inoltre la benedetta vetta è lì è lì ma poi c'è ancora da salire.
Passa una nuvoletta e ci inghiottisce, la temperatura picchia e inizia a piovere, il tempo di mettere il kway e ho le mani rosse come due gamberi per il freddo (i guanti sempre nello zaino!), finalmente la cima con molta soddisfazione e senza panorama a causa della nuvola ma tant'è.
Scatto comunque la foto di rito per immortalare il momento, piccola o grande una cima la si deve sempre ricordare, è come un tentativo che l'uomo fa per avvicinarsi al Supremo e poi non credo farò 2 volte la stessa cima.
Mi metto in cammino per il ritorno ma con grande calma, o meglio non sono uno stambecco e l'accoppiata pietra liscia bagnata in discesa con fango per me è il non plus ultra e infatti le mie natiche toccano il suolo per ben due volte.
Alla fine si arriva a Foce di Pianza dove è allestito un favoloso stand e allora panino con porchetta e birra non possono mancare!
Cerco un passaggio per ritornare...salgo su un'auto dell'organizzazione e dopo 40' sono a Carrara, lì prendo l'autobus e torno a Marina e infine l'auto per fare ritorno a casa dove entro alle ore 18 ringraziando la moglie per la domenica extra!!
A fine settembre si correrà per la prima volta la UltrApuanica, una Ultratrail di 60Km con quasi 5000 D+. La necessità di testare per la prima volta il tracciato definitivo nella sua integralità si sposa perfettamente con quella di fare un ultimo lungo in preparazione della Dolomiti Extreme Trail. Così si creano le basi per pianificare questa uscita.
Io e Pietro lanciamo l’idea e subito si aggregano Chiara, Letizia, Jessica e Dario.
Inizia la fase orgasmica di programmazione e preparazione: carichiamo la traccia GPS su supporti diversi, Pietro sul Garmin ed io sul cellulare, per avere in caso di necessità (che ci sarà, eccome…) una visualizzazione della mappa più dettagliata. Punti acqua, rifugi, vestiario, cibarie, orari…e soprattutto BIRRE!!! (in macchina ne lasciamo ben 5, belle fresche, per brindare all’arrivo…come da tradizione)
Il mantra di questo viaggio sarà il panino al rifugio Alto Matanna, annaffiato con Moretti da 66cl.
Ci siamo. Siamo eccitatissimi. Il meteo è un po incerto, ma a noi? La sera prima a nanna presto. Sveglia alle 3:30 e whattsappata del buongiorno atta a verificare il reciproco risveglio. Ore 4:17 (2 menuti di ritardo) sono sotto casa di Pietro. Arriviamo a Camaiore, ci prepariamo e alle 4:59 siamo pronti davanti all’uscio del cimitero…intrigante vero? Aspettiamo le 5:00 in punto e partiamo, anzi no…ho lasciato le racchette in macchina, iniziamo bene!
Primo tratto, in uscita dal paese, ovviamente su supporto bitumoso. E’ ancora buio…abbiamo una luce in due, anche troppo. Prima tappa, Candalla dove abbiamo appuntamento con Dario per le ore 5:30. Mentre saliamo il primo tratto bitumoso, scorgiamo sulla destra un bellissimo “bosco” fatto di canne di bambù. Iniziamo a calpestare la madre terra e dopo poco il Garmin di Pietro inizia a suonare…siamo già fuori traccia. Evvaiii…torniamo indietro e imbocchiamo il sentiero giusto, che ovviamente era ben segnalato. Ma noi…siamo noi…
Entriamo in un primo tratto di bosco, bello e soprattutto umido, visto e considerato che ha smesso di piovere da pochi minuti. Ovviamente ci infradiciamo le scarpe. Finiamo il primo tratto di salita e scendiamo lesti verso Candalla, ridente località Apuanica nota agli arrampicatori. Lì troviamo Dario che parcheggia la bicicletta e si unisce a noi. Troviamo una prima fonte da cui riempiamo le nostre borracce. Lo scorcio paesaggistico è meraviglioso: in mezzo alle rocce si è creata una cascatella di 3 metri di altezza che alimenta un piccolo laghetto, meta estiva di temerari bagnanti.
