Ultra Trail Via degli Dei 2019 di Fabiano Picco
Scritto da Fabiano Picco. Pubblicato in Trail
Ultra Trail Via degli Dei
125 km e 5100D+ da Bologna a Fiesole attraverso gli appenini sulla strada storica creata da Etruschi e Romani
27 ore e passa di corsa
A settembre 2018 ho fatto il mio primo ultratrail, 72 km e 2500D+. Ce l’ho fatta, ok, e poi… dovevo trovare nuovi stimoli. A ottobre mi guardo in giro e trovo le info per questo ultratrail… cosa faccio? Mi butto? Preparazione di 6 mesi e ci provo. So che è qualcosa che va oltre alle mie capacità, ma se non provo non saprò mai se sono in grado di fare un ultra trail del genere.
Anticipo subito alcune indicazioni che potranno essere utili a tutti:
-di notte in Toscana e in Emilia Romagna è buio;
- se un toscano davanti a te grida "attenti al centro!" non controllare se ci sono ostacoli fisici a terra, buttati immediatamente nel fossato, sta per spareggiare un lofione;
- se la fai a piedi non serve pagare il pedaggio autostradale;
- NON assumere un etrusco per fare strade.
La preparazione per queste distanze è lunga, mi sono costruito un bel programma intenso, ho fatto 2 mesi di fondo (mooolto fondo) e allenamenti quasi ogni giorno, poi ho rallentato con il numero di allenamenti e ci ho infilato qualche gara, tra cui un 60km D+ 3700 e un 65km D+2500. Gli ultimi 15 giorni praticamente ero in pausa, salvo qualche corsetta blanda per tenere le gambe attive.
Arrivo a Bologna in treno, lo start-village è in una palestra. Ci si veste, si prepara lo zaino, si prepara la borsa cambio che ritroverai dopo 70 km a poco più di metà percorso. Un odore inebriante di creme, pomate e unguenti, gli occhi sono al limite della sopportazione per la concentrazione di vapori. Mi ungo anch’io un pò, le ustioni da sfregamento sono una bella rogna. Familiarizzo con corridori con ben più esperienza negli ultra trail... ammazza, ci sono dei mostri in confronto a me...
Briefing tecnico dell’organizzazione: "tranquilli, ragazzi, c è acqua nel primo tratto ma non fango".
Si parte dal centro di Bologna alle 23.00 di venerdì, salita di San Luca, l’ho visto che ridacchiava seduto alla fine della salita inerme che ci sbeffeggiava.
Ed è subito sterrato.
Ora, a quello del briefing tecnico non dico di guardarsi SuperQuark, ma almeno 2 puntate di Peppa pig... acqua+terra, ci passano sopra più di 200 persone e ualà, ecco il fango!
20 km di pantano, pozze, scivoloni, rampette in cui chi non ha i bastoncini non riesce a salire... su una salitina impantanata ho puntato i bastoncini a terra dietro ai piedi di una concorrente senza farmi vedere, sennò eravamo ancora lì: sembravamo a Will il coyote che corre dimenando le gambe e resta fermo….
Pozze piccole, in una ho visto rintanata la cugina culona del mostro di Lockness. Molte volte le pozze erano larghe come la strada e ai lati c’erano cespugli, dovevi per forza “tuffarti”. Rimanevano attaccati 2-3 cm di pantano standard sotto le suole. Dopo 12 km sembra che il pantano sia finito, pulisco la suola delle scarpe per alleggerirle, ma dopo 500 metri di asciutto il fango si ripresenta ancora più scivoloso e appiccicoso. Tutti eravamo infangati fino ai capelli.
Dopo 20 km comincia la salita vera, fango, si scivola, io la faccio quasi tutta di lato al sentiero, sulle sterpaglie e cespugli, per non scivolare. Supero così molta gente impantanata, anche se sollecito di più le caviglie. Comincia la nebbia, fissa. Tratti di vento ghiacciato a 1000mila km/h, tra la nebbia su un crinale si intravedono le pale eoliche che girano facendo un rumore assordante. Tratti in cui la nebbia è così fissa che vedi molto offuscato il terreno sotto di te, vado per pulire la condensa dagli occhiali ma mi accorgo che non ho gli occhiali... si avanza al buio, si vede un segnale di gara e si procede per 300 metri, cercando di trovare il segnalino dopo e sperando di non aver perso di vista una deviazione... Si procede a gruppetti, confidando nel fatto che quello davanti a te riesca a vedere qualcosa in più. A tratti pioviggina. Siamo comunque tutti zuppi, pioggia o no.