Saliamo verso Casoli dove abbiamo appuntamento per le ore 6:00 con Chiara, Letizia e Jessica. Siamo a cento metri dal luogo del ritrovo, quando vediamo Chiara che ci corre lesta incontro. Deh, ci vuoi vedé noi? Tutti e tre illusi che stia accorrendo per abbracciarci e baciarci…la realtà ovviamente è assai più cruda! Ci passa rapidamente, ci saluta di sfuggita e va a spedire un fax.
Finalmente il gruppo è al completo. Attraversiamo Casoli, paese noto per gli innumerevoli graffiti che si possono ammirare sui muri delle case. Imbocchiamo il sentiero 106 che ci porterà fino a San Rocchino, crocevia caratterizzato da un antico chiesino mezzo diroccato con funzione di discarica. Da qui imbocchiamo il sentiero 121, tratto corribile principalmente boschivo, che costeggiando il versante ovest del Monte Matanna ci conduce fino al primo rifugio: Rifugio Forte dei Marmi. Prima sosta, con rifornimento liquidi, degustazione di biscotti e nuovo invio di fax.
Ripartiamo. Ancora tratto di bosco corribile, durante il quale si aprono scorci suggestivi sul Monte Procinto e sulle Bimbe adiacenti (…non quelle che corrono con noi). Il clima non è dei migliori, c’è nebbia e su certi versanti anche un bel vento. Ma si sa, sulle Apuane ogni condizione meteo ha il suo fascino. In questo primo tratto mi diverto a fare riprese e qualche foto. Mi attardo, recupero, corro…bere e mangiare no, vero??? Ops…lieve dimenticanza che mi manderà in crisi dopo il trentesimo Km.
Arriviamo al sentiero 124, altro tratto veramente bello e da godersi a pieno. Sentiero che parte da sotto il Monte Forato per portarci fino al Rifugio Del Freo, costeggiando tutto il lato ovest della Pania della Croce. Nel primo tratto, ancora boschivo, passiamo alcuni ponticelli in legno ideali per fare due foto e alcune riprese. Quindi troviamo alcune abitazioni ripiene di abitanti. Il vecchiettino svegliato dalle nostre chiacchiere e affacciatosi bello sorridente alla finestra, rimane il pezzo meglio della giornata. Saliamo verso il rifugio la Fania dove riempiamo le nostre borracce, ci diamo una risistemata, ma soprattutto diamo la possibilità a Pietro di ragionare con un suo amico…l’asino. Dopo averlo foraggiato con ogni alimento possibile…pare che qualcuno gli abbia dato anche qualche gel, uno dei gestori ci fa gentilmente notare che sarebbe meglio non dargli da mangiare. Ma ormai all’asino si è aperta la voragine e cerca di mangiare anche il gomito di Jessica. Ripartiamo. Finisce il bosco. Inizia un tratto che adoro. Costeggiamo la Pania. Gli scorci paesaggistici sono meravigliosi. E’ uno dei rari momenti della giornata in cui il cielo è abbastanza sgombro dalle nuvole. Arriviamo al Rifugio Del Freo. Ultimo punto acqua prima di un lungo tratto “asciutto”. Io, Pietro e Dario riempiamo le borracce, ci cambiamo i calzini, mangiamo, facciamo compere, ci cambiamo maglia, facciamo una partita a carte…si, ma le bimbe? Non quelle del Procinto, questa volta, quelle in carne e ossa. Svanite…forse i lupi? Naaaa, vedrai che si sono avviate sulla Pania, suggerisce qualcuno. Mentre un gruppo di tagliaboschi è intento a segare alberi e tagliare il prato, ci dirigiamo anche noi verso la salita più impegnativa della giornata.
Iniziamo l’ascesa sulla Pania della Croce. Ci mettiamo in fila indiana, come tre bravi Sherpa e iniziamo a salire. Pietro fa l’andatura, Dario lo tallona, io faccio un continuo tira e molla, per fare un po di riprese. Ma il clima comincia ad essere dispettoso. Il vento si fa più teso. La visibilità spesso si riduce sensibilmente a causa di qualche nuvola che ci avvolge. Quando inizia la parte più aspra dell’ascesa, intravediamo sopra di noi tre Sherpa femmine che salgono. Eccole, sono le nostre Bimbe. Arrivati in cima ci ricongiungiamo. Breve sosta, perché fa freddo. L’ora comincia a farsi tarda. Siamo al 25esimo Km e sono già trascorse quasi 6 ore. Inizia la discesa del Vallone dell’inferno. Qui ci dividiamo dalle Bimbe, perché loro poco più avanti hanno in programma un taglio sul percorso. La speranza è quella di riunirsi al Matanna, ma sappiamo che sarà difficile. Dario tira fuori il diavolo che è in lui…scende il Vallone dell’Inferno con un passo ed una sicurezza, tipiche di colui che si sente a casa propria! Boia deh!