30 km, ristoro volante su un tratto d’asfalto, più di qualcuno chiede acqua per sciacquare le scarpe, la risposta è un secco NO. Giustamente: l’acqua serve per bere, se quelli che arrivano dopo non trovano da bere perché quelli prima hanno lavato le scarpe non è giusto. Ho pantano dovunque, tra piede e calzino, tra calzino e soletta, tra soletta e sottosoletta, tra sottosoletta e scarpa. Mi tolgo le scarpe per togliere un po’ di materiale, le solette si muovono troppo e si ammucchiano aumentando il rischio vesciche. Tolgo fisicamente il fango con le mani e grattando sull’asfalto ogni cosa. Rimetto tutto a posto e parto più leggero. A 42 km secondo ristoro, sta albeggiando. Metto via la pila frontale, mi cambio, mangio e parto. Mi parte un doloretto all addome, che si presenta quando corro in discesa fino al km 48, poi passa da solo.
Si sale, si scende, si risale, fa fresco freschissimo e poi andiamo sopra i 1000 m e lì è freddo.
A 52 km altro ristoro, mi bevo una birretta, mangio due piatti di brodo caldo e altro (ci hanno rimesso soldi con tutto quello che ho mangiato). Chiedo la mia posizione in classifica, sono 98°. Strano… siamo partiti in 289, non sono abituato ad essere così avanti. Riparto.
I momentini di crisi durante il percorso ci sono, ovviamente. A 60km ne ho un altro. Mi fermo, cerco di prendere da mangiare dalla tasca laterale dello zaino, sono impacciato e stanco e non ce la faccio, dopo più di un minuto di lotta con lo zaino decido di toglierlo, un po’ frustrato. Mi superano in 5-6 persone. Non importa, devo tranquillizzarmi. Prendo le scamorzine e due tramezzini, torno mentalmente fresco e riparto deciso. Fino ad ora i momenti di sconforto li ho affrontati bene, mangio qualcosa o mi cambio e mi sembra di essere un’altra persona.
La mattina è nuvolo, arrivo a mezzogiorno al punto vita, dove ho il borsone del cambio. Fa freddissimo, c è aria, 3 gradi, mi dicono. Mi lavo via il pantano da una fontanella con acqua ghiacciata. I grumi di pantano incrostati alle gambe li lascio per non prendere troppo freddo. Mi cambio completamente, calzini e scarpe inclusi (probabilmente l ho fatto solo io, ma ho fatto bene. Avevo fatto le prove a casa di quello che poteva starci in una borsa da 30 litri e poi in palestra non ho avuto difficoltà a infilarci anche le scarpe). Noto che ho vesciconi sotto ai piedi e mi danno noia le caviglie. Con le scarpe asciutte sento che ho i piedi decisamente gonfi. Metto in carica telefono e orologio sfruttando il mio power-bank, mangio e parto, con cavetti che corrono su braccio e zaino.
Fino ad ora la via degli dei percorreva una strada creata dagli etruschi, dai 70 km c è il tratto della Flaminia Militare, strada fatta dai romani con pietre, il fango non c è più.
A 76 km riparte il doloretto all’addome, me lo porto avanti per 10 km. A 84 km ho fatto la bellezza di due maratone, ma comincio a guardare sempre più l orologio. I maratoneti dicono che i primi 30 km li fai con le gambe, 10 km li fai con la testa, 2 km col cuore e gli ultimi 200 con le lacrime. Dopo i primi 42 mi sono quindi adeguato, 2 km col pancreas, 7 con la milza, 5 col fegato... e pian piano arrivi a 84. Resti senza parti del corpo disponibili. Gli altri 42? Bhe, gli altri 42 col caxzo che li faccio!
Non è vero, non mi sono ritirato. Ma vado avanti 2 km praticamente camminando sempre, e sempre sto doloretto all’addome. Mi superano 2, poi un altro e poi ne arriva ancora uno. Provo a non farmi superare, faccio 5 km correndo, adesso su asfalto, supero quello che mi aveva appena superato ma mi faccio superare dall’altro.
E dopo 5 km arriva quello dietro, mi si affianca, mi dice 2 frasi, rallenta e cammina. Io per non fargli un torto rallento e rispondo. Parliamo e camminiamo un pò, gli propongo di ripartire a correre, facciamo 300 metri e ricamminiamo.