Girigogolo nel bosco e risbuchiamo al Rifugio Rossi.
Ci buttiamo sulla Costa Pulita, bellissimo single track pieno però di sassi, e quindi difficile da correre. Siamo intorno al trentesimo Km e comincio a sentire che qualche cosa non va. Le gambe iniziano ad essere pesanti, le sensazioni tutto d’un tratto non sono più buone. Di botto realizzo che fino a quel momento ho mangiato e soprattutto bevuto troppo poco. Entro in un momento di difficoltà piuttosto importante. Cerco di mangiare e reintegrare, ma devo gestire l’acqua. Mancano ancora parecchi km prima della prossima fonte. Mi innervosisco. Rimango un po attardato. Mi faccio un bel viaggio introspettivo e cerco di imparare il più possibile da questa situazione. Ho commesso un errore grave, ma non è il momento di deprimersi. Calo il ritmo e cerco di gestire la sudorazione e l’affaticamento. Bevo poca acqua alla volta. Arriviamo al monte Forato, dove ritroviamo le Bimbe. Ripartiamo subito. Percorriamo nuovamente un breve tratto di discesa insieme, ma poi ci separiamo nuovamente. Tratto di discesa, faccio fatica anche lì. Comincio a valutare di accorciare il percorso anche io. Arriviamo a Foce delle Porchette, qui devo prendere una decisione. Pietro mi dice che anche lui è a corto d’acqua. Suggerisco di valutare un taglio, visto che ci aspetta un’altra salita esposta al vento. Non mi risponde, e gira verso il Monte Croce. Questo mi da fiducia.
Passiamo un tratto per Escursionisti Esperti, con due brevi tratti di ferrata. Proseguo in religioso silenzio. Ormai mi si chiude anche lo stomaco, e non riesco più a mangiare. Mi maledico un’altra volta perché mi viene in mente di non essermi portato dietro lo zenzero, unica salvezza in questi casi. Saliamo verso il Monte Croce, mentre un centinaio di persone sta scendendo. Anche questo mi innervosisce. Cerco di non pensarci, guardo poco più avanti dei miei piedi e salgo del mio passo. Il vento è forte e anche Dario e Pietro si mettono le giacche. Pietro mi aspetta, mi chiede come va e mi chiede un sorso di acqua. Siamo quasi in vetta. Ho ancora mezza borraccia. Questo mi rende più sereno. Finalmente scolliniamo, e sul versante sottovento troviamo decine di persone sdraiate su un prato invaso di giunchiglie in fiore. Uno spettacolo della natura che lascia senza fiato. Pietro si sdraia esausto due minuti. Iniziamo a scendere. Dopo alcune decine di metri però Dario ha un problema ad un piede e non riesce a continuare. Prende la decisione più saggia e ci abbandona, tornando per la via più breve verso la sua bici parcheggiata a Candalla. Scendiamo per il Sentiero 108. Passiamo diversi escursionisti di tutte le età. Gente che sale e gente che scende. Io e Pietro non proferiamo parola da Km e Km. Ad un certo punto, sulla destra, non so dove e non so come, troviamo una fonte. Le sensazioni provate in quel momento non sono descrivibili. Beviamo, lui mangia, io riesco a buttar giù solo un pezzo della sua torta di riso. Riempiamo le borracce e ripartiamo. Da qui, ogni Km troviamo una fonte…quando nulla e quando troppo. Il morale si rialza. Le gambe però sono pesanti e mancano ancora una ventina di km. E’ dura. Propongo di valutare l’eventuale salto della salita del Matanna. Mi fulmina con lo sguardo. In questo tratto facciamo fatica a seguire la traccia GPS e perdiamo diverso tempo tra errori ed incertezze.
Finalmente arriviamo alla realizzazione del nostro Mantra. Rifugio Alto Matanna. Lui panino con Crudo e Pecoro, io solo con Pecoro. Due Moretti da 66. Grazie.