Mi lascio convincere che correre a questo punto non serve... Devo dire che l’idea di non correre per un po’ mi alletta. Mi faccio 2 conti, 37 km e 2000 metri di dislivello camminando... 8 ore buone... vabbè, starò un pò con sto Paolo. Mi racconta la sua vita, ha una certa esperienza di ultra. Arriviamo al km 95 al ristoro, siamo bassi tipo a 300 mslm e fa un po’ più caldo, mi cambio, non ho più vestiti pesanti, metto canotta, maglietta, 2 pettorine paravento e l’impermeabile leggero.
Mangiamo bene, con calma, sembriamo due barboni. Il tavolo in cui mi siederò è a 10 metri dal tavolo-buffet. Vado avanti e indietro a prendere varie cose, con difficoltà a concentrarmi. Sembra una cosa facile, ma non lo è: prima cosa riempio il bicchiere flessibile di acqua e lo riempio per portarlo al tavolo, prendo un piattino di cibarie, vado al tavolo e appoggio il piattino. Il bicchiere non posso appoggiarlo perché si rovescerebbe quindi torno al buffet con il bicchiere colmo in mano, prendo un piatto di minestra e vado al tavolo. Devo prendere ancora qualcosa prima di sedermi… sempre con il bicchiere in mano faccio di nuovo 10+10 metri, ovviamente devo servirmi con una sola mano perché nell’altra c’è il bicchiere… un supplizio zombie… mi hanno preparato il caffè, devo tornare al tavolo buffet… e va,.. e vieni… Mi siedo, mangio e poi con nuove energie ripartiamo in bomba. Sempre camminando...
A 100 km incontriamo un'altro, Marcello, con un ritmo simile, si affianca a noi. Dopo un pò scopro che ha già fatto ben 2 uscite in montagna prima di oggi, un 42 km e un 65. E basta... e basta? Nell’ultimo anno? Vabbè... in effetti si nota che ha momenti di vuoto completo... ci racconta che al ristoro del km 95 ha dovuto distendersi in ambulanza per 30 minuti... Dopo un po’ è ripartito e ci ha incontrato. Aveva esperienza su strada ma sicuramente non basta... devi fare 125 km di sentieri... almeno 150-200km al mese di corsa devi averli fatti… pazzo...
E così ce lo teniamo buono buono vicino a noi, rallentando il ritmo, con l’ansia che se lo lasciamo solo lo ritrovano in un fosso 1 settimana dopo. Ci superano. Amen
Scende la sera. Riaccendiamo le pile frontali.
Km 109 ultimo ristoro. Dai, siamo arrivati. Mancano solo 4 ore.
4 ore?
...
Che poi con sto ritmo chissà se ci arriviamo in sole 4 ore...
Siamo saliti nuovamente di quota, è notte e fa freddo. Non ho più cambi ma apro lo zaino, prendo la maglia termica zuppa di sudore che mi ero tolto all’ultimo ristoro e me la metto sopra l’impermeabile, in questo modo ho uno strato protettivo in più ed evito il freddo. Sotto l’impermeabile sono zuppo, ma sto al caldo.
Al ristoro chiedo se ci sia un bagno, me lo indicano, dopo 50 metri di su e giù senza trovarlo decido che il muro davanti a me è la soluzione migliore e faccio pipì dove altri prima di me si sono già inventati un bagno di fortuna.
Penultima salita, 150 metri di dislivello, adesso anche una salita breve è impegnativa. La prendiamo comunque con energia, arriviamo in cima tutti e tre provati, io ho nausea, cerco di mettere in bocca qualcosa, gli altri due sono bianchi. Marcello dice che non riesce a fare un'altra salita. Siamo a oltre 25 ore di corsa... Dai, ne riparliamo dopo, adesso c’è la discesa.
Andiamo pianissimo.
Parlo solo io, gli altri due sono in trance. (alcuni, quelli che parlano troppo, li chiamano rompicollioni…)
Marcello è 3 ore che ha la pila frontale che non fa luce, cammina sul riflesso delle nostre. Ogni 20 minuti cerco di convincerlo a tirare fuori la lampada di riserva dal suo zaino. Non sente.
Ogni tot : "Marcello, come sei?" Non mi ha mai risposto... ma continuava a venirci dietro o magari anche a batter lui la strada.
Penso a me: per fortuna sono insieme a loro. Non so se ce l avrei fatta, da solo, al buio, nel mezzo del niente... magari arrivavo in 25 ore o magari non arrivavo proprio. Ci penso, lì al buio.
Malissimo alle caviglie in discesa.
Le vescicone non le sento, le sento solo quando mi fermo ai ristori.
Arriviamo all’ultimo punto acqua, mancano 2 ore all’arrivo. Marcello incontra una sua amica. Faccia da a pesce lesso... "Marcello, andiamo", " Marcello cambia la pila frontale" , Niente da fare. Se fino a quel momento non mi ha mai risposto, vuoi che proprio davanti al carro di buoi mi caghi? Non c erano carri di buoi, ok... cos’era quell’altra cosa che tirava molto? …
Ripartiamo e lui ci viene dietro.
Ci raggiungono altri 2, convintissimi: “mancano 2 km”, mah, guarda, sinceramente, guardando l’altimetria sul pettorale e la traccia gps sull’orologio ne mancano di più… “no, il mio orologio dice 123km, ne mancano 2”. NON CONTRADDIRE MAI CHI HA RAGIONE. Anche se non ce l’ha. Ok, ne mancano due. Auguri. La traccia gps diceva 4 km, ma ad occhio con l’altimetria del pettorale e la conformazione della montagna sembrava che qualcosa non tornasse. Probabilmente ne mancavano di più.
Dopo 1km ribecchiamo i 2 convintissimi, che avevano tra l’altro sbagliato strada. Ma ciao!
Come previsto a 3 km dall’arrivo la traccia GPS dà i numeri, ci ritroviamo a fare 5 km in più... strada giusta balisata. Vabbè… Ultimo strappetto agonizzante di 70 metri di dilivello. 130 km in tutto... Non finiva più...
A 2 km dall arrivo Marcello resta leggermente più indietro e si rende conto che fino a quel momento aveva sfruttato la nostra luce. Cambia la pila frontale. Bene.
A 1 km siamo su strada illuminata, vediamo esserci viventi: “siete arrivati, andate in bomba”. 800 metri in tipo 20 minuti. Perdiamo Marcello, in 800 metri gli diamo 5 minuti di distacco...
Discesa in un Arena sulle scalinate... mannaggia che dolori...
Arrivati! Bravi! The caldo, medaglione da 8 kg, foto di rito, arrivano altri dopo 5 minuti. Ci fanno salire sul pulmino per portarci alle docce: "porto via voi 3 perché siete arrivati primi"
PRIMI
vabbè, intendeva prima degli altri 2 arrivati dopo di noi. Ma ormai l’hai detto. Mi sento primo. Sono arrivato 115°, ma mi sento primo.
120 ritirati su 289 e io l’ho finita!!!
All’arrivo ci fanno un sondaggio per prevenire gli infortuni: “dove vi fa male?”…
…
dove!
…
stranamente la tipa del sondaggio non ride, sembra una domanda seria. Ok, elenco i punti di dolore maggiore, cercando di rimanere entro i 20 minuti di risposta…
Andiamo come zombie a farci la doccia, alle 2 e mezza di notte, sono 35 ore che non dormo.
La doccia è al primo piano, comodo. Faccio i gradini gemendo ad ogni movimento..
Si dorme in palestra.
Hanno messo 20 brandine per 289 iscritti, senza contare i corridori della gara più corta che si sarebbero fermati per la notte...
Prendo uno stuoino da yoga, sacco a pelo e giù sul pavimento, un ora per trovare una posizione in cui non urlo di dolore. Ho le caviglie larghe come i polpacci. E io i polpacci ce li ho belli grossi. Le vesciche sotto ai piedi sono larghe tutta la pianta."Dormo" fino alle 6 e mezza rigirandomi continuamente. Gente che russa, gente che arriva urlando.
Alle 7.20 ci dicono che l’ultimo bus-navetta per la stazione parte tra 20 minuti... da regolamento doveva essere ogni ora fino alle 12.00... mah... sembra che chiudano la strada alle 8 per una gara ciclistica.
Vado in bagno, c’è gente che sta facendo la doccia appena arrivata, noto uno addormentato su una panca tutto impantanato, non c’è verso di svegliarlo. È con questa visione che mi rendo conto di cosa abbiamo appena fatto. Mi viene il piangino.
Salgo in corriera e piango, come un bambino. Felice. Orgoglioso. Uno in parte mi chiede l’ora e nota che sto piangendo. Gli dico l’ora, piangendo di gioia senza vergogna. Continua a guardarmi per i 20 minuti di tragitto perplesso. Io libero le fontane. Siamo dei grandi. Abbiamo corso 130 km , chi in 20 ore, chi in 32. Ma chi siamo???!!??
Ho il treno a mezzogiorno, faccio colazione con birra e brioche. Dormicchio in giro per bar. Alle 11.30 panino con il lampredotto, il vero motivo per cui volevo fare questo trail. E parto verso casa con il treno, finalmente a casa con la mia famiglia e sentirmi un pò più supereroe di quando sono partito.
Tags: Trail, Picco
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