Mì, guarda chi c’è! Jessica, che purtroppo si è dovuta fermare per delle simpatiche vesciche sotto i piedi. Saluto Adriana. Ci cannibalizziamo i panini e svuotiamo le birre nelle nostre pance. Inizio ad avere freddo, e dopo circa mezz’ora di sosta ripartiamo. Saliamo il Matanna in 40’. Stiamo decisamente meglio. Scendiamo il Matanna, stiamo ancora melllllio. Entriamo sul Sentiero 101 dove un nutrito gruppo di alcolisti ci offre un bicchiere di vino. Ringraziamo ma tiriamo dritto. Il Matannico panino e la Morettica birra sono per noi come gli spinaci per Braccio di Ferro. Riprendiamo a correre con una verve che non avevamo più dai primi Km. Boia come si va! Oramai non ci ferma più nessuno. Arriviamo lesti come non mai a Foce di San Vincenzo. Qui, subito prima dell’ascesa del Prana, pieghiamo sulla destra e imbocchiamo il sentiero che indica “Casoli”. Scendiamo veloci ancora in un tratto prevalentemente boscoso. Io bevo molto, ma purtroppo non riesco ancora a mangiare né parmigiano, né frutta secca, né barrette. Arriviamo a Casoli e l’effetto Panino&Birra inizia a finire. Ma oramai mancano solo 5 Km ed un’ultima salitella. Da Casoli scendiamo a Candalla. Qui inizia l’ultima salitella. Abbiamo un’ultima incertezza sul percorso. E’ vero, ci siamo già passati la mattina, ma oramai di due un se ne fa più uno. Finisce la salita e Pietro mi rincuora…”dai Gabry, ora è solo discesa”. E noi scendiamo. Lascio andare le gambe, mi sento meglio. Realizzo di non aver avuto mezzo problema muscolare. Un miracolo!
Giriamo a sinistra e davanti a noi vediamo Camaiore. Ormai è solo asfalto fino alla fine. Ritroviamo il canneto. La strada spiana, ultimo Km. Eccoci. Una volta tanto vedere un cimitero è cosa gradita. Ci fermiamo lì, dove abbiamo parcheggiato la macchina. L’arrivo della gara sarà poche centinaia di metri più avanti. Ma le birre ci chiamano. Siamo il volto della felicità. Pietro mi mette fretta per aprire la macchina: vuole le birre! Svuotiamo le mie borracce dall’acqua e le utilizziamo come bicchieri. Prima ci scoliamo la nostra birra al farro, e poi la nostra rossa doppio malto. Pietro si sdraia nella bauliera della macchina. Siamo due bimbi scemi, ma felici.
UltrApuanica, un viaggio meraviglioso tra alcuni dei luoghi più belli e suggestivi delle Alpi Apuane. Una Ultratrail veramente ben disegnata. La parte più dura è sicuramente quella centrale, dal Rifugio Del Freo fino alla vetta del Monte Croce. Questo è un tratto di circa 12Km che non dà tregua, vuoi per la durezza delle salite, vuoi per la tecnicità dei tratti di piano e discesa. Per il resto invece, l’alternarsi di salite con tratti corribili in falsopiano, permette di godersi al massimo l’ambiente meraviglioso che ci circonda. Sicuramente è un viaggio da non sottovalutare. Molto impegnativo dal punto di vista fisico e mentale, ma che una volta portato a termine lascerà ai finisher delle emozioni indimenticabili. Consigliatissimo.
Il Sentiero 128 dei Monti Pisani è uno dei sentieri più belli del nostro comprensorio montuoso. Ha inizio alla periferia di Guamo, costeggia il suggestivo Acquedotto monumentale del Nottolini per poi salire con un tratto di forestale fin sotto alla vetta del Colle di Dreon (295m s.l.m.). Qui, in località Foce di Gallonzora (262m s.l.m.), dove ci innestiamo noi, abbandona la strada forestale e piegando sulla sinistra ci porta sul versante Nord del Monte Vallone (542m s.l.m.). Il sentiero è ancora largo e rimaniamo colpiti dalla bellezza dei luoghi che ci troviamo ad attraversare. L'invidia è un brutto sentimento, ma è inevitabile provarla verso i fortunati abitanti di questi posti. Di rara bellezza un vecchio muro a secco in pietra, ancora in essere. Entriamo adesso in un castagneto dove non possiamo non rimanere colpiti dagli alberi centenari che salgono imponenti sopra le nostre teste. Il profumo di sottobosco invernale, perfetta alchimia di foglie macerate, muschio e funghi è inebriante. Aerosol.
Pieghiamo sulla destra ed uscendo dal castagneto iniziamo il versante Est del Monte Vallone. Qui il sentiero diventa un single track panoramico. E' amore a prima vista. Un lungo, dolce e continuo saliscendi che si fa correre in religioso silenzio. La fusione con la natura è totale. Il paesaggio che si staglia sulla nostra sinistra è veramente bello. Possiamo ammirare l'Appennino innevato e parte delle Alpi Apuane. Sotto la piana di Lucca. Colori, giochi di luci ed ombre. Ma a noi piace correre e ci godiamo questo divertentissimo tratto di single track. Non ci facciamo però mancare una breve pausa contemplativa. Arriviamo a Prato a Sigliori (470m s.l.m.). Altra bella casa al centro di un verde prato, reso variegato da moltissime cartucce colorate. Noi birbanti e dispettosi le raccogliamo.
Siamo ad un crocevia. Abbandonimo il sentiero 128, ed imbocchiamo il sentiero 130 per salire sul Monte Formicosa (628m s.l.m.). Scendiamo verso Santallago ed incrociamo la forestale, su cui, poco più in basso termina il sentiero 128.
A presto un'uscita per raccontare, a modo nostro, il sentiero 128 nella sua integralità.
La B&B (Bussino Band) decide di organizzare un allenamento collettivo la mattina della domenica di Pasqua. Alberto (il Coach) lancia il guanto della sfida. Gli adepti (Gabriele, Pietro e Filippo) lo raccolgono (a chinarsi è sempre Pietro). Tra braci da accendere e mogli in ansia, l'unica opzione percorribile risulta quella di trovarci ad un orario più vicino al sabato sera che non alla domenica mattina...si parte a buio...deh! O diteglielo voi a Pietro. Ogni volta la solita solfa: A me correre di notte un mi garba e non vengo...a che ora passi a prendermi?
Il ritrovo è fissato per le 5:30 a Sesto Fiorentino, in un luogo abbandonato anche dal navigatore.
Il mio gallo canta alle 3:30 e la prima lode di ringraziamento per questa ennesima trovata viene impressa sulla chat di WhatsApp. Mentre cerco di tenere gli occhi aperti, fissandoli in posizione con due stuzzicadenti spezzati, continuo a ripetermi come un mantra: ma perchè? ma perchè? ma perchè? Proprio mentre quella vocina dentro se la ride come una matta e mi dice...ma cosa ti lamenti? Se è proprio questo che ti garba...ha ragione lei.
Colazione rinforzata, trucco (fondotinta e mascara non te li vuoi dare? Sennò Pietro non mi bacia), vestizione e alle 4:20 in punto sono sotto casa di Pietro. Bacino. Si parte, caliamo la rete. Alle 4:45 la rialziamo e peschiamo Filippo. Raggiungiamo il punto di incontro grazie ad una intuizione di Pietro perché le indicazioni date da Filippo erano state così precise da farci entrare in confusione...mi raccomando!!!..non dovete mai e dico mai...lo ridico per sicurezza...MAI chiedere a Filippo di mandarvi il punto GPS del luogo dove incontrarvi, perchè a ritrovarvi in Tanzania, anziché sotto la Torre di Pisa, è un attimo.
Durante il viaggio intavoliamo una discussione sul Paradosso del gatto di Schrödinger. Veniamo quasi alle mani. Per calmarci ci fermiamo a prendere un caffè. Ore 5:29 siamo sotto casa Bussino. Vorrei bussare ma lui è (già sul)lo zerbino fuori di casa che si sta vestendo. Monta in macchina anche lui e mentre ci dirigiamo al punto di partenza si unisce anche lui alla discussione sul Paradosso del gatto di Schrödinger. E' talmente preso dal discorso che non si ricorda più da dove dobbiamo partire...gira di qua, passa di la...si va da qui, no c'ho ripensato si va di là...o forse era meglio laggiù...il gatto nel frattempo è morto sicuiramente: abbiamo risolto il Paradosso!
Finalmente dopo aver girato vanamente per i monti limitrofi, ed aver schivato per un niente un capriolo aspirante suicida, trae il dado con una frase ad effetto...parcheggia lì!
Scendiamo, ci prepariamo. Alberto cerca di mettermi ansia mentre mi metto le scarpe. Lo ignoro. Insiste. Lo offendo. Mi sfotte. Lo ricatto di non dargli la birra (che gli avevo portato...). Smette.
Partiamo. Indecisione...di qua? No, di la. Anzi, passiamo da lì. Imbocchiamo il sentiero che si è quasi fatta l'ora di tornare. Iniziamo a salire quando ci troviamo ad una quota di circa 300 m.s.l.. Entriamo nel bosco boscoso. Accendiamo le frontali e saliamo. Alberto chiacchiera. Io lo ignoro. Pietro lo offende. Filippo cerca funghi. Albeggia. Ci godiamo l'alba. Non è vero. Saliamo su un single track veramente carino, disegnato su una pendenza che si lascia correre, ma con fatica. Corriamo e camminiamo. Camminiamo e corriamo. Filippo fa funghi. Ci avviciniamo alla vetta del Morello e da buon Coach, Alberto dispensa consigli e ordini ai sudditi: “Filippo, mancano 200m alla vetta, corri fino in vetta e guarda i battiti”. Alzo la testa e Filippo è sparito. Arriviamo in vetta quando lui ha già preparato una braciata e apparecchiato nella capanna appena costruita con rami trovati durante l'ascesa. Ah, i suio battiti in vetta erano a 120. Io nemmeno mentre dormo.
Foto di rito. Foto di grido.
Scendiamo...e qui Bussino dice la sua...avviatevi che tanto vi raggiungo. Faccio il vuoto. Arrivo ad una specie di bivio e mi fermo. Aspetto indicazioni precise su dove andare. Arriva Alberto al quale, da lontano, chiedo...a sinistra? Segue silenzio...a sinistraaaa?? segue silenzio...a sinistraaaaaaa? Aspetta di avermi ripreso e poi dice..sì sì! Ti piace vincere facile è? Passa avanti lui, prova ad allungare. Ma non mi stacca. Allora da la colpa alle scarpe. Poi è troppo scivoloso. Poi...ops, la discesa è finita, arriviamo insieme. Gli altri non arrivano. Vuoi veder che qualcuno è caduto? Dico io...Arrivano i due ritardatari con il sorriso del bambino che ha messo il dito nella nutella. Allora guardo le gambe di Filippo...mota, graffi e striature sanguinolente. Nooo, Filippo è caduto! Allora gurdo subito le borracce...questa volta ci sono tutte!
Riprendiamo a scendere in un secondo canalone abbastanza pericoloso perchè pieno di rocce grosse e scivolose. Pietro si mette a fare un filmato a noialtri che scendiamo. Ci divertiamo come matti, proprio come i bimbi. Siamo bimbi.
Pietro mi intima di rallentare, offendendomi in tutti i modi leciti e soprattutto in quelli illeciti. La sua preoccupazione è che io cada e mi faccia male...ma non tanto per la mia salute in quanto tale, ma bensì per il rischio di dover andare da solo a fare la Dolomiti Extreme Trail.
Il sentiero spiana, loro chiacchierano, io allungo un po. Li aspetto. Facciamo l'ultima salita che ci riconduce alla macchina.
Alberto è stanco, ma si mette a fare come la capomucca che vuol sempre entrare per prima nella stalla. Una volta che è a metà dell'uscio, si ferma e blocca le altre. Lui fa uguale, fa piccoli scatti, si mette davanti e poi si ferma. Ci fa tenerezza e allora rallentiamo il passo fino alla macchina. Ci disassembliamo e ripartiamo sulla quattroruote.
La Deadline è a casa Bussino per le 7:40. Sono le 7:39 e parcheggiamo. Sfottò di rito, auguri pasquosi, ricerca di birre scomparse, baci&abbracci, tarallucci&vino. Ripartiamo.
Paradosso del gatto di Schrödinger. Ma Pietro si appisola. Filippo spippola. Il gatto dorme. Riconsegno ognuno alla propria vita. Sono le 8:50 del mattino e sono davanti al cancello di casa.
Prima volta sul Monte Morello: sono rimasto sorpreso in positivo dalla bellezza dei sentieri. Ottimi per allenarsi. Ci sono sentieri per tutti i gusti...salite e discese tecniche ma corribili (...per esperti discesisti, altrimenti si rischia la musata), salite e discese dove correre in assoluta sicurezza. Bella esperienza. Grazie ad Alberto per averci sopportato. Grazie a Pietro e Filippo perché in tre abbiamo sopportato meglio Aberto.
Siamo tre amici con la passione per il Trail ed abbiamo deciso di condividere uno spazio con tutto gli appassionati come noi per poter lasciare scritte le Nostre emozioni info@storieditrail.